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L'Italia giolittiana, Appunti di Storia

Il periodo storico dell'Italia giolittiana, dal 1901 al 1914, caratterizzato dalla politica di Giovanni Giolitti, che rappresenta un'inversione di tendenza rispetto al passato, con l'introduzione di tutele per i lavoratori, lo sviluppo economico e industriale, la municipalizzazione di servizi pubblici importanti e l'integrazione tra industriali e aristocrazia operaia. anche gli oppositori di Giolitti e il declino del suo governo.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 08/07/2022

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caterina-ceravolo 🇮🇹

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Scarica L'Italia giolittiana e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! L’Italia giolittiana Ministero Zanardelli Dal 1901 al 1903. Zanardelli è un liberale progressista di sinistra, aperto alle riforme. Non è un caso che Zanardelli nomini come ministro degli interni proprio Giovanni Giolitti. La politica di Giolitti rappresenta una inversione di tendenza rispetto al passato, perché è diverso l’atteggiamento rispetto agli scioperi. Importante la legislazione sociale in favore dei lavoratori, vengono infatti introdotte delle tutele per il lavoro. Lo sviluppo economico e industriale diventa quindi ancora più intenso. Vengono municipalizzati dei servizi pubblici importanti. I servizi ritenuti importanti non vengono quindi più lasciati nelle mani di private ma vanno nelle mani dello stato. L’età giolittiana È stato ministro dal 1903 al 1914 (parentesi 1909-1911). Applica il trasformismo di Depretis e proprio per questo verrà definito da Gaetano Salvemini “ministro della malavita”, perché lo ha accusato di sfruttare il meridione d’Italia solo come serbatoio di voti. Giolitti è il primo politico post-risorgimentale, che non ha vissuto in prima persona il Risorgimento. È di famiglia della media borghesia (generalmente provenivano da famiglie aristocratiche). È un liberale progressista di sinistra, diventa primo ministro subito dopo la crisi di fine secolo. Il progetto politico di Giolitti 1. L’integrazione tra industriali e aristocrazia operaia. Cerca di conciliare gli interessi degli industriali e dell’aristocrazia operaia, attraverso lo sviluppo industriale. Questo tipo di politica gli alienerà la piccola e la media borghesia, che è la classe sociale esclusa da questo compromesso. Giolitti applicherà una politica a favore della grande borghesia e dell’aristocrazia operaia. Questo tipo di politica è un’inversione di tendenza importante rispetto al passato,perché addirittura Giolitti arriva ad offrire a Turati di entrare nel governo, è proprio un atteggiamento nuovo nei confronti del mondo operaio e del socialismo (Crispi aveva messo fuori legge il partito socialista). Turati non accetterà perché il partito socialista in Italia era diviso tra riformisti e massimalisti, Turati faceva parte dei primi quindi sarebbe anche disposto a collaborare al governo, ma comunque la corrente massimalista era in maggioranza ed essendo una corrente rivoluzionaria, se Turati avesse accettato avrebbe spaccato il partito. 2. Assicurare la centralità del partito liberale. Obiettivo che Giolitti ha perseguito in politica interna mettendo in atto una politica trasformista. È costretto anche all’interno del suo partito a cercare dei compromessi per assicurarne la centralità. Anche la politica di Giolitti è stat identificata come una politica corrotta, perché effettivamente porta ad una compravendita di voti, scambi di favori a livello politico. Giolitti ha emanato delle leggi in favore del meridione ma anche in questo caso è stato accusato di aver emanato queste leggi in cambio di voti, quindi di considerare il meridione come “serbatoio di voti”. 3. Favorire lo sviluppo economico. La rivoluzione industriale in Italia viene identificata con l’età giolittiana. Vengono emanate numerose leggi in favore dei lavoratori, proprio perché aumenta il proletariato. È il periodo in cui vengono nazionalizzate le ferrovie. Con il ministero Zanardelli, Giolitti da Ministro degli Interni aveva assunto una posizione precisa verso gli scioperi, e continua sulla stessa linea anche da Primo Ministro. Gli oppositori di Giolitti Nonostante questi obiettivi anche ambiziosi, Giolitti ha trovato molti oppositori, che lo portano alle dimissioni nel 1909. Sicuro di tornare poi al governo ma in una posizione di forza, quindi è una dimissione strumentale. Molti sono gli oppositori: sono tutti coloro che vengono esclusi dalla sua linea politica. Per esempio, la piccola e la media borghesia, che era un ceto molto importante e numeroso. Anche gli intellettuali meridionalisti (Francesco Saverio Nitti, Gaetano Salvemini), i socialisti massimalisti, i liberali conservatori. Torna al governo nel 1911 e ci rimarrà fino al 1914. Il declino del governo Giolitti Giolitti dal 1911 al 1914 è nella fase di declino del suo governo, perché sarà costretto a cercare nuovi sostenitori, proprio tra i liberali conservatori e i cattolici conservatori. Nel 1911 Giolitti è costretto ad intraprendere la guerra di Libia. in realtà era contrario a questa guerra, ma la intraprende sia per ragioni interne che internazionali. Per le ragioni interne, è costretto per i liberali conservatori, che vogliono trasformare l’Italia in una grande potenza. Subisce le pressioni anche dei nazionalisti (nel 1910 era stata fondata l’Associazione Nazionalista Italiana). Subisce ancora le pressioni da parte degli industriali, soprattutto dell’industria pesante che vede nella guerra una possibilità di profitti, e delle banche. Subisce le pressioni anche da parte della Chiesa Cattolica i cui interessi economici erano rappresentati dal Banco di Roma. Subisce le pressioni anche da parte degli intellettuali, degli scrittori come Carducci, ma in particolare di Giovanni Pascoli, che era di un certo prestigio, e nel discorso di Barga si esprime a favore dell’intervento e utilizzerà l’espressione “la grande proletaria si è mossa”, intendendo che anche l’Italia, che era una nazione arretrata dal punto di vista coloniale, finalmente si era decisa ad intraprendere una politica aggressiva. Anche molti quotidiani si schierano a favore di questo intervento, “Il Regno” ad esempio. I motivi a livello internazionale, riguardano la debolezza dell’Impero Ottomano, quindi l’impresa sembrava alla portata dell’Italia. L’Italia ancora non aveva grandi colonie, quindi a fronte della Francia e del Regno Unito che avevano grandi imperi coloniali e si stavano accordando per spartire in maniera definitiva l’Africa, l’Itaia tenta di inserirsi in questa spartizione. Alla fine quindi Giolitti intraprende la guerra che dura un anno dal 1911 al 1912 e si rivela più impegnativa e dispendiosa del previsto perché l’Impero Ottomano riesce ad opporre una valida resistenza, anche le tribù berbere stanziate nel territorio. La Libia alla fine diventa colonia italiana (estendendo anche alle Isole del Dodecaneso), perché la ottiene per via diplomatica. L’Impero Ottomano rinuncia perché era scoppiata la guerra balcanica e non aveva le risorse per impegnarsi su più fronti.
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