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L'italiano del Quattrocento e del Cinquecento, Schemi e mappe concettuali di Storia della lingua italiana

Riassunto sull'evoluzione dell'italiano nel corso di '400 e '500: l'Umanesimo, il rapporto tra latino e volgare, la questione della lingua. Riassunto realizzato con i libri di Tavoni ('400), Trovato ('500) e "Storia dell'italiano" di Frosini

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 11/07/2022

Lud_ovi_ca
Lud_ovi_ca 🇮🇹

4.8

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Scarica L'italiano del Quattrocento e del Cinquecento e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia della lingua italiana solo su Docsity! ‘400 = nascita e sviluppo dell’UMANESIMO (anche se ne possono trovare le tracce già alla fine del ‘300) 1. Gli umanisti si esprimono in latino e nel latino si riconoscono ( cultura latina come unica da cui attingere, unico patrimonio da perpetuare ed arricchire, latino come unica lingua della conoscenza) 2. Battuta d’arresto per la diffusione del volgare nell’uso colto (di certo la diffusione dell’Umanesimo non ferma gli utilizzi pratici del volgare: letteratura cortigiana) 3. Umanesimo volgare a Firenze 4. TAVONI: si tratta comunque di un secolo fondamentale per la diffusione della lingua perché contiene le premesse alla questione della lingua cinquecentesca. Si deve ricordare infatti che “l’italiano della tradizione letteraria, divenuto negli ultimi cento anni la lingua comune della società italiana, risulta in massima parte dalla regolamentazione prodotta nell’ambito della questione della lingua e risente solo in piccola parte degli usi che furono propri per secoli di ceti e ambienti, anche di grande rilievo numerico, economico e storico, che alla sua elaborazione non presero parte” Umanesimo volgare La storia della riflessione umanistica sul volgare nel ‘400 è una storia essenzialmente fiorentina (per influsso dell’eredità trecentesca delle tre corone). Umanesimo “civile” (Baron) = l’avanguardia umanistica fiorentina non poté evitare di misurarsi con la tradizione volgare e questo incontro avvenne entro una dimensione politica Coluccio Salutati e Leonardo Bruni Dialoghi ad Petrum Paulum Histrum (Pier Paolo Vergerio da Capodistria, allievo del Salutati), testo chiave del primo umanesimo. È un dialogo immaginario in due libri 1. Coluccio riserva alle Tre corone un posto d’onore alla pare dei classici, Niccolò Niccoli ribatte con giudizi sprezzanti (Dante è un ignorante e non doveva scrivere la sua opera in volgare) 2. Niccoli dichiara che il giorno prima aveva parlato in quel modo per incitare Salutati in un più vigoroso elogio delle Corone e recita una palinodia  Stacco cronologico e conversione del Bruni  Esercitazione dialettica  I libro opera autosufficiente con giudizio del Bruni contro tre Corone, II libro aggiunta opportunistica per candidatura al cancellierato  “l’eredità della tradizione letteraria trecentesca ha un ovvio significato politico” (Formentin) Leonardo Bruni e Biondo Flavio In quale lingua parlavano gli antichi Romani? Nell’anticamera fiorentina di papa Eugenio IV, 1435 BR. Teoria della diglossia del latino antico in cui però una situazione di diglossia tra una varietà colta e grammaticale ed una bassa ed agrammaticale diventa una costante nella storia = il volgare (pur considerando che il Bruni non è contro) è destinato a rimanere sempre la varietà bassa, non può evolversi BIO. Teoria della catastrofe o della corruzione che, anche se Biondo Flavio esprime giudizi pesanti, prevale perché lascia intravedere la possibilità di uno sviluppo positivo del volgare, latino e volgare potevano essere alla pari Leon Battista Alberti = campagna di promozione e fondazione (grammatica) della letteratura volgare Proemio al terzo dei Libri de familia in cui interviene nella disputa BR-BIO, in cui supporta BIO e dice che il ritorno alla grandezza avverrà con l’impiego della lingua moderna che va migliorata tramite il confronto sistematico con quella antica, si tratta di utilizzare le possibilità funzionale ed espressive del latino per fondare una prosa volgare TAVONI per Alberti si nota un “assoluto disinteresse per la letteratura volgare trecentesca (la sua formazione era avvenuto fuori da Firenze) e la volontà di fondare una lingua letteraria volgare ex novo” 1441 Certame coronario gara poetica volgare con giuria umanistica > no premio > Protesta Grammatichetta Vaticana, ms. Reginense latino 1370 della Bib. Apostolica Vaticana copiato nel 1508 per conto di Bembo.  Premessa con risposta alla tesi di BR = il latino era una lingua utilizzata non solo dai dotti, ma da tutti gli antichi Romani COME per il volgare del tempo  Prima grammatica mai concepita per una lingua moderna (anticipa di 50 anni quella di lingua castellana) Guarino Veronese e Lorenzo Valla La rimozione del volgare GV De lingue latine differentiis dove latinitas = norma loquendi et forma loquendi (grammatica e qualifica di lingua literalis), vox articulata et literata; volgare = vox confusa  è l’opinione di chi giudicata il volgare e le sue oscillazioni fonomorfologiche con l’occhio di grammatico LV Elegantie latine lingue, si dedica alla restaurazione della latinità classica, che per lui si era arrugginita con il Medioevo. Non prende atto del fatto che esiste una cultura volgare. Riprende la tesi del BR, se non per il fatto che la corruttela delle invasioni barbariche ha colpito tanto la varietà agrammaticale, quanto quella grammaticale del latino. Lorenzo il Magnifico Una politica per il volgare = un forte rilancio del toscano sostenuta ad un livello più alto e con il sostegno delle massime autorità umanistiche (1) 1469 Lorenzo de’ Medici a Firenze CL ingresso ufficiale della letteratura volgare (Dante e Petrarca) nell’insegnamento universitario (2) Cristoforo Landino e Giovanni Brancati Sul volgarizzamento del Naturalis Historia di Plinio il vecchio 1474 CL invia il suo lavoro a Ferdinando I d’Aragona1 che lo sottopone all’umanista di corte GB GB ha la reazione dell’umanista non fiorentino medio di fronte alla pretesa di avanzamento del volgare sul latino: a) dolcezza del latino, b) inadeguatezza del volgare, c) sgradevolezza del toscano, etrusco, d) disvalore dei volgarizzamenti GB fa una traduzione letterale “el tradure non è altro che mutar un linguaggio in un altro, et questo non chon extracta sententia ma chon parole correspondente” = volgarizzamento di servizio NON autosufficiente rispetto all’originale in latino (3) Una politica estera per il volgare: Lorenzo, Landino e Poliziano 1476 Lorenzo invia a Federico d’Aragona la Silloge/Raccolta aragonese, un’antologia di 499 liriche di autori toscani dalla seconda metà del ‘200 fino al ‘400 (includendo Bruni e Leonardo Dati, quello che l’Alberti voleva come vincitore del Certame)  Propaganda culturale  Lingua come strumento di potere 1 Questa cosa è avvenuta PRIMA della Raccolta aragonese perché Ferdinando è padre di Federico manoscritto che possediamo invece ha una forte veste toscaneggiante da attribuire alla tradizione dell’opera e non ad un lavoro dell’autore, Pietro Iacopo de Jennaro per la poesia aragonese, che si rifà al toscano e per gli gliommeri, componimenti giocosi di gusto popolare Mescidazione letteraria Macaronico: componimenti goliardici di ambiente universitario padovano, iniziatore Tifi Odasi ma diventa famoso con Teofilo Folengo. Il macaronico mira ad effetti comici e parodistici ed è calibrato sul contrasto tra registro alto e registro basso. La struttura metrica e grammatica è latina, i termini e le locuzioni sono volgari Polifilesco o pedantesco o fidenziano: dalla “guerra d’amore in sogno dell’amante di Polia” ovvero Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, è “un invertito macaronismo”, quindi la struttura grammaticale è volgare, la terminologia viene dal latino. Letteratura in dialetto Benedetto Croce parla di “letteratura dialettale riflessa” per produzioni che volutamente si staccano dal modello di riferimento della letteratura nazionale, nasce ufficialmente nel ‘600, ma se ne trovano esempi già nel ‘400.  La rassegna dei volgari italiani del DVE è basata per la maggior parte su testi in improperium = parodia della parlata altrui Angiolieri, Boccaccio con l’epistola napoletana, Burchiello che imita il veneziano e il romanesco, Benedetto Dei e Luigi Pulci parodizzano il milanese  Contrasto di Cielo d’Alcamo tra un giullare e una contadinella siciliani = letteratura rusticale con contrasto città/campagna ovvero lingua/dialetto, ovvero satira contro il villano Letteratura rusticale fiorentina = Nencia da Berberino che narra il corteggiamento della protagonista da parte del compaesano Vallera, 4 redazioni, caso di “discesa” di un prodotto colto, di Lorenzo de’ Medici, nel circuito della rielaborazione popolare (teoria sulla base delle varianti difficiliores). Anche Beca di Pulci  letteratura ancora allo stato nascente, nel ‘500 assumerà le vesti dell’esasperazione linguistica artificiale di gusto da glottologi. Letteratura rusticale padana = abbiamo diversi sonetti pavani o di Sommariva in veronese con l’intento parodico-satirico proprio del cittadino di fronte al mondo villanesco, ma soprattutto restano interessanti i componimenti in bergamasco, dialetto destinato ad incarnare la categoria stessa della rusticità (Tavoni) in seguito all’inurbamento in Venezia delle valli bergamasche. Ricorda nel ‘500 topos bergamasco vs fiorentino.  Lancino Curti: o corona di sette sonetti contro il cancelliere di corte di Ludovico il Moro, Baldassarre Taccone, dove l’obiettivo polemico non è la parlata altrui ma il poetastro di corte  “la derisoria ed estrema esibizione del dialetto al poeta in lingua “non immune da involontari sconfinamenti dialettali” sembra una beffa analoga a quella che il Folengo gioca con il macaronico ai latinantes anch’essi non immuni da tali sconfinamenti o sonetto pavese con parodia ai limiti del nonsense burchiellesco, divertimento colto o identità umanistica (Curzio) con sonetti letterari in cui il latino è applicato a strambotti e altri metri volgari . ‘500 Secolo determinante per la norma dell’italiano: progresso registrato nell’impiego del volgare nelle lettere e nei contesti ufficiali, scolarizzazione, invenzione della stampa a caratteri mobili, sviluppo di un mercato librario, questione della lingua. Dopo la “crisi” dell’Umanesimo, si supera definitivamente il pregiudizio nei confronti del volgare, il latino, comunque, continua ad esercitare per tutto il secolo un ruolo pressocché egemonico in ambito giuridico, notarile, medico, universitario e resta molto presente nelle scritture letterarie. 1545 – 1563 Concilio di Trento che sancisce il divieto di tradurre le liturgie e scritture  viene a mancare quel processo di alfabetizzazione di massa che si verifica nei paesi protestanti Alcune attività, comunque, come la catechesi e la predicazione pubblica, utilizzano il volgare e non a caso rappresentano “uno dei principali tramiti del processo di italianizzazione linguistica tra ‘500 e ‘600” (Formentin). Sono molti gli ambiti che presentano aperture verso il volgare:  Uso cancelleresco, così come nel ‘400  Contesto giuridico perché i cittadini non comprendono il codice in latino  Settore delle arti e delle scienze applicate: trattati in volgare e volgarizzamenti  Attività scrittoria dei semicolti: diari privati, libri di famiglia, quaderni di annotazioni (esili tracce che preludono l’italiano popolare tre ‘800 e ‘900) Stampa Gutenberg stampa la “Bibbia a 42 linee” tra il 1455 e il 1456  Stampare in tempi rapidi, con abbattimento dei costi e con poca manodopera  I testi pubblicati entro il 31 dicembre 1500 sono definiti incunaboli: sono prodotti molto simili ai manoscritti per non perdere il pubblico tradizionale  Il libro si trasforma gradualmente in prodotto di consumo e il progressivo incremento di opere in volgare avvicina al libro categoria meno familiarizzate al latino La prima fase dell’attività editoriale si concentra su opere in latino, avendo come pubblico dotti, ecclesiastici ed intellettuali. Si assiste però progressivamente all’avanzamento del volgare: dal 1470 al 1500 il tasso di libri stampati in volgare cresce dal 21% al 47%. La stampa si diffonde presto al centro-nord dell’Italia, e in particolare a Venezia che arriva a coprire oltre il 70% della produzione nazionale. Col progresso dell’editoria cresce la necessità di individuare un modello linguistico comune: in Italia, a cavallo fra ‘400 e ‘500, è la stampa che agisce come principale fattore, seppur sul solo piano letterario, di unificazione linguistica. Non essendoci norme grammaticali e ortografiche codificate era essenziale la figura dei revisori/correttori tipografici per eliminare le oscillazioni. Questi però agivano in modo totalmente arbitrario  i testi non avevano una veste uniforme  1) modello latino per ortografia e lessico, 2) modello fiorentino aureo e argenteo, 3) modello “lombardo” (settentrionale). Aldo Manuzio fu attivo a Venezia e fu l’ideatore della prima collana di libri “tascabili” detti “enchiridia” e stampati nel “corsivo aldino” e con un moderno sistema di interpunzione (punto e virgola, accento grave, apostrofo). Si tratta di testi a) stampati in formato ridotto, b) sgombri di note e commento, c) leggibili senza il supporto del leggio. 1501 “Le cose volgari di messer Francesco Petrarca” – Canzoniere 1502 “Le terze rime di Dante” – Commedia = diffusione dei modelli letterari toscani in tutta la penisola Ancora 1. Per tutto il ‘500 il latino resta comunque vivo come lingua seconda del sapere e di certe professioni. Il rapporto tra quest’élite bilingue, la realtà composita e vivace degli alfabetizzati che non sanno il Curate da Bembo: si tratta di testi per la prima volta di testi filologicamente rivisti e corretti latino e la stragrande maggioranza della popolazione (principalmente contadini analfabeti) sono spesso antagonistici e improntati sulla diffidenza reciproca. 2. Di fronte all’avanzata dei libri in volgare e in particolare a Roma, dove i maggiori specialisti trovano lavoro e gloria presso la curia papale, e nella cerchia degli insegnanti di latino che si producono orazioni e trattati contro il volgare. 3. Con la diffusione dell’alfabetismo, il volgare diventa ben presto la lingua d’elezione di quel particolare tipo di propaganda politica che è la storiografia ufficiale Scuola Dal Censimento generale del 1861 si rileva che ancora dopo l’unità i 4/5 degli italiani sono analfabeti. Le scuole rinascimentali erano un fenomeno piuttosto marginale (le uniche attestazione che abbiamo sol quelle scritte per cui riservate ad un numero marginale della popolazione). La realtà scolastica era complessa: a) nobili (in latino, vedi testimonianza di Trissino), b) zone rurali, c) città, d) zone rurali, e) alunni, f) alunne. Bisogna poi considerare che la struttura economica influenza molto i livelli di alfabetizzazione, e, con questa, anche la caratterizzazione geografica del luogo preso in esame: l’alfabetizzazione cresce in luoghi in cui non basta fare i contadini come la montagna o in generale le zone poco fertili. 1. Dopo la fine del Concilio i parroci sono tenuti a istituire i chierici e gli scolari poveri 2. Le scuole sono frequentate principalmente da alunni 3. Distinzione tra scuole d’abaco e di “humanità” Da un lato, perpetuando il modello della scuola romana ed ellenistica, una fascia ristretta della popolazione studiava “humanità” nell’accezione ‘400esca, cioè il latino, che era distribuito su vari livelli (e diverse tariffe). Ad un livello più basso, di piccoli mercanti e artigiani, si imparava a leggere, a scrivere e a far di conto direttamente in volgare. La due scuole non comunicavano tra loro, producevano due categorie diverse di alfabetizzati che usavano persino due diversi tipi di scrittura: gli alunni delle scuole d’abaco scrivevano in mercantesca e, non potendo fare confronti con gli etimi latini, tendevano a rappresentare più autonomamente certi suoni dell’italiano (mostro e non monstro, pazienza e non patientia). Diversi studiosi hanno sottolineato l’importanza delle parole volgari sporadicamente presenti nelle grammatiche degli studenti di latino: “spiragli lasciati aperti dalle esigenze didattiche” (Marazzini). Il volgare di questi inserti non è né il fiorentino letterario, né la parlata locale, ma una lingua il più possibile “comune”, una sorta di koinè sovraregionale. Es: “Rudimenta grammatices” Voce latina Treviso 1474 Torino 1516 CONTEMNO D[e]spre[si]are Dispregiare EVACUO V[u]tare V[u][d]are, vo[d]are IOCOR Motteggiare Mo[t][i][gi]are PISCOR Pescare P[i]scare INTEREST A[p][e]rtenere A[p][e]rte[gn][ire] LUCTOR Per [z]ucar a le braci[ae] Per giocare a le bra[z]e MINGO Pi[s]are Pi[ss]are Tentativo di normalizzazione linguistica Influenza del toscano: per le geminate, per l’anafonesi e per la non assibilazione (fenomeno in cui un’occlusiva diventa sibilante: pisone). Le componenti regionali si possono vedere nella metafonesi B che ha come manoscritto l’autografo Q (Querini) che presente una fonomorfologia incerta e riassume in breve le difficoltà che un prosatore non toscano doveva incontrare. L’ed princeps aldina del 1505 [da questa deriva molta prosa letteraria toscaneggiante negli anni 1515-30: arcaismi come allhotta per allora, diffusi ormai solo in contesto rurale, conoscono un’enorme diffusione dopo gli Asolani] correggerà molti tratti locali, ma sarà ancora lontano dalla lingua dell’edizione del 1530.  Opposizione intense/scempie e forme ipercorrette  -NSP- > -pp- : una prima soluzione per semplificare i trigrammi latini  Rappresentazione grafica /ci/ dell’affricata: avanciare  Forme assibilate come cusino per cugino  Uso padano di /gi/ al posto di /g/ velare toscana: longissima  Vocalismo con meno difficoltà, ma sempre forme ipercorrette: unte per onte  GN reso con -ngn-, F con ph come in philosapho  Canzona  -i, -ino al cong (fiorentino ‘4003): faccino, rispondi, si penti, tendino  Le art e le pron clitico usato al posto di gli art e gli pron clit  Se, de- e altre particelle in e La grammatica del Fortunio (1516) Regole grammaticali della volgar lingua fondate sull’uso di Dante e soprattutto di Petrarca e Boccaccio per venire incontro alle esigenze dei non toscani. L’incubazione dell’opera può essere fissata al 1502, quando Fortunio assistette alla realizzazione delle aldine di Petrarca e Boccaccio. Benché ci sia tato un contatto e un rapporto tra il Fortunio e il Bembo, un abisso separa questa grammatica da quella bembesca: balza agli occhi la tanto minor sicurezza di Fortunio. Inoltre, al contrario di Bembo, F. dedica minimo spazio alla descrizione delle norme linguistiche e si concentra piuttosto sulla citazione dai testi letterari  tipico lavoro si “schedatura grammaticale”, quello che cambia è che F. è il primo a rendere pubblica quest’operazione. Anche dopo l’uscita delle “Prose”, godono di successo perché meno complesse e costose. Primi dizionari  Luigi Pulci, Vocabulista  Niccolò Liburnio, Tre fontane, Venezia 1526  Luigi Minerbi, Vocabolario, 1535  Francesco del Bailo detto l’Alunno, Osservazioni sopra il Petrarca 1539, Ricchezze della lingua volgare sopra il Boccaccio 1543  Fabricio Luna, Vocabulario di cinquemila vocabuli toschi, Napoli 1536 Storicità della lingua cortigiana La letteratura dalla fine del ‘400 al primo trentennio del ‘500 è piena di opere per le quali sarebbe difficile trovare una definizione più calzante di “lingua cortigiana”: si tratta di impasti linguistici ancora fluidi e polimorfi, ricchissimi di latinismi fonetici, lessicali e sintattici e depurati dei tratti municipali più vistosi. Oggi la chiamiamo “lingua di koinè”, al tempo era “alla cancelleresca” o “mista”. Es: Il “Cortegiano” del Castiglione, “Dialogi d’Amore” di Leone Ebreo e il “Libro de natura de Amore” di Equicola. Le città più attive: Milano, Mantova, Ferrara, Urbino, Roma, Napoli. ROMA nel ‘500 subisce un processo di “smeridinionalizzazione”, questo perché il numero dei residenti non romani era del 74% di cui 53% erano settentrionali e 20% toscani. Ludovico Castelvetro annota: “possiamo omai conchiudere che la lingua cortigiana romana è un corpo di lingua distinto e seperato dall’altre lingue italiane e non italiane, avente suoi termini e suoi confini, che si parla e si scrive e si conserva in istato…”  la vitalità della lingua della corte di Roma era tale che affiorò una contrapposizione con il fiorentino 3 Bembo non distingue tra fiorentino aureo e fiorentino argenteo in questa fase Prime reazioni antitoscane: la lingua “cortesiana romana” di Mario Equicola (1509) 1. Esposizione del pater noster, 1507-1508, Antonio de Ferraris precoce testimonianza polemica contro la voga fiorentina + esterofilia 2. Libro de natura de amore, Mario Equicola. Il trattato registra con apparente simpatia il risultato degli “Asolani”, ma la dedicatoria è terribilmente polemica contro i fautori dell’imitazione del toscano (posteriore rispetto al libro!) “Et però in questa opera non solo di tutte le regioni d’Italia vocabuli electi troverai ma alcuni, benché rarissimi, dal hispano et gallico idioma […] legerai […] noi non da pastori, ma da la cità devemo il bel parlare eligere, né sequitare la vitiosa e corrupta consuetudine […] Havemo la (lingua) cortesana romana, la quale de tucti boni vocabuli de Italia è piena4 […] et volemo in tucto il tusco idioma imitare per havere Dante, Boccaccio et Pulci non dico da imitare ma robare, cosa da imbecillo5 ingegno” “Non observo le regule del toscano se non tanto quanto al latino son conforme”  Grafie latine  Rifiuto dittongazione toscana  Chiusura metafonetica  Verbi antifiorentini e addirittura locali (SUM > so, -emo, -eno)  Latinismi lessicali Teorici cortigiani moderati: Calmeta (1506-1508), Castiglione (1518-1520) CAL, il più antico teorico della “teoria cortigiana”, vero nome: Vincenzo Colli. Della vulgar poesia, a noi pervenuto solo tramite il riassunto del Castelvetro nella sua Giunta al primo libro delle Prose.  Si concentra sulla lingua poetica  Conoscere il fiorentino: bisogna studiare Dante e Petrarca  Conoscere il romano per affinare il fiorentino già appreso CAS che nel suo Cortegiano si preoccupa della lingua parlata degli uomini di corte.  Evitare l’affettazione (toscano prezioso e arcaizzante, latinismi eccessivi = non è una vera e propria avversione verso il fiorentino)  Considerare che la lingua è uno strumento di comunicazione e deve obbedire a criteri di funzionalità  Paragone con i dialetti greci: “credo sia leccito torre termini italiani d’ogni sorte, e basti che se servino le regole gramaticali e che l’uomo sii discreto e cauto in ellegere belle parole, ma però consuete nel comun parlare, e in tal modo ne resulterà una lingua che si potrà dire italiana” La lingua letteraria “italiana” del Trissino e le polemiche contro le misure trissiniane del 1524-1525 Verso la metà del 1524 il dibattito si accese di colpo per la violenta reazione dei toscani alla proposta linguistiche e ortografiche del vicentino filomediceo Gian Giorgio Trissino. Lui non credeva nella soluzione bembesca di una letteratura estratta dagli archetipi trecenteschi, ma accarezzava l’idea di una riforma letteraria che affiancasse ai tradizionali generi letterari, lirica e prosa, quelli della Poetica di Aristotele ovvero tragedia ed epica. Stampatore: Ludovico degli Arrighi detto il Vicentino Epistola de le lettere nuovamente aggiunte a Matteo Giberti 4 URBANITAS del volgare romano vs l’INURBANITAS del fiorentino (trasandato, scorretto in quanto si discosta troppo dalla fonetica latina) 5 Quello di “imbecillo ingegno” è Bembo, lo dimostra anche l’ “Epistola in sex linguis”, parodia linguistica  Dionisotti: “non c’è parola nella parodia che non abbia riscontro negli Asolani”  Riforma grafica con termini greci per è/ò  Scriveva in un decoroso fiorentino letterario (dittongazione anche dopo r, anafonesi, prevalenza di -er- protonico su -ar-, dee per deve, impf I sg in -a, havere – habbia – hevesse – havessemo)  Sbagliata lettura del DVE: la distanza tra Pulci e Lorenzo da un lato e Dante e Petrarca dall’altro non dipendeva dall’evoluzione nel tempo della lingua, ma dal minor municipalismo e maggior discernimento degli scrittori antichi  si staccavano da Firenze le Corone per rivendicarle a tutta Italia La prima edizione delle “Prose della volger lingua” del Bembo (1525) Antecedenti:  Aldine  Asolani per Boccaccio  Rime per Petrarca  Teorizzazione di un modello unico per il latino (Cicerone per prosa, Virgilio per poesia) nella discussione con Giovanni Francesco Pico Prose della volgar lingua, 1525, Venezia, Bembo sono il libro simbolo del classicismo cinquecentesco Sorvegliatissimo dialogo di impianto ciceroniano che espone conoscenze di grammatica, stilistica e retorica Giustificazione delle scelte letterarie e delle posizioni via via assunte dal Bembo: insistenza sulla dignità del volgare indirizzata, oltre ai posteri, ai contemporanei latinisti, la polemica contro il Calmeta indirizzata ai contemporanei Trissino e Castiglione. 1. La nomina di segretario ai Brevi di Leone X contribuì ad irrigidire in lui la componente umanistica e favorì un ritorno di interesse sul dialogo volgare, a lungo trascurato. 2. Possedeva come riferimento per lirica e la prosa delle origini dei punti fermi quali l’autografo di Petrarca, la Cronica di Giovanni Villani, una copia cinquecentesca del Novellino  è finalmente in grado di distinguere con sicurezza tra norma trecentesca e arcaismi che già stavano scomparendo ai tempi di Petrarca e Boccaccio. I LIBRO II LIBRO III LIBRO Rapporto tra latino e volgare, teoria BIO della catastrofe, origini della poesia italiana, giudizio negativo sulla poesia cortigiana e quindi sul Calmeta che non scrive in lingua, necessità di scrivere ricavando dagli antichi scrittori Retorica e stile in volgare, necessità di una perfetta corrispondenza tra grammatica e stile quindi concetto dell’ “harmonia”, condanna realismo e plurilinguismo dantesco per ragioni estetiche Norme individuate non dall’uso vivo della lingua, ma dall’uso letterario dei classici trecenteschi.  Allotropi prosa/poesia  -evamo, -evate  Egli/ella come soggetti Teoria classicista: primato del volgare trecentesco dato il prestigio culturale, Petrarca per la lirica, Boccaccio per la prosa  Note sul costrutto “a casa le buone femine” senza di  Pseudo legge Grober Dopo le “Prose” Prose = libro costoso e difficile, destinato ad una ristretta cerchia di lettori di buona cultura Ebbe l’effetto di bloccare/ritardare l’uscita di altri scritti sulla lingua in preparazione (altro motivo: sacco di Roma per gli scritti romani) 1528-29 Trissino risponde alle polemiche del 1524-25 con idee diverse da quelle di Bembo 1555 Cesano della lingua toscana manifesto toscanista Tolomei (1525) 1620 Dialogo della volgar lingua di Pietro Valeriano (1524)
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