Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

L'italiano e la rete, le reti per l'italiano di Patota e Rossi (RIASSUNTO), Schemi e mappe concettuali di Linguistica

Riassunto completo del libro "L'italiano e la rete, le reti per l'italiano" di Patota e Rossi.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 04/07/2022

francescagg
francescagg 🇮🇹

4.5

(195)

26 documenti

1 / 23

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica L'italiano e la rete, le reti per l'italiano di Patota e Rossi (RIASSUNTO) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Linguistica solo su Docsity! 1 L’italiano e la rete, le reti per l’italiano (PATOTA e Rossi) Capitolo 1 - STORIA, LINGUA E VARIETÀ DELLA COMUNICAZIONE MEDIATA DAL COMPUTER - Internet è l’insieme di computer collegati attraverso una suite di protocolli - Il web è una parte di internet che accoglie contenuti multimediali La recente migrazione nel web di tutte le forme di comunicazione digitale ha offuscato il diverso significato che questi termini avevano in origine. Con l’avvento del web, il sistema ideato dallo scienziato Tim Berners-Lee nel 1989 e reso pubblico il 6 agosto del 19918, si apre l’era della condivisione di documenti ipertestuali e multimediali. Le prime interfacce grafiche, che hanno contribuito alla diffusione del web fuori dagli ambienti di ricerca, risalgono agli anni ’90: Mosaic (1993) è il progenitore dei browser grazie ai quali si possono leggere i documenti ipertestuali presenti nel web, ciascuno dei quali identificato da un URL e codificato da un linguaggio specifico, inizialmente HTML e poi XML. Con “web statico” si indica la prima generazione di siti destinati alla sola consultazione, il cui standard è notevolmente migliorato nel tempo grazie al progressivo diffondersi della cultura della web usability (grado con cui un prodotto digitale viene utilizzato da un determinato utente con efficienza e soddisfazione per ottenere determinati obiettivi). A partire dal 2004 si è affermata l’etichetta web 2.0, concetto elaborato da Tim O’Reilly: il web 2.0 è il web in cui chiunque può accedere e produrre contenuti e in cui non servono competenze tecniche. Il web 2.0 è anche il web dei blog e dei forum: queste piattaforme incorporano spesso sistemi un tempo distinti e consentono di condividere i contenuti contemporaneamente su più social network, i quali si stanno uniformando al modello della comunicazione integrata, per cui da semplici reti di messaggistica tendono sempre di più̀ a diventare piattaforme multicanale di distribuzione di contenuti. Oltre il web 2.0, conosciuto come “social internet”, sono stati identificati altri stadi evolutivi: il web 3.0, noto anche come “web semantico” (estensione del web in cui i documenti condivisi vengono associati a informazioni o metadati che ne specificano il contesto semantico). Ciò che ha rivoluzione la CMC (COMUNICAZIONE MEDIATA DAL COMPUTER) è l’accesso ai servizi di rete via smartphone. Il primo SMS fu inventato nel 1992; ora la messaggistica istantanea è incorporata in tutti i sistemi. Usare un computer o uno smartphone cambia profondamente il rapporto con la scrittura: cambiano le dimensioni dello schermo, le tastiere, la possibilità̀ di rispondere a un messaggio usando applicazioni diverse e modalità̀ diverse. In parallelo cambia anche la lettura, che diventa più difficoltosa e improntata allo skimming, ossia alla ricerca rapida di informazioni. Con i social media, sono sfumati alcuni parametri di classificazione della CMC, come la distinzione fra sistemi sincroni e asincroni (comunicazione in tempo reale o differita), perché́ i tempi dello scambio non dipendono più̀ da vincoli tecnici quanto dalle scelte individuali. 2 Cresce poi il divario tra usi dei giovani e usi degli anziani, mentre si rileva una omogeneizzazione dei comportamenti mediatici dei giovani e degli adulti. La distinzione che ha dominato nello studio dei sistemi della CMC è quella tra sistemi sincroni e asincroni, seguita da due modalità̀ di trasmissione, one-way e two-way, che riguardano l’unità del messaggio: - ONE WAY: l’invio del testo avviene solo al termine della composizione - TWO WAY: il testo compare carattere dopo carattere sul video consentendo a chi è collegato di seguirne l’elaborazione. Altri parametri importanti per la classificazione dei diversi sistemi sono il numero delle persone coinvolte nello scambio, i modi di distribuzione (uno-a-uno, uno-a molti, molti-a molti) e le dimensioni del messaggio. o Dagli anni Ottanta fino al Duemila le ricerche sulla CMC hanno insistito su due aspetti: un’interpretazione complessiva della “lingua di internet”, esplorata come fenomeno unitario e proposta come varietà̀ a sé stante, anche sulla base delle inedite funzioni e forme assunte dalla scrittura o la classificazione dei diversi sistemi di scambio fondata sulla ricerca di affinità̀ e divergenze rispetto ai generi della tradizione: la lettera per l’e-mail, il diario personale per i blog ecc. Tutte le scritture digitali sono caratterizzate dalla manipolabilità, dalla frammentarietà18 e dalla dinamica tra conservazione ed evanescenza che si collega ai modi di produzione dei messaggi e alla loro fruizione. La scrittura, una volta miniaturizzata ed entrata cosı ̀nel ciclo del consumo veloce, ha potuto coprire funzioni proprie del parlato, dal dialogo faccia-a-faccia fino alla conversazione telefonica, creando al contempo nuovi spazi conversazionali. La scrittura ipertestuale è una caratteristica del web à per esempio, per Twitter, si parla di scrittura aumentata, perché i messaggi non sono mai chiusi, ma hanno una profondità dovuta ai link, agli hashtag ecc. Le diverse etichette che sono state applicate alla CMC in Italia hanno in comune due aspetti: il riferimento alla dimensione diamesica per spiegare le caratteristiche delle scritture digitali rispetto alla lingua scritta e a quella parlata (il cosiddetto parlato-parlato); e la caratterizzazione prima dei diversi usi della CMC, quindi delle produzioni attraverso cellulare e smartphone, come una varietà di lingua. La diamesia è una dimensione di variazione per spiegare la peculiare evoluzione della linguistica italiana, ma è problematica. Su questa dimensione si sono edificate altre varietà riunite sotto la dicitura di italiano trasmesso, la quale comprende l’italiano dei mezzi di comunicazione di massa, a loro volta distinti in orali e scritti. Per cogliere la duplice natura della CMC, scritta quanto al canale ma vicina al parlato dal punto di vista della caratterizzazione linguistica se considerata in rapporto alla scrittura istituzionale e formale, si sono adottate molte etichette: parlato-scritto, scrittura conversazionale, parlato digitato e scritto trasmesso. Qualche osservazione in più̀ merita la denominazione parlato grafico proposta da Berruto il quale distingue l’aspetto mediale (fonico/grafico) dai parametri “concezionali” che identificano l’immediatezza e la distanza comunicativa con riferimento a una serie di fattori situazionali e contestuali indipendenti dalla forma, scritta o parlata, del messaggio, quali: il carattere pubblico/privato della 5 Al confine tra il gioco ortografico e il neologismo o il prestito linguistico si trovano le alterazioni volute del tipo gomblotto per «complotto». Alcune di queste alterazioni puntano a prendere in giro utenti considerati particolarmente ignoranti. In questo caso, spesso le alterazioni riprendono o simulano errori ortografici basati su pronunce regionali o sulla lingua parlata. Le novità vere e proprie del lessico possono essere distinte in due grandi categorie: i neologismi di origine interna, realizzati per esempio attraverso i normali strumenti di derivazione morfologica della lingua (quelli con cui da costo si ottiene costoso), e i prestiti da altre lingue. I prestiti arrivano in particolare dall’inglese, ma si affiancano altre due fonti principali: dai dialetti e da altre lingue. È probabile che l’uso del dialetto sia più̀ diffuso nelle comunicazioni private (per esempio nelle chat su WhatsApp) che in quelle rivolte a estranei (come i commenti pubblici su Facebook). Spesso, oltre che sotto forma di mescolanza di codice (cambiamento di lingua all’interno della frase), si presentano sotto forma di commutazione di codice (cambiamento di lingua da una frase all’altra). Frasi o interi interventi in dialetto si trovano senza difficoltà in diversi contesti e in rapporto a diverse regioni d’Italia. Si ha però la forte impressione che le interazioni dialettali siano oggi più̀ rare in rete che nel mondo fisico. Inoltre, queste parole o frasi venivano sempre usate all’interno di un messaggio più ampio in italiano. Alcune parole o espressioni sono note in tutta Italia e vengono usate anche al di fuori della loro area di origine, per colorire il discorso; in questo è fondamentale il ruolo del romanesco. Un uso simile si ha per parole straniere provenienti da lingue diverse dall’inglese. Parole di ampia comprensibilità̀ vengono quindi inserite all’interno di testi in italiano, a volte anche da non italiani. Gli studiosi di linguistica italiana hanno notato che per tutto il Novecento non ci sono stati molti cambiamenti nel lessi- co di base della lingua. Con poche eccezioni, tra cui per esempio bar e sport, per lungo tempo la maggior parte degli anglicismi era costituita da snobismi di diffusione ridotta. La diffusione della conoscenza dell’inglese si è accompagnata a una sua maggior penetrazione all’interno delle singole lingue. Prestiti dall’inglese, da cool a display, sono oggi diffusi in moltissime lingue e in moltissimi ambiti settoriali. Alla diffusione dell’inglese hanno senz’altro contribuito anche le tecnologie di rete, dalla nascita del web a quella di Google e di Facebook. Buona parte del tempo usato per comunicare attraverso lo strumento è, infatti, dedicata a parlare dello strumento. Con la vecchia rete telefonica, fissa e analogica, gli interlocutori dovevano quindi usare spesso parole strettamente collegate allo strumento: pronto, occupato, linea, cornetta, numero e cosı ̀via. Allo stesso modo, anche se su questo le indagini sono state meno numerose di quanto si potrebbe desiderare, chi comunica attraverso WhatsApp fa spesso riferimento a WhatsApp e alle sue caratteristiche. Non sorprende dunque che gli anglicismi collegati alla comunicazione di rete compaiano in gran numero proprio all’interno della comunicazione di rete. Le tecnologie connesse sono nate negli Stati Uniti come caso particolare delle tecnologie informati- che in generale, e il loro lessico è, di conseguenza, in parte di origine inglese. 6 In alcuni casi, è necessario usare parole inglesi perché semplicemente non esiste o non si è affermato un equivalente italiano corrispondente. Inoltre, anche quando le parole inglesi sono quasi sinonimi di parole italiane, i par- lanti e gli scriventi le trovano comunque utili per disambiguare. Per esempio, in italiano la parola conversazione può riferirsi in generale a un «dialogo» o «colloquio tra due o più persone», indipendentemente dal modo in cui questo avviene, mentre chat indica inequivocabilmente un dialogo testuale mediato da sistemi informatici. Infine, un vantaggio accessorio di queste parole è il loro essere in media più corte (e quindi più rapide da scrivere) rispetto agli equivalenti italiani. Se si osserva il lessico nel suo assieme si nota infatti che è molto frequente il caso in cui per parlare di referenti nuovi l’italiano ha preferito dare un nuovo significato a parole italiane già esistenti, invece di adottare parole inglesi. Un’altra spinta comune per l’uso dell’inglese è quella espressiva. Gli anglicismi del genere sono frequenti nelle comunità di gioco. In età moderna, per secoli, a imporsi su altre lingue, o perlomeno a diffondersi al loro interno, è stato proprio il lessico dell’italiano. Questo effetto si è avuto in primo luogo sui dialetti e a livello lessicale sulle principali lingue europee. Ancora oggi si può sostenere che sono più numerosi gli italianismi in inglese degli anglicismi in italiano. Oltre a essere diffuse, le parole italiane sono anche prestigiose. Ciò ha generato il fenomeno degli pseudoitalianismi (o Italian sounding): parole che “suonano” italiane, anche se in realtà non lo sono, e che spesso vengono create proprio per sfruttare le associazioni positive del lessico italiano. La diffusione dell’inglese e la sua pressione sull’italiano sono il risultato casuale di evoluzioni. Al di là delle vicende politiche o economiche possono poi entrare in gioco fattori di tutt’altro genere. Strettamente collegato alla diffusione di internet è, per esempio, il miglioramento della traduzione automatica. La traduzione automatica attuale non è perfetta. Uno dei suoi limiti è dato dal fatto che i sistemi informatici al momento hanno ben poche conoscenze sul mondo: i significati delle parole si possono disambiguare attraverso vari espedienti formali, ma rimane un notevole grado di approssimazione. Tuttavia, queste traduzioni sono diventate abbastanza funzionali da avere utilità pratica in molte circostanze. Ancora più sorprendenti sono le potenzialità della traduzione del parlato. In questo caso, gli errori della traduzione automatica si sommano a quelli del riconoscimento del parlato, ma il risultato è sorprendentemente funzionale. Capitolo 3 – ORGANIZZARE IL DISCORSO IN RETE. CARATTERISTICHE DELLA TESTUALITÀ DIGITALE La civiltà̀ tipografica ci lascia in eredità dei generi testuali codificati e condivisi, che compongono una piramide al cui vertice si colloca il testo lineare e continuo, affidato a un supporto cartaceo, strumento di trasmissione del sapere complesso e analitico. Su questa forma-testo hanno poi lasciato il segno due ulteriori innovazioni: dapprima il cinquantennio elettronico-analogico (grosso modo coincidente con la diffusione e il predominio del medium 7 televisivo, nella seconda metà del XX secolo); poi la rivoluzione digitale e la diffusione della rete, che hanno generato la forma inedita dell’ipertesto, concetto elaborato da Ted Nelson (l’idea alla base è che un testo non debba per forza essere letto in maniera lineare, ma si può leggerlo passando da un documento all’altro attraverso collegamenti). La scrittura digitale e l’organizzazione ipertestuale stanno progressivamente modificando i connotati della forma-testo tràdita. In questo quadro non si può parlare di lingua della rete, poiché internet è un immenso raccoglitore di testi tra loro diversissimi, che produce qualsiasi fenomeno e il suo contrario, e non è possibile indagarne la facies linguistica a livello generale. Si crea inoltre una crepa importante nel muro che in età moderna ha separato l’autore dal lettore: quest’ultimo assume un ruolo più importante e può integrare un testo altrui attraverso commenti o altre forme di compartecipazione alla scrittura (Wikipedia). La novità è testimoniata dalla coniazione del neologismo wreader (writer + reader), a volte tradotto in italiano con scrilettore. Come tutte le grandi innovazioni, anche quella digitale ha innescato polemiche tra sostenitori entusiasti e detrattori apocalittici. TRA GLI ENTUSIASTI à Marc Perensky, studioso che ha coniato l’espressione digital immigrant riferita a tutti i venuti al mondo prima degli anni ’80 del secolo scorso, e sostiene la tesi che i non immigrati, cioè i «digital natives» siano più a loro agio con le nuove tecnologie, fino al punto di pensare e gestire le informazioni in maniera diversa dai predecessori. Si sarebbero cioè create, in pochi anni, mutazioni tali da configurare una nuova specie, antropologicamente “migliorata”: l’Homo sapiens digital. Ciò crea un inedito divario intergenerazionale. Gli apocalittici invece tendono a concentrarsi sugli effetti deleteri dell’istupidimento digitale come risultato della precoce e massiccia esposizione a dispositivi elettronici subita dalle nuove generazioni. Ciò che può aiutare a distinguere tra i tanti scritti presenti in rete è il gradiente di digitalità: scarso o nullo nei testi cartacei nati prima della rivoluzione informatica e importati in archivi digitali (per es. l’archivio storico di un quotidiano o di una biblioteca), intermedio in quelli TESTO TIPOGRAFICO: 1) È chiuso 2) È interpretabile dal sistema dei testi che lo hanno preceduto e che lo seguiranno in una determinata comunità culturale 3) È concettualmente lineare (eccezione di dizionari ed enciclopedie) IPERTESTO: 1) È aperto, perché́ integrabile in qualsiasi momento dall’autore o da chi abbia accesso ai contenuti digitali 2) È multilineare 3) È caratterizzato da più livelli di fluidità 4) Con la rete viene meno l’autorità, giuridica, culturale o commerciale che decide sulla pubblicabilità dei contenuti 5) È immateriale 6) È interoperabile (adatto a essere modificato, integrato ed esportato in nuovi ambienti e supporti) 10 prolungata nel tempo tra amici l’uso ricorrente di determinate icone può portare a costruire una sorta di lessico famigliare. La brevità è un tratto costitutivo della scrittura digitale. Si ricorre quindi a una sintassi tendenzialmente monofrasale e a varie forme di parallelismo che favoriscono la possibilità di costrutti ellittici. Quando il testo è troppo lungo si creano forme di censura sia “esterne” (in Facebook e in altri ambienti di comunicazione dopo alcune righe il messaggio viene oscurato e occorre cliccare per leggerlo fino in fondo) sia interne, nel senso che l’autore si sforza di mantenere il messaggio entro le poche righe. La brevità delle scritture digitali è in stretta connessione con la loro frammentarietà e dipendenza dal contesto. La possibilità tecnica di concepire il messaggio come un insieme di blocchi spostabili, riassemblabili e modificabili e la struttura stessa dell’ipertesto. La dipendenza da contenuti esterni è ancora più esasperata in ambienti di comunicazione in cui il testo assume una funzione vicaria rispetto alle immagini (Instagram). n ogni caso nei testi che viaggiano in rete vengono meno le tradizionali barriere tra co-testo (l’intorno testuale di un enunciato) e contesto (le coordinate spazio-temporali della comunicazione e le conoscenze condivise, inclusi eventuali altri testi noti agli interlocutori). Le analisi sintattiche dei messaggi postati sui social media mostrano periodi prevalentemente monoproposizionali. Ciò perché́ si usa il mezzo prevalentemente per esprimere stati d’animo, informare su un avvenimento o commentarne lapidariamente un altro, rimandando eventualmente al di fuori dell’ambiente di comunicazione per approfondimenti di maggior respiro. Capitolo 4 – In principio era il dialogo. Verso uno stile dialogico-promoziale nel web. Dagli anni ’90 in poi si assiste alla crescita esponenziale dell’utilizzo di internet, dalla fine degli anni ’90 e poi nel primo decennio del 2000 nasce una serie di servizi e applicazioni di grandissimo rilievo e fortuna (i blog e i social network) e, con la diffusione e commercializzazione degli smartphone, dal 2010, si parla di iperconnettività. Molte delle applicazioni che sono state ideate fin dall’inizio dello sviluppo di internet sono di natura dialogica, cioè favoriscono l’interazione verbale umana. Se dovessimo dire quali sono gli elementi di novità assoluta del web rispetto alla scrittura tradizionale, citeremmo l’interattività, caratteristica che, in termini linguistici, meglio definiremmo dialogicità, cioè propensione al dialogo, a costruire testi meno autonomi e più orientati allo scambio bidirezionale. La scritta sul web eè intrinsecamente dialogica, anche quando si tratta di comunicazione unidirezionale. Esempio: il blog nasce come testo al cui lettura avviene giorno per giorno, esposto ai commenti immediati, a condivisione e rischio di alterazione da parte di utenti anonimi e non. L’esempio del blog si può generalizzare a molti tipi testuali del web. Se la scrittura in quanto processo ideazionale di creazione di testi resta sostanzialmente invariata, infatti, dal punto di vista dell’organizzazione del testo si osservano principi costituti- vi diversi (ipertestualità; forte collegamento con testi precedenti e successivi quindi allargamento della cotestualità; possibilità per i testi di essere aperti e corretti o cambiati ripetutamente; multimedialità). Ma è soprattutto nel processo di consumo della scrittura (e quindi nella lettura) che le due tipologie di contesti comunicativi (scrittura per la carta e scrittura per il web) 11 divergono: sostanzialmente individuale anche quando pianificata per un pubblico ampio, la prima; potenzialmente sempre pubblica la seconda, anche quando è piani- ficata per un destinatario individuale. La scrittura in rete richiede una fortissima complicità tra utenti che spesso sono sia lettori che scrittori. Questa visione cooperativa e co-costruita della scrittura e della testualità radica negli utenti la percezione dialogica dello scrivere e quindi un orientamento conversazionale che incide sulla qualità linguistica dei testi del web. I social network sono pensati per far interagire le persone. La struttura di Facebook è intrinsecamente dialogica. Facebook imita la struttura del blog perché prevede una bacheca personale su cui vanno accumulandosi i post in ordine anti-cronologico, e perché́ prevede il commento da parte dei propri follower/ friend. L’uso poi è andato molto oltre, inglobando una messaggistica istantanea privata (messenger) e molte connessioni con altri social. I testi sono di natura e argomento diversissimo, ma spesso includono un’allocuzione a chi legge, un richiamo a una categoria di persone in particolare, richieste, inviti a partecipare o a condividere, appelli, comizi, condivisioni di informazioni, pubblicizzazioni di eventi, campagne, raccolte fondi, ecc. Si può parlare di una lingua sciolta, ammiccante e vagamente impegnata a persuadere e pubblicizzare è lo stile a cui Facebook ci sta abituando. Il popolo di Facebook, con differenze legate al livello di cultura e di istruzione di ciascun iscritto, dialoga continuamente con un lettore-consumatore a volte identificato, a volte generico, e lancia messaggi nella bottiglia. Twitter, invece, ha un limite di 280 caratteri; quindi, deve fare i conti con la scrittura breve. Spesso i destinatari dei tweet non sono singoli utenti, ma l’intera blogosfera. Le funzioni di questa scrittura possono essere varie (tweet con link, tweet tradizionale sul proprio stato, tweet d’opinione, tweet d’intrattenimento, tweet di carattere interrogativo, tweet multimediale, ma moltissimi tweet sono informativi e spesso rimandano ad altri contenuti web mediante link. Twitter ha generato alcune strategie per gestire i flussi di comunicazione: il simbolo @ o l’hashtag # che poi si è esteso ad altri social. Decisamente dialogici e interattivi sono newsgroup (gruppi di discussione) e forum. Si tratta di forme di comunicazione asincrona e in genere pubblica, nel senso che la consultazione dei contenuti è accessibile dopo registrazione, e dunque la comunicazione è indirizzata programmaticamente a una comunità di utenti che può leggere e assistere alle discussioni altrui. o I newsgroup, nati negli anni ’70 sulla rete Usenet, sono comunicazioni multiutente su un argomento condiviso che ne costituisce il titolo: sono più rilevanti gli scopi comunitari rispetto a quelli comunicativi. Nei confronti dei mezzi linguistici messi a disposizione dell’utente notiamo, oltre alla creatività, proprio il forte prescrittivismo, per cui l’utente inesperto viene immediatamente “bollato” come tale qualora non dimostri conoscenza delle convenzioni linguistico-comunicative della Rete. o I forum di discussione, nati negli anni ’90 del secolo scorso, sono una sorta di forma evoluta dei newsgroup in quanto ne ereditano le caratteristiche principali e in più, sviluppandosi in un ambiente di interazione grafico, consentono la creazione di messaggi con contenuti grafici e multimediali. Il forum tipicamente nasce per la condivisione di idee tra persone che coltivano un interesse comune e che creano una 12 comunità virtuale. Spesso i forum sono moderati da un amministratore o moderatore che ha maggiori poteri degli utenti comuni e che impedisce, ad esempio, la pubblicazione di contenuti non in tema col forum. I forum sono organizzati per argomenti detti thread, a loro volta organizzati in sezioni e sottosezioni. Rappresentano un prodotto collettivo. Se lo stile e la qualità linguistica dei forum variano molto in base al topic e possono quindi evidenziare esempi di lingua comune molto informale o anche esempi di linguaggi tecnico-specialistici. Per farsi notare in un newsgroup o in un forum occorre comunque avere uno stile personale, ma anche offrire contributi significativi e pertinenti. RECENSIONI ONLINE E PAGINE DEI SITI WEB à testi prodotti come autonomi. Nel concludere, sottolineiamo che la lingua sul web, grazie a internet, è diventata pervasivamente ammiccante, promozionale, autopromozionale, spettacolarizza l’individuo e il suo privato. Tutto questo trasforma l’atto di scrittura da un atto intimo e individuale, ben separato dal momento della sua fruizione (che a sua volta era un atto di lettura individuale), in un atto collettivo e spesso immediato che si dispiega davanti a un potenziale pubblico ampio e indifferenziato. PAGINE DEI SITI WEB: - Testi preparati e organizzati in modalità asincrona e che non prevedono un destinatario specifico. - Sono comunque pervasi dalla qualità dialogica RECENSIONI - Quelle che riguardano oggetti sono strutturate in modo leggermente più tecnico perché chi scrive segue uno schema testuale riassumibile in base a: descrizione dell’oggetto, funzioni, rapporto qualità-prezzo. - Nel caso delle recensioni turistiche in cui si valuta una struttura alberghiera, una se- rie di servizi, ma anche fattori come la centralità della struttura ecc., talvolta le persone reagiscono sull’onda dell’emotività e quindi recensiscono l’esperienza di vacanza in un luogo e non solo la struttura ricettiva. Le recensioni possono avere struttura testuale e lunghezza molto variabili, e finire con assumere un tono narrativo 15 invogli a verificare cosa sia stato detto su un certo argomento in precedenza, prima di intervenire in una discussione. Invece, è molto diffusa l’abitudine di commentare non solo senza informarsi sull’argomento, ma senza nemmeno leggere gli al- tri commenti già pubblicati nella stessa discussione. È possibile abbozzare una specie di tipologia degli utenti in base alle loro reazioni. A ognuna di queste, infatti, corrispondono specifici elementi linguistici ricorrenti: § Gli eccepitori: quale che sia il tema del post, hanno sempre qualcosa su cui eccepire. Spesso il sintagma ricorrente è e però... o simili. § I noivoisti: iniziano ogni post con “voi che”..., sottintendendo che loro sono migliori § Gli “eroironico”: davanti a un fallimento comunicativo, si rifugiano dietro alla suppo- sta ironia non compresa dall’interlocutore, anche quando in realtà non c’è nessun in- tento ironico in quanto hanno scritto § I proceduralisti: chiudono la discussione argomentando che i social non sono il posto giusto per approfondire, che occorrerebbe spostare la discussione in altri contesti, nella sostanza sottraendosi alla continuazione del confronto. § Il salutista Nel mezzo di una discussione, il salutista abbandona il dialogo, ma lo fa salutando gli astanti. Ex una tecnica molto violenta per la chiusura del dialogo. Capitolo 6 – Dalla disinformazione all’oltre verità. Informazione e condivisione: cambiano i mezzi, cambiano le notizie? Mettendo a disposizione di chi li usa gli strumenti per diffondere i loro messaggi con una velocità e una profondità un tempo impensabili; rendendo possibile, attraverso i meccanismi della multicanalità e della crossmedialità, il riuso e la ripetizione variata delle informazioni; presentandosi spesso al contempo con i crismi del testo scritto e l’agevolezza della colloquialità; essendo infine in grado di stimolare più sensi, i social sembrano l’ambiente ideale per la diffusione di notizie false, manipolate o tendenziose, che possono giungere a creare, in alcune circostanze, una percezione distorta del mondo. La circolazione, anche rapida e incontrollata, di voci false non costituisce però in realtà una novità neomediale; i servizi della Comunicazione mediata tecnicamente (CMT) però, pur non essendone all’origine, sembrano potenziarne gli effetti. Il web 2.0, infatti, facilita la circolazione disintermediata di tutte le informazioni, anche di quelle false. I servizi di rete consentono a chiunque di produrre contenuti e di condividerli con la massima semplicità: ogni utente del web, cosı,̀ può entrare in contatto con un grande numero di individui, altrimenti singoli, e contribuire alla loro aggregazione in ambienti virtuali in cui si realizzano facilmente consonanze emotive o ideali e si possono attivare dinamiche di omologazione e di polarizzazione. Alcuni dispositivi di interfaccia apparentemente innocui congiurano a questo risultato: si pensi al meccanismo dei like, dei retweet, del quoting: grazie ad essi 16 un’informazione ha la possibilità di essere ripetuta, rivista, riletta un numero grandissimo di volte, facendosi cosı ̀più “vera”. Contesti informativi ecoici come quelli appena descritti sono stati chiamati echo chamber. Tra l’altro, molti servizi di rete, e segnatamente quelli a maggior contenuto interazionale, sembrano assecondare scambi disinvolti, pulsionali e linguisticamente patetici. Le stesse fake news, d’altra parte, devono probabilmente molto alla loro capacità di diffusione e di penetrazione proprio al fatto di agganciarsi a bisogni reali. Naturalmente, anche il fatto che in molti servizi la scrittura sia agevole, mimi il parlato, favorisce la capacità di propagazione dei messaggi. Pure le ragioni per cui alcuni individui o alcune associazioni decidono di inondare l’universo della rete di messaggi falsi o tendenziosi sono molte: taluni agiscono per interesse (è il caso dei siti che puntano al click-baiting, ovvero a catturare le visite – i click – dei lettori), altri per ragioni ideologiche o politiche; non pochi, assumendo la funzione di troll. per divertirsi; molti, infine, come si è suggerito, per timore, per rabbia, per malanimo o in ossequio alle dinamiche di gregge. La capacità delle fake news di diffondersi anche mediante i filtri algoritmici impostati dai big data è dovuta in parte alla loro forma: molte in effetti, come si scriveva, per essere impressive, coniugano una componente iconica a quella verbale. Anche il segmento verbale ha caratteri funzionali e ricorrenti: è per lo più breve o brevissimo, presenta sintassi minimale, conduce un discorso apodittico ed esortativo. Anche la punteggiatura scompare, rendendolo ancora più simile al parlato. Le immagini hanno di norma anche una funzione propriamente retorica, in quanto possono fungere da richiamo all’autorità. Le immagini hanno un ruolo importante anche nel caso di formati più tradizionali, come l’articolo di giornale in una rivista web; si tratta in genere di fotografie che ritraggono ambienti, oggetti e situazioni anomale ma che riescono in un modo o nell’altro a produrre emozione. Importante è anche il discorso riportato, strumento privilegiato della presa dal vivo, funzionale alla costruzione dell’impressione di verità e in grado di ricondurre un testo al tipo espositivo attraverso la stipulazione di autenticità. Capitolo 7 – La Crusca, i socialini e le ideologie linguistiche L’Accademia della Crusca ha rappresentato per secoli la massima autorità. E il dialogo tra la Crusca e il pubblico non è una novità degli ultimi anni. Le prime iniziative significative, volte ad aprire un canale di confronto diretto con il largo pubblico, si devono a Giovanni Nencioni, presidente dell’Accademia dal 1972 al 2000, che nel 1990, con la fondazione della rivista «La Crusca per voi», concretizzò l’idea, istituendo un vero e proprio servizio di consulenza linguistica, un luogo di dialogo tra accademici e cittadini comuni, persone senza una cultura specialistica interessate semplicemente alla lingua italiana. Mettere a disposizione di tutti il patrimonio di conoscenze in fatto di lingua e con- dividere e diffondere il più possibile la consapevolezza della straordinaria bellezza e complessità della storia della lingua italiana stava diventando, nella politica linguistica della Crusca, un impegno culturale e sociale. l passaggio dalla consulenza esclusivamente cartacea a quella tramite il sito web ha, da un lato, facilitato l’accesso diretto al servizio da parte di tutti, da qualsiasi parte del mondo, dall’altro ha permesso alla voce della Crusca di estendere il proprio raggio di azione, arrivando a 17 raggiungere tutti gli utenti del sito e non più soltanto i diretti interessati alla consulenza. I due canali della consulenza, rivista e sito, seppur tenuti vivi dalle richieste dei lettori, non prevedevano l’interattività, che ha rappresentato la vera e irreversibile svolta epocale inaugurata dalla seconda edizione del sito. In essa sono stati aperti nuovi spazi di comunicazione diretta con l’Accademia. I social network hanno il potere di far diventare urgente e caldo qualsiasi tema e tendono ad appiattire tutti sullo stesso livello di autorità. Il quadro che ne esce è quello di un individualismo esasperato, sempre meno capace di confronto e mediazione, in cui si affermano a oltranza le proprie convinzioni, non si riesce più a considerare le parole degli altri e soprattutto non si riconosce più l’autorevolezza fondata su reali competenze. Tutti possono ritenersi esperti di tutto. Anche nelle piazze virtuali che la Crusca ha messo a disposizione degli utenti, sono evidenti gli effetti di questo processo. Proprio in questa zona di maggiore libertà nascono più spesso i dubbi e si scatenano aspre diatribe che inducono a chiedere il parere della Crusca, parere che spesso, come vedremo dagli esempi, non basta a placare le dispute, ma viene preso a pretesto per innescare ulteriori litigi su problemi talvolta tangenti o derivati dal primario. n questa zona grigia possiamo collocare anche l’atteggiamento di fronte all’ingresso di nuovi anglismi, che produce reazioni che vanno dal purismo intransigente alla totale apertura, più o meno consapevole. Nella direzione di sollecitare la riflessione sull’argomento, è stato istituito nel 2016 presso l’Accademia il gruppo Incipit, con il compito di individuare gli anglismi di nuovo arrivo nel campo della vita civile e sociale e di proporre, prima che si diffondano e si asse- stino definitivamente, corrispondenti italiani. Nel 2012 al nuovo sito dell’Accademia della Crusca sono stati associati i principali social network, Facebook e Twitter: questi canali sono stati pensati come vetrine dei progetti e delle attività dell’Accademia: un ulteriore punto d’accesso, dunque, ai contenuti pubblicati nel portale. Di solito i primi commenti a caldo, quelli che seguono immediatamente la pubblicazione del post, sono giudizi qualitativi che rivelano a pieno le ragioni ideologiche retrostanti oppure sono esternazioni esasperate. Infine, non mancano i commenti – in verità sono anzi la maggioranza e sono il più delle volte pretestuosi – che denunciano una scarsa consapevolezza delle origini delle parole e poca dimestichezza con le regole grammaticali. L’uso di forestierismi è visto da molti utenti come sintomo della “dipendenza” culturale che gli italiani hanno nei confronti degli stranieri oppure come un’odiosa moda linguistica che diventa tanto più grave se si riscontra nelle istituzioni o se viene amplificata dai mezzi di comunicazione. L’idea più diffusa e radicata è che il ricorso agli anglicismi soprattutto da parte delle istituzioni sia dovuto alla volontà di essere ambigui e non del tutto trasparenti nei confronti dei cittadini. La questione relativa all’inglese come unica lingua per la ricerca divide gli animi della comunità che dialoga nella nostra pagina. Una buona parte degli utenti si schiera a favore della lingua italiana, riconosciuta non solo come patrimonio identitario da tutelare, ma anche come unico veicolo possi- bile per una didattica di qualità e per il progresso stesso delle idee in campo scientifico. L’altra parte invece riconosce all’inglese il primato assoluto di lingua della comunità scientifica e teme che, non praticandolo costantemente, si rischi di rimanere definitivamente fuori dai circuiti della ricerca. Molti ribadiscono anche che la conoscenza dell’inglese non mette in 20 RISORSE GRATUITE 1) Portali e banche date - DE GRUYTER OPEN à uno dei principali editori al mondo di contenuti scientifici ad accesso aperto. il sistema è interrogabile (previa registrazione) tramite la ricerca semplice o tramite ricerca avanzata. Oltre alla possibilità̀ di scaricare gratuitamente riviste ad accesso libero, la piattaforma consente di ottenere informazioni bibliografiche e di visualizzare articoli e monografie online. Il sistema permette inoltre di salvare le ricerche e i contenuti - ITALINEMO à offre una banca dati bibliografica ad accesso aperto delle principali riviste di italianistica italiane e straniere. La banca dati indicizza i contributi delle riviste (saggi e recensioni) a partire dal 2000, e prevede tre modalità di ricerca: ricerca libera (frase o parola); ricerca avanzata (specifica per gli articoli); ricerca specifica per recensioni. - PARLARE ITALIANO à è un portale che ospita diversi materiali di lavoro e di studio. Si tratta di un osservatorio dedicato alla lingua italiana parlata, che recentemente si è arricchito di lavori di confronto con altre lingue. Il portale offre un ampio spettro di ricerche linguistiche relative a vari settori di ricerca e a vari livelli di descrizione, basate su corpora raccolti in diverse situazioni comunicative e variamente annotati. Poiché l’obiettivo che il progetto si prefigge è quello di offrire una sede di discussione e pubblicazione di lavori teorici e di sviluppo di applicazioni dedicati al parlato, ospitando proposte e ricerche di un sempre maggior numero di studiosi, è possibile partecipare a Parlare italiano iscrivendosi come utenti del portale. 2) Corpora: si possono ricavare prezioni informazioni dal lavoro di Barbera, una trattazione sistematica su che cosa sia un corpus e su quelli esistenti per lo studio della linguistica italiana. Barbera suddivide i corpora in nazionali e bilanciati, multilingui, di scritto controllato (giornalistici, accademici, giuridici), dei nuovi media (rete, altri media), dei media tradizionali (televisivi, radiofonici), storici, di varietà speciali, infantili, dialogici, didattici (di apprendenti, traduzionali e interpretariali) treebank, di parlato. - M.I.DI.A MORFOLOGIA DELL’ITALIANO IN DIACRONIA à è un corpus di testi scritti in lingua italiana, completamente annotato con indicazione del lemma e della parte del discorso cui è ricondotta ciascuna occorrenza nei testi. Il corpus si estende dall’inizio del XIII alla prima metà del XX secolo, è ripartito in cinque periodi temporali e sette tipologie testuali e comprende circa 7,5 milioni di occorrenze tratte da circa 800 testi. La selezione e gli strumenti di ricerca permettono una facile estrazione di dati, utili in particolare per lo studio della formazione delle parole in italiano dal punto di vista diacronico, ma fruibili anche per diverse altre tipologie di indagine linguistica. 3) Dizionari: La pagina web ospita anche i link ad alcuni dei principali dizionari online per la lingua italiana, come il Grande Dizionario della Lingua Italiana Treccani, il Grande Dizionario Garzanti, il Sabatini-Coletti. Questi strumenti, rispetto ai corrispondenti cartacei, presentano alcuni vantaggi: tutti e tre, infatti, propongono lemmi correlati a 21 quello ricercato. Altri dizionari digitali sono il DOP. Dizionario multimediale e multilingue d’orto- grafia e pronuncia, che permette di leggere le definizioni e ascoltare la pronuncia di 92.000 voci di lessico e nomi propri della lingua italiana, nonché di un’antologia di testi trascritti foneticamente e Senso Comune, una piattaforma che oltre a svolgere le funzioni di un normale dizionario, consente di classificare ciascuna accezione dal punto di vista concettuale, di specificare esempi d’uso, sotto-accezioni, relazioni lessicali e, in futuro, tematiche e argomentali. - Il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini è un vocabolario storico dell’italiano anti- co, basato su tutta la documentazione disponibile a partire dal primo documento che si può dire italiano, cioè l’Indovinello veronese dell’inizio del secolo IX, fino alla fine del Trecento. Anche se è stato inserito all’interno dei dizionari, sarebbe riduttivo definire il TLIO unicamente come tale: ciò che risulta particolarmente utile di questa risorsa, infatti, è la grande quantità̀ di informazioni che si possono ricavare dalle ricerche dei lemmi. Oltre alla definizione del lemma appare automaticamente la lista delle sue occorrenze all’interno del corpus, visualizzabili nel loro contesto linguistico; inoltre, in alto sono presenti varie etichette, cliccando sulle quali si ottengono ulteriori importanti notazioni: • Lista forme • Nota etimologica • Prima attribuzione • Distribuzione geolinguistica • Note linguistiche • Note • Lista definizioni • Redattore • Tutto/stampa Capitolo 9 – Semicolti (solo?) nella rete. Riflessioni sul substandard nel web italiano. I contributi che hanno affrontato le questioni relative ai neosemicolti sono partiti dall’individuazione delle divergenze che intercorrono tra le scritture devianti del passato e le produzioni odierne, rintracciabili, innanzitutto, nei contesti diastratici (come conseguenza della scolarizzazione diffusa pressoché in tutti i ceti sociali) e nella categoria degli estensori dei testi, i quali sono oggi per lo più italofoni e giovani (mentre nel passato il semicolto-tipo era identificato nell’anziano che aveva come madrelingua il dialetto), e, anche, dotati talvolta di un titolo di studio medio-alto. Differiscono sensibilmente, poi, le tipologie testuali: non più forme primarie della scrittura, bensı ̀relazioni, corrispondenza epistolare elettronica e professionale, anche tesi di laurea e, più in generale, composizione di testi formali brevi, medi e lunghi con un significativo slittamento da una dimensione familiare e privata a una produzione/fruizione pubblica, spesso a carattere professionale e/o burocratico-aziendale. Anche la fenomenologia linguistica caratterizzante non può essere più la stessa. Le profonde trasformazioni che hanno coinvolto negli ultimi decenni le varietà del repertorio (innanzitutto il mutato rapporto tra lingua/dialetto e, ancora, il progressivo avvicinamento, destinato ad 22 aumentare, tra scritto e parlato hanno prodotto allargamenti del modo di intendere lo standard e, di conseguenza, di percepire l’infrazione della norma. Quest’ultimo aspetto appare fondamentale per individuare i tratti sintomatici di una varietà̀ (neo)popolare. Se semicolto, infatti, è colui che violando il conformismo grammaticale suscita una reazione censoria, sembra indispensabile, per tracciare il profilo dei nuovi illetterati. A simili dinamiche ha senz’altro contribuito il processo di «desacralizzazione» della scrittura innescato dalla capillare diffusione dei media telematici, tra cui, in modo decisivo, la telefonia mobile. Ciò̀ ha creato le condizioni per una pratica della scrittura di massa, favorendo, appunto, l’abbassamento dei meccanismi di controllo e l’innalzamento della soglia di tolleranza, e permettendo, in tal modo, l’affioramento di tratti substandard. La necessità di ridimensionare il peso da attribuire alle nuove tecnologie nei processi di allontanamento dalla norma, poi, appare palmare se si considera che i testi realizzati con le nuove tecnologie costituiscono per molti individui l’unica attività scrittoria, spesso praticata senza l’adeguato addestramento. L’incapacità di dominare le regole della scrittura va ricercata nel basso strato socioculturale di chi produce il testo, ma anche in una serie di fattori che interagiscono tra di loro chiamando in causa gli altri ambiti variazionali. Tale aspetto appare assai rilevante nel caso delle produzioni in rete, dal momento che gli studi riconoscono agli utenti una forte consapevolezza del mezzo e delle molteplici tipologie testuali in esso realizzabili, che sembra orientare e influenzare le loro scelte linguistiche. Stessi scriventi, cioè, che si cimentano in diversi tipi di scrittura elettronica, appaiono capaci di modulare il registro e adattare la propria produzione differentemente a seconda delle tipologie testuali praticate. Se dunque gli utenti dei mezzi telematici adottano, con consapevolezza, uno «stile allegro», che può scivolare facilmente – per scopi emulativi, creativi e ludici – in una «scrittura liquida», è necessario, innanzitutto, tenere distinte le trasgressioni intenzionali da quelle che dipendono invece da una effettiva condizione di indigenza scritturale dell’estensore, e soprattutto attribuire un diverso valore ai fenomeni rinvenibili in base ai fattori diafasici (tipo di testo, argomento, ruolo dei partecipanti all’atto comunicativo), che, in tale prospettiva, diventano dirimenti, più ancora che in passato; slitta in secondo piano, invece, il parametro diastratico, coerentemente con la diversificazione dei livelli culturali di coloro che si servono delle tecnologie informatiche. Secondo gli studi i più vistosi filoni di devianza dallo standard nei testi del web si rinvengono nell’espressività̀ grafica (in cui è necessario distinguere, appunto, l’intenzione dall’imperizia) e nell’apertura a livelli di lingua che di solito sono estranei allo scritto. Quanto al primo, di là dai consueti fenomeni, permangono nei testi in rete trasgressioni che riflettono le incertezze nei classici punti di crisi del sistema (orto)grafico: l’impiego vacillante di accenti e apostrofi, un’interpunzione approssimativa, ma anche fatti più marcati, come le concrezioni e le discrezioni, e l’uso desultorio dei segni diacritici, che possono costituire gli indizi di una scolarizzazione incompleta. La massiccia diffusione della lingua nazionale a scapito dei dialetti, e i riassestamenti tra i due principali diasistemi del repertorio, sono alla base di un generale decremento degli episodi dovuti all’interferenza di un sostrato locale, che tuttavia negli scriventi meno avvertiti possono permanere per alcuni livelli. Riguardo all’apertura a elementi generalmente estranei allo scritto troviamo: l’impiego generalizzato di gli, le semplificazioni nella selezione dei verbi nella struttura ipotetica, i
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved