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L'Officina teorica di Edward Gordon Craig, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Teoriche del Teatro e dello spettacolo

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 13/06/2019

Mariagiovanna991
Mariagiovanna991 🇮🇹

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Scarica L'Officina teorica di Edward Gordon Craig e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! L’OFFICINA TEORICA DI EDWARD GORDON CRAIG LORENZO MANGO Capitolo 1) Premessa Una data possibile di inizio 900 teatrale è il 1896 --> anno in cui debutta presso il Theatre de l’Oeuvre di Lugne-Poe l’Ubu Roi di Alfred Jarry, il quale crea le premesse linguistiche delle avanguardie storiche. 1905: la regia acquisisce un’identità specifica grazie a tre avvenimenti: - il debutto presso il Neues Theater di Berlino del Sogno di una notte di mezza estate di Max Reinhardt: qui la ricostruzione regista del testo di trasforma in invenzione creativa. - lo studio sulla Povarskaja : spazio di ricerca, di confronto e approfondimento che non riuscì ad essere così ma di lì a qualche anno Stanislavskij avrebbe cominciato ad aprire i suoi diversi “studi” del Teatro d’Arte. - le affermazioni del libro The Art of the Theatre di Edward Gordon Craig: il regista è la figura che più si avvicina all’artista del teatro, in sintesi l’idea che la regia sia una manifestazione artistica e che possa avere una sia propria identità teorica -- una vera e propria porta sul Moderno. Lorenzo Mango volle definire questo processo “officina teorica” perché è un termine che rende ragione del lavoro intellettuale di Craig. Nel 1872 nasce all’interno del cuore del teatro inglese. Nel 1900 Martin Shaw (l’amico di Craig musicista e direttore d’orchestra), assume la direzione musicale della neonata Purcell Operatic Society, l’associazione fondata per rimettere in scena i capolavori del maestro del melodramma inglese del 600. Propose a Craig di assumere la direzione dell’allestimento scenico, e questi accettò percezione poteva tornare al teatro non da attore ma da direttore di scena, da STAGE DIRECTOR. Nel 1900 debutta: Dido and Aeneas di Purcell, poi Masque of Love su musiche sempre di Purcell. Nel 1902: Acis and Galatea su testo di John Gay e musica di Handel. Craig aveva semplificato al massimo la scena con uno spazio neutro arrivando ad un effetto del vuoto e dell’inifnito. L’idea era quella di suggerire l’atmosfera e non descrivere l’ambiente. Voleva che l’azione scenica si svolgesse come un fluido visivo, negando ogni stereotipo recitativo. Specie nel Masque of Love ciò che veniva messo in primo piano erano la funzione iconica dell’attore e la dimensione coreografica dei suoi gesti e movimenti nello spazio. Aveva elaborato una stilizzazione essenziale ed antirealistica che doveva suggerire (e non rappresentare in azione) personaggi e racconto. Il 1902: fu l’anno del primo spettacolo realizzato al di fuori della Purcell Operatic Society: Bethlehem di Laurence Housman. Per la prima volta Craig si cimentava con un testo narrativo senza il sostegno antirealistico di musiche come quella di Purcell o Handel. L’impianto registro rimase lo stesso: stilizzazione / tensione al vuoto scenico per suggerire la non finitezza dello spazio, uso delle luci come mezzo di espressione. Craig si trasferì in Germania nel 1904 fino al 1907 quando andrà a vivere a Firenze. I suoi viaggi e le sue mostre come i suoi abortiti progetti lo portarono alla fama come <<riformatore>>. E’ nel 1905, grazie a The Art of the Theatre che entra a pieno titolo nella storia del teatro e che diventa EGC. Capitolo 2) Una ricerca in forma di idee Craig pubblica The Art of the Theatre nel 1905. Il libro ha una prima edizione tedesca, col titolo Die Kunst des Theaters e successivamente uscì l’edizione inglese con la prefazione di Graham Robertson. Successivamente un’edizione olandese del 1906 e nel 1911 il libro diventerà un capitolo del più ampio On the Art of the Theatre con l’aggiunta nel titolo di Firat dialogue per distinguerlo e connetterlo ad un secondo dialogo i cui protagonisti sono gli stessi ma con argomentazioni diverse. Scriveva che la regia segnava, per il teatro, quello che era stato il passaggio, in pittura, dall’impressionismo al simbolism; l’accesso ad una declinazione moderna del linguaggio, tesa a ristabilire, di quel linguaggio, i fondamenti grammaticali nella direzione di una sostanziale e programmatica antirappresentatività. La visione di Craig, secondo Marotti, va inquadrata organicamente dentro il processo di formazione e affermazione del Moderno che riguarda le arti. <<The Mask>> fu la rivista a cui Craig affidò dal 1908 al 1929 le sue indagini sul teatro ed i cui articoli finirono a comporre dei libri: The Art of the Advancing del 1919 oppure On the Art of the Theatre. Quella di Craig è una ricerca in forma di idee. The Art of the Theatre: - una sorta di manifesto di fondazione della regia moderna. La regia era già operativa nel teatro europeo: la Causerie sur la mise en scene di Antoine fu il primo tentativo di formalizzare concettualmente la regia, ed era stata pubblicata sulla <<Revue de Paris>> nel 1903. In questo saggio, per la prima volta, si enunciava l’idea scandalosa che la regia non fosse solo una prassi e che quello del regista non fosse solo uno dei mestieri del teatro ma un’attività che avesse una dignità artistica. Craig: per giungere ad essere artista del teatro è necessario non tanto l’affermazione del regista, ma il “Rinascimento del regista”. Craig parla di un “avvento dell’artista”. The Art of the Theatre: il testo ha la forma di un dialogo platonico. I due interlocutori sono lo stage director e il playgoer, un regista e uno spettatore di teatro. Lo stage director: porta avanti le affermazioni di Craig Lo spettatore: interlocuzione necessaria con il pubblico Esigenza più profonda di Craig: creare un filo di comunicazione (dialogo) tra l’avvenire del teatro e la sua condizione attuale. Il pubblico, è l’interlocutore effettivo e diretto del discorso. Il dialogo si centra due due grandi argomenti: - la vertenza con l’autore drammatico; il poeta - la questione della peculiarità e specificità artistiche del linguaggio teatrale - a cavallo tra le due: il regista Il dramma come scrittura della scena Introduce il libro partendo dalla questione del poeta. Indicazioni sommarie: il teatro, ai suoi esordi, era + completo di quanto non sia diventato in seguito e questo perché era autonomo --> condizione originaria tipica dei riti religiosi, al cui interno governano tutte le arti. Il poeta è la + intellettuale tra le persone coinvolte nel rito ma prese il sopravvento snaturando la forma originaria del teatro e dirigendola altrove rispetto la sua matrice autentica. Il regista vuole dire ciò che il testo vuole che sia detto e per fare questo mette in gioco il mestiere artigianale. Se all’inizio Craig ha enumerato gli elementi linguistici dell’arte del teatro, adesso, elenca i materiali di cui si servirà il regista una volta diventato artista. La pretesa di Craig è quella di rinominare daccapo il teatro, di sostituire e non trasformare la nozione corrente di dramma e questo è assurdo perché il teatro è quello che è, con i suoi statuti e il suo linguaggio, e non quello che ipotizza Craig. Capitolo 3) The Vikings ed altri fatti 1903: The Vikings --> lo spettacolo che Craig trae da I condottieri a Helgeland di Ibsen. Rappresenta da un lato il suo primo cimento con un testo drammatico autorevole e compiuto sul piano letterario e il primo confronto, da regista, col teatro professionistico. Craig assunse a pieno titolo la regia dello spettacolo rivelando un accostamento tra disegno e direzione. L’intenzione regista di Craig è di tradire l’aneddotica storica e di stilizzare la rappresentazione la quale rimase inespressa. Craig aveva sperimentato una partitura scenica basata sulla costruzione dello spazio, costumi, luce, dinamica delle azioni in grado di interagire col testo e di rileggerlo, fornendone allo spettatore una immagine che si distaccava dal clima romantico di cui l’opera letteraria è, invece, impregnata. Craig tentava il primo approccio ad un Ibsen simbolico, così come avrebbe teorizzato in occasione di Rosmersholm, realizzato nel 1906 per Eleonora Duse. L’idea di Craig era strappare la vicenda al dato descrittivo e di proiettarla in un universo delle idee dove i conflitti avrebbero assunto un respiro spirituale e impersonale. Con The Vikings + compagnia dell’Imperial Theatre --> occasione per mettere a punto delle strategie di scrittura scenica, nel rapporto tra azione drammatica letteraria e azione drammatica scenica, i cui riflessioni si troveranno nelle pagine di The Art of the Theatre. The Vikings ebbe vita breve e lasciò il posto a Much Ado for Nothing --> Ellen Terry chiese a Craig un progetto registro più contenuto limitandolo al disegno stilizzato di una scena dal vago sapore architettonico. Craig si precipitò a cercare libri che potessero dargli notizie sul Rinascimento italiano e tornò con una copia di Cinque libri di Architettura di Sebastiano Serlio. In Serlio trovava un metodo scientifico e architettonico di affrontare la costruzione scenica; idea di perfezione, idealizzazione su cui avrebbe riflettuto negli anni dopo. The Vikings aveva determinato un incontro con Rothenstein: coetaneo di Craig e in contatto con gli impressionisti fu tra gli spettatori di The Vikings e scrisse una lettera elogiativa sullo spettacolo a <<The Saturday Review>> del 1903. Scrive R: “Mai prima d’ora avevo visto un simile perfetto matrimonio di suggestione drammatica nel primo piano, nello sfondo e nel raggruppamento delle figure, nel modo reale di esprimersi e nel gesto, che è sfociato in una espressione perfettamente nobile della tragedia di uomini e donne”. 1903: Craig aveva ammesso, nella “Società dei Dodici”, un gruppo di artisti ispirati all’impressionismo e di spirito modernista londinese, fondendo assieme l’autoctona matrice tardo romantica e simbolista con le innovazioni visive, e soprattutto cromatiche, che provenivano dalla Francia. Si trovò proiettato in un ambiente raffinato + il messaggio a Londra fu: “Non lo volete in teatro? Bene, noi lo vogliano con noi>>. 1902/03: inizia a delinearsi l’idea di un teatro per immagini. I disegni non erano bozzetti come nelle vere e proprie messe in scena figurate di immagini, ma viene da parlare come di teatri disegnati, appunti, immagini sceniche se così intendiamo il complesso dell’azione e non solo gli apparati visivi. La scrittura non verbale ma visuale rappresentano un particolare modo di pensare il teatro, figurandolo visivamente. Questi appunti per un teatro disegnato vennero progettati per i dei Masque che avrebbero dovuto sviluppare l’esperienza del Masque of Love: Masque of London, Masque of Lunatics, Masque of Hunger. Masque non furono realizzati --> esprime l’idea di un teatro mentale (che si compie e si risolve nel disegno) al cui esito concorrono tutti i segni della scena, con una libertà di invenzione che precorre i tempi. INCONTRO con Harry KESSLER: Kessler dirigeva il museo di arti e mestieri di Weimar ed era il motore di un vivacissimo circolo culturale. Rothenstein si spese perché Kessler incontrasse Craig e vedesse The Vikings. Kessler: “Ha del tutto abolito le luci di ribalta e quasi completamente le decorazioni sceniche. Utilizza solo luci dall’alto e oggetti di scena. Il palcoscenico è circondato da una sorta di tessuto che risulta quasi invisibile dietro gli effetti dei cambi di luce e il loro velo colorato. Si ha l’impressione di guardare dentro uno spazio infinito”. Kessler riesce a leggere nella scena di Craig una costruzione emozionale e drammatica, che trascende il mero fatto decorativo. Il progetto che aveva in mente era la realizzazione di un Masque nel parco del Castello Belvedere di Weimar, scritto da Hofmannsthal ma non andò in porto. The morning post: prove di teoria Craig pubblica su <The Morning post>> una serie di articoli in cui presenta le sue osservazioni sullo stato di salute del teatro inglese - entrato in crisi, secondo lui, con la fine del regno di Irving. Si tratta di cinque articoli che sviluppano un pensiero coerente e affrontano un discorso comune. Se Irving ha rappresentato il vertice dell’arte attorica, è stato in grado di trasformare un dramma di quinta classe in un capolavoro, ora che si sta ritirando dalle scene il vuoto risuona + forte. Il principale obiettivo polemico di Craig negli scritti: il sistema dell’actor manager che si basava su un piano artistico: - centralità primo attore, che per lui è antiartistica Su di un piano produttivo: - il limite dell’ actor manager è il decoratissimo degli allestimenti che genera un inutile e stupido dispendio di denaro - realismo: tentativo vano di ricostruire scenicamente una realtà che è inconciliabile con ciò che il teatro deve e può fare in quanto arte. Il realismo diverrà uno dei principali obiettivi polemici di Craig che risulta negato al teatro sia perché l’arte in genere ha un obiettivo diverso, che è la bellezza, sia perché risulta incompatibile con la natura “posticcia” e artificiale della scena. In The Art of the Theatre è necessaria una riforma del teatro per superare la decadenza dei tempi. I due elementi di riforma sono: - la costituzione di compagnie di complesso - la necessità che tali compagnie siano affidare alla direzione di un regista - il recupero del valore del dramma in opposizione al virtuosismo attorco - la stilizzazione come dato formale contrapposto al realismo Già nel 1903 Craig pone la centralità del regista. 23 gennaio. Stage Management Obiettivo: intervenire sul tema del sistema produttivo del teatro nel suo complesso. La nuova via è la vecchia.. Craig non si presenta come un riformatore ma come qualcuno che ha a cuore la restaurazione della bellezza perduta del teatro. Pone la questione del degrado del teatro dando la responsabilità alla sua attuale “bruttezza”, esito di quella adesione al realismo imputata a Garrick e Loutherbourg. Quei primi segnali settecenteschi sarebbero stati, per lui, l’apertura verso l’abisso del realismo, dentro cui è precipitato il teatro, perdendo la sua identità e la sua vocazione che sono di generare la bellezza. Craig sostiene che non basta rifarsi, per opporsi al realismo, al convenzionalismo dei cartigli medievali, ma occorre andare a osservare “i primi attori” e i “primi drammi”. Ciò a cui guarda è l’originario. Craig spiazza il lettore prospettandogli la necessità di recuperare l’arcaico, il primario, piuttosto che moderno. Il “teatro primo” a cui pensa è quello in cui si celebra una bellezza assoluta non contaminata dal relativismo del realismo e dalla rappresentazione, tema che verrà sviluppato dal 1907 in The Actor and the Ubermarionette. John Ruskin: “ Il palcoscenico moderno è rovinato dalla realizzazione di scene che sono l’opposto di ogni arte nobile. Un quadro, sia esso su tela o su scena, dovrebbe darci un’idea, non la sua realizzazione”. Soluzione delle prime regie di Ruskin: - eliminazione arredi tesi a trasformare la scena in una scatola ottica rappresentativa - sostituzione delle luci di ribalta con proiezioni dall’alto Queste soluzioni sono indicate come tramite per liberare lo spettacolo dall’ingombro da una realtà che è solo simulata e artefatta. Craig ha abolito quanto di fittizio e artefatto caratterizza il palcoscenico ottocentesco + affronta quegli aspetti della riforma che hanno un respiro strutturale: - Nel 1903 l’esigenza di una dramma bello. Craig sostiene che la perfezione assoluta del teatro è raggiungibile anche attraverso un’interpretazione attorica, ma questa ha il limite di un genio, irripetibile. Serve che il teatro si avvii verso un processo di riforma e per questo occorre che la qualità del dramma vada a seguire la qualità singolare dell’attore. - Stage management --> la compagnia teatrale dovrebbe eleggere a modello l’orchestra e trasformarsi in un organismo “uno per tutti, tutti per uno”. Il più grande difetto della struttura della compagnia inglese, secondo Craig, è la disomogeneità e la mancanza di una guida unificata che indirizzi gli esperti del lavoro teatrale verso un obiettivo unitario. Le speranze del teatro sono affidate a “un regista (director) con immaginazione e un’orchestra di attori, comparse, pittori, datori luci, musicisti e costumisti che portano chi siede tra il pubblico nel paese delle fate, dovunque. Dovunque, al di fuori del teatro. 1 aprile e 29 settembre. On Theatres and Actors Sono due articoli distinti. Si affronta la ricerca degli strumenti attraverso cui ricondurre la pratica del teatro ad una dignità artistica. Craig affronta l’argomento in una prospettiva di tipo produttivo / strutturale, non pone questioni di estetica / forma, ma propone, invece, una riforma che agisca sulle strutture portanti della produzione teatrale: l’edificio e la composizione della compagnia. 1) scadimento commerciale del teatro --> che si risolve in un durissimo attacco VS l’actor manager perché sua appare la responsabilità morale ed artistica di sperperare la straordinaria eredità della storia, svilendola in un commercio bottegaio. Il rinnovamento di Shakespeare si risolve nel fatto che l’actor manager ne fa lo strumento per mettere se stesso in primo piano. 2) eredità del teatro di Irving Il grande maestro non è colui che si considera ma colui che genera allievi che vanno più avanti di lui, che toccano limiti che lui stesso non poteva raggiungere, Irving è questo tipo di maestro + viene definito “maestro di atleti” colui il cui valore è provato dalla capacità dell’allievo di essere più forte di lui. Il problema dell’eredità di Irving è saper andare oltre Irving. Capitolo 4) VERSO THE ART OF THE THEATRE Prove di scrittura The Art of the Theatre: passo argomentative innovativo. Le condizioni a cui occorre rispondere per compiere il salto verso l’arte perduta del teatro sono: - necessità di contraddire e superare la natura mercantile della pratica scenica - riforma profonda e radicale del linguaggio Tre sono gli obiettivi polemici che emergono dal <<Morning Post>> e che migrano fino a The Art of the Theatre: - solipsismo artistico - il realismo - frammentarietà decorativa della messa in scena Tutti e tre questi elementi evidenziano la mancanza di una direzione, nel senso che manca una figura che diriga lo spettacolo nel suo complesso + manca al teatro un luogo artistico ideale verso cui dirigersi. Ipotizzare una nuova arte che sappia risalire alla perduta identità originaria del teatro --> lo dichiara nell’Introduzione a The Art of the Theatre dove è apposta una sorta di epigrafe: “Una parola su come il teatro era, come è e su come sarà”. Il cuore della messa in scena è la scena stessa, nel senso che il motore unificatore del linguaggio teatrale è colto nella concretezza materiale e visiva del momento scenico dello spettacolo e che lo stesso soggetto in grado di guidare il processo di unificazione da quel contesto deve provenire. Craig parla della sua incapacità di utilizzare in una maniera adeguata la linea e il colore --> due termini, insieme ad azione, parola e ritmo, che in The Art of the Theatre disegnano lo schema concettuale del linguaggio del teatro, e li introduce nel 1903. La linea e il colore non rimandano né ad un’arte codificata né ad una pratica artigianale, sono invece gli stessi presupposti linguistici di un’arte della visione, quale sia il suo orizzonte tecnico di riferimento. Un ultimo elemento collega gli articoli del <<Morning Post>> a The Art of the Theatre: - l’individuazione della figura professionale e artistica in grado di dar vita a questa nuova arte. In precedenza c’era un gioco terminologico tra stage manager e stage director, l’opzione adottata da Craig era stage manager, fino alla definizione di “stage manager ideale” per rappresentare il nuovo ruolo registro. Nel dialogo del 1905 c’è un forte legame tra il moderno regista e il suo antecedente, lo stage manager. Ciò che separa / distingue gli articoli <<Morning Post>> e The Art of the Theatre è ciò che fa di quel testo la porta d’accesso del teatro alla sua modernità. In The Art of the Theatre Craig parla di ciò che il teatro è e soprattutto di cosa può diventare se ritrova se stesso in termini di categorie estetiche. Craig, ponendosi problemi di fondazione linguistica, elegge un modello, ovvero, Wagner (anche se mai nominato). Nel 1903 Irving è il modello dichiarato ma il problema teorico si risolve nello sforzo di elaborare l’idea di un teatro dopo di lui. In The Art of the Theatre la questione è quella dell’unitarietà del teatro + in questo testo l’asse del discorso è spostato nella direzione di fondare un nuovo statuto linguistico. L’unità non riguarda più l’insieme ma la definizione di linguaggio, il teatro come arte della visione. Ciò che distingue The Art of the Theatre dagli articoli sul <<Morning Post>> è l’idea che l’autonomia e la specificità del teatro vadano pensare come un sistema linguistico. Il 1904: Craig approda in Germania è incontro con Isadora Duncan + amicizia con Kessler Craig scrive The Art of the Theatre tra il 22 aprile e il 4 maggio del 1905 e lo legge alla Duncan, ma lui coltiva l’idea di un libro già nel 1904. Primo tentativo: articoli sul <<Morning Post>>, è conservato un dattiloscritto di 31 pagine intitolato On Stage Scenery, il testo è composto da due parti: - trascrizione laterale dell’articolo pubblicato sul <<Morning Post>> - On Stage Scenery è il montaggio degli articoli Nella parte conclusiva dell’ On Stage Scenery, pubblicato sul <<Morning Post>> è scritto che il disinteresse degli acotr manager per linea e colore è inconcepibile nel 1903. Craig chiede consiglio a Kessler il 4 maggio del 1904 su dove poter pubblicare “un articolo sullo <<stage Scenery>> tradotto dall’inglese in tedesco e francese”. Si tratta dell’articolo pubblicato con il titolo Uber Buhnenausstattung sul numero 3 del 1904 della rivista <<Kunst und Kunstler>> ---> Craig forse ha fatto un tentativo di scrittura teorica partendo dagli articoli del 1903 + abbandonato per strada l’ipotesi, limitandosi a far tradurre in tedesco quello che gli sembrava più rappresentativo. Primi abbozzi di The Art of the Theatre sono due manoscritti che portano quel titolo; essi stanno a metà strada tra il tentativo di trarre un libro degli articoli del <<Morning Post>> e la stesura finale di The Art of the Theatre. Nessuno dei manoscritti ha la forma del dialogo. Craig tenne una mostra a Berlino nel 1904, Harry Kessler, nell’introduzione alla mostra disse: “Craig vuol essere uno di questi artisti dell’arte della scena. E in un piccolo saggio fa un abbozzo di come si immagina questo artista”. Manoscritto A - intitolato in prima pagina The Art of the Theatre - 28 fogli scritti a penna - al centro del discorso Craig mette: la qualità autonoma e specifica del teatro, il suo essere self - reliant, a questo lega una figura professionale, ovvero, quella di un maestro in grado di dare vita a quell’arte. - testo scritto come unico discorso + è possibile dividerlo in tre sezioni ideali: 1) qualità che individuano il teatro in quanto arte 2) come si compone drammaturgicamente e scenicamente l’opera 3) il rapporto tra l’indispensabile sforzo di innovazione e la relazione del pubblico L’arte del teatro non è il dramma ma “l’espressione della Vita”+ Craig usa intenzionalmente la maiuscola per segnalare il valore assoluto di cui intende caricare il termine: non la vita come unità di misura metafisica dell’esistenza + il secondo argomento riguarda lo stage manager, termine introdotto come una sorta di riflesso di una non meglio definita figura di uomo creativo originario. Craig da un lato nega l’identificazione linguistica del teatro con i fattori, dall’altro sostituisce a questa idea di linguaggio due cose diverse: - il richiamo a una sorta di missione rappresentativa dell’essenza della vita - l’identificazione della figura professionale che possa corrispondere a questa missione Per identificare il ruolo, la funzione ed anche il valore dello stage manager, Craig usa un’espressione che abbiamo tradotto come “maestro”, l’originale inglese è “master” --> maestro delle arti + maestro degli artigiani. L’argomento centrale: lo stage manager, afferma Craig, è la figura di riferimento del discorso perché possiede il mestiere del teatro e perché è in grado di corrispondere a ciò che il teatro è, rappresentazione della vera Vita. “Il teatro dovrebbe essere un posto in cui tutta la bellezza della vita possa essere rivelata, e non solo la bellezza esteriore del mondo, ma la bellezza interiore e il significato della vita”. Lo stage manager è colui che “dovrebbe essere il creatore di esempi di arte teatrale”. Il problema del primato espressivo del teatro non è posto nel Manoscritto A come una questione linguistica, ma come una sorta di metaforica presa del potere da parte del drammaturgo, che ha creato un sistema di potere che genera dipendenza anche psicologica. Il teatro è un’arte a sé w non “un altro nome per il drammaturgo o l’attore”. Il problema non è tanto la letteratura o la scenografia, in quanto arti che pretendono di primeggiare, quanto il drammaturgo e lo scenografo che vogliono “occupare” il teatro. Come si compone quest’opera d’arte liberata? Il Rinascimento del teatro, scrive, sarà legato alla “riforma del teatro in quanto strumento” e tale riforma avverrà “quando il teatro sarà diventato un capolavoro di meccanica”. Potremmo dire: prima la tecnica e poi il linguaggio. La pantomima, in quanto basata sulla azione scenica, gli sembra credibile e la sua presenza sta a dimostrare come Craig ragioni, nel Manoscritto A, sulla quesitone della definizione dell’identità artistica della scena + introduce il distinguo tra pratica artigianale della messa in scena e dimensione artistica della creazione teatrale. La prima è ricondotta al lavoro di interpretazione di un testo letterario preesistente, la seconda, invece, riguarda chi crea senza altri riferimenti che se stesso e i propri attrezzi di mestiere. Il problema teorico è un altro, ovvero, quello dell’arte creativa del teatro, il cosiddetto stage manager. Il concetto di Craig: utilizzando movimento, suono, luce, colore, linea, buio si crea una pantomima in grado di mostrare in scena lo scorrere della vita con la stessa efficacia raggiunta da Carlye con le parole (in The French Revolution. A History). The French Revolution è riuscito a rendere in maniera perfetta la vibrazione vitale attraverso la parola e il racconto. Il problema non è la messa in scena ma la composizione drammatica, non traduzione della letteratura ma creazione autonoma e originale. Craig da un lato sollecita il teatro a fare a meno della parola, dall’altro la ritiene necessaria alla realizzazione scenica. La parola di cui si può fare a meno è la parola teatrale, ovvero il sistema dialogico tipico della tradizione occidentale, quella necessaria, invece, è un atto che riguarda i sensi più che l’intelletto. Nella sua pantomima ideale c’è spazio per la parola perché la rappresentazione della vita non può essere muta ma non c’è spazio per un testo di parole. Scrive, allora, che la parola in teatro, “dovrebbe essere maneggiata alla stessa maniera e con lo stesso intento con cui, nella creazione del mondo, il creatore maneggiò ciascuna delle differenti parti”. La parola, secondo Craig, non dovrebbe essere incessante, non dovrebbe esserci sempre, ma questo non va inteso solo in termini quantitativi: la parola non deve essere una costruzione continua ma deve avere un suo posto preciso. E’ possibile dire in che cosa consiste un’opera d’arte teatrale? E’ la quarta domanda del manoscritto. Craig dice “no” specificando che sarebbe lo stesso se si parlasse di letteratura, architettura, musica o pittura. E per il teatro? Per il teatro pure, risponde Craig. Possiamo dire ciò di cui è fatto - intendendo con questo la scrittura di scena composta di azione, parola, suono, linea, colore - ma quanto all’opera possiamo solo mostrarla. Il Music Hall non è una forma di arte teatrale affidata al movimento ( come Balletto e Pantomima ), né una sorta di archetipo paterno, come poteva essere Irving; è qualcosa di diverso e estraneo alla cultura teatrale ufficiale. Il Music Hall è questa forma di spettacolo basata sull’intrattenimento, sull’estemporaneità del qui e ora della scena, sul fascino degli interpreti. Scrive, “è fatto da uomini che inventano al momento il pezzo d’arte in cui vogliono esibirsi” e questo ne fa “oggi la parte più promettente dell’arte del teatro”. Craig esprime che il Music Hall è quanto di più prossimo all’arte del teatro perché basato sull’autonomia del momento spettacolare, ma entra anche nel dettaglio di alcuni esempi, tra cui, non a caso, quello di Chevalier conosciuto ai tempi di Chelsea che vi è nominato in qualità di artista “creatore”. Accanto a lui Marinetti ---> un gruppo di fratelli famosi come acrobati, a dimostrazione di quanto il riferimento Varietà fosse di ampio spettro. Un nome importante: Yvette Guilbert ---> protagonista degli spettacoli del Mouline Rouge fu una delle protagoniste del mondo teatrale e spettacolare della Parigi di fine 800 e dei primi decenni del nuovo secolo. Amava apparire in scena: -in un abito giallo -mani e braccia avvolte da lunghi guanti che muoveva nello spazio restando per il resto immobile -il suo modo di cantare era basato su un porgere quasi recitativo Utilizza i mezzi creativi con un livello “basso”, a fini meramente spettacolari quindi non artistici. Lascia intravedere come possa essere realizzata un’opera d’arte teatrale ma non la esprime totalmente, perché ciò avvenga, è necessario utilizzare una parola, colore ecc nella forma più alta. Lì dove la materia, la tecnica incontra l’idea. Nel primo caso Craig guarda dentro le pareti di casa, a generi spettacolari come la Pantomima e il Balletto (teatro inglese), nel secondo caso si rivolge al Music Hall introducendo un argomento, come era eleggere il Varietà ideale di teatro, destinato ad apparire concettualmente scandaloso. Capitolo 5) Un laboratorio culturale L’assenza di Irving è bilanciata dalla presenza di due nomi di riferimento: Goethe e Wagner. Entrambi, come direttori, erano già presenti nel Manoscritto A. Craig ha primi contatti con la Germania nel 1904 e cosa ci trovò? “Un ambiente congeniale, stimoli artistici, lavoro, contatti professionali, amici e, per procurarsi una sfida, anche dei nemici”. L’esperienza tedesca può essere ricondotta a quattro motivi principali: 1) il tentativo di entrare in contatto col teatro di regia di Otto Brahm e Max Reinhardt 2) una intensa attività espositiva 3) il rapporto col conte Harry Kessler e il suo circolo di Weimar 4) incontro con Isadora Duncan Il 29 settembre Kessler è a Londra e conosce Craig, quest’ultimo gli racconta la sua idea di teatro. “Vede - ancora Kessler in quella fonte preziosa dei suoi dati - il dramma solo come materiale per il regista che è il vero artista”. E’ il regista che deve dirigere tutto “solo così può venire alla luce un lavoro unitario, un vero capolavoro”. Brahm: direttore del Lessing Theatre dal 1904. La difficolta del rapporto tra i due. Per Brahm: regia come sistema di produzione. Per Craig: la regia come scrittura scenica ed invenzione. Brahm incarna l’idea della regia come sistema produttivo e quindi il compito di Craig si sarebbe dovuto concludere nell’atto di consegnare il suo lavoro. Craig, all’inverso, incarna l’idea della regia come slancio creativo. Se l’una nasce come un modo industrializzato di affrontare la pratica della scena, l’altra non può che essere la proiezione di una sola mente e di una sola idea. Per questo Craig non solo non capisce Brahm ma se ne risente. Due episodi riferiti a Craig: 1) si lamenta con Brahm del fatto che questi gli chieda di disegnare i costumi senza che lui abbia ancora incontrato e conosciuto gli attori. I costumi, nella visione di Brahm, si disegnano nel chiuso del laboratorio scenografico, non serve altro. Per Craig: costume, personaggio, attore sono un tutt’uno. Il costume coincide con il personaggio - proprio come accade in un quadro - che che caratterizza ed individua il personaggio è la sua immagine. 2) scrive Craig che il padre comprò a Berlino il quarto volume dell’ Handbuch der Architectur di Manfred Semper dedicato all’architettura teatrale. Trovò il riferimento ad un sistema idraulico, il sistema Asphaleia, di sollevare o abbassare parti del palcoscenico, e se ne appassionò. Si precipitò a chiedere di installarlo sul palcoscenico del Lessing. Brahm, scrive Craig, si infuriò. Per Brahm vale sempre il discorso della settorializazione del lavoro, di una gestione tecnica ed economica misurata e controllata della produzione. Per Craig un vero teatro di regia, il Lessing, doveva essere l’occasione di sperimentare soluzioni non solo linguistiche, ma anche tecnologiche nuove. Il “cielo” per l’allestimento berlinese della Venezia salvata sta nascendo a Weimar all’interno del circolo culturale messo in piedi da Kessler. Secondo Craig, il progetto di questo “blue Sky” era un’elaborazione di quanto tentato già con la regia di The Vikings —> riuscire ad ottenere un effetto di smaterializzazione del contorno della scena, così da ottenere che l’azione e le poche cose della scenografia galleggiassero in un vuoto d’aria colorata. In quello, ma anche in altri spettacoli, permaneva visibile la materia, i tendaggi che invece dovevano servire per suggerire un effetto di totale smaterializzazione. A Weimar, con la collaborazione di Van de Velde, Craig voleva risolvere questo problema. Non se ne fece nulla ma restano alcuni disegni per la Venezia salvata che ci possono far capire cosa Craig avesse in mente: - Towards a New Theatre è la scena del quarto atto, riferibile al “cielo blu”. Il disegno mostra uno spazio ampio, caratterizzato da un andamento circolare. A destra e sinistra due grandi pareti chiuse da un architrave che sfora oltre il boccascena. Il soffitto presenta un’ombra circolare. Nel suo commento Craig si sofferma sull’immensa apertura sulla sinistra della scena che avrebbe sgomentato Brahm. Accoglie un altro disegno destinato al secondo atto di Venezia Salvata. I contrasti di luce ed ombra sono stavolta violenti. La scena che, suggerisce Craig, doveva accogliere i congiurati nelle calli di Venezia, è pensata come una struttura architettonica di più piani. - 1904 Germany 1905. Berlin Weimar Berlin. Uno spazio circolare delimitato da tendaggi. Al centro una figura abbagliata con un abito drappeggiato all’antica che la copre fino ai piedi. Ai lati due strani oggetti. Lo spazio è disegnato a matita, mentre il personaggio a china. In alto una serie di piccole frecce dirette verso il basso, con la scritta “luce”, indicano i riflettori a pioggia. Il disegno presenta una travatura di luce-colore molto intensa. Reinhardt Kessler vedeva nella collaborazione tra i due e in quella con Hofmannsthal, la via per far procedere la scena tedesca su tutti i piani, quello letterario, quello registro verso la sua modernità. La visione teatrale di entrambi era antinaturalistica. Reinhardt opponeva al naturalismo di Brahm l’idea di un teatro vitale, pensato come festa dello sguardo e ancor più dell’immaginazione. il realismo è inteso da Craig come “l’ottusa affermazione della vita… una cosa lontanissima dal fine dell’arte, che non è quello di riflettere i fatti quotidiani di questa vita; perché non è proprio dell’artista camminare dietro le cose, avendo conquistato il privilegio di precederle - di guidarle”. L’opposizione al realismo si presenta, in lui, come apertura al simbolismo inteso quale soglia su una comprensione ulteriore della realtà a cui corrisponde. 1905: debutta il suo memorabile Sogno di una notte di mezza estate che rappresenta un punto fermo nell’affermazione della regia come fattore linguistico specifico. Al successo di quello spettacolo si associa la nomina a direttore del Deutsches Theater. Con Reinhardt si afferma in Germania ( anche forse in Europa) il teatro di regia, un modello non solo produttivo ma anche linguistico e formale che si fonda sul principio che la direzione di uno spettacolo non deve più essere solo autorevole ma diventare autoscale. Non che si voglia datare al Sogno la nascita del teatro di regia, ma sicuramente il suo modo di impostare la messa in scena, tipico di quegli anni, crea un passaggio epocale. Reinhardt, scappato dal circolo teatrale di Brahm, aveva avviato la ricerca di un teatro i cui presupposti di libera invenzione si erano concretizzati nell’esperienza dello Schall und Rauch, una sorta di cabaret sperimentale dove cominciare a giocare con la macchina del teatro. Il passaggio successivo, nelle stagioni del 1902/03, era stata l’apertura del Kleines Theater, il primo dei tanti teatri che Reinhardt avrebbe diretto. Nei primi anni è alla ricerca di un giusto punto di equilibrio tra efficacia visiva della messa in scena, incisività della recitazione e modernizzazione del repertorio. Una centralità della dimensione reigistica a discapito di quella del testo. Craig incontro con Reinhardt: all’inizio opportunità di conoscere un regista che stimava. Da compagno di strada si trasformò in minaccioso replicante delle sue idee. Kessler fece dei tentativi per rilanciare la collaborazione fra i due. Craig, nel 1905 si lamenta della latitanza di Reinhardt con Kessler a cui scrive che gli è stato proposto di scegliere tra tre testi: - Cesare e Cleopatra - Amleto e Macbeth Lui aveva scelto Amleto e, in seconda battuta, Macbeth. Reinhardt gli disse che ci avrebbe riflettuto + avrebbe guardato a Craig come a un “regista inglese”, quasi che la sua dimensione creativa fosse legata alla sua dimensione nazionale ed alla drammaturgia ad essa legata. Craig riferisce a Kessler di aver ricevuto una comunicazione dallo staff di Reinhardt che anticipava una sia risposta in relazione al progetto, ma niente. L’idea che i suoi contatti fossero filtrati da uno staff gli appare inaccettabile. Vorrebbe, Craig, un contatto diretto, un modo artigianale che l’industria dello spettacolo non gli consente di avere. Ricorda la Newman: il progetto di Cesare e Cleopatra sembra prendere corpo con un debutto presso il. Neues Theater. Craig si dice disposto a realizzare con entusiasmo scene, costumi, luci e movimenti. Quanto viene richiesto a Craig è una via di mezzo tra un progetto scenografico ed un progetto registico. La mostra ebbe un’eco notevole diventano un evento culturale e mondano. Kessler aveva scritto l’introduzione per il catalogo, un testo che rappresenta il primo tentativo di esegesi critica del lavoro e del pensiero di Craig e che finì, con piccolissimi rimaneggiamenti, a fare da introduzione a The Art of the Theatre. Il <<Berliner Zeitung>> enl 1904 scrive che si parla sì di scena ma in termini e con un lessico che rimandano alla dimensione delle arti visive. Si legge il teatro, insomma nei disegni di Craig, ma nei termini della pura immagine. Ancora più esplicito il recensore del <<Leipzinger Tageblatt>> del 1905: “Abbiamo a che fare solo con i primi appunti di un pittore dotato di gusto decorativo, essi sprigionano una forza creativa intensa che ci trascina nel suo incanto”. L’esposizione viennese alla galleria di Hugo Othman Miethke fu introdotta da una conferenza di Hermann Bahr, tra i principali critici di teatro ed arti visive del tempo che sarà un grande sostenitore teorico dell’espressionismo, quella di Dresda fece scalpore perché vi erano esposti i disegni per due delle regie mancare: la Venezia perduta e l’Elettra. Le mostre non furono per Craig il corollario della sua attività teatrale ma diventarono il fulcro della sua presenza e soprattutto della sua visibilità in Germania. Heilbut: “Più che un uomo di teatro egli fu trattato come un pittore del teatro o ancor peggio un pittore che si era applicato alla scenografia”. La Nuova Weimar Kessler: politico dell’arte Nel 1906 si rivolse a Van de Velde, l’architetto con cui abbe un stretto rapporto. Scrive che la sua missione è da un lato l’arte e dall’altro la pace. Kessler fu soprannominato il conte rosso per il suo tentativo di orientare a sinistra gli equilibri della repubblica di Weimar. L’interesse per il Modernismo caratterizzato da precise implicazioni politiche: -lavorare all’interno di istituzioni per creare spazi produttivi, economici, politici per le arti moderne -muoversi all’interno di una visione europea che vuole contrapporsi al nazionalismo tedesco sia sul piano estetico - l’arte come voce universale dei popoli vs arte come voce di una singola nazione. Per Kessler l’arte non è fine a se stessa, non può risolversi nell’arte per l’arte di matrice decadente, ma deve essere in grado di visualizzare l’avvento di una società avanzata, migliore, equilibrata. La sintesi più completa di Kessler la espresse in Arte e religione, saggio del 1899. Alla base: l’idea di una sostanziale consonanza tra esperienza artistica ed esperienza religiosa. La religione è intesa per Kessler come fonte inesauribile dell’arte, che in essa si rispecchia e di essa, proprio in quanto esperienza dello spirito, si nutre. L’arte stessa viene assimilata al rito. Alla base dell’esperienza artistica: suscitare il sentimento —> questo avviene su tre piani e grazie a tre dimensioni distinte: 1) il ritmo, tramite attraverso cui il sentimento si traduce in forma 2) l’armonia, definita “chimica dei sentimenti enigmatica” che “è di per sé la profonda quiete o il possente contrasto di tutti i sentimento in un’unità agitata” 3) la poesia, il luogo in cui gli stimoli della fantasia si uniscono al godimento artistico. Con il termine intende poesia delle parole, delle immagini, della pittura. Nel 1903 riceve dal granduca Weimar l’incarico di direttore del Museo delle arti e dei mestieri. Subito dopo rivolge a Craig l’invito di allestire il masque su testo di Hofmannsthal per il Castello Belvedere. Il progetto di Kessler è conosciuto come la Nuova Weimar, ma anche conosciuta come terza Weimar. La prima era stata tra il 1775 e il 1803 di Goethe. Quest’ultimo aveva dato vita a un progetto culturale e politico. Poi il tentativo di Liszt nel 1848 —> la Società per la Nuova Weimar, progetto fallito. Goethe aveva tentato di fondare un luogo culturale in cui potesse riconoscersi la nazione, mentre Kessler aveva aspirazioni di natura internazionale —> Weimar doveva diventare una capitale culturale + motore fu anche Van de Velde ed Elizabeth Nietzsche, quest’ultima in veste filosofica, infatti, pensò ad un’edizione di lusso e vennero pubblicate due edizioni: Così parò Zarathustra + Ecce Homo. Cosa intendiamo per Modernismo e come lo intendeva Kessler? Essere moderni significava istituire un distinguo con tutto ciò che precede la modernità stessa. In altri termini pensare l’arte come produzione del nuovo in opposizione all’arte come trasmissione dei valori e dei codici della tradizione. Kessler pur essendo un esteta non amava l’estetismo fine a se stesso e il concetto di “arte per l’arte” che lo accompagnava. Isadora: dalla pantomima al movimento Isadora Duncan —> Craig la conosce nel 1904 e scoppia una more destinato a durare due anni da cui nacquero due figli. Il vero elemento che concorre all’officina teorica di Craig fu il modo che la Duncan aveva di praticare e intendere la danza, che lo colpì, inducendolo a porsi questioni che in quel momento erano solo abbozzate. Franco Ruffini, Un libro trovato. Gordon Craig e il “divino movimento” —> il concetto da cui Ruffini parte è cosa veda Craig nella Duncan, distinguendo tra quanto vede in lei e quanto vede oltre e attraverso di lei. Craig vide un corpo che danzava il movimento. Attraverso gli occhi dell’artista vide uno spettacolo che danzava come quel corpo umano. Attraverso gli occhi del visionario, vide uno spettacolo che danzava come un corpo divino. La Duncan superava la logica formale del movimento e la codificazione del balletto: centro del corpo è il movimento che appariva, agli occhi di Craig, un movimento assoluto, liberato dalle formalizzazioni stereotipe della tradizione. Altri argomenti di Ruffini: attraverso la Duncan, Craig sarebbe entrato in contatto con il pensiero di Delsarte —> pensare al teatro come “arte del movimento”. Scrive Elena Randi: “Delsarte parla della minima come di una lingua divina”. Ciò che Delsarte propone di fare è “scostare la vernice del fenomenico, discendere dalla superficie” per ritrovare sul fondo il lampo della <<verità>>. Nel Masque of Love l’evidenza coreografica è più evidente -_> l’azione scenica consisteva in una specie di figurazione allegorica del trionfo di Amore attraverso una serie di processioni, che simboleggiavano Sangue, Ricchezza, Povertà. Quanto colpiva della danza della Duncan era da un lato l’essenzialità, dall’altro il coinvolgimento integrale del corpo. La Duncan riusciva a dire “le uniche cose che ci premeva sentire” senza che esse si traducessero in una figurazione rappresentativa. - Il disegno sta alla pittura come l’azione sta al teatro - la conclusone che ne possiamo trarre è che l’azione è il fondamento ma non il tutto. Ciò che lo aveva colpito, nella visione di Isadora danzante, era la possibilità di trattare il movimento come una scrittura non di inserire la danza in quanto tale (perché forma artistica del movimento) all’interno di un suo spettacolo. Isadora Duncan gli serve per capire e non per creare una collaborazione tra danza e teatro. Per Craig esistono due tipi di movimento: - quello maschile che si esprime geometricamente nel quadrato e numericamente nel due - quello femminile espresso dall’uno, dal tre e dal circolo Craig attribuisce al movimento la capacità di poter risalire a prima di quella Caduta (peccato originale che nega l’uomo alla perfezione) che rende il corpo umano inutilizzabile come mezzo artistico. Il teatro avrebbe tale potenzialità. Capitolo 6) 1905. NEL LABORATORIO DELLA UBERMARIONETTE Un altro tentativo di scrittura The Art of the Theatre è l’approdo a una consapevolezza teorica che consente a noi oggi di “dare un nome” ad un modello operativo di praticare la scena e nel definire con una chiarezza addirittura apodittica un’idea di teatro. L’idea di un “nuovo teatro” che veda nell’innovazione, nella rivoluzione totale del linguaggio la possibilità unica di ritorno all’origine, al fondamento dell’arte scenica. Un ulteriore tentativo di scrittura: The Theatre ed è contenuto all’interno di un quaderno conservato presso l’Harry Ransom Humanities Research all’Università del Texas datato 1905/08/09. The Theatre andrebbe collocato prima del processo di gestazione di The Art of the Theatre. The Theatre: - una 90 di pagine in cui Craig mette giù in modo rapido idee per delle messe in scena, disegni, appunti e l’indice di un libro a cui dà il titolo The Theatre. C’è un foglio successivo del manoscritto, la pagina è intitolata Creazione del mondo e Craig vi riporta l’incipit della Genesi nella traduzione inglese della Bibbia di San Giacomo, la versione ufficiale della Chiesa anglicana, pubblicata nel 1611 lì dove al versetto 2 si legge: “e lo spirito di Dio si mosse sulla superficie delle acque”. Craig fece due considerazioni: 1) “il movimento viene prima di tutto il resto, è stato il nostro inizio, deve essere il nostro inizio 2) “l’ordine delle cose è stato così concepito: non prima l’uomo e poi il firmamento ma prima il cielo, poi la terra e poi l’uomo” Movimento uguale creazione, ma creazione non significa solo arte, significa “il creato”. Quello dello spiritualismo è un dato già presente nel 1905 ma non pienamente sviluppato e soprattutto non è ancora legato a doppio filo al concetto di movimento. L’uomo è l’ingranaggio di un meccanismo universale che lo trascende. - Dapprima l’atmosfera, realizzata attraverso il movimento; in secondo luogo il “nostro posto sulla terra”, reso sempre attraverso il movimento, terzo: “riempire il nostro posto sulla terra con cose animate e con quelle che chiamiamo inanimate”, infine collocarsi all’interno di questo mondo appena creato. Creare un teatro sta diventano creare il senso stesso dell’esserci, e queste affermazioni non furono mai enunciate in maniera così diretta. The Theatre: Schema del libro: Indice Introduzione Prefazione Il primo: dedicato alla forma presente dell’arte teatrale e dovrebbe affrontare argomenti come la tradizione, l’arte creativa, il Music Hall, la riforma del teatro e persone che recitano. Il secondo: dedicato al mestiere del teatro Il terzo: affronta l’edificio teatrale, auditorio, palcoscenico + macchine teatrali -il teatro di Iside di Gayet Nel 1907 Craig: “L’attore deve andarsene e al suo posto deve intervenire la figura inanimata - possiamo chiamarla la Supermarionetta”. L’espressione Ubermarionette nasce come composizione di due lemmi: Marionette e Uber a significare una “oltremarionetta” che è stata tradotta da Marotti con supermarionetta, entrando nel lessico teatrale italiano. Da cosa deriva questa espressione composita? Marotti nota come il termine discenda per mutazione dall’Ubermensch nietzschiano. Come Nietzsche utilizza l’espressione Ubermensch per indicare il superamento dell’umano, così Craig usa Ubermarionette per sostenere il superamento della marionetta. Due ipotesi a confronto Irène Confino e Patrick Le Boeuf Irène Confino non ha dubbi, quando Craig parla di Ubermarionette nel 1905 fa riferimento ad una sperimentazione concreta ed operativa con delle marionette. Marionette particolari ma concepite secondo la tecnica tradizionale del corpo snodabile in legno, guidato con dei fili da un manovratore. Übermarionette come marionetta speciale. In che modo? Per una questione di dimensioni. Craig prevedeva tre tipologie di marionette per il suo teatro: 1) una prima, la più piccola, di 4 piedi e mezzo/cinque 2) tra i cinque e i cinque piedi e mezzo 3) sei piedi e mezzo e oltre Dimensioni notevoli che non servono ad indicare la dislocazione nello spazio delle figure ma la distinzione dei personaggi per categorie: uomini, eroi, e gli dei. Le dimensioni avrebbero comportato, accanto all’impatto visivo ed emozionale, anche un effetto di sacralità e solennità. Patrick Le Boeuf - nel saggio On the Nature of Edward Gordon Craig’s Uber-Marionette - crea un’ipotesi suggestiva per cui, secondo lui, Craig avrebbe pensato non a una marionetta di dimensioni eccezionale a quanto a qualcosa di diverso. Lo spunto glielo fornisce la testimonianza di Michael Carmichael Carr, allievo di Craig a Firenze tra il 1907 e il 1908. La Ubermarionette sarebbe stata una figura in legno e stoffa che gli attori avrebbero indossato lasciando libere solo le gambe. Le Boeuf cita il caso di Harvey Grossmann (attore newyorkese) che aveva scritto un articolo su Craig. Grossmann, a proposito della Ubermarionette, sostiene che non andava confusa con una marionetta: “La Ubermarionette è prima di tutto un attore, il cui volto è celato dietro a una maschera” e Craig desiderava estendere la maschera fino al punto di farle coprire non solo il volto dell’attore ma la sua intera persona”. Le Boeuf porta a sostegno della sua tesi altri indizi rintracciati dentro i quaderni di Ubermarions. Il primo riguarda l’indicazione in cui Craig sostiene che gli servono due mesi per allenare le sue Ubermarionette prima di poter cominciare a lavorare sugli spettacoli veri e propri. E’ il termine “allenare” a colpire Le Boeuf perché è un’espressione utilizzata per gli attori e non adatta per le marionette. Un secondo indizio viene dalla lista di componenti dello staff per il teatro di Dresda contenuta in Ubermarions —-> sono previste 25 marionette. Übermarionette: prove di teoria “Le marionette sono cose straordinarie. Gli applausi possono scrosciare o solo sgocciolare, i loro cuori non battono né più rapidamente né più lentamente” e il viso della prima donna “rimane solenne, bello, morto come sempre”. La calma: elemento importante per capire l’atteggiamento verso la presenza scenica dell’attore, tant’è che è una delle cose principali che Craig mette in risalto quando parla della Duncan. Calma e morte: unico valore positivo —> nel 1907 questo si tradurrà nella meravigliosa immagine di un corpo in catalessi, umano ma oltre l’umano. Primo caso: Craig avrebbe studiato la marionetta in quanto tale e vi avrebbe ricavato elementi idonei a ragionare dell’attore e del superamento della sua imperfezione. Secondo caso: partendo dall’insoddisfazione verso l’attore, il suo protagonismo, la sua personalità forte avrebbe individuato alcuni tratti che avrebbero dovuto caratterizzare l’attore perfetto, la calma e la distanza, e li avrebbe rintracciati nella marionetta. Due questioni centrali del pensiero di Craig: 1) l’importanza della ricostruzione dei processi culturali ed ideativi che conducono agli scritti teorici, consentendone una migliore leggibilità. La comprensione del processo ideativo ha un valore analogo a quello dell’analisi del testo. 2) il rapporto tra produzione del teatro e riflessione teorica. si chiedeva nel 1905: “Che cos’è l’arte del teatro?”. La risposta mai si tradusse in un’affermazione - è nel processo del pensiero.
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