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L'ONERE DELLA PROVA, IL PRINCIPIO DELLA VICINANZA DELLA PROVA E LA TIPOLOGIA DEI FATTI DA PROVARE, Sintesi del corso di Diritto Processuale Civile

N. TROCKER CORSO DI TEORIA GENERALE DEL PROCESSO PROFILI DEL GIUSTO PROCESSO PARTE III IL PROCESSO COME GIUDIZIO PARAGRAFO 9 ULTIMO CAPITOLO

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 29/06/2016

eleonora.lupi.371
eleonora.lupi.371 🇮🇹

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Scarica L'ONERE DELLA PROVA, IL PRINCIPIO DELLA VICINANZA DELLA PROVA E LA TIPOLOGIA DEI FATTI DA PROVARE e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! L'ONERE DELLA PROVA, IL PRINCIPIO DELLA VICINANZA DELLA PROVA E LA TIPOLOGIA DEI FATTI DA PROVARE L’attenzione sarà diretta in particolare all’opera di intermediazione applicativa svolta in questa materia dai giudici attraverso il principio della “vicinanza alla prova”, principio ispirato alla finalità di ripartire la prova dei fatti, in funzione delle possibilità differenziate che i litiganti abbiano di offrirne più agevolmente la dimostrazione in giudizio. Come noto, l’art. 2697 c.c., inserito fra le disposizioni generali sulle prove, enuncia le regole fondamentali sull’onere della prova stabilendo che: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”. “Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”. La disposizione ha il carattere di una norma di rinvio che àncora la ripartizione degli oneri di prova ad una distinzione tipologica dei fatti giuridici da provare. Per individuare i fatti che devono essere provati da colui che intende far valere un diritto e quali devono essere provati da chi invoca l’inefficacia di quei fatti o la modificazione o l’estinzione di quel diritto, occorre far riferimento alla norma sostanziale del caso. Di qui l’affermazione secondo che nell’art. 2697 c.c. va ravvisata una disposizione in bianco destinata ad essere completata da quella, per lo più sostanziale, dettata per il caso concreto. l’onere della prova viene ripartito e distribuito fra le parti interessate, ossia fra l’attore che promuove il giudizio esercitando l’azione ed il convenuto che, nel difendersi, propone eccezioni”, è razionale ripartire fra l’attore che “agisce” ed il convenuto che “eccepisce” l’onere di provare le diverse categorie di fatti giuridici, la cui prova, se positivamente acquisita od assunta in giudizio, è tale da soddisfare l’interesse all’accoglimento delle rispettive “domande” ed “eccezioni”. Chi ha l’“interesse” alla prova e quindi ha l’onere di provare i fatti giuridici a sé favorevoli si accolla anche il correlato rischio della loro mancata prova. Quando un fatto giuridicamente rilevante non è provato, e quindi la relativa norma sostanziale non può essere applicata, la domanda e l’eccezione che sono fondate sul quel fatto o su quelle norme risultano infondate e quindi devono essere rigettate dal giudice. La disposizione dell’art. 2697 c.c. richiama la distinzione tipologica dei fatti giuridici: • fatti costitutivi, da cui la norma o le norme invocate nel caso fanno dipendere o discendere l’esistenza del diritto che viene fatto valere; • fatti impeditivi, comportano l’inefficacia dei fatti costitutivi; • i fatti modificativi, che mutano l’oggetto o il contenuto del diritto fatto valere; • fatti estintivi che fanno venir meno l’oggetto o il contenuto del diritto fatto valere. È così sancita la soccombenza di quella parte che, avendo l’onere di provare i fatti allegati a fondamento della propria pretesa, domanda o eccezione, non abbia saputo fornirne la dimostrazione in giudizio dal cui positivo accertamento sarebbe dipeso l’esito favorevole del giudizio. In molti casi la relativa disciplina non consente di individuare in modo univoco i fatti costitutivi e i fatti impeditivi. La determinazione del fatto impeditivo come fatto contrapposto al fatto costitutivo, in quanto diretto ad impedire o a farne venir meno gli effetti è da sempre il punto più complesso e controverso della teoria e della pratica dell’onere della prova. E ciò perché lo stesso fatto storico nel quadro di una determinata fattispecie giuridica può assumere rilevanza come fatto costitutivo e come fatto impeditivo, può essere rilevante sia l’esistenza sia l’inesistenza di uno stesso fatto storico in quanto l’ordinamento può collegare la produzione di determinati effetti giuridici sia al verificarsi che al non. Ai fini di una redistribuzione processuale della prova si considera la differente disponibilità degli elementi di prova che ciascuna delle parti ha in concreto nel caso di specie, è quanto avviene con l’applicazione del principio della vicinanza alla prova, in virtù del quale nella ripartizione dell’onere della prova si sceglie la soluzione per cui diventa onerato della prova il soggetto per il quale l’assolvimento dell’onere è più agevole in quanto soggetto più vicino alle fonti di prova. Si tratta di un accorgimento che persegue la finalità di rilievo costituzionale di agevolare l’esercizio del diritto di difendersi provando quale mezzo essenziale di una tutela giurisdizionale effettiva delle situazioni giuridiche sostanziali. LA VICINANZA DELLA PROVA E L’AZIONE EX ART. 28 STATUTO DEI LAVORATORI
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