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Pensiero politico di Panzieri e Tronti: La classe operaia e il capitale, Tesine di Maturità di Filosofia

I pensieri politici di Panzieri e Tronti sul ruolo della classe operaia e del capitale. Esplora come la classe operaia deve reagire all'evoluzione del capitale e come il partito operaio deve organizzare la lotta contro il potere del capitale. Il testo critica l'ideologia borghese e la revisionismo, affermando che l'analisi scientifica del capitalismo e la critica dell'ideologia borghese sono necessarie per comprendere la lotta di classe.

Tipologia: Tesine di Maturità

2015/2016

Caricato il 29/06/2022

luca-mangiacotti
luca-mangiacotti 🇮🇹

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Scarica Pensiero politico di Panzieri e Tronti: La classe operaia e il capitale e più Tesine di Maturità in PDF di Filosofia solo su Docsity! L’operaismo tra Panzieri e Tronti “Le parole, comunque le scegli, ti sembrano sempre cose dei borghesi. Ma così è. In una società nemica non c’è libertà dei mezzi per combatterla. E le armi per le rivolte proletarie sono state sempre prese dagli arsenali dei padroni” Mario Tronti “Il progressismo malattia senile del riformismo”1 questa frase di Marco Revelli sul progressismo capace di celare al suo interno la vuotezza del riformismo, a sua volta elemento di conservazione reazionaria del potere costituito, ci dà un quadro chiaro di quella che era la situazione politica degli anni sessanta. Dal rifiuto del progressismo di governo, di stampo democristiano – socialista, e della democrazia progressiva, figlia storicismo umanistico del partito comunista togliattiano, nasce l’esigenza di un’opzione politica diversa. Dal rifiuto di un presente sterile nasce l’esperienza operaista, rivoluzionaria nei modi e nei metodi, “in principio è il metodo! Il metodo è rivoluzionario!”2, nel modo di studiare ed intrattenere rapporti politici con le classi. La svolta che non era riuscita ai grandi partiti di portare il partito al servizio delle classi andava allora ribaltata portando le istanze operaie in nuovi contenitori politici estranei all’organizzazione cieca e rigida dei partiti. La critica viene oltremodo estesa agli Stati a socialismo reale rei di aver riprodotto le forme di riproduzione di potere del capitale non riuscendo al loro interno ad utilizzare metodi diversi di gestione della produzione “il potere politico del capitale può assumere la forma di Stato Operaio”3. La critica viene inferta all’Unione Sovietica staliniana, coi suoi metodi di riproduzione del potere, utilizzati anche dai suoi successori, che depoliticizzano la classe operaia 1 Da Quando Nietzsche incontrò Marx: per un bilancio dell’operaismo italiano, in un’Onda vi seppellirà, Micromega, 6/2008 2 R. Panzieri, Spontaneità e organizzazione. Gli anni dei “Quaderni rossi” 1959-1964, pg. XI, a cura di S. Merli, Pisa, 1994, BFS edizioni 3 M. Tronti, Operai e Capitale, Roma 2006, DeriveApprodi 1 con un’operazione di autogestione fittizia, non si traducibile in autodeterminazione, ma iscritta nell’ambito istituzionalizzazione del conflitto in maniera funzionale alle esigenze di mantenimento del potere costituito, negatore delle esigenze della classe operaia e mantenitrice delle leggi capitalistiche del profitto. Uno Stato con classe operaia depoliticizzata non può essere quindi annoverato tra gli Stati socialisti. Gli operaisti sono figli della spaccatura del mondo socialcomunista del 1956. Essi riprendono il pensiero marxista di tradizione eterodossa per portarlo in una nuova veste più adatta alle complessità del loro presente. Presentano una lettura marxiana in cui gli scritti, in particolare quelli contenuti ne il Capitale, non vengono intesi come leggi deterministiche e ferree del mondo economico- sociale ma vengono intesi come lezioni di azione politica. L’eretismo operaista verrà portato poi all’esasperazione successivamente con l’incastrarsi della filosofia del pensiero marxista con il pensiero negativo, il caso più lampante è quello della ripresa di Nietzsche da parte di Tronti. Come per identificare il comunismo si usano le figure di Marx ed Engels, così nel caso dell’operaismo troviamo dei capostipiti capaci di innovare e stravolgere il campo teorico-politico con il proprio pensiero. I padri dell’operaismo possono essere identificati in Raniero Panzieri, intellettuale e figura di primo piano nel PSI entrato in rotta di collisione col proprio partito in seguito all’approdo in via maggioritaria del partito con la linea riformista in maggioranza, e Mario Tronti, iscritto al PCI negli anni cinquanta ne esce in contrapposizione con la linea del partito. L’iniziativa per la fondazione di una rivista di discussione teorica, lontana da elementi di influenza dei partiti di classe, viene presa da Panzieri insieme al suo gruppo di torinesi che potevano contare sul supporto editoriale fornitogli dall’Istituto Morandi, di cui Panzieri era direttore. Vista la caratura della figura di Panzieri, chiederanno di aderire al progetto editoriale anche un gruppo di intellettuali dell’area romana capeggiati da Mario Tronti ed Alberto Asor Rosa, da questa comunanza d’intenti dei due gruppi nasce la prima rivista propriamente operaista: i “Quaderni rossi”. Le due anime adotteranno “due 2 Una base teorica per questo processo può essere il riprendere il Capitale nei suoi aspetti propriamente politici. La centralità del lavoro è messa in discussione non solo nella società capitalistica, nelle sue mille mistificazioni di stampo borghese, ma anche nella società pianificata, più stalinista che sovietista. I rapporti di alienazione e di potere in fabbrica vanno a riprodurre le stesse condizioni presenti nella società capitalista in quanto l’operaio è totalmente subordinato al piano che si estranea sempre più dal soggetto: “dall’azienda capitalistica moderna la pianificazione burocratica ripete forme e metodi di conduzione e di organizzazione del lavoro; riproduce la cristallizzazione della divisione del lavoro, la considerazione degli operai come mera forza di lavoro.”7 Ma a questo l’esperienza della Germania orientale comunista ci dà un esempio di come il piano può essere funzionale alla gestione operaia tramite la gestione strumentale di esso “come mezzo di formazione di una comunità operaia, come riconoscimento del lavoro, come subordinazione dell’economia. Non si può rinunciare alla collaborazione operaia.”8 Il piano deve essere strumentale alla formazione della coscienza di classe attraverso l’inserimento nelle contraddizioni del regime in cui “impara a servirsi, a impadronirsi sempre più degli istituti che il regime è costretto a costruire secondo la logica contraddittoria della sua natura”9. Solo attraverso queste atti la classe operaia si potrà emancipare istituendo il dualismo di potere di carattere dinamico e permanente, seguendo in pratica la prassi leninista. Seguendo questa condotta la classe operaia riuscirà a subordinare il lavoro morto al lavoro vivo, in questo modo il potere saprà rispondere alle esigenze produttivo-sociali degli operai. Il capitalismo: da modo di produzione alla sua entrata in società 7 R. Panzieri, “La classe operaia nella Germania comunista” da Spontaneità e organizzazione. Gli anni dei “quaderni rossi” 1959-1964, pg. 15, a cura di S. Merli, 1994, Pisa, BFS edizioni 8 Ibidem 9 Ibidem 5 Con l’avvento della società di massa si estende il dominio del capitale sulle altre sfere della società: si passa dal modo di produzione sociale della fabbrica capitalistica al dominio del capitale sugli altri settori della società secondo il principio per cui rientrano nel capitale, strumentalmente ad esso, i circuiti di distribuzione, scambio e consumo. In questa fase totalizzante del capitale si sottolinea la sfera in cui il modello di produzione si porta ad una sfera superiore in maniera dialettica “Mentre i processi intrinseci all'accumulazione capitalistica divengono sempre più determinati globalmente, all'«interno» e all'«esterno», a livello aziendale e a livello sociale generale, le varie posizioni ricorrenti anche all'interno del movimento operaio dalla matrice keynesiana, si presentano come vere e proprie ideologie, riflesso degli sviluppi neocapitalistici.”10 La lotta non è solamente per una rivoluzione nel sistema di produzione ma per un modello di società radicalmente nuovo che rifugge dalle mistificazioni borghesi o liberali che dir si voglia, la lotta è per una società del tutto nuova. Cambiare il modo di produzione significa costringere la società a rivoluzionare i suoi paradigmi, servendosi della scienza e della tecnologia plasmandole secondo le sue esigenze, in maniera nettamente opposta al loro uso capitalistico. Così l’operaio, facente lavoro-vivo, si trasfigura in mero frammento atomizzato di operaio massa al servizio della macchina, null’altro che capitale costante, prodotto della scienza borghese, tende a svilire l’operaio ed a renderlo funzionale alla macchina diventando sempre più alienato dal suo lavoro, dal suo prodotto attraverso la produzione sociale di valore atomizzato, operaio isolato. Si ripercorrono in questo momento i quattro stadi dell’alienazione che intersecati tra loro a seconda dello sviluppo del capitalismo tendono sempre di più a distruggere l’entità dell’operaio collettivo, vero antagonista del capitalismo e forza rivoluzionaria. In che modo l’operaio isolato è funzionale al capitale? Essendo isolato nella produzione sociale capitalistica esso aumenta la sua produttività in funzione dell’aumento di estrazione di plusvalore in maniera tendenzialmente illimitata da parte del capitalista mediante “la sua trasformazione in macchina 10 R. Panzieri, Spontaneità e organizzazione. Gli anni dei “quaderni rossi” 1959-1964, pg. 37-38, a cura di S. Merli, 1994, Pisa, BFS edizioni 6 automatica, il mezzo di lavoro si contrappone all'operaio durante lo stesso processo lavorativo quale capitale, quale lavoro morto che domina e succhia la forza-lavoro vivente e «l'abilità parziale dell'operaio meccanico individuale svuotato scompare come un ultimo accessorio dinnanzi alla scienza, alle immani forze naturali e al lavoro sociale di massa che sono incarnati nel sistema delle macchine e che con esso costituiscono un potere del padrone»”11. Il neocapitalismo e la pianificazione capitalista Nell’analisi fatta di Panzieri della società viene ad emergere un’analisi tanto cruda quanto reale del sistema affermatosi nel dopoguerra. Con il dopoguerra il bisogno primario era di certo quello della ricostruzione dello Stato in cui l’intervento privato nell’economia della ricostruzione non era di certo sufficiente per la maestosa opera che gli si parava dinanzi. Per soccombere a questa deficienza allora lo Stato inizia ad addossare su di sé alcune spese di carattere fondamentale, cambiando così il paradigma economico: da Stato libero a Stato sociale. Sia chiaro che qui non si vuole incorrere nell’errore di affermare che il ventennio fascista non sia stato un periodo in cui l’intervento statale sia stato marginale o ancor più grossolanamente assente, si vuole confermare la tesi secondo la quale il nuovo Stato liberal-democratico sia uno Stato in cui l’economia non poteva essere esclusivamente da liberi imprenditori, soprattutto per servizi di pubblica utilità e costituzionalmente garantiti. L’analisi del primo operaismo panzieriano è l’analisi della realtà fattuale dello stato di cose nell’economia del periodo, in cui l’integrazione dello Stato nel sistema capitalistico è totale: lo Stato è una sovrastruttura ed in quanto tale è perennemente condizionata dalla struttura capitalistica della società, “con l'avvento del neocapitalismo processo di socializzazione fa un salto qualitativo, in quanto il potere capitalistico si adegua al carattere sempre più sociale della 11 Ibidem, pg. 7 del capitalista collettivo ed infine al pieno servizio del capitale oggettivato, che si va man mano automatizzando ed estraniando dal capitalista. Panzieri e Tronti: due stili diversi di ricerca e teoria Nel 1963 nella redazione dei Quaderni si inizia a delineare una spaccatura tra i due maggiori esponenti delle due principali aree della rivista: l’area che faceva riferimento a Raniero Panzieri, l’ala torinese della redazione e l’area legata a Mario Tronti, con al suo interno Romano Alquati, Alberto Asor Rosa e Toni Negri. I motivi della rottura sono di carattere propriamente teorico, tutti riconducibili ad una base di divergenze riguardo all’interpretazione dei fatti di Piazza Statuto del luglio 1962 e la flessione delle lotte nel triennio successivo. Panzieri trova le cause della flessione delle lotte derivante dall’interpretazione del momento della lotta come atto che non produce al suo interno soggettività di classe, da qui parte la sua elaborazione di un piano teorico il quale deve portare gli operai ad effettuare le lotte in seguito ad una trasformazione mentale degli operai rafforzando così il loro concetto di classe. Per l’area dei Quaderni rossi la sconfitta del sindacato viene giudicata come un indebolimento della classe operaia, il gruppo è quindi costretto a revisionare le proprie teorie che vedevano delle tendenze ottimistiche della lotta di classe. “giudica la sconfitta del sindacato come un indebolimento della classe operaia e corregge le ipotesi ottimistiche, formulate in precedenza, circa la tendenza della lotta di classe; il riflusso del movimento è dovuto alla mancata presa di coscienza dei nuovi contenuti della lotta di classe, che ha impedito all'autonomia operaia esprimere nuove forme di organizzazione.”19 Determinante nel suo metodo di ricerca è l’analisi del rapporto tra livello del capitale e livello di classe, in cui la classe segue in l’evoluzione del capitale, facendo adeguare così le lotte al grado di evoluzione del capitale “la verifica è sempre al livello del capitale, non può mai essere soltanto all’interno del livello operaio. Anzi il livello operaio si costruisce seriamente soltanto se esso si è portato al livello del capitale ed è riuscito a dominare, a comprendere, a 19 R. Panzieri, Lotte operaie nello sviluppo del capitalismo, pg. XXVII, Torino, 1972, Einaudi 10 inglobare il capitale”20. In questo modo le lotte portano ad una maggiore possibilità di cambiamento della società. Ma le lacune dell’analisi delle lotte come conseguenze dell’azione del capitale verranno riprese in maniera opposta da Tronti. L’arrivo alla trasformazione degli operai in operai sociali, deve avvenire in maniera cooperativa attraverso l’uso della conricerca e dell’inchiesta operaia. Da quel che si ricava essa ha un aspetto positivistico e la successiva azione politica si deve svolgere all’interno di organizzazioni istituite, siano esse la forma partito o la forma sindacato. Il gruppo trontiano “valuta la sconfitta della gestione riformista della scadenza contrattuale come una vittoria della classe sulle organizzazioni del movimento operaio; il riflusso del movimento è soltanto apparente, perché fenomeni come l'assenteismo e la passività politica stanno a indicare il rifiuto della classe operaia di seguire la strategia delle sue organizzazioni e la sua disponibilità alla radicalizzazione della lotta.”21 Nella lotta di Piazza Statuto esso vede un modello di formazione operaia, di formazione di coscienza di classe: è solo attraverso la lotta che la coscienza di classe viene portata a compimento; solo attraverso l’insubordinazione si può avere la lotta di classe, “per principio e nei fatti è più favorevole alla classe operaia una sconfitta con la lotta”22 . Di conseguenza a questo matura nel suo pensiero la presenza di un soggetto classe capace di anticipare il capitale nelle sue scelte, di essere classe superuomo, in quanto soggetto ad un livello superiore in termini di coscienza e forze rispetto al suo antagonista. Una classe capace di imporre al capitale le condizioni della sua ristrutturazione sotto il controllo operaio attraverso lo “Scoprire le necessità di sviluppo del capitale e ribaltarle in possibilità sovversive della classe operaia: sono questi i due compiti elementari della teoria e della pratica, della scienza e della politica, della strategia e della tattica”23. Qui il lavoro vivo è antagonista del capitale. È antagonista del lavoro morto oggettivato sotto la scienza e la tecnica del capitale. Data la risposta teorica a tutti questi problemi resta da risolvere il cavillo dell’organizzazione della classe operaia: all’organizzazione in un partito inteso come apparato 20 R. Panzieri, Spontaneità e organizzazione. Gli anni dei “quaderni rossi” 1959-1964, pg. 79, a cura di S. Merli, 1994, Pisa, BFS edizioni 21 Ibdem, pg. XXVII 22 M. Tronti, Operai e Capitale, pg.99, 2006, Roma, DeriveApprodi 23 Ibidem, pg. 22 11 viene preferito il partito come diretta espressione della classe operaia: “Le forme moderne della lotta operaia, nei paesi a grande capitalismo, portano tutte come ricco contenuto della propria spontaneità la parola d’ordine della lotta contro il lavoro, come unico mezzo per colpire il capitale. Di nuovo, il partito si presenta come organizzazione di quello che nella classe già c’è, ma che la classe da sola non riesce a organizzare.”24 In sostanza il partito è espressione della lotta di classe in cui esso è guidato da intellettuali funzionali alla classe con l’unico compito di sintesi: il partito come strumento tattico interno al quadro strategico delineato dalla classe operaia. La scissione tra le due anime sarà oggetto di discussione nel numero di Cronache dei Quaderni Rossi del 1963. La spaccatura porterà alla fondazione della rivista Classe Operaia da parte del gruppo di Tronti. Il nuovo operaismo di Tronti Alla base del pensiero politico di Tronti c’è un forte odio di classe, il quale viene ripreso come pensiero di classe, isolato, non universalistico e senza ambizioni di trasformarsi in esso. Pensiero operaio come unico pensiero, in quanto capace di “mette[re] in moto il meccanismo della sua crescita creativa, questo solo fatto toglie spazio allo sviluppo di qualsiasi altro punto di vista scientifico sulla società, lo inchioda a ripetere se stesso, lascia a questo la sola prospettiva di contemplare i dogmi della propria tradizione”25. Inchiodare il capitale e subordinarlo alla classe operaia in quanto classe produttrice, unica classe avanguardista “La rinascita teorica del punto di vista operaio si impone oggi per i bisogni stessi della lotta”26. Con l’avvento del neocapitalismo s’impone il punto di vista operaio, in quanto il cambiamento della sola sfera della società senza il cambiamento, il rivoluzionamento della produzione, è pura mistificazione funzionale al sistema liberal-democratico. Il punto di vista trontiano è perennemente condizionato da Lenin, dalla sua capacità di analisi della società e del suo sfruttamento dei 24 M. Tronti, Operai e Capitale, pg. 263, 2006, Roma, DeriveApprodi 25 Ibidem, pg.7 26 Ibidem, pg.8 12 stata definita in maniera magistrale da Lenin e da lui riparte la lotta operaia ad occidente con la sintesi suprema trontiana di “Lenin in Inghilterra è la ricerca di una nuova pratica marxista del partito operaio: il tema della lotta e dell’organizzazione al più alto livello di sviluppo politico della classe operaia.”34 La rottura con la società borghese Definiti i problemi di strategia e tattica si pone ora il passaggio fondamentale della rottura con la società capitalistica borghese. C’è da ricordare che il momento in cui scrive Tronti è quello della crisi congiunturale italiana dove “i capitalisti attaccano direttamente il livello operaio [..]per ottenere, senza chiedere una tregua salariale di fatto”35. Di qui, da quest’imposizione capitalistica di difesa dell’accumulazione deve scaturire la lotta operaia nella forma di “strategia di totale rifiuto della società capitalistica”, di qui la ricerca di “nuove forme tattiche positive di più efficace aggressione al potere concreto del capitalista.”36 L’anticapitalismo deve diventare in questo caso puro odio di classe nei confronti dei padroni oppressori e delle organizzazioni istituzionalizzate del movimento operaio complici col loro fare riformista della rovina “non solo proletariato contro la borghesia, ma contro l’intera società borghese; e non solo nella forma di un’opposizione democratica, ma nell’organizzazione di una violenta alternativa di potere; una classe in armi contro l’intera società, come fosse un’altra sola classe.”37 Una critica alle organizzazioni di classe del movimento operaio che non tralascia l’aspetto della loro ideologizzazione di Marx. Il partito classico tralascia il momento tattico, suo ambito di azione, e mistifica la strategia. Le organizzazioni istituzionalizzate non fanno altro che allearsi con la piccola borghesia capitalista, togliendo terreno all’avanzata operaia, a sua volta avanguardia del popolo, che ha come compito quello di emancipare l’uomo abolendo la società dell’assoggettamento capitalistica, riprodotta nelle sue forme mistificate nella società liberal-democratica. Il 34 Ibidem, pg. 93 35 Ibidem, pg. 98 36 Ibidem, pg. 98-99 37 M. Tronti, Operai e Capitale, pg. 161, 2006, Roma, DeriveApprodi 15 partito deve organizzare la lotta, non portare istanze riformiste ed accomodare il potere del capitale: “Il partito operaio deve prendere questa stessa mediazione reale di parte operaia dell’interesse capitalistico per organizzarla come antagonismo, come terreno tattico della lotta, come possibilità strategica di distruzione.”38 Non si deve tralasciare mai essere assorbiti nel sistema, bisogna continuamente sabotare! Bisogna far sì che il rapporto di forze diventi reale e che l’abolizione dello stato di cose sia portato avanti “La classe operaia non può farsi partito dentro la società capitalistica senza impedire a questa di continuare a funzionare. Quando questa funziona, quello non è il partito operaio.”39 La classe deve continuare ad insorgere contro lo sfruttamento capitalista. Deve arrivare a far negare al capitale stesso la sua natura in quanto nella sua natura la “classe operaia: [..] quando comincia ad esistere formalmente a livello di organizzazione politica apre direttamente il processo rivoluzionario, pone unicamente la richiesta del potere; ma già da prima, da molto prima, esiste come classe e in quanto tale minaccia appunto l’ordine borghese.”40 Continua qui il ritorno a Marx di Tronti, un ritorno che tralascia tutto il resto delle mistificazioni del marxismo che avevano nelle loro teorie la presunzione di «voler rompere le catene dello sfruttamento dove l’anello è più debole». Tronti dice no. Tronti parte dal rifiuto ed arriva al “programma di lotta immediata. [che] va innestato, come sua applicazione pratica, sulla visione strategica di un capitalismo che cammina, su una catena di congiunture. […] Ogni anello di questa catena offrirà l’occasione di uno scontro aperto, di una lotta diretta, di un atto di forza; e che l’anello in cui la catena si spezzerà non sarà quello dove il capitale è più debole, ma quello dove la classe operaia è più forte”41. La lotta degli operai deve essere puramente marxista nei fini, attraverso il mezzo della critica perenne dell’ideologia. Il punto di inizio è sempre Marx con 38 Ibidem, pg. 237 39 Ibidem, pg. 237 40 Ibidem, pg.242 41 Ibidem, pg.100 16 la sua definizione di comunismo “il comunismo insomma come negazione del presente, non ancora come affermazione dello stato futuro; il comunismo come fase di transizione dentro il capitalismo.”42 La distruzione deve essere funzionale alla garanzia di sviluppo della società, qui si riprende la famigerata frase dell’Ideologia tedesca in cui “il comunismo non è per noi uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti”43 Di qui la critica alla democrazia borghese attraverso la messa in discussione della società borghese che poggia tutto il suo assetto normativo e di pacificazione sociale sulla questione dell’eguaglianza formale. Eguaglianza formale figlia della Rivoluzione Francese e continuamente tirata in ballo in maniera decontestualizzata e funzionale all’ideologia borghese. A questo si risponde con l’imposizione di un’eguaglianza reale da parte degli operai che non “è un’estensione illecita dell’egualitarismo politico borghese.”44 Andare oltre ad una società in cui tutti sono salariati ed il capitale è ormai scollegato ed alienato da tutti i processi di produzione, con la sola garanzia che tutto ciò che garantisce il perpetuarsi del potere borghese è garantito in forma mistificata. Tronti ribalta il tavolo del marxismo e del pensiero classico comunista portando Nietzsche dalla parte opposta delle barricate. La classe operaia come un tutto organico che tutto sa, la rude razza pagana, incontra la consapevolezza di sé con un atto di forza unitaria degna di un superuomo. Un’esaltazione che aprirà le porte ad una tradizione di eretismo marxista capace di generare una spinta enorme negli ambienti filosofici e politici generando un’ondata di nuove produzioni rivoluzionarie. Una commistione tra i due autori, Marx e Nietzsche, capace di stravolgere ancora oggi il mondo della ricerca accademica ed innovarlo allo stesso tempo, come ci dimostrano oggi gli accelerazionisti con le loro teorie. 42 Ibidem, pg.153 43 M. Tronti, Operai e Capitale, pg. 153, 2006, Roma, DeriveApprodi 44 Ibidem, 154 17
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