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L'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA - Riassunto - Diritto Dell'unione Europea - Parte 3, Sintesi del corso di Diritto dell'Unione Europea

L'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA - Riassunto - Diritto Dell'unione Europea - Parte 3

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011

Caricato il 20/10/2011

markan10
markan10 🇮🇹

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Scarica L'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA - Riassunto - Diritto Dell'unione Europea - Parte 3 e più Sintesi del corso in PDF di Diritto dell'Unione Europea solo su Docsity! PARTE III L'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA 1. Considerazioni generali La Corte di giustizia ha sempre qualificato la Comunità e l’Unione europea come enti portatori di propri ordinamenti giuridici distinti sia dall’ordinamento internazionale che dagli ordinamenti interni degli Stati membri; questa situazione sarà comunque superata dalla Costituzione che : • abolirà la struttura a pilastri • ricondurrà tutte le competenze e le politiche dell’Unione nell’ambito di un unico Trattato • riconoscerà la personalità giuridica allo stesso Trattato • porterà di conseguenza alla fusione del diritto dell’Unione in un ordinamento onnicomprensivo. Esempio - sentenza 5 febbraio 1963 Van Gend & Loos La Corte di Giustizia conclude che la Comunità costituisce un ordinamento giuridico ci nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani;Si tratta di un ordinamento che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini Esempio – sentenza 15 luglio 1964 Costa c.ENEL La Corte afferma che a differenza dei comuni trattati internazioni, il trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri all'atto dell'entrata in vigore del Trattato, e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare. Secondo la Corte, gli stati membri hanno: • limitato, sia pure in capi circoscritti, i loro poteri sovrani • creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. La Corte di impegna a distinguere il TCE dai trattati internazionali tradizionali. A differenza dei trattati internazionali tradizionali, il TCE e il complesso di norme che ne scaturisce: ▲ comportano delle vere e proprie limitazioni di sovranità a carico degli Stati membri, sia pure in settori limitati ▲ non si limitano a porre pbblighi a carico deli stati membri, ma toccano la sfera giuridica degli stessi soggetti degli ordinamenti interni degli Stati membri, i quali diventano perciò soggetti anche nell'ordinamento comunitario ▲ indicano l'autonomia del diritto comunitario rispetto al diritto interno degli stati membri L'applicazione del diritto comunitario nei settori assegnati alla sovranità della Cominità e all'interno degli stati membri, non è subordinata all'adozione da parte di tali stati di misure interne di adattamento.Nemmeno è possibile che l'applicazione del diritto comunitario sia ostacolata o impedito dalla presenza di provvedimenti preesistenti degli Stati membri o dalla adozione di nuovi provvedimenti contrari al qualnto prevede il diritto comunitario. L'ordinamento comunitario, secondo la Corte di giustizia, è autonomo tanto rispetto all'ordinamento internazionale, quanto e soprattutto gli ordinamenti interni degli Stati membri. Ordinamento autonomo è anche il diritto dell'Unione Europea nel suo complesso, in particolare le disposizioni relative ai pilastri non comunitari: la PESC e la Cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, che mantengono caratteristiche di stampo intergovernativo. ♦ Trattato di Lisbona - sopressione della CE come ente autonomo rispetto all'Unione Europea - parziale abolizione della struttura a pilastri fino ad ora vigente - esplicito riconoscimento all'Unione della personalità giuridica Ciònonosante, permangono notevoli incertezze circa la possibilità di parlare attualmente di un unico ordinamento dell'Unione Europea L’ordinamento comunitario si basa su un sistema di fonti di produzione del diritto che riposa su un un’unica distinzione: • fonti di diritto primario (TCE e le altre fonti di cui il TCE riconosce pari natura[atti di base]) • fonti di diritto secondario o derivato (atti che le istituzioni della Comunità hanno il potere di adottare in virtù del TCE[atti di esecuzione o di attuazione]). • Tra i due livelli ci possono essere delle fonti intermedie la cui giuridicità deriva dal TCE ma prevalgono sul diritto secondario; si tratta di una categoria eterogenea che può comprendere ▲ i principi generali del diritto (compresi i principi relativi alla tutela dei diritti dell’uomo) ▲ le norme del diritto internazionale generale ▲ gli accordi internazionali. Tra le fonti secondarie figurano categorie di atti molto diversi, in particolare l’art. 249 contempla tre categorie di atti vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni), ma non prevede alcuna gerarchia tra loro, in quanto il TCE specifica, materia per materia, il tipo di atto che può essere adottato evitando conflitti tra atti appartenenti a categorie diverse. Una distinzione può essere fatta però tra gli atti di primo e di secondo grado.L'atto di secondo grado deve rispettare l'atto di primo grado e non può modificare la disciplina in esso contenuta, salvo specifica autorizzazione contenuta nello stesso atto di base, autorizzazione che però deve essere limitata a profili non essenziali. In caso contrario, l'atto di secondo grado può essere annullato. Gli atti di diritto derivato si distinguono anche in funzione delle istituzioni dalle quali sono adottati. Infatti l’art. 249 prevede che possono essere emanati dal Parlamento congiuntamente al Consiglio, dal Consiglio, dalla Commissione e dalla BCE. Spesso però gli atti della Commissione sono emanati in forza di una delega contenuta in un atto base del Parlamento e del Consiglio o solo del Consiglio,(costituiscono pertanto atti di secondo grado) o gli atti del Consiglio danno attuazione a un piano adottato congiuntamente da Parlamento e Consiglio stesso e solo in questi casi, gli atti di attuazione devono rispettare l’atto di base (atto che conferisce la delega) e restare entro i limiti della delega stessa. Al di fuori di questa ipotesi manca una regola, anche implicita, che stabilisca la prevalenza degli atti adottati da un’istituzione rispetto a quelli adottati da un’altra. L’eventuale conflitto tra atti indipendenti tra di loro e adottati da due diverse istituzioni andrà risolto in termini di individuazione della base giuridica. Se atti adottati secondo procedure decisionali diverse entrano in conflittotra di loro, è segno che l’uno o l’altro è stato fondato su una base giuridica errata ed è pertanto annullabile. 2. Le fonti di diritto primario: in particolare in Trattato CE Le fonti del diritto primario comunitario sono contenute perlopiù nel TCE; natura di fonti primarie hanno anche i Protocolli allegati al TCE, al TUE , ai trattati CECA e CEEA. ▲ Art 311 TCE – “ i Protocolli che, di comune accordo tra Stati membri, saranno allegati al presente Trattato, ne costituiscono parte integrante” Per prassi all’atto finale della CIG convocata per approvare i trattati di revisione del TCE o del TUE vengono allegate alcune Dichiarazioni aventi ad oggetto una o più disposizioni del Trattato che possono essere di tre tipi: 1. dichiarazioni della Conferenza - possono fare da guida per l’interpretazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, ma non costituiscono un vero e proprio vincolo 2. dichiarazioni di uno o più stati membri 2 1 9 8 hanno minore rilevanza perché non emanano da coloro (almeno non tutti) che detengono collettivamente il potere di revisione.Anche queste però possono essere prese in considerazione dall’interpretet ed in particolare dalla Crte di giustizia. 3. dichiarazioni di una o più istituzioni ↗ Una delle questioni centrali dello studio giuridico dell’Unione consiste nell’individuare la natura giuridica del TCE: ▲ considerarlo un trattato istitutivo di un’organizzazione internazionale ▲ considerarlo una carta costituzionale di un’entità di tipo statuale. I. A sostegno della prima ipotesi si può invocare il fatto che • il TCE e il TUE siano stati conclusi seguendo formule e procedimenti propri dei trattati internazionali ▲ Importante novità è costituita dalla decisione presa dal Consiglio europeo di Laeken di convocare una Convenzione sul futuro dell'Europa. Essa segna un importante passo da una procedura di revisione svolta secondo un metodo puramente intergovernativo, ad un metodo più trasparente e democratico. Il metodo convenzionale inaugurato dal Consiglio europeo di Laeken peraltro è fatto proprio dalla Costituzione. ▲ La nuova procedura di revisione prevederà infatti, dopo la decisione a maggioranza semplice del Consiglio europeo “favorevole all’esame delle modifiche proposte” da uno Stato membro, dal Parlamento europeo o dalla Commissione, la convocazione di una convenzione composta in maniera analoga alla Convenzione sul Futuro dell’Europa. La “raccomandazione” adottata per consenso dalla Convenzione sarà poi sottoposta a una CIG secondo il sistema attuale. ▲ La convocazione di una Convenzione potrà essere evitata su decisione del Consiglio europeo,previa approvazione del Parlamento europeo, “qualora l’entità delle modifiche non lo giustifichi”.) Per quanto riguarda i limiti intrinseci al potere di revisione, l'articolo 48 non prevede nulla a riguardo. Tuttavia secondo la Corte l'introduzione di norme che pregiudichino il sistema giurisdizionale previsto dal Trattato, alterando la funzione giurisdizionale della Corte o restringendo la portata della competenza della stessa , non sarebbe consentita, nemmeno ricorrendo alla procedura di revisione di cui all'articolo 48 TUE. Si ritiene che siano parimenti immodificabili le norme che costituiscono il "nocciolo duro" dell'ordinamento comunitario quali: ▲ Quelle sulla libertà di circolazione e sulla concorrenza ▲ quelle che sono espressione di principi generali del diritto comunitario. Escludendo i limiti appena citati, la procedura di revisione ha portata generale, potendo quindi essere utilizzata per modificare qualsiasi disposizione dei Trattati. Accanto ad essa, i Trattati prevedono delle procedure semplificate di revisione, applicabili soltanto per la modifica di specifici articoli. L'elaborazione e l'approvazione del testo delle modifiche è riservata al Consiglio o, talvolta, al Consiglio europeo. Il testo così definito entra in vigore soltanto in seguito alla ratifica da parte di tutti i Parlamenti nazionali. ▲ Esempio di procedura di revisione semplificata è offerto dall'articolo 22 TCE , che autorizza il Consiglio con deliberazione unanime, su proposta dalla Commissione e previa consultazione del Parlamento, ad adottare disposizioni intese a completare i diritti spettanti ai cittadini dell'Unione, raccomandandone l'adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. Accanto alla procedura di revisione ordinaria il Trattato di Lisbona introdurrà anche due procedure di revisione semplificate. In particolare la seconda consente di aumentare di casi di decisione a maggiornza qualificata da parte del Consiglio o del Consiglio europeo e quelli di applicazione della procedura legislativa ordinaria.La procedura prevede che la modifica sia adottata con decisione del Consiglio europeo all’unanimità previa approvazione del Palamento europe, ma non richiede la ratifica da parte dei parlamenti nazionali. Questi però sono informati di notificare entro 6 mesi la propria opposizione e di impedire così l’entrata in vigore della revisione ). Altro modo per modificare i Trattati è previsto dall'articolo 49 TUE, che disciplina la procedura di adesione all'Unione da parte di nuovi Stati. Ai sensi di tale articolo può presentare domanda di adesione all'Unione: a) ogni stato europeo (condizione geografica) b) che rispetti i principi sanciti dall'articolo 6 par. 1 –principi di libertà, demorazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle leibertà fondamentali e dello stato di diritto (condizione politica). Anche la procedura di adesione si articola in due fasi: 1) prima fase: si svolge all'interno dell'apparato istituzionale. La domanda di adesione è approvata all'unanimità dal Consiglio, previa consultazione della Commissione e su parere conforme del Parlamento europeo. 2) seconda fase: affidata gli Stati membri. Essa ha il solo scopo di stabilire le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti da apportare ai Trattati. In proposito viene concluso tra gli Stati membri e lo stato candidato un trattato di adesione, che deve essere ratificato da tutti gli stati contraenti. Attraverso questa procedura possono quindi essere apportati soltanto degli adattamenti, delle modifiche minoris generis, che normalmente consistono in un ampliamento della composizione delle istituzioni e degli organi per assicurare la rappresentanza del nuovo Stato membro. ▲ Anche nel caso della procedura di adesione la prassi ha dato vita ad una procedura alquanto diversa da quanto previsto dall'articolo 49. In particolare: • le due fasi si svolgono contemporaneamente. • Negli ultimi due allargamenti si è affermata una fase preliminare, detta dei negoziati di pre- adesione, nel corso della quale lo Stato candidato deve dimostrare di rispondere ad alcuni criteri. Soltanto quando la Commissione attesta la capacità dello Stato candidato di rispettarli al momento dall'adesione, il Consiglio europeo autorizza l'apertura dei veri e propri negoziati di adesione. • I criteri da verificare sono stati fissati dal Consiglio europeo di Copenhagen del giugno 1993. Si tratta di criteri politici, economici e criteri relativi all'acquis comunitario. La procedura di adesione all'Unione disciplinata dalla Costituzione rispecchia molto quella prevista dall'articolo 49. ▲ Trattato di Lisbona: Interessante innovazione consisterà nella possibilità di recesso dall'Unione. Lo stato membro che intende ritirarsi notificherà tale intenzione al Consiglio europero.Seguirà la conclusione di un accordo tra l’Unione e lo Stato interessato volto a definire le modalitò di recesso.Il recesso avrò luogo anche in mancanza di tale accordo. Decorsi 2 anni dalla notifica dell’intenzione di ritirarsi, i trattati cesseranno comunque di applicarsi allo Stato interessato.Si tratterà pertanto di un vero e proprio diritto di recesso unilaterale, non subordinato al’assenso dell’Unione). Per quanto riguarda la modifica dei Trattati al di fuori della procedura di revisione o delle altre procedure previste a questo scopo, il diritto internazionale non esclude che gli stati contraenti di un trattato possano decidere di modificarlo senza seguire la procedura prevista a tal fine, a condizione che vi sia accordo in tal senso da parte di tutti gli Stati contrenti. Se si tiene conto della funzione costituzionale svolta dal Trattato, ne consegue che la procedura prevista dall'articolo 48 TUE non può non essere considerata obbligatoria e che eventuali modifiche che si tenti di introdurre senza rispettarla sono prive di qualsiasi valore giuridico ▲ Esempio il Compromesso di Lussemburgo sebbene incida sulle norme del TCE va considerato come un accordo di natura esclusivamente politica. La Corte di giustizia non ha mai avuto occasione di pronunciarsi espressamente riguardo ciò, tuttavia è da presumersi che, la risposta della Corte sarebbe negativa. In proposito va ricordata la ripetuta e netta presa di posizione della Corte contro il riconoscimento della possibilità che il Trattato venga modificato da una prassi difforme degli Stati membri o delle istituzioni. La natura del TCE è mutata in seguito al'entrata in vigore del TUE? Se il TUE va considerato come testo fondamentale del complesso denominato Unione europea, il TCE si limiterebbe a contenere la disciplina speciale della CE, cioè di una delle componenti di tale complesso. In realtà il rapporto tra TCE e TUE è molteplice: • il TUE inserisce il TCE in un insieme normativo unitario e coerente • con l'entrata in vigore del TUE, il TCE perde la sua natura di trattato autonomo e a sé stante, e diventa la componente di un complesso normativo più ampio • il TUE avoca a sé la disciplina di alcuni spetti che fino ad allora erano stati oggetto di disposizioni specifiche del TCE: la procedura di revisione dei trattati e la procedura per l'adesione di nuovi Stati membri • il TCE mantiene il suo carattere di lex specialis ▲ Con il Trattato di Lisbona questo rapporto di dipendenza viene ulteriormente sviluppato: • le modifiche apportate al TUE e al TCE riserveranno al primo le disposizioni più importanti, mentre il secondo diventerà il contenitore di tutte quelle disposizioni che sono state considerate di minore importanza o di dettaglio. Di conseguenza in nuovo TF non avrà un contenuto a sé stante, ma servirà unicamente ad integrare la disciplina generale contenuta del TUE. • Tra i due testi si stabilirà pertanto uno stretto legame funzionale. • Dal punto di vista formale, i due trattati avranno pari natura giuridica. 3. I principi generali del diritto. Tra le fonti intermedie si segnalano anzitutto i principi generali del diritto, comprensivi dei principi relativi alla tutela dei diritti fondamentali dell'uomo. Questi svolgono un ruolo più importante negli ordinamenti di più recente formazione o in quelli nei quali il sistema di produzione di norme è poco efficiente. La tipologia dei principi generali è ampia. Una prima categoria è costituita dai principi generali del diritto comunitario. Tali principi trovano espressione in determinate norme del TCE, alle quali vengono assegnati grande importanza e carattere assolutamente imperativo e inderogabile. ▲ Esempio è dato dal principio di non discriminazione, il quale trova specifica applicazione in diverse disposizioni del TCE: • l'articolo 12 (vieta le discriminazioni legate alla nazionalità); • l' articolo 13(discriminazioni fondate su sesso, razza, origine etnica, religione, etc), • l'articolo 34 (vieta le discriminazioni tra produttori e consumatori nell’ambito delle organizzazioni comuni dei mercati agricoli) • l'articolo 141 (vieta le discriminazioni in materia salariale tra lavoratrici e lavoratori). Secondo la Corte di giustizia le disposizioni citate sono specifiche applicazioni del principio generale di non discriminazione e vanno pertanto interpretate in maniera ampia. Riguardo alla definizione della portata della nozione di discriminazione, alle discriminazioni palesi o dirette sono state infatti assimilate le discriminazioni occulte o indirette. Anche il campo d'applicazione del principio di non discriminazione è stato interpretato in senso estensivo. L'aver stabilito che quello di non discriminazione è un principio generale ne consente anche l'applicazione ad ipotesi che non sono espressamente contemplate da alcuna delle norme richiamate (autonomia del principio di non discriminazione). La Corte invece non ritiene che rientrino nel campo d'applicazione del principio generale di non discriminazione, le discriminazioni alla rovescia per le quali si intendono situazioni che si creano quando norme di uno Stato membro prevedono per i propri cittadini un trattamento deteriore rispetto quello riservato ai cittadini di altri Stati membri.Talvolta una situazione del genere si produce in conseguenza del’impatto del diritto comunitario sulle norme interne. ▲ Esempio: l’ordinamento comunitario potrebbe imporre la disapplicazione di una norma interna in quanto limitativa della libera circolazione dei lavoratori. Tuttavia, della disapplicazine potrebbero avvantaggiarsi soltanto quei soggetti che fruiscono o hanno fruito in passato della libertà di circolazione. Il diritto comunitrio, invece, non si oppone al fatto che la stessa norma interna continui ad applicarsi a situazioni puramente interne e perciò spesso estranee al campo d’applicazione della libera circolazione.In questi casi,la discriminazione alla rovescia deriva dalla combinazione tra ordinamento interno e ordinamento comunitario. Tra gli altri principi generali del diritto comunitario vanno annoverati: • il principio di libera circolazione • il principio della tutela giurisdizionale effettiva • Sono talvolta considerati tali anche i principi previsti dall'articolo 5 TCE: ✓ il principio della competenza di attribuzione ✓ principio di sussidiarietà ✓ il principio di proporzionalità. In questi casi l'attributo "generale" serve a sottolinearne l'importanza e l'inderogabilità, ma non significa che tali principi possono trovare applicazione in contesti diversi. Semmai, è possibile considerare alcuni dei principi enunciati dall'articolo 5 come specifiche applicazioni di principi più generali. Una seconda categoria è costituita dai principi generali del diritto comuni agli ordinamenti degli Stati membri. Si tratta di principi che vengono desunti non dal diritto comunitario, ma dall'esame parallelo dei vari ordinamenti nazionali. Essi assumono rilevanza nell'intero campo d'applicazione del Trattato e vengono utilizzati soprattutto quando si tratta di verificare la legittimità del comportamento delle istituzioni o degli Stati membri in relazione alla posizione dei singoli. Si segnalano soprattutto alcuni principi inerenti all'idea stessa di Stato di diritto: ▲ il principio di legalità in base al quale ogni potere esercitato dalle istituzioni deve trovare la sua fonte legittimante in una norma del Trattao che ne fissi le condizioni di esercizio ▲ il principio della certezza del diritto secondo cui chi è tenuto al rispetto di una norm giuridica deve essere messo in condizione di poterlo fare e conoscere il comportamento che la norma gli impone ▲ il principio del legittimo affidamento che può essere invocato in caso di modifica normativa imprevvisa e imprevedibile da parte degli operatori giuridici, senza che ciò sia giustificato d ragioni imperative di interesse generale ▲ il principio del contraddittorio secondo cui l’autorità comunitaria quando intende assumere un provvedimento sfavorevole a carico di un singolo, deve consentire a quest’ultimo di far valere il proprio punto di vista prima che il provvediemnto stesso venga adottato ▲ il principio di proporzionalità che riveste particolare importanza: implica che gli interventi della pubblica autorità limitativi della libertà o dei diritti dei singoli, per essere legittimi: a) devono essere idonei a raggiunger l'obiettivo di interesse pubblico perseguito e b) devono essere necessari a questo fine, evitando di imporre ai privati sacrifici superflui. 4. Segue: i principi attinenti alla protezione dei diritti fondamentali Tra i principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri è compresa un'ulteriore tipologia di principi , che data la loro importanza, vengono normalmente trattati come una categoria parte. Si tratta dei principi attinenti alla protezione dei diritti fondamentali dell'uomo. In origine, il Trattato, non si preoccupava di sancire a favore dei cittadini determinati diritti fondamentali e quindi inviolabili, né prevedeva un apposito sistema di protezione. ▲ Trattato di Lisbona: art 6 TUE – L'unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nela Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Certamente la Carta avrà lo stesso carattere cogente delle norme dei trattati . Dubbio è però che l'eventuale violazione del contenuto della Carta da parte di uno Stato membro possa dare vita ad un procedimento di infrazione. Occorre segnalare come l'impostazione data dalla giurisprudenza della Corte di giustizia al problema della tutela dei diritti fondamentali nell'ordinamento comunitario non sembra avere del tutto soddisfatto le corti costituzionali italiane e tedesco federale e non le ha indotte a rinunciare alla pretesa di assicurare un autonomo controllo sul rispetto di tali diritti da parte delle istituzioni. La mancata adesione formale della Comunità alla Convenzione europea di salvaguardia solleva inoltre il problema della responsabilità degli Stati membri di fronte a gli organi della Convenzione in conseguenza di attività delle istituzioni comunitarie ovvero di attività poste in essere dagli Stati membri in esecuzione di norme comunitarie. Il problema è stato affrontato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in numerose pronunce. La Corte ha anzitutto ribadito che gli Stati membri i quali abbiano trasferito a un'organizzazione sopranazionale come la CE taluni poteri sovrani non sono sottratti, per quanto riguarda l'esercizio dei poteri sovrani oggetto del trasferimento, all'obbligo di rispettare i diritti tutelati dalla Convenzione. La Corte tuttavia non intende esercitare il proprio controllo riguardo ad ogni e qualsiasi attività intrapresa da uno Stato in attuazione degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza a una tale organizzazione. In proposito la Corte distingue tra: a. casi in cui gli Stati membri si limitano ad attuare atti della CE (in questi casi manca ogni discrezionalità in capo agli Stati membri e la Corte considera in linea di principio il suo intervento non necessario. Infatti secondo la Corte, la CE tutela i diritti fondamentali in maniera almeno equivalente a quella della Convenzione. Presunzione tuttavia passibile di prova contraria); b) casi in cui gli Stati membri godono di un certo margine di discrezionalità nel dare attuazione agli obblighi CE (intervento necessario, lo stato risulta essere pienamente responsabile nei confronti della Convenzione). 5. Segue: la funzione dei principi generali del diritto Essi assolvono ad una funzione strumentale, in quanto influiscono sull'applicazione di norme materiali derivanti da altre fonti. I principi generali del diritto vengono in rilievo: ▲ in primo luogo come criteri interpretativi delle altre fonti del diritto comunitario: tanto le norme del trattato, quanto le norme contenute negli atti delle istituzioni devono essere interpretate alla luce dei principi generali. L'interprete deve ispirarsi ad essi per individuare il corretto significato di ciascuna norma comunitaria. In presenza di più interpretazioni possibili, dovrà scegliere la soluzione più coerente con i principi generali. ▲ in secondo luogo fungono da parametro di legittimità per gli atti delle istituzioni. Questi possono essere annullati o dichiarati invalidi per violazione dell'uno o dell'altro dei principi innanzi indicati. ▲ in terzo luogo essi operano indirettamente da parametro di legittimità per alcuni comportamenti degli Stati membri. Ciò avviene quando il comportamento o l’atto in causa è stato adottato dallo Stato membro in attuazione di una norma del Trattato o di un atto delle istituzioni che ne autorizzi o adirittura ne richieda l’adozione. Pertanto gli interventi degli Stati membri in attuazione del diritto comunitario devono conformarsi ai principi generali del diritto comunitario e in particolare a quelli attinenti al rispetto dei diritti fondamentali. Qualora gli interventi degli Stati membri non siano conformi ai principi generali, essi sono altresì incompatibili rispetto alla norma comunitaria che li autorizza o li prescrive e vanno pertanto disapplicati. (In genere i diritti fondamentali intesi come principi generali del diritto comunitario, vengono invocati dai singoli per opporsi a provvedimenti assunti dagli Stati membri in violazione di tali diritti e dunque, indirettamente , anche della norma comunitaria che si occupa di provvedimenti statali del genere. Non è però escluso che talvolta i ruoli si invertano e siano gli Stati membri ad invocare i diritti fondamentali per giustificare i propri provvedimenti). Perché ad uno Stato membro possa essere contestata la violazione di un principio generale, è necessario che sussista un collegamento tra il comportamento dello Stato membro e il diritto comunitario (occorre che lo stato membro abbia agito per attuare una norma del Trattato o un atto delle istituizioni). In mancanza di ciò, l'obbligo per lo Stato membro di rispettare i diritti fondamentali non è ricollegabile ai principi generali del diritto comunitario e la Corte di giustizia non può esercitare la propria competenza per assicurare l'osservanza di tali principi. I principi generali del diritto e in particolare quelli relativi alla tutela dei diritti fondamentali valgono anche per il I e II pilastro della UE. Essi pertanto vincolano tanto le istituzioni, quanto gli Stati membri quando agiscono in forza delle disposizioni del Titolo V e del Titolo VI TUE. • (In favore di tale soluzione o può citarsi l'art 6 par 1 e 2 il quale afferma solennemente l'impegno dell'Unione a rispettare i diritti fondamentali, senza distinguere tra le materie del I e quelle del II e del III pilastro. Quanto agli Stati membri può citarsi l'art 51 della Carta dei diritti fondamentali. L'articolo cit. conferma, a contrario, che il rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Carta impone agli Stati membri, quando attuano il diritto dell'Unione, indipendentemente dal se si tratti di atti del I, del II o del III pilastro. Nella misura in cui la sua competenza si estende ad atti diversi da quelli del pilastro comunitario, la Corte di giustizia è chiamata ad assicurare anche in questo ambito il rispetto dei principi generali, in particolare quelli attinenti alla protezione dei diritti fondamentali). 6. Il diritto internazionale generale e gli accordi internazionali La Comunità costituisce un soggetto di diritto internazionale autonomo rispetto gli Stati che nessuno membri. In quanto tale, essa gode delle prerogative delle persone giuridiche internazionali, compreso: ♦ il diritto di legazione attivo e passivo ♦ la capacità di concludere accordi internazionali con Stati Terzi o con altre organizzazioni internazionali ♦ capacità di acquistare la qualità di membro di una tae organizzazione. L'art 281 TCE, dispone infatti che "la Comunità ha personalità giuridica". ▲ Non è invece certo che l’Unione, in quanto tale, goda di personalità giuridica autonoma ovvero rappresenti, per le attività estranee al pilastro comunitario, un mero organo comune delgi Stati membri, visto il carattere itergovernativo delle forme di cooperazione instaurate nel secondo e nel terzo pilastro. ▲ Con in Trattato di Lisbona ogni incertezza verrò meno: art.47 TUE – L’Unione ha personalitò giuridica In quanto soggetto di diritto internazionale la Comunità è tenuta a rispettare le norme di diritto internazionale generale. Un comportamento delle istituzioni assunto in violazione di una tale norma costituirebbe pertanto un illecito internazionale. ▲ È bene precisare che le norme di diritto internazionale generale vincolano la Comunità soltanto nei confronti di soggetti terzi. Gli Stati membri non possono invece invocare tali principi nei loro rapporti reciproci, quando agiscono nel campo d'applicazione del Trattato. Per gli Stati membri infatti, il Trattato costituisce una lex specialis che prevale sul diritto generale. ▲ La Corte ha più volte affermato che uno Stato membro non può invocare la violazione di un obbligo comunitario da parte di un altro Stato membro per giustificare, a sua volta, la violazione dello stesso o di altri obblighi comunitari (principio inadimplenti non est adimplendum). Le norme di diritto internazionale generale applicabili alla Comunità: ♦ fanno parte dell'ordinamento giuridico comunitario ♦ sono utilizzate per l'interpretazione delle norme comunitarie, comprese quelle del Trattato ♦ costituiscono un parametro per verificare la legittimità degli atti di diritto derivato. In questa duplice funzione esse possono essere invocate dai soggetti degli ordinamenti interni e debbono essere utilizzate dai giudici degli Stati membri quando si trovano a giudicare su controversie che coinvolgono norme comunitarie. Gli accordi internazionali con Stati terzi che vengono in rilievo rispetto all'ordinamento comunitario sono di tre tipi: 1) accordi internazionali conclusi dagli Stati membri: generalmente non fanno parte dell'ordinamento comunitario, ma assumono rilevanza soltanto nella misura in cui un accordo del genere, può essere invocato dallo Stato membro contraente come causa di giustificazione per il mancato rispetto di obblighi comunitari. Tale possibilità vale anzitutto per quanto riguarda gli accordi conclusi da uno Stato membro con uno stato terzo prima della data in cui il trattato è entrato in vigore rispetto allo Stato membro in questione. ♦ Pertanto il trattato concluso da due Stati non può essere emendato, né tantomeno abrogato per l'effetto della successiva conclusione di altro trattato tra due Stati, di cui uno soltanto sia parte anche del primo trattato. Il principio comporta che lo Stato che ha concluso tanto il primo quanto il secondo trattato resta tenuto a rispettarli entrambi. Riconoscendo l'esistenza di tale principio, l'art 307 TCE contiene un'apposita clausola di compatibilità. Nel caso di accordi con Stati terzi conclusi anteriormente al Trattato e aventi ad oggetto materie comprese nella competenza esclusiva della Comunità, è stata configurata una sorta di successione della Comunità nei diritti e negli obblighi che gli Stati membri contraenti traevano dagli accordi in questione (fenomeno di sostituzione si è verificato rispetto al GATT e con riferimento alla Carta delle Nazioni Unite). Pertanto in casi del genere, la Comunità non è tenuta soltanto a consentire agli Stati membri contraenti di continuare a rispettare l'accordo, ma è essa stessa tenuta a rispettarlo nell'esercizio della propria competenza. È bene osservare che la clausola di compatibilità consente allo Stato membro interessato di sottrarsi agli d'obblighi derivanti dal Trattato soltanto nella misura strettamente necessaria per permettergli di rispettare gli obblighi assunti nei confronti dello stato terzo; uno Stato membro non potrebbe invocare un accordo con uno Stato terzo per giustificare comportamenti che non sono imposti dall'accordo stesso. 2) accordi internazionali conclusi dalla comunità con Stati terzi o con altre organizzazioni internazionali: occupano un posto molto importante all'interno dell'ordinamento comunitario. In quanto soggetto autonomo di diritto internazionale la Comunità ha senza dubbio la capacità di concludere accordi internazionali senza dover passare attraverso i propri Stati membri. Tuttavia la competenza esterna della Comunità non ha portata illimitata. Essa infatti soggiace al principio della competenza d'attribuzione. Inoltre la soggettività di diritto internazionale della Comunità coesistere con quella degli Stati membri; 3) accordi internazionali conclusi dalla Comunità e dagli Stati membri (accordi misti): sono molto diffusi. Inizialmente la pratica degli accordi misti era imposta dal rifiuto di taluni Stati terzi di riconoscere la competenza della Comunità. Successivamente lo strumento dell'accordo misto si è rivelato utile di fronte ad ipotesi di accordi riguardanti anche materie che non rientravano affatto nella competenza comunitaria ovvero mateie sottoposte alla competenza concorrente alla Comunità e Stati membri . L'art 300 par 7 dispone che gli accordi conclusi sono vincolanti per le istituzioni della Comunità e per gli Stati membri. Le istituzioni non possono quindi adottare atti che non rispettino un accordo concluso dalla Comunità. In caso contrario l'atto confliggente può essere annullato o essere dichiarato invalido. Pertanto gli accordi internazionali fungono da paramento di legittimità degli atti delle istituzioni. Esiste però un'eccezione all'utilizzabilità degli accordi internazionali per mettere in discussione la validità di atti delle istituzioni: gli accordi allegati all'Accordo istitutivo dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994.La Corte ha confermato che questi accordi non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie. La Corte ammette tuttavia 2 eccezioni alla non utilizzabilità degli accordi OMC come parametri di legittimità di atti comunitari: ♦ Che siano stati adottati proprio per dare esecuzione agli obblighi derivanti da tali accordi ♦ Che richiamino espressamente specifiche disposizioni degli stessi Un ulteriore caso di accordo internazionale non utilizzabile come paramentro di legitimitò degli atti delle istituzioni è stato individuato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. 7. Gli atti delle istituzioni L'art 249 TCE contiene un'elencazione degli atti più importanti delle istituzioni (atti tipici). L'elencazione non è esaustiva. Alcuni articoli del Trattato prevedono l'emanazione di atti diversi, altri autorizzano le istituzioni ad adottare atti rispondenti ad una delle denominazioni utilizzate dall'articolo 249, ma con caratteristiche proprie (atti atipici). ▲ Esempio a) bilancio della Comunità; è un atto produttivo di effetti vincolanti b) l'istituzione di camere giurisdizionali di primo grado; l'atto istitutivo è denominato decisione, benché si tratti di atto di contenuto normativoe quindi privo di destinatari specificamente individuati Accanto agli atti atipici vanno annoverati alcuni tipi di atti alcuni tipi di atti affermatisi soltanto in via di prassi, soprattutto nel settore della disciplina della concorrenza e degli aiuti di Stato alle imprese. In entrambi questi settori la Commissione gode di poteri diretti di controllo e di sanzione, ma anche di un ampio margine di discrezionalità. Per orientare i comportamenti dei destinatari di tali poteri (imprese e Stati membri), la Commissione pubblica periodicamente delle comunicazioni, le quali, pur non avendo un vero e proprio valore normativo, sono considerate dalla giurisprudenza come atti attraverso cui la Commissione definisce i limiti del proprio potere discrezionale. Ne consegue che la Commissione non può discostarsene nella valutazione dei casi concreti. Gli atti tipici descritti nell'art 249 sono 5: ♦ regolamenti ♦ direttive ♦ decisioni ♦ raccomandazioni ♦ pareri Essi si dividono in: a. atti vincolanti: regolamenti, direttive e decisioni. Attraverso di essi le istituzioni hanno il potere di porre nuovi obblighi a carico dei destinatari. Questi possono essere, secondo i casi: ▲ le istituzioni comunitarie abrogare.In caso contrario, le norme d'attuazione sarebbero inefficaci e lo scopo voluto dalla direttiva non sarebbe raggiunto. • devono essere scelti strumenti di attuazione che garantiscano trasparenza e certezza del diritto (evitando procedure agevolate di attuazione, come circolari o semplici istruzioni rivolte agli uffici amministrativi in quanto modificabili liberamente dall'amministrazione e sprovviste di adeguata pubblicità). Per quanto riguarda il contenuto delle direttive, il meccanismo previsto dal art. 249 TCE si articola intorno al binomio risultato/ forme e mezzi. Il primo viene definito dalla direttiva.Le forme e i mezzi sono scelti dalle autorità competenti degli Stati membri. Tuttavia determinati risultati non possono essere definiti limitandosi ad indicare obiettivi i principi generali, ma richiedono l'elaborazione di un quadro normativo alquanto dettagliato, che lascia alla libera determinazione degli Stati membri soltanto interventi limitati ad aspetti di secondaria importanza. Si parla a tal proposito di direttive dettagliate, le quali, benché simili nel contenuto e regolamenti, non soltanto mantengono la struttura di qualsiasi direttiva (obbligo d'attuazione e termine) ma si giustificano in base al risultato voluto (adottate fino a gli anni '80, soprattutto nel campo dell'armonizzazione delle legislazioni tecniche, caratterizzate da una disciplina particolarmente precisa e particolareggiata). Requisiti formali: sono gli stessi di quelli previsti per i regolamenti. Con una differenza: le direttive a) adottate congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio e b) adottate dal solo Consiglio o dalla Commissione rivolte tutti gli Stati membri sono pubblicate nella gazzetta ufficiale dell'Unione Europea ed entrano in vigore dopo venti giorni dalla pubblicazione. Le altre direttive sono notificate ai loro destinatari e danno efficacia in virtù della notificazione 10. Le decisioni Art. 249.4: "la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati". La decisione coniuga due caratteristiche, l'una propria dei regolamenti e l'altra delle direttive. Come il regolamento è obbligatoria in tutti i suoi elementi, come la direttiva non ha portata generale, vincolando i soli destinatari da essa designati. A differenza della direttiva può essere rivolta non solo agli Stati membri, ma anche ad altri soggetti, compresi i singoli. Le decisioni rivolte agli Stati membri sono nella sostanza simili alle direttive, qualora impongano un obbligo di facere. Tuttavia l'obbligo di facere è spesso molto più specifico dell'obbligo di attuare una direttiva che lascia quindi allo Stato membro un margine di discrezionalità molto più ristretto. Esistono anche decisioni che si limitano a prescrivere un obbligo di non facere. In questo caso lo Stato membro destinatario è tenuto ad astenersi dall'attività vietata ▲ Esempio: le decisioni della Commissione in materia di aiuti statali delle imprese possono avere l'uno e l'altro contenuto). Le decisioni possono poi essere rivolte ai singoli. I casi più importanti sono rappresentati dalle decisioni che la Commissione adotta nell'ambito della disciplina della concorrenza, e che possono prevedere anche la comminazione di sanzioni pecuniarie a carico delle imprese. In quest'ultimo caso le decisioni costituiscono titolo esecutivo ai sensi dell'art 256 TCE (previa apposizione della forma esecutiva da parte dell'autorità designata dallo Stato membro in cui s'intende ottenere l'esecuzione, è quindi possibile procedere alla loro esecuzione forzata). Requisiti formali: sono uguali a quelli previsti dal art.254 per le direttive diverse da quelle rivolte a tutti gli Stati membri: sono notificate ai loro destinatari ed hanno efficacia in virtù della notificazione 11. Gli atti del secondo e del terzo pilastro Le istituzioni possono adottare atti anche nell'ambito del secondo e del terzo pilastro. Si tratta di atti, tuttavia, che rispondono a denominazioni e caratteristiche diverse dagli atti previsti dal art. 249 TCE. Atti del terzo pilastro: presentano analogie più marcate rispetto agli atti comunitari. L'art 34 par. 2 TUE elenca quattro tipi di atti (tutti del Consiglio): ♦ posizioni comuni: - definiscono l'orientamento dell'Unione in merito ad una questione specificas - sono atti tipici della cooperazione intergovernativa e quindi completamente estranei alla tipoogia comunitaria - si limitano a fissare le linee direttrici che l'Unione e gli Stati membri devono seguire su una determinata questione ♦ decisioni- quadro: - adottate per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri - tipo di atto che si ispira chiaramente al modello delle direttive comunitarie, con cui condivide lo scopo di ravvicinare le normative degli Stati membri. Sussista però un importante differenza, in quanto le decisioni- quadro non hanno efficacia diretta. ♦ decisioni: - sono vincolanti e non hanno efficacia diretta - sembrano godere di obbligatorietà integrale (in caso contrario non si distinguerebbe da una decisione-quadro) - attraverso una decisione può essere perseguito qualsiasi altro scopo coerente con gli obiettivi del presente titolo - non viene invece precisato quali siano i possibili destinatari delle decisioni - ulteriore differenza tra le decisioni e le decisioni- quadro: mentre le prime vengono attuate mediante misure adottate dal Consiglio, l'attuazione delle decisioni- quadro è affidata agli Stati membri. ♦ convenzioni: - di esse il Consiglio raccomanda l'adozione agli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali - non si tratta di un vero e proprio atto dell'Unione: il Consiglio si limita ad approvare nel testo - per entrare in vigore, la Convenzione deve essere ratificata dai singoli Stati membri. L'entrata in vigore delle convenzioni non è subordinata alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri, essendo sufficiente che esse vengano adottate da almeno la metà degli Stati (ovviamente in questo caso l'entrata in vigore è limitata agli Stati ratificanti). - le misure di applicazione di queste convenzioni sono adottate in seno al Consiglio a maggioranza dei due terzi delle Parti contraenti - l'art. 24 estende al terzo pilastro la possibilità di concludere accordi internazionali Atti del secondo pilastro: sono molto diversi dagli atti comunitari. Sono previste le seguenti tipologie: ♦ strategie comuni: - previste dal art. 13 TUE - atti decisi dal Consiglio europeo, su raccomandazione del Consiglio, il quale poi le attua - sono atti di altissima politica, che definiscono le linee guida su cui Unione deve muoversi nel settore della politica estera - fissano i rispettivi obiettivi, la durata di mezzi che l'Unione e gli Stati membri devono mettere a disposizione. ♦ azioni comuni: - disciplinate dal art. 14 TUE - affrontano specifiche situazioni in cui si ritiene necessario un intervento operativo dell'Unione - a differenza delle strategie comuni, si estrinsecano in un'azione concreta dell'Unione nel settore della politica estera - hanno un valore vincolante nei confronti degli Stati membri, i quali non se ne possono discostare nelle loro prese di posizioni e nella conduzione della loro azione. ♦ posizioni comuni: - previste dal art. 15 TUE - si limitano a definire l'approccio dell'Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica. - non sembrano essere vincolanti (si dice "gli Stati membri provvedono affinché le loro politiche nazionali siano conformi alle posizioni comuni", quindi la forma verbale "provvedere" risulta essere sinonimo di non cogenza). ♦ accordi internazionali: - l'art 24 TUE prevede la possibilità di concludere accordi internazionali con uno o più Stati od organizzazioni internazionali. 12. Gli atti delle istituzioni nel Trattato di Lisbona Da tempo si avveritva il bisogno di articolare maggiormente il sistema delle fonti del diritto dell'Unione Europea.In particolare sisentiva la necessità di differenziare gli atti delle istituzioni che svolgono un ruolo nalogo a quello che, negli ordinamenti interni degli Statu membri, spetta agli atti atti legislativi rispetto che appaiono simili ad atti di natura amministrativa. Il sistema attualmente in vigore non permette una distinzione del genere. Differenziare gli atti delle istituzioni in funzione della loro natura legislativa o amministrativa sarebbe utile sotto più aspetti: ▲ al lato legislativo spetterebbe un rango gerarchico più forte rispetto a quello degli atti amministrativi, i quali non potrebbero , ad esempio, modificarli e tanto meno abrogarli ▲ sarebbe anche possibile differenziare il ruolo delle varie isitituzioni politiche, limitando l'intervento di quelle che hanno carattere rappresentativo ( Consiglio e Parlamento europeo) all'approvazione degli atti legislativi e affidando all'istruzione piu' tecnica (Commissione) l'adozione degli atti amministrativi ▲ Sarebbe possibile specializzare le diverse procedure decisionali, utilizzando quella più solenne e complessa (la procedura di codecisione) per l'apporvazione dei soli atti legislativi e stabilendo pricedure semplificate per gli atti amministrativi Il Trattato di Lisbona si muove in questa direzione ma con molta prudenza. ♦ Pur non modificando la tipologia degli atti giuridici delle istituzioni, verrà introdotta la differenziazione tra atti legislativi e atti non legislativi (atti che in un ordianamento interno come quello italiano verrebbero qualificati come atti amministrativi, nonchè atti che avranno al funzione di dare attuazione a specifiche disposizioni dei trattati e che, in un ordinamento interno avrebbero valenza legislativa,se non addirittura costituzionale; esempio – la decisione con cui il Consiglio europeo stabilirà la composizione del Parlamento europeo). ♦ Sarà disciplinato il fenomeno degli atti di secondo grado chiarendone il rapporto rispetto agli atti di primo grado (atti legislativi) e differenziandone le funzioni ♦ Verrà introdotta la distinzione tra atti delegati e atti di esecuzione ♦ Si assisterà a una notevole semplificazione della tipologia degli atti per effetto della parziale soppressione della struttura a pilastri su cui l'Unione europea è attualmente fondata La differenziazione tra atti legislativi e atti non legislativi avverrà senza introdurre nuovi tipi di atti. Le istituzioni continueranno pertando ad emanare regolamenti, direttive, decisioni,raccomandazioni e pareri secondo i modelli già noti. • L'unica novità riguarda il fatto che nel descrivere le decisioni si prevede che esse possano non designare i propri destinatari.In questo caso si tratterà di decisioni generali, prive di portata individuale. La distinzione tra atti legislativi e atti non legislativi si baserà sulla procedura di adozione. Infatti, solo gli atti giuridici addottati mediante procedura legislativa sono atti legislativi. Perciò si potranno avere regolamenti, direttive e decisioni non legislativi a seconda della procedura decisionale mediante la quale ciascuno atto è stato addottato. Per sapere se un determinato atto è legislativo o meno, si potrà servire di un criterio istituzionale. La procedura legislativa oridinaria e quelle legislative speciali preevederanno l'adozione di atti da parte del Parlamento europeo e del Consiglio congiuntamente ovvero da parte dell'una o dell'altra istituzione.Di conseguenza gli atti della Commissione non saranno mai per definizione legislativi.Lo stesso vale per gli atti del Consiglio europeo. Per quanto riguarda invece gli atti del Consiglio e/o del Parlamento europeo, il criterio sarà dato dalla base giuridica.Sarà la base giuridica che, stabilendo se si debba seguire una procedura legislativa (ordinaria o speciale) oppure una procedura non qualificata come tale, determinerà la natura legislativa o meno degli atti addottati. La maggior parte delle basi giuridiche del TF prescrivono la procedura legislativa ordinaria o una procedura legialativa speciale.Di conseguenza, in genere, gli atti delle due maggiori istituzioni politiche, in particolare i regolamenti e le direttive, avranno natura legislativa. ▲ Esempio: art. 82 „Il Parlamento europeo e il Consiglio,deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure intese.“ Un ulteriore criterio per stabilire la natura di un atto, è quello di accertare se l'adozione dell'atto è prevista direttamente dai trattati oppure da un altro atto delle istituzioni. In altri termini, non saranno legislativi nemmeno gli atti giurudici di secondo grado, la cui adozione è prevista non direttamente dai trattati, ma da un atto giuridico di primo grado.Tali atti infatti saranno emanati dalla Commissione e solo eccezionalmente dal Consiglio. Il fatto che un atto giurudico sia o meno legislativo comporta alcune conseguenze: ♦ I lavori del Consiglio per l'adozione di un atto legislativo dovranno svolegersi in seduta pubblica, con la conseguente necessità di dividere ciascuna sessione in due parti dedicate rispettivamente alle deliberazioni su atti legislativi dell'Unione e alle attività non legislative (art 16 TUE) ♦ In merito agli atti legislativi, saranno esercitati i poteri di controllo dei parlamenti nazionali circa il rispetto del principio di sussidarietà ♦ Le condizioni di ricevibilità dei ricorsi d'annullamento delle persone fisiche o giuridiche saranno più severe se l'atto impugnato ha carattere legislativo di quanto lo saranno in caso di impugnazione di atti regolamentari Per quanto riguarda gli atti giuridici de secondo grado (atti adotatti sulla base di una precedente atto legislativo), il Trattato di Lisbona prevede 2 diversi tipi di atti: ♦ Atti delegati – art 290 TF „atti legislativi di portata generale che integrano o modificano detrminati elementi non essenziali dell'atto legislativo“ - sarà la Commissione ad adotatre atti del genere i base a un autorizzazione contenuta in un atto legislativo di delega Gli atti legislativi di delega avranno il seguente contenuto:
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