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Osservazione e Etologia: Metodi per lo Studio dello Sviluppo Infantile, Schemi e mappe concettuali di Tecniche Di Osservazione Del Comportamento Infantile

Sulla importanza dell'osservazione scientifica nel campo dello studio dello sviluppo infantile, con un focus particolare sull'osservazione indiretta e l'approccio etologico. Vengono presentate le differenze tra questi metodi e la loro importanza nella descrizione completa e imparziale dei comportamenti. Il documento include anche una breve storia della ricerca in questo campo e i limiti delle osservazioni psicoanalitiche. Inoltre, vengono discusse i tipi di comportamenti e la loro importanza per la rilevazione e la durata delle osservazioni.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 27/01/2024

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giada-marabese 🇮🇹

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Scarica Osservazione e Etologia: Metodi per lo Studio dello Sviluppo Infantile e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Tecniche Di Osservazione Del Comportamento Infantile solo su Docsity! TEORIE E TECNICHE DEL COMPORTAMENTO INFANTILE L’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO INFANTILE, Baumgartner CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALL’OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO INFANTILE Il libro nasce dall’esigenza di presentare il metodo dell’osservazione del comportamento infantile attraverso una modalità inedita che prevede l’introduzione di nozioni teoriche e l’applicazione pratica. L’osservazione richiede ad ogni passaggio teorico uno stretto collegamento con la pratica. Per comprendere in che cosa consiste la capacità di osservare il comportamento infantile, è necessario costruire tale capacità mettendola in pratica.  La formazione all’osservazione richiede in primo luogo l’acquisizione di un atteggiamento interiore di rispetto di sospensione del giudizio nei confronti di quanto si viene osservando, non intrusiva.  È una pratica complessa da esercitare con cautela, l’attitudine ad osservare in modo attento e rispettoso va acquisita in contesti protetti.  Nei tempi di insegnamento più concentrati previsti dei nuovi moduli, è indispensabile illustrare nella pratica i contenuti teorici e dare ad ogni studente la possibilità di sperimentare in prima persona i passaggi chiave della disciplina. Coloro che si occupano di attività applicativa, devono essere posti in grado di utilizzare procedimenti scientificamente corretti ed ogni volta pienamente adeguati, sia per conoscere la situazione in cui sono chiamati ad operare e i soggetti sui quali si accingono a compiere degli interventi, sia per verificare poi l’adeguatezza di tali interventi.  SERVIZI SOCIO-EDUCATIVI: per la prima infanzia l’osservazione può essere utilizzata per esplorare i processi di adattamento del bambino e le manifestazioni precoci di benessere o di disagio.  SERVIZI RIABILITATIVI: l’osservazione rappresenta uno strumento di valutazione dei progressi compiuti nei diversi domini oggetto di trattamento.  AMBITO CLINICO: l’osservazione viene usata nella fase di consultazione, per acquisire conoscenze sul bambino e sui suoi familiari, e nella fase di intervento terapeutico, per verificare l’evoluzione della situazione e per valutare gli effetti finali. OSSERVAZIONE, nasce da una domanda, dal desiderio di trovare una risposta agli interrogativi che guidano la nostra ricerca di ordine delle cose. Viene definito come “guardare O esaminare con attenzione, considerare con cura” e si differenzia da guardare e vedere, il primo a rivolger e lo sguardo per vedere, il secondo è percepire con gli occhi la realtà concreta. Osservare vuol dire guardare e comprendere ciò che si vede.  L’osservazione del comportamento infantile è uno dei metodi di cui disponiamo per studiare scientificamente lo sviluppo del bambino. Il metodo scientifico prevede quattro passi fondamentali (es pag. 19): 1. L’individuazione del problema 2. La formulazione di una ipotesi 3. La scelta del metodo per la verifica dell’ipotesi 4. La raccolta e l’analisi dei dati per valutare la verità o la falsità dell’ipotesi La ricerca osservative è stata definita la registrazione sistematica dei comportamenti in corso senza intervenire su di essi per influenzarli. Le parole chiave sono: sistematicità, registrazione del comportamento e assenza di influenza da parte dell’osservatore. Inoltre, l’osservazione sistematica richiede, come condizione di validità, un addestramento controllato e la verifica puntuale dell’attendibilità degli osservatori. L’addestramento serve a ridurre progressivamente il grado di discrepanza tra due osservatori fino a raggiungere un buon livello di accordo, che significa cogliere gli stessi dettagli e saperli descrivere con lo stesso linguaggio.  Memoria: non rappresenta un aiuto ai fini di una accurata descrizione ma può costituire un fattore di distorsione, perché la memoria è selettiva, conserva gli eventi che per un motivo o per un altro ci hanno colpito di più.  L’assenza di manipolazione del comportamento da parte dell’osservatore rappresenta la caratteristica distintiva della strategia osservativa, l’elemento di differenza da altri approcci. L’osservatore non manipola ne stimola i soggetti, non propone compiti da risolvere ma si limita a seguire il flusso degli eventi, senza pretendere di imprimere loro una direzione prestabilita.  L’osservazione ha essenzialmente una finalità descrittiva e non esplicativa; non consente la formulazione di relazioni di causa-effetto e non si propone l’obiettivo di verificarle. I dati riguardanti il comportamento infantile possono essere raccolti con tre differenti modalità di osservazione diretta, a sua volta suddivisa in naturalistica, e in condizioni controllate, e indiretta. La raccolta dei dati mediante osservatori addestrati costituisce l’osservazione diretta del comportamento. L’osservazione indiretta del comportamento è invece condotta con strumenti, quali questionari, interviste o test.  NATURALISTICA: viene rilevato il comportamento spontaneo dei bambini nei contesti di vita quotidiana.  CONTROLLATA: si creano delle condizioni che dovrebbero favorire la comparsa di determinati comportamenti, modificando il contesto o ponendo particolari richieste ai bambini. NATURALISTICA L’osservatore rimane sullo sfondo ed evita di controllare o di influenzare in alcun modo i comportamenti che intende rilevare. Il vantaggio è che consente la raccolta di informazioni dettagliate sulle manifestazioni comportamentali spontanee. È particolarmente utile nella fase di definizione delle ipotesi e delle procedure, perché ha essenzialmente caratteristiche esplorative e descrittive (esempio pag.22). L’osservazione naturalistica non è priva di limitazioni, comportamenti di rilievo dal punto di vista psicologico hanno spesso una frequenza irregolare e si corre il rischio di non riuscire a coglierli tramite osservazioni naturalistiche. CONTROLLATA (esempio pag.23) L’osservatore non interviene direttamente sul comportamento ma crea una condizione allo scopo di favorire la produzione del fenomeno che intende esaminare. Il vantaggio principale dell’osservazione in condizioni controllate sta nella possibilità di osservare tutti i bambini nelle stesse situazioni, garantendo così un maggior controllo della variabilità dovuta al contesto. Non sempre i risultati delle osservazioni in condizioni controllate possono essere generalizzati a contesti di vita quotidiana. OSSERVAZIONE INDIRETTA: vi è un altro modo per raccogliere informazioni sui bambini che consiste nel porre loro direttamente domande sui diversi aspetti della loro vita oppure principi di organizzazione, interni ai contesti, che limitano le possibilità di azione delle persone quando queste si trovano a vivere una specifica situazione. LUOGO: unità spazio-temporale, assume gran rilievo e costituisce l’osservatorio all’interno del quale collocarsi per leggere gli eventi e i comportamenti delle persone. Il comportamento in sé è un’astrazione priva di senso perché noi ci confrontiamo sempre con un comportamento in un contesto. Le unità ecologiche sono due: behavior episode e behavior setting, la metodologia è la registrazione di campioni comportamentali, specimen record. Wright definisce i behavior episode “unità di azioni e situazioni”, deve essere individuato in primo luogo il fine cui mira la persona e, le specificazioni orientate nella stessa direzione, verso il raggiungimento di quel determinato fine. Behavior setting: ci si riferisce alla situazione specifica nella quale si osservano determinati comportamenti. Mira identificare le proprietà strutturali e dinamiche degli ambienti cui le persone devono adattarsi. 1. Lo schema comportamentale è indipendente dalla specifica persona che lo mette in atto 2. Lo schema dipende da un particolare ambiente spazio-temporale 3. L’ambiente esiste indipendentemente dallo schema comportamentale osservato Quando parliamo di Behavior Setting non ci riferiamo al comportamento individuale ma quello collettivo relato a specifici ambienti fisici, ho la possibilità di condurre verifiche sul cambiamento degli schemi comportamentali dell’individui in funzione del passaggio da un setting all’altro. La procedura degli specimen record consiste in una descrizione narrativa, estesa, attraverso il linguaggio di uso quotidiano dei comportamenti e della scena in cui si situano gli eventi. (esempio pag.35).  O gli eventi psicologici nel loro reale divenire, sul piano pratico l’utilizzazione di questa procedura risulta difficilmente realizzabile per la sua complessità non soltanto nella fase di raccolta dei dati ma successivamente nell’analisi del materiale, basti pensare che nell’opera di Barker e Wright (1951) le registrazioni delle giornate di un bambino occupa ben 432 pagine.  L’idea che l’unità di descrizione è sempre “il comportamento in situazione” cioè lo schema comportamentale di circostanze in cui esso viene messo in atto, per questo motivo ogni rilevazione deve prevedere all’inizio una descrizione dettagliata del contesto fisico in cui si svolge l’azione. Un secondo aspetto importante e lo svolgimento temporale degli eventi, l’intera sequenza di cui essi fanno parte e quindi, non soltanto l’evento isolato, ma il prima il dopo. Infine un altro elemento da ricordare riguarda il tipo di linguaggio da utilizzare, semplice, informativo, descrittivo, ricco di dettagli ma non valutativo. Quando parliamo di osservazione etologica facciamo riferimento alla ricerca di biologi quali Konrad Lorenz, Tinbergen, Eibl-Eibesfeldt. Concetti e metodologie di derivazione etologica, inoltre, sono presenti nell’opera di studiosi dello sviluppo socioaffettivo infantile quali Hinde e Bowlby. Uno degli aspetti fondamentali dell’indagine etologiche e la descrizione dettagliata dei moduli comportamentali allo scopo di ricostruire una sorta di “storia naturale” del comportamento animale e umano, necessaria per poter condurre successive osservazioni sistematiche, guidate da ipotesi specifiche.  Il comportamento deriva dall’azione della selezione naturale e la sua evoluzione serve a favorire l’adattamento dell’organismo all’ambiente.  La etologia è una scienza particolare nata dalla combinazione di zoologia, biologia e psicologia, in origine si occupava soltanto dello studio del comportamento animale, più di recente si è interessata anche lo studio del comportamento umano in ambiente naturale piuttosto che in un contesto sperimentale.  L’approccio etologico si caratterizza per il ricorso ad un particolare metodo di osservazione diretta il cui fine è la rilevazione completa, imparziale e dettagliata dei comportamenti. Tinbergen, afferma che le domande proprie dell’etologia, possono essere suddivise in quattro categorie: 1. La causa immediata di un comportamento, “che cosa ha spinto l’animale ad agire così adesso?” 2. Lo sviluppo o ontogenesi delle reazioni comportamentali, “che tipo di sviluppo ha avuto l’animale per rispondere in questo modo?” 3. Il valore adattivo, “che funzione ha tale comportamento?” 4. La storia evolutiva del comportamento o filogenesi della specie, “perché questo tipo di animale risolve un particolare problema di sopravvivenza in tal modo?”. Gli etologi sono molto attenti alla descrizione di un fenomeno, evitando con cura le possibili interpretazioni dell’osservatore: la metodologia per raggiungere questi obiettivi è “l’osservazione spregiudicata e oggettiva”, mirata a descrivere i fenomeni complessi evidenziando aspetti del comportamento chiaramente e univocamente definiti. Hinde (1970) individua due tipologie di categorie comportamentali: 1. Le prime, definite sulla base di forza, grado e caratteristiche, sono di natura fisica 2. Le seconde si definiscono in base alle conseguenze, sociali o psicologiche, di un determinato comportamento. “Avvicinarsi” rappresenta una categoria del secondo tipo perché non si riferisce ad aspetti motori particolari, ma indica l’orientamento psicologico verso un particolare evento, oggetto, persona. Il prodotto ideale di un’osservazione etologica è un etogramma o repertorio comportamentale esaustivo. ETOGRAMMA: il presupposto teorico è che sia possibile individuare un numero relativamente limitato di pattern fissi di azione, cioè di risposte stereotipate a determinare condizioni ambientali, specifiche di ogni specie. Si fa più complicata nello studio del comportamento umano. È costruito in modo gerarchico:  Il primo passo consiste nell’individuazione di un tema o ambito comportamentale, di carattere generale, da osservare, ad esempio comportamento aggressivo  Vengono individuate le sottoclassi, possono essere aggressività ostile e aggressività strumentale, per un oggetto per il territorio. Le sottoclassi devono riferirsi a fenomeni diversi comportamenti non possono sovrapporsi.  Vengono definiti ad un livello ancora più analitico i comportamenti particolari all’interno di ciascuna sottoclasse. L’avversità ostile tra bambini di età prescolare potrebbe comprendere mordere, tirare i capelli, dare un calcio mentre nella classe dell’aggressività strumentale si potrebbero osservare comportamenti quali spingere, strappare un oggetto di mano, occupare il posto e così via. L’approccio etologico si è rivelato particolarmente efficace nello studio della prima infanzia e nello studio del comportamento sociale infantile. Il comportamento dei bambini piccoli è per molti versi “trasparente” e rappresenta la principale via di accesso a numerosi fenomeni di natura psicologica. L’etologia ci insegna inoltre ad indagare i fenomeni non soltanto nei contesti in cui naturalmente si verificano, ma anche nel loro svolgersi nel tempo. Un altro importante merito agli studi etologici è quello di aver posto sotto osservazione situazioni e comportamenti tradizionalmente non considerati nella psicologia dello sviluppo ma di grande rilievo psicologico (Il comportamento del bambino. Studi etologici, Gran Bretagna nel 1972 curato da Blurton Jones, interazione madre- bambino, interazioni tra bambini). LIMITI: l’atto di osservare implica comunque una selezione di natura soggettiva, di cui non tiene contro l’enfasi sulla descrizione esaustiva ed oggettiva dei fenomeni, e per quanto si possa esercitare un controllo sulla capacità di osservare tramite l’addestramento, una perdita delle informazioni è quasi inevitabile. Le micro-categorie, possono oscurare il significato globale di un determinato comportamento in un dato contesto. L’idea che si possa condurre una osservazione “cieca”, priva di ipotesi, è stata un oggetto di critiche, l’osservazione implica una domanda e una possibile interpretazione di un determinato fenomeno. L’OSSERVAZIONE PIAGETIANA La forza delle ipotesi, come asse portante dell’osservazione, costituisce una delle peculiarità del metodo osservative piagetiano, definito “quasi sperimentale”. Piaget elaborò la sua teoria sullo sviluppo del pensiero come derivato dalle azioni attraverso l’osservazione sistematica dei suoi tre figli Jaqueline, Laurent e Lucienne, nati a pochi anni di distanza l’uno dalle altre. Nell’opera scritta nel 1926 la rappresentazione del mondo del fanciullo, Piaget spiega diffusamente cosa egli intenda per “esame clinico”. Il pensiero del bambino in parte formulabile in parte resta in espresso, implicito. Per accedere alla mente del bambino si devono dunque possedere due qualità: 1. Saper osservare senza perdere o falsare nulla 2. Saper cercare qualcosa di preciso, avere una ipotesi di lavoro o una teoria, giusto falsa da verificare L’osservazione piagetiana concilia queste due esigenze, combinando l’atteggiamento del clinico con quello dello sperimentatore: il buon clinico parla ascolta il malato ma lo accompagna dolcemente nelle zone critiche. Metodo critico: Ossia l’osservazione controllata, “quasi sperimentale”, delle azioni dei bambini. Piaget non si limita a registrare i comportamenti spontanei, ma interviene a modificare sistematicamente le condizioni all’origine dei comportamenti. Laurent è l’ultimo dei tre figli di Piaget e rappresenta il soggetto sul quale vengono verificate le ipotesi messe a punto con lo studio intensivo delle due bambine nate precedentemente. Piaget ipotizza che nella quinta tappa dello sviluppo della prensione il bambino diventi capace di afferrare sotto l’influenza dello sguardo e che tra prensione visione si realizzi una sorta di assimilazione reciproca.  Egli osserva l’attività spontanea del bambino e, a partire da questa osservazione, crea delle situazioni critiche allo scopo di facilitare la comparsa di comportamenti nuovi, più avanzati rispetto ai precedenti.  È che la “comparsa delle coordinazioni essenziali tra la vista e la prensione dipende da tutta la storia psicologica del soggetto e, non dalle strutture determinate da uno sviluppo fisiologico ineluttabile. L’essenziale è dunque la storia, il processo assimilativo e non “la struttura” isolata da questa storia.  DISEGNO MICROGENETICO: si differenzia dagli altri due perché studia il cambiamento in corso, concentrando le osservazioni in brevi periodi di tempo, esattamente quando si manifesta qualche fenomeno nuovo e quando il comportamento del bambino sta cambiando. I bambini sono studiati intensivamente per brevi periodi di tempo, da informazioni sui processi responsabili del cambiamento, e non consente di valutare il cambiamento nel lungo periodo. Fino alla fine degli anni 60 si pensava che il processo di crescita del bambino avvenisse quasi esclusivamente all’interno delle relazioni con gli adulti, responsabili del benessere dello sviluppo cognitivo, affettivo e sociale del bambino. Invece, gli studi etologici sul comportamento sociale di alcune specie animali e l’estensione dell’approccio etologico al comportamento umano hanno richiamato l’interesse degli studiosi sui coetanei, intesi come coprotagonisti, insieme agli adulti del mondo sociale infantile. Le ricerche di allora sono servite a dimostrare la capacità dei bambini piccoli di interagire efficacemente tra di loro. ANNI 80: una volta acquisita l’evidenza empirica dell’esistenza di interazioni tra bambini già a partire dal primo anno di vita, si è entrati in una fase nuova dell’indagine e il nuovo obiettivo degli studiosi è stato la descrizione della qualità delle interazioni.  L’osservazione si è trasferita dai laboratori ai contesti di vita quotidiana dei bambini (la propria abitazione, l’asilo nido, la scuola dell’infanzia) e sono stati esaminati i fattori determinanti la tipologia degli scambi sociali tra i bambini. VARIABILI: I materiali, gli oggetti intorno ai quali avviene l’interazione, la composizione e l’estensione del gruppo, la presenza o meno dell’adulto, le caratteristiche degli ambienti e il tipo di attività. In conseguenza di ciò è emerso un oggetto inedito di indagine, la relazione di amicizia tra i bambini. È stato così il nuovo tema emerso nel panorama della ricerca tra la metà degli anni 80 gli anni 90.  Ha comportato la necessità di osservare non più il comportamento del singolo ma le modalità di funzionamento sociale della coppia. L’unità di osservazione è diventata quindi la diade amicale: le relazioni si sviluppano nel tempo e hanno una storia (disegno longitudinale).  L’interfaccia tra gruppo, diadi e individui costituisce dunque il tema nuovo, al fine di descrivere il gruppo, dovranno essere individuate le interazioni di tutti con tutti, si dovrà procedere alla mappatura delle diverse relazioni e dovranno essere descritte le posizioni sociali di ciascuno in termini di accettazione e rifiuto. Se la scelta cade sull’individuo, viene rivelato il comportamento sociale del singolo bambino registrando al tempo stesso le reazioni dei suoi interlocutori. A turno verrà osservato un bambino e si prende nota di tutto ciò che quel bambino dirà o farà nel periodo di tempo stabilito per l’osservazione.  Lo strumento è organizzato in righe, il cui scopo è evidenziare la scansione temporale di un minuto, e in colonne, la prima relativa alle unità di tempo, la seconda alle azioni, la terza linguaggio e l’ultima la codifica. COPPIA: si dovrà tenere conto simultaneamente del comportamento di entrambi i partner. Questa volta l’interesse dell’osservatore riguarda l’attività congiunta e gli effetti prodotti dalle azioni di ciascuno sull’altro. Ciò significa annotare le iniziative di ogni soggetto e le reazioni del partner e prendere in considerazione i comportamenti e la sequenza in cui si collocano.  Nelle diverse colonne vengono riportati, nell’ordine, il codice numerico dell’evento, il tempo, espresso i minuti e secondi, le posture, gli sguardi, le azioni e i gesti, le vocalizzazioni e le parole. GRUPPO: l’osservazione sarà ancora più complessa, il gruppo non può essere descritto semplicemente sommando i comportamenti di tutti i suoi componenti ma costituisce un’entità dinamica, con specifiche proprietà e modalità di funzionamento.  Si dovrà ricorrere a procedure che prevedono la descrizione delle diverse configurazioni gruppali, della loro composizione e stabilità in rapporto al contesto, al tipo di attività, al momento della giornata.  Si dovrà verificare come i bambini percepiscono le aggregazioni all’interno del gruppo, le preferenze, i rifiuti, i bambini isolati Una delle procedure più promettenti per descrivere i gruppi naturali è rappresentata dalle mappe socio cognitive costruite attraverso le “preferenze associative”, espresse dei bambini. La metodologia è semplice e consiste nel proporre ai bambini una serie di domande riguardanti chi sta con chi, per quanto tempo, a fare che cosa. Combinando insieme le informazioni ottenute per ciascun soggetto si ricava una mappa delle relazioni presenti nel gruppo, l’identità delle persone coinvolte in tali relazioni, l’intensità del legame tra loro, l’eventuale isolamento sociale, la centralità di ciascun sottogruppo rispetto alla rete sociale complessiva e la centralità dei singoli relativamente ai propri sottogruppi di appartenenza. Quando l’osservazione mirata a descrivere non il gruppo nel suo insieme ma il comportamento dei singoli componenti, si pone un problema di campionamento ed è necessario decidere in anticipo come effettuare la rilevazione. Le strategie alle quali si può fare ricorso in questi casi sono tre: l’individuo focale, la scansione rapida e il campionamento dei comportamenti.  INDIVIDUO FOCALE: consiste nell’osservare per un tempo prolungato a turno un solo bambino alla volta, rilevando tutte le sue azioni durante il periodo di osservazione. Consente una descrizione accurata e dettagliata del comportamento dei soggetti quando ricadono nell’osservazione, ma non è adatta se l’interesse del ricercatore riguarda fenomeni rari o irregolari. Ogni bambino viene osservato per un periodo di tempo abbastanza lungo e continuativo, scandito in unità più brevi di rilevazione, e si registra quanto accade nel tempo di osservazione riservato a ciascuno.  SCANSIONE RAPIDA: prevede invece che tutti i bambini del gruppo vengano passati in rapida rassegna e che si è registrato il loro comportamento in brevi intervalli temporali riservati a ciascuno; il livello di dettaglio assicurato dalla procedura è naturalmente scarso, perché si riesce solitamente a rilevare soltanto la comparsa di un determinato evento, senza però poterne specificare le caratteristiche. È perciò indicato qualora si vogliano individuare fenomeni frequenti e distribuiti in modo regolare tra più individui.  CAMPIONAMENTO DEI COMPORTAMENTI: se il fenomeno oggetto di indagine e non soltanto poco frequente ma soprattutto se si presenta in modo irregolare, È utile adottare questa procedura. L’osservazione si sposta dall’individuo al comportamento e viene osservato il soggetto che mette in atto un comportamento specifico. Si deve avere sotto controllo l’intero gruppo di bambini ed è necessario trovarsi in una situazione che faciliti il monitoraggio simultaneo del gruppo nella sua interezza. I comportamenti si suddividono in due grandi categorie: eventi momentanei o stati. La differenza sta nell’estensione temporale. EVENTI MOMENTANEI: sono discreti, situati in punti temporali precisi e vengono descritti in termini di frequenza, quante volte un bambino vocalizza, quante volte indica un oggetto o sorride. STATI: sono pattern comportamentali caratterizzati dalla durata nel tempo, identificabili attraverso un inizio e una fine. La durata può essere espressa come tempo medio, totale o percentuale dedicato ad una specifica attività oppure rilevato una data condizione; proporzione di veglia e sonno nell’arco delle 24 ore, oppure tempo speso nel gioco parallelo. La combinazione di durata e frequenza da luogo a quattro possibili tipi di comportamento:  Momentaneo e frequente (battito di ciglia)  Momentaneo e infrequente (un colpo di tosse)  Durevole e frequente (parlare di qualcosa)  Durevole e infrequente (un atto aggressivo) La natura dei comportamenti è importante perché da essa dipendono le strategie di rilevazione, la durata delle osservazioni e le misure che possiamo ricavare dai dati. La misura più semplice e più utilizzata è la frequenza, cioè il numero di occorrenze di un determinato evento o stato. FREQUENZE: possono essere assolute o proporzionali, bisogna avere una certa cautela nell’interpretazione. In alcuni casi la semplice comparsa di un comportamento può indicare un fenomeno di sviluppo significativo. Il numero di occorrenze non è un indicatore sufficiente ed è necessario avere altre misure per comprendere il significato di un dato comportamento. DURATA: quando ci riferiamo invece stati comportamentali. Può essere considerata in termini assoluti e relativi. In termini assoluti, conosceremo la durata globale di un comportamento mentre, la durata relativa, avremo una stima del tempo speso in uno specifico stato comportamentale. La durata in sé non è un indicatore chiaro in termini di sviluppo ma, in combinazione con altre misure, può dare invece informazioni interessanti sulle funzioni evolutive di determinati fenomeni. Altre misure da cui ricavare informazioni di grande interesse sono la latenza, l’intensità, la densità (esempi pag.65).  LATENZA: indica l’intervallo temporale tra uno specifico evento, quale l’inizio dell’osservazione o un altro punto temporale preciso, e la prima occorrenza di un comportamento.  INTENSITA’: indica il grado in cui si manifesta un determinato comportamento, assumendo una scala predeterminata, con diversi punteggi come strumento di valutazione.  DENSITA’: potrebbe essere definita come la pervasività di un comportamento rispetto a tutti gli altri. L’ambiente in cui condurre l’osservazione può essere un luogo di vita quotidiana (casa, scuola, asilo nido, parco giochi) oppure un laboratorio. Wright (1960) nel descrivere i possibili scenari dell’osservazione, introduce una distinzione tra ambiente e situazione: l’ambiente è un’unità di luogo di tempo all’interno della quale si verificano alcune condizioni. - Ogni determinato ambiente favorisce situazioni specifiche, in una scuola d’infanzia si può creare una situazione nella quale un bambino, desideroso di giocare, incontrerà un insegnante affettuosa, dei coetanei, una buca della sabbia, una paletta e un secchiello. SITUAZIONE: si riferisce ad un insieme di eventi psicologicamente significativi. AMBIENTE: denota un insieme di caratteri fisici. attivamente alle varie attività ad eccezione di brevi periodi di tempo nei quali prende nota di quanto osservato.  Partecipazione completa: diversa dalla precedente perché l’osservatore conduce all’osservazione entrando a far parte del gruppo di soggetti e condividendo le regole e scopi. Un insegnante in classe osserva alcuni particolari aspetti del comportamento dei suoi alunni mentre sta insegnando, si trova dunque svolge una doppia funzione, quella consueta di insegnare e quella di osservare. OSSERVAZIONE DISTACCATA Ti osservazione distaccata ai suoi principi teorici e procedurali nell’approccio etologico. L’etologia non privilegia in modo esclusivo un campo di osservazione sull’altro ma si propone di consigliarli entrambi. Afferma Lorenz (1990), può farsi guidare dall’istinto del cacciatore del contadino: se si comporterà da cacciatori, seguirà gli animali nei loro luoghi di vita per scoprire le abitudini e i comportamenti spontanei, se invece agirà da contadino, vorrei possederli per studiare le reazioni in rapporto a specifiche stimolazioni. Per poter correttamente interpretare un comportamento e la sua funzione si dovrà tenere conto della situazione ambientale, del momento in cui è stato messo in atto, di tutto quello che ho preceduto e di tutto quello che lo seguirà.  In una prima fase sarà opportuno registrare in maniera attenta e minuziosa tutto quello che viene una determinata situazione. Gli scopi della fase preliminare sono l’acquisizione di familiarità con l’oggetto di indagine, l’individuazione dei comportamenti da indagare, la formulazione di ipotesi.  Per quanto riguarda invece la relazione con ciò che si sta osservando, gli etologi prescrivono una posizione di estraneità, di distanza, l’osservatore deve pensare di essere come un marziano, qualcuno che proviene da un altro pianeta perché solo il distacco può portare all’obiettività.  Nella grande variabilità di modelli umani di comportamento l’etologo cerca delle configurazioni stabili, dei “Repertori” o “cataloghi”, descrizioni di comportamenti ricorrenti in specifiche circostanze. OSSERVAZIONE PARTECIPANTE Implica il coinvolgimento attivo dell’osservatore negli eventi di cui è testimone. Il vantaggio di questa procedura consiste nella possibilità di rilevare non soltanto le manifestazioni osservabili di un comportamento ma anche di avere accesso alle opinioni, ai sentimenti, agli atteggiamenti dei soggetti. Si tratta di un lavoro intensivo e partecipato, fondato sull’osservazione sul campo di lunga durata durante le quali il ricercatore entra in un gruppo, ne guadagna la fiducia e descrive in modo estensivo i contesti naturali in cui si svolge l’azione, le pratiche sociali, gli artefatti culturali. Il metodo etnografico a interessi microscopici approfonditi, la descrizione deve essere minuziosa, particolareggiata e deve andare in profondità dei fenomeni, attraverso procedure interpretative, mirate a cogliere i sistemi collettivi di significato proprio di ciascun gruppo. - Appaiono caratterizzate da ricorsività, il rapporto tra dati e teorie alla forma di un continuo confronto, che spesso costringe i ricercatori a rivedere teorie e presupposti alla luce dei dati raccolti. - La validità dei risultati delle procedure utilizzate per ottenere gli viene affidata ad un processo di triangolazione indefinita, cioè l’esame di molteplici prospettive e fonti al fine di creare una fitta rete di informazioni intorno ad uno specifico fenomeno VANTAGGI: consistono nell’accuratezza nell’estensione della descrizione, nella pluralità dei materiali che vengono raccolti, nella molteplicità delle fonti di informazione. I problemi invece riguardano la possibilità di condurre osservazioni obiettive, essendo così profondamente immersi nei fenomeni che si stanno studiando, e negli alti costi, in termini di tempo e di risorse impegnate, che è una ricerca così complessa richiede. CAPITOLO 4. LA SCELTA DELLE UNITA’ DI ANALISI. LO SCHEMA DI CODIFICA La scelta delle unità di analisi, cioè delle categorie di codifica, costituisce il passaggio centrale di uno studio osservativo, indipendentemente dalle sue finalità: codificare significa individuare e descrivere sinteticamente, attraverso delle unità di significato, gli eventi comportamentali ritenuti rilevanti ai fini dell’indagine. Attraverso lo schema di codifica è possibile trasformare gli eventi o le sequenze, identificate nel flusso continuo dei comportamenti, in dati quantificabili.  La codifica si rende esplicito cosa è ritenuto importante e cosa invece si può trascurare  I fenomeni da trattare sono complessi, in continua evoluzione, multidimensionali, e relative più soggetti, come viene se si tratta di sequenze di interazione Bakeman e Gottman (1986), delineano i confini entro i quali si colloca un sistema di codifica ideale; Secondo questi autori le categorie devono essere sufficientemente vicini da rappresentarli (descriverli) e sufficientemente distanti da comprenderli (interpretarli). Codificare significa sintetizzare in entità numeriche dati qualitativi allo scopo di operare confronti e valutazioni. La distinzione tra modalità differenti di codifica (a posteriori oppure attraverso la rilevazione) corrisponde a quella proposta da Wright tra metodi chiusi e metodi aperti: I metodi chiusi sono fondati sulla decisione esplicita di registrare su alcuni aspetti del comportamento, mentre i metodi aperti, al contrario, si pagano sulla descrizione globale del comportamento. Da dove cominciare per sviluppare lo schema di codifica? Da una domanda chiaramente formulata, che guiderà la scelta tra un numero infinito di comportamenti che possono essere rilevati. In linea di principio, sarebbe preferibile costruire ex novo le categorie di codifica e non forzare i sistemi preesistenti nel tentativo di adattarsi a nuove ricerche. Per individuare le categorie si possono utilizzare due procedimenti:  il primo consiste nel costruire deduttivamente uno schema a priori, concettualmente teoricamente fondato, nel quale vengono individuate delle categorie, non caratterizzate da contenuti specifici, ma di carattere generale, da specificare in un secondo momento e ulteriormente articolare attraverso la verifica sui dati.  Il secondo procedimento invece nasce dai dati, progressivamente identificati e raggruppati in unità di significato, che li rappresentano ad un livello più astratto e formale di quanto non sia la semplice descrizione. L’approccio induttivo o “grounded” è stato descritto da Miles e Huberman (1996), I quali hanno illustrato i diversi passi che conducono prima ad una lista provvisoria di eventi, poi ad una lista più ampia, successivamente semplificata e organizzata in categorie più astratte e meno vincolate a specifici contenuti o eventi. ORDINE CONCETTUALE: significa che le categorie devono essere coerenti connesse con i presupposti teorici e con le ipotesi o le domande alle quali la ricerca vuole rispondere. ORDINE CONCETTUALE: consiste nel fatto che all’interno dello stesso schema le categorie possono collocarsi a diversi livelli di descrizione e di inferenza, nettamente distinti. LA COSTRUZIONE DELLO SCHEMA DI CODIFICA 1. Il primo passaggio consiste in uno studio pilota attraverso il quale vengono messi appunto le procedure che vengono formulate delle ipotesi provvisorie da verificare raccogliendo i dati su un piccolo campione. È conveniente se non viene utilizzata la videocamera, prendere nota non soltanto di tutti i comportamenti oggetto di indagine ma anche di quanto avviene a livello di contesto O a livello di comportamento non verbale (sorrisi, smorfie, sguardi, gesti). Qualora invece si utilizzino strumenti di registrazione, è utile notare i propri ricordi, è opportuno avere per ogni seduta un foglio di appunti, note, riflessioni che potrebbero servire nel momento in cui si lavora sulla codifica, per mettere a fuoco il rapporto tra eventi e situazioni. 2. Una volta raccolto il materiale si inizia costruire lo schema di codifica, individuando nei materiali delle unità di significato, comportamenti o eventi più significativi così si viene a creare una lista provvisoria e ampia di codici. 3. Il primo elenco sarà soggetto a numerose revisioni, tramite l’aggiunta eventuale di nuove categorie, l’eliminazione di quelle categorie la cui frequenza sarà molto bassa o attraverso le riformulazioni e accorpamenti di più categorie in una. 4. Alla fine del processo di analisi e selezione, sono state individuate le categorie di codifica più adatte a rappresentare e ad analizzare il materiale raccolto. 5. Devono essere esplicitati i criteri che hanno condotto a quelle categorie, ciò significa definire esattamente che cosa si intende con quel termine e indicare i criteri di applicazione da soddisfare per ogni specifica categoria, e saranno sottoposti a ulteriori verifiche. Prima di essere applicati nella raccolta definitiva dei dati per i quali sono stati costruiti, devono essere sottoposti a verifica attraverso il calcolo dell’accordo tra codificatori indipendenti, accordo che non dovrebbe scendere sotto l’80%. Quando codificare? La risposta è dall’inizio, da quando si iniziano a raccogliere i dati. I sistemi di codifica si distinguono per la presenza di codici basati su:  CODICI FISICI  CODICI SOCIALI Bakeman e Gottman , sostengono che i codici fisici e sociali rappresentano due possibilità, diverse l’una dall’altra lungo un continuum, rispetto al grado di inferenza richiesto dall’osservatore. FISICI: attraverso i quali ancorare la classificazione dei comportamenti alla fisiologia dell’organismo SOCIALI: hanno le radici nell’idea del ricercatore, e la loro specificazione ed utilizzazione dipendono dal processo sociale di condivisione dei significati. Un esempio di schema di codifica basato su caratteri fisici e quello di Ekman e Friesen (1978) per lo studio delle emozioni, le emozioni vengono ricondotte a specifiche configurazioni facciali, identificati attraverso il movimento di gruppi di muscoli del viso. ESEMPIO: Tre distinte configurazioni sopracciliari, verso l’angolo interno e verso il basso, se combinate insieme i tre codici vengono classificati come espressione di un particolare stato emotivo, la tristezza. raccogliere queste informazioni molto facilmente organizzando una scheda di rilevazione come quella pagina 98.  Il compito del rilevatore consisterà nel segnare tutte le volte in cui si verifica uno dei tre eventi evidenziati nella scheda.  Le misure che si potranno tenere solo misure di frequenza (quante volte compare determinato comportamento), frequenze relative (quante volte compare uno specifico comportamento sul totale degli eventi), o frequenze al minuto (quante volte compare uno specifico comportamento sul tempo totale di osservazione espresso i minuti).  Le informazioni ottenute possono essere di grande interesse perché danno una idea preliminare sullo stile comportamentale individuale, sulla distribuzione media di un determinato fenomeno all’interno di un gruppo, sugli andamenti evolutivi di uno o più comportamenti. Rilevazione di eventi in sequenza Se invece sia interessati non soltanto alla frequenza ma anche all’ordine dei comportamenti e se il sistema di codifica prevede categorie esaustive (tutti i possibili comportamenti) e mutualmente esclusive (un solo codice può essere associato ad un determinato comportamento), allora sarà possibile ricostruire la sequenza degli eventi.  La procedura prevede di registrare il cambiamento tra i comportamenti, e quindi il passaggio dall’uno all’altro, nell’ordine in cui si verificano. Una categoria non può mai seguire a sé stessa. Bakeman e Adamson (1984), al fine di studiare lo sviluppo delle abilità comunicative dei bambini nel corso del secondo anno di vita, riadattano la codifica di Parten (1932), sulla partecipazione sociale al gioco, identificano sei diversi stati, di attenzione e di condivisione al tempo stesso, da parte del bambino nei confronti dell’oggetto e/o del partner.  Il sistema di codifica predisposto dagli autori e dunque finalizzato a cogliere gli stati attenzionali in relazione a specifici centri di interesse (l’oggetto e/o il partner) e la eventuale coordinazione tra i due.  Il compito dell’osservatore sarà quello di identificare la successione di episodi corrispondenti ai diversi stati comportamentali.  Le informazioni sulla sequenza degli eventi possono essere di grande utilità sia per contestualizzare un particolare fenomeno, descrivendone gli antecedenti e le conseguenze, oppure per ricostruire i cambiamenti nel tempo di determinate sequenze comportamentali allo scopo di cogliere eventuali variazioni evolutive. Si potrebbe ipotizzare che per i bambini più piccoli l’attività con le cose e con le persone e l’attenzione congiunta sull’oggetto e sul partner debbano essere precedute da fasi in cui il bambino assume una posizione più passiva sia osservando l’azione materna sia essendo incoraggiato dalla madre a condividere un centro di interesse. Rilevazione di eventi con informazioni temporali Una variante della semplice registrazione di eventi è rappresentata dalla registrazione di eventi con informazioni temporali relative all’inizio e alla fine di un particolare comportamento o stato. In questo modo si possono ottenere le informazioni più complete e più aderente alla realtà dei fenomeni osservati. È inoltre possibile identificare il momento preciso in cui si verifica un determinato comportamento, con grande vantaggio ai fini del calcolo dell’accordo tra osservatori indipendenti (pagina 102).  È possibile calcolare la durata media di un evento, il tempo totale speso in quel determinato comportamento e la percentuale di tempo occupato sul totale del tempo di osservazione.  È evidente che la rilevazione di informazioni temporali richiede l’utilizzo di apparecchiature come registratore di eventi, se l’osservazione viene condotta dal vivo, attraverso cui digitare i vari codici e al tempo stesso registrare automaticamente il tempo; se invece si dispone di un’osservazione videoregistrata, allora la rilevazione delle informazioni temporali è più agevole, perché sul video è possibile registrare il tempo.  Questo metodo di rilevazione è teoricamente il più accurato e per questo motivo il più adatto a descrivere gli eventi, perché tiene conto del momento effettivo in cui essi si verificano, del loro svolgimento reale, della successione tra un comportamento e l’altro. RILEVAZIONE PER INTERVALLI TEMPORALI CONTINUI Ritornando alla classificazione di Bakeman e Gottman (1987), la seconda metodologia individuata dagli autori consiste nella rilevazione per intervalli temporali: l’osservatore guidato dal tempo e non più dall’evento. La campionatura a intervalli temporali può essere continua (il mio tempo suddiviso in intervalli consecutivi durante i quali osservo cosa accade) o discontinua (a intervalli temporali ripetuti, non consecutivi, osservo cosa accade). Semplicemente il tempo totale di osservazione è suddiviso in brevi intervalli di tempo consecutivi, della durata di 10 secondi o di 15, il compito dell’osservatore consiste nel rilevare per ciascun intervallo l’occorrenza o la non occorrenza di predefiniti i comportamenti.  L’unica cosa che occorre, in aggiunta ovviamente alla carta e matita, e un dispositivo elettronico un cronometro che metta un segnale sonoro allo scadere dell’intervallo  Il punto debole è rappresentato dall’ampiezza dell’intervallo, se l’intervallo fosse troppo breve, potrebbe accadere di interrompere artificialmente i comportamenti, se invece l’intervallo è troppo lungo, ci si potrebbe trovare nella necessità di dover decidere quale comportamento rilevare tra due o più.  Per ridurre le distorsioni provocate dalla campionatura temporale, gli intervalli debbano essere più brevi del più breve dei comportamenti osservati  Di norma, ad ogni intervallo si assegna un unico codice, se si verificano più comportamenti, i criteri di scelta possono essere tre: 1. Si rileva l’attività dominante, quella che dura più a lungo nello stesso intervallo 2. Si rileva un comportamento solo la prima volta che si verifica in un dato intervallo 3. Si rileva cosa sta accadendo nell’istante preciso in cui l’intervallo temporale sta finendo RILEVAZIONE PER INTERVALLI TEMPORALI DISCONTINUI Vi sono tre modalità di rilevazione discontinua: intervalli parziali, intervalli intermittenti e campionatura momentanea. Intervalli parziali: la forma più diffusa di rilevazione discontinua è definita per intervalli parziali e può essere considerata una procedura intermedia tra la rilevazione continua e intermittente, perché conserva caratteristiche di entrambe. Il tempo totale di osservazione è suddiviso in intervalli consecutivi e ciascun intervallo è a sua volta scandito in un tempo di osservazione e in un breve periodo di registrazione Intervalli intermittenti: un esempio di rilevazione ad intervalli intermittenti e lo studio di Mildred Parten Sulla partecipazione sociale al gioco dei bambini prescolari, già più volte citato, ciascun bambino del campione è stato osservato per un minuto al giorno variando sistematicamente l’ordine di osservazione in modo tale che i campioni temporali per bambino risultassero distribuiti casualmente nel corso dei periodi di gioco libero. Campionatura momentanea: una variante degli intervalli discontinui è rappresentata dalla campionatura momentanea o istantanea, cioè la registrazione dei comportamenti osservati esattamente alla fine di ogni intervallo temporale: ad esempio, rileva il comportamento al 20º, 40º, 60º secondo di ogni minuto di osservazione. Questo metodo di campionatura, per essere valido, richiede che gli intervalli temporali non superano i 20 secondi.  Si può utilizzare soltanto nei casi in cui vi siano regolarità, frequenza, durata simile dei comportamenti  La procedura è particolarmente indicata qualora l’indagine richieda di effettuare osservazioni per periodi di tempo prolungati. Se l’intervallo è troppo ampio, la rilevazione rischia di essere imprecisa perché si possono verificare più eventi nello stesso intervallo, se l’intervallo è troppo breve, il compito dell’osservatore può risultare eccessivamente oneroso. Un altro aspetto importante riguarda la frequenza del numero di intervalli in funzione del tempo di osservazione, definito come rapporto di campionatura. La misura di tale rapporto è decisiva perché soltanto se è adeguato permette di cogliere i fenomeni nel loro reale manifestarsi, senza introdurre distorsioni eccessive, dovute ad artefatti procedurali. Scholmerich e Lamb (1992) individuano tre variabili decisive al fine di determinare il rapporto di campionatura:  Il tempo totale di osservazione  La frequenza degli intervalli osservati  L’ampiezza di ogni intervallo Se il tempo totale di osservazione previsto è sufficientemente lungo, nell’ordine di uno o due ore, allora il rapporto di campionatura potrà essere abbastanza ampio, se invece il tempo totale di osservazione è limitato allora il rapporto di campionatura dovrà essere più serrato. L’ultima alternativa proposta da Bakeman e Gottman È definita dagli autori classificazione incrociata di eventi: consiste nel classificare un evento attraverso più dimensioni, riferite ad aspetti temporalmente e logicamente diversi. Il termine “incrociata” sta significare come con questa procedura di rilevazione sia possibile avere informazioni sull’evento e sul tempo attraverso l’organizzazione sequenziale delle categorie. - La più semplice di tali modalità è la rilevazione degli eventi, sia in termini di semplice corrente che rispettando l’ordine in cui essi occorrono. - Una variante più completa della semplice rilevazione per eventi prevede la registrazione del momento in cui ciascun comportamento si verifica - Per rilevare i tempi dei comportamenti, è opportuno lavorare sui video oppure dotarsi di apparecchiature elettroniche di qualche tipo. - La rilevazione per intervalli temporali è stata ampiamente utilizzata nella ricerca osservative ma è soggetto a numerose critiche. 2. Costringono i ricercatori a effettuare un rigoroso lavoro di analisi teorica, di individuazione chiara delle domande e degli scopi della ricerca 3. È possibile, infatti, avere misure di frequenza e di durata, esaminare le sequenze e le cooccorrenze 4. Non richiedono strumenti sofisticati di registrazione, sono sufficienti l’osservatore con carta e matita e un dispositivo automatico di segnalazione del tempo 5. Permettono di registrare il comportamento di più soggetti contemporaneamente Elementi di debolezza: si potrebbe scoprire che le manifestazioni comportamentali di rilievo erano altre, non previste dallo strumento; riguardo l’ampiezza dell’intervallo se è troppo breve, può tagliare artificialmente i comportamenti, se invece è troppo lungo, può costringere l’osservatore a scelte arbitrarie su cosa rilevare e cosa invece trascurare. In conclusione, uno strumento agile, di semplice somministrazione permette di raccogliere in tempi contenuti informazioni esaustive, anche su fenomeni complessi come sono le relazioni tra bambini. LE SCALE DI VALUTAZIONE Sono strumenti per la rilevazione sistematica del comportamento diverse dalle descrizioni narrative e dalle checklist perché si fondano su un giudizio globale dell’osservatore. Le scale di valutazione implicano la contemporaneità di osservazione e valutazione: l’osservazione viene tradotta in un giudizio che può essere di frequenza o di intensità. ESEMPIO: all’osservatore può essere richiesto di valutare quanto spesso un bambino è aggressivo con i compagni oppure può scegliere un punteggio corrispondente alle diverse misure della variabile aggressività.  Le scale non rilevano ne descrivono in alcun modo i comportamenti ma esprimono una valutazione su una manifestazione comportamentale ritenuto significativo di una variabile psicologica sottostante.  Sono molto utili quando vogliamo descrivere le differenze individuali e gli stili comportamentali delle persone Le scale di valutazione possono essere costruite attraverso diversi criteri, grafici, numerici e categoriali: - Si individua una variabile o caratteristica da misurare, vengono identificati gli item rappresentativi dei diversi aspetti di quella variabile gli item vengono poi scalati e valutati attraverso una scala categoriale (molto, abbastanza, poco), numerica (1, 2,3 ecc.), o grafica (diverse posizioni su una linea). - I punti sulla scala devono essere definiti in modo chiaro, preciso, e non si va oltre i sette punti perché aumentando i punti sulla scala diminuisce l’attendibilità della rilevazione. Effetto alone: definisce la tendenza a valutare aspetti specifici in base ad impressioni di carattere generale. Effetto indulgenza: come dice la parola stessa consiste nel formulare una valutazione più generosa del dovuto. Vi può essere la tendenza a sopravvalutare o sottovalutare una persona in funzione delle proprie caratteristiche. Per tenere sotto controllo questi errori si possono utilizzare alcuni tipi particolari di scale, quali le scale ancorate o le scale a scelta obbligata. Nel primo caso i valutatori valutano comportamenti da loro stessi osservati, mentre nel secondo essi non esprimono giudizi, ma si chiede loro di selezionare, nell’ambito di un gruppo numeroso di descrittori, quelle frasi che meglio descrivono chi deve essere valutato. Nell’utilizzazione delle scale di valutazione la funzione dell’osservatore a centrale: deve avere ben chiaro che cosa sta valutando, qual è il rapporto teorico tra variabile sottostante e manifestazioni comportamentali, quali possono essere le fonti di variabilità contingenti e quali invece gli aspetti più veri e più interessanti ai fini della valutazione. L’interpretazione diventa il cardine dell’osservazione.  Le scale di valutazione non richiedono all’osservatore di determinare da che cosa un’azione dipende, ma di rilevare l’azione qual è e come si sviluppa, prescindendo dalle possibili fonti di influenza.  Le scale di valutazione richiedono invece all’osservatore di distinguere tra le diverse fonti rilevando soltanto quei comportamenti che, a suo giudizio, derivano da una caratteristica sottostante. ESEMPIO: Sovasi, Scala per l’osservazione e la valutazione della scuola dell’infanzia. Con questo strumento non vengono considerati soltanto comportamenti ma anche ambienti fisici, oggetti, arredi. La Sovasi di Harms e Clifford (1980), validata per l’Italia da Ferrari e Gariboldi (1994), disegna un quadro globale degli ambienti, al cui interno sono compresi diversi aspetti, dallo spazio fisico, alle cure di routine, alle esperienze che promuovono lo sviluppo del bambino, ai bisogni degli adulti. È stata costruita negli anni 80 negli Stati Uniti ed allora è stata ampiamente utilizzata nella ricerca della formazione e risultando uno strumento efficace. CAP.7 AFFIDABILITA’ E VALIDITA’ DEL METODO OSSERVATIVO L’affidabilità e la validità sono due aspetti, distinti e collegati, dell’obiettività della rilevazione: se la rilevazione è scarsamente affidabile, perché è soggetto a numerose variazioni, si può affermare che le misure ottenute non sono valide. AFFIDABILITA’: riguarda il livello di verità di una rilevazione, cioè la caratteristica in esame sia rilevata in modo oggettivo e fedele. Nel caso dell’osservazione, l’affidabilità può essere definita come il grado di coerenza e di accordo tra due rilevazioni indipendenti dello stesso comportamento.  Il problema dell’affidabilità è cruciale nella ricerca osservative; Lo strumento è il giudizio umano, bisogna pertanto essere sicuri dell’efficacia di tale strumento, dimostrando che i dati raccolti non siano il prodotto delle aspettative. Innanzitutto, vanno evitate le eventuali distorsioni indotte dalla conoscenza degli obiettivi della ricerca: è buona prassi separare le funzioni dei ricercatori, che formula l’ipotesi della ricerca, e dell’osservatore, impiegato nella raccolta dei dati, che dovrebbe invece essere all’oscuro di tali ipotesi.  È necessario assicurarsi che i due osservatori indipendenti producano rilevazioni comparabili, se non identiche, dello stesso fenomeno.  Se rilevazione e codifica rappresentano fasi distinte allora dovrà essere effettuato il controllo dell’affidabilità sia sulla trascrizione sia sulla codifica. Vi sono diversi parametri per valutare il grado di accordo tra osservatori, e quindi l’affidabilità dei dati: l’accuratezza, la coerenza e la precisione, la consistenza temporale. 1. ACCURATEZZA, di solito viene valutata rispetto ad un protocollo “criterio”, considerato il parametro con il quale confrontare le prestazioni degli osservatori. È preparato dallo sperimentatore stesso, che codifica un’osservazione videoregistrata o costruisce un resoconto narrativo, sempre di materiale audio o video registrato, da riesaminare più volte. Si deve calcolare il grado di accordo tra due osservatori indipendenti. Qualora due persone diano la stessa versione degli eventi, si può ragionevolmente assumere che tale versione non sia il prodotto di una propria visione del mondo ma piuttosto la descrizione accurata e fedele della realtà. Quanto più è elevata la somiglianza tra le due rilevazioni, tanto più è probabile che siano veritieri e accurate. 2. COERENZA, lo stesso osservatore, a distanza di tempo, replica la rilevazione e si verifica il grado di coerenza tra una osservazione e l’altra, verificando se e quante volte, a distanza di tempo, il medesimo evento viene codificato con lo stesso codice. 3. CONSISTENZA TEMPORALE, l’accordo iniziale potrebbe indebolirsi e il modo di scrivere eventi simili potrebbe modificarsi nel corso del tempo, la necessità di monitorare continuamente la consistenza del tempo delle rilevazioni. ADDESTRAMENTO: può essere definito come l’acquisizione di una procedura osservativa, serve a sviluppare la capacità di osservare in modo obiettivo e attendibile, ossia la capacità di attenersi ai fatti e non alle proprie credenze o aspettative. Per questo motivo l’addestramento è un passaggio fondamentale della metodologia osservative ed è indispensabile dedicare tempo e cura a questa fase. Perché l’abilità di osservare può migliorare sensibilmente con l’esercizio, i progressi ottenuti possono essere valutati, calcolando più volte, in momenti diversi, il grado di accordo raggiunto. L’addestramento non produce sempre gli stessi effetti, vi sono delle qualità preesistenti che possono soltanto in parte essere migliorate. VALIDITA’: come accade per tutte le altre metodologie in uso nella ricerca in psicologia, per lo stesso metodo osservative si pone il problema della validità. Nella ricerca osservative il problema della validità si pone sia in rapporto al contesto di osservazione che alle procedure adottate: ad esempio, se si costruisce un sistema di codifica dell’interazione madre bambino, tale sistema potrebbe non essere valido si contenesse categorie riguardanti l’interazione bambino-bambino. Il costrutto di validità, in primo luogo, può essere distinto in validità esterna e validità interna.  Esterna, riguarda la generalizzabilità dei dati, quando si pone un problema di validità esterna, ci si sta chiedendo se e quanto i risultati ottenuti possono essere validi per altri soggetti, in diverse condizioni, in altri tempi e con diverse misure.  Interna, riguarda la relazione causale tra le variabili, la possibilità di definire la direzione dell’influenza da una variabile all’altra. Vengono distinti quattro tipi di validità, corrispondenti a diverse strategie per accertare la validità delle misure:  Validità di costrutto, indica il rapporto tra lo strumento di rilevazione e il costrutto teorico sottostante, ci si chiede se lo strumento o la procedura di osservazione ideati siano effettivamente guidati da un “costrutto teorico” e se lo strumento valuti effettivamente i comportamenti espressione del costrutto guida della ricerca. Nel valutare la validità di costrutto ci si chiede se le serve azioni siano pertinenti e misurano realmente costrutti teorici e interpretativi quali possono essere i legami di attaccamento, le relazioni di amicizia tra bambini, le condotte pro-sociali. lo scopo di abituare i bambini alla presenza dell’osservatore finché quest’ultimo diventi come “una mosca sul muro” e non susciti più interesse. Se l’osservatore soltanto sorrideva mi risposta all’iniziativa dei bambini, l’interesse nei suoi confronti restava alto, se invece avesse manifestato completa passività, i bambini lo avrebbero ignorato più rapidamente. L’interesse dei bambini nei confronti dell’osservatore scemava nel tempo. Si può concludere dunque che il tempo di familiarizzazione necessario perché il comportamento spontaneo dei bambini non venga influenzato dalla presenza di un osservatore estraneo sia intorno ai due mesi. La presenza di un osservatore estraneo può essere disturbante intrusiva e rappresentare quindi fonte di disagio per i partecipanti allo studio.  Benessere dei partecipanti, non creare condizioni di affaticamento o di stress di qualsiasi natura e interrompere la seduta di osservazione qualora si notino segnali di disagio.  Consenso informato, devono essere illustrate le procedure e le finalità della ricerca perché i partecipanti sappiano che cosa ci si aspetta da loro in quali pratiche verranno coinvolti.  Diritto di rinuncia, in qualsiasi momento i partecipanti ad una ricerca possono ritirare il loro consenso alla partecipazione.  Anonimato e uso scientifico dei dati, Deve essere garantito l’anonimato e la diffusione dei risultati della ricerca ad esclusivo uso scientifico.  Bisogna essere sicuri che la ricerca non procuri alcun danno, fisico psicologico, al bambino.  Devono spiegare ai bambini, con termini appropriati alle loro capacità di comprensione, il senso e gli scopi della ricerca, il motivo della loro partecipazione, le procedure nelle quali saranno coinvolti.  Devono essere concordate con i genitori tutte le misure utili per favorire il benessere del bambino.  Se nel corso della ricerca si creano delle condizioni negative per il bambino devono essere rimosse.  Deve essere rispettata la libertà dei bambini di partecipare alla ricerca nelle forme, nei modi e nei tempi da essi preferiti.  I diritti dei bambini hanno sempre la priorità sui diritti di ricercatore. CAP. 9 LA COMPETENZA EMOTIVA E LA SUA VALUTAZIONE IN ETA’ PRESCOLARE. UN ESEMPIO APPLICATIVO L’età prescolare rappresenta un periodo della vita di grande importanza ai fini dello sviluppo, perché per molti bambini l’inizio della scuola dell’infanzia segna il passaggio ad una socialità autonoma, non mediata né regolata da adulti familiari. Con l’estensione del mondo sociale al di fuori della propria famiglia, i bambini sono chiamati a rispondere a nuove sfide relazionali, che richiedono loro complessi capacità cognitive, emotive e relazionali. Di recente è stato proposto un modello secondo il quale il successo nelle relazioni con i pari è preceduto e sostenuto nel corso dello sviluppo dalla competenza emotiva, definita come la capacità dei bambini di esprimere e regolare un’ampia gamma di stati emotivi e di essere in grado di riconoscere le proprie e altrui emozioni.  Le emozioni forniscono nelle situazioni sociali le informazioni indispensabili, in assenza delle quali sarebbe impossibile rispondere appropriatamente alle aspettative altrui e costruire legami interpersonali soddisfacenti.  Fin dai primi mesi di vita, i bambini entrano in rapporto con l’altro attraverso stati emozionali, mentre in età prescolare si manifestano altre capacità quali la comprensione delle emozioni altrui e la regolazione emotiva, ovvero l’essere in grado di controllare e gestire efficacemente le proprie reazioni emozionali. Alcuni ricercatori in ambito nazionale internazionale hanno proposto un modello secondo il quale la competenza emotiva include tre componenti: 1. L’espressione delle emozioni 2. La regolazione delle stesse 3. Il riconoscimento delle emozioni altrui 1. è noto che sin dalla nascita i bambini sono in grado di esprimere diverse tonalità emotive: dal piacere dello stare in relazione con la madre, espresso attraverso il sorriso, al disgusto per un cibo poco gradevole. Progredendo con l’età i bambini che mostrano soprattutto emozioni positive hanno maggiore successo nella formazione di relazioni interpersonali rispetto a coloro che invece esprimono emozioni negative e che vengono percepiti dai compagni come tristi, arrabbiati o spaventati, anche dagli insegnanti. 2. Le sfide della vita in gruppo per i bambini piccoli, come rispettare i turni, stare in fila e concentrarsi, richiedono continuamente la capacità di tenere sotto controllo la propria emozionalità. Studi recenti hanno osservato una relazione positiva tra l’essere in grado di regolare la propria reattività e i comportamenti socialmente competenti dei bambini. 3. Definito come la capacità di identificare e interpretare correttamente le espressioni emotive delle altre persone, siano essi bambini o adulti, nelle diverse situazioni. I bambini in età prescolare hanno più facilità nell’identificare gli stati emotivi di tonalità positiva piuttosto che quelli di tonalità negativa, come la rabbia o la paura che, al contrario, risultano più difficili da differenziare gli uni dagli altri.  I bambini che sono più abili nel comprendere le emozioni altrui agiscono più facilmente in modo appropriato all’esperienza emozionale dell’altro differentemente da coloro che presentano difficoltà nel riconoscere gli stati emotivi altrui che sono invece più propensi ad agire in modo aggressivo oppure ad isolarsi dal gruppo dei pari. Diversi sono gli strumenti utilizzati in età prescolare per lo studio della competenza emotiva. Viene valutata attraverso l’analisi delle componenti espressive e recettive in essa implicate. COMPONENTE ESPRESSIVA: si riferisce alla capacità di bambine e bambini di usare il termine giusto per ciascuna delle quattro emozioni di base. COMPONENTE RECETTIVA: invece riguarda l’abilità di comprendere il linguaggio usato per indicare i diversi stati emotivi associando correttamente le denominazioni verbali alle varie espressioni facciali. AFFECTIVE KNOWLEDGE TEST: si tratta di un’intervista individuale condotta con i bambini di età prescolare il cui obiettivo è quello di misurare il grado di comprensione del bambino sia delle espressioni emotive facciali sia delle reazioni emozionali suscitate da varie situazioni sociali. La comprensione emotiva viene valutata mostrando al bambino quattro faccine che rappresentano le emozioni di base, felicità, tristezza, paura e rabbia. 1. Nella prima fase della procedura viene chiesto al bambino di denominare le quattro emozioni fondamentali mostrandoli uno alla volta le diverse faccine 2. Successivamente il bambino deve scegliere la faccina corrispondente all’emozione nominata dallo sperimentatore 3. La prova si completa valutando un’abilità più complessa, che consiste nel comprendere le reazioni emotive alla luce di antecedenti situazionali emotivamente salienti come ad esempio, la gioia provocata dall’aver appena ricevuto un bel gelato 4. Vengono presentati alcuni scenari con protagonisti maschili o femminili, a seconda del sesso del partecipante, che raffigurano scene risposte tipiche (la gioia nel caso del gelato), che risposte insolite (la mamma prepara una pietanza gradita al bambino che reagisce con rabbia). 5. In questo caso il bambino o la bambina si richiede una forma più sofisticata di comprensione emotiva che implica la capacità di assumere la prospettiva emotiva dell’altro prescindendo dalla propria. Esempio pagina 174. Con l’aumentare dell’età e soprattutto per le bambine se ipotizzato di riscontrare punteggi più alti nel riconoscimento delle espressioni facciali e nella corretta interpretazione delle reazioni emotive espresse in situazioni sociali. Ci si aspetta che per bambine e bambini potrebbe essere più facile riconoscere le espressioni emotive positive rispetto a quelle negative, per quest’ultime, la rabbia o la tristezza potrebbero essere più agevolmente identificate della paura. All’aumento della comprensione delle emozioni corrispondono livelli più elevati di competenza sociale, mentre i bambini con scarsa capacità di comprendere gli stati emotivi sono più propensi a mostrare comportamenti sociali disfunzionali.  Per la prima sessione i partecipanti allo studio dovevano prima di nominare le quattro emozioni espresse da un bambino o una bambina di nome Paolo/a rispondendo alla domanda “come si sente qui Paolo/a?”, successivamente veniva chiesto loro di indicare l’emozione che il somministratore aveva appena nominato, evidenziando così la capacità di comprendere il linguaggio usato per denotare gli stati emotivi.  Nella seconda sessione sono state presentate i bambini otto storie raffiguranti diverse situazioni socio emotive con Paolo/a protagonista (Due storie per ciascuna delle emozioni di base).  Al termine di ogni storia ancora una volta i bambini dovevano identificare l’emozione raffigurata scegliendone una tra le quattro faccine a disposizione, mostrando così di comprendere il nesso causale tra la situazione e la risposta emotiva. La felicità e la rabbia sembrano essere le tue emozioni riconosciute con più facilità, mentre i bambini hanno dimostrato maggiore difficoltà nel denominare l’emozione della paura rispetto all’emozione della rabbia e della tristezza.  Al crescere dell’età i bambini sembrerebbero più abili nel riconoscere le emozioni e nel mettere in atto comportamenti socialmente competenti.
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