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l uccello beffardo di gerald durrell, Guide, Progetti e Ricerche di Letteratura

libro completo di gerald durrell, zoologo

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2018/2019

Caricato il 14/11/2019

potnia-oldage
potnia-oldage 🇮🇹

4.6

(23)

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica l uccello beffardo di gerald durrell e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Letteratura solo su Docsity! L'UCCELLO BEFFARDO  di GERALD DURRELL  Peter Foxglove, giovane diplomatico di Sua Maestà britannica, parte per Zenkali, una piccola e amena isola del Pacifico sottoposta a protettorato inglese, per assistere i suoi abitanti nella realizzazione di un importante progetto: la costruzione di un aeroporto e di una centrale idroelettrica. Ma, non appena Peter mette piede sull'isola, si rende conto che le autorità del suo Paese stanno per compiere un gravissimo errore. Non solo Zenkali è una specie di paradiso naturale, ma per attuare il progetto si dovrà distruggere una valle in cui vivono specie molto rare di vegetali e animali, tra cui l'Uccello Beffardo, un bizzarro volatile dalla cui sopravvivenza dipende l'economia dell'isola. Una parabola moderna, scritta con stile ironico e divertente, ma soprattutto un invito ad amare e a proteggere il bene piú prezioso che ci circonda: la Natura. CAPITOLO 1 Alla scoperta di Zenkali Il limite estremo del mare, sulla linea immaginaria in cui le acque dell'oceano Indiano confluiscono in quelle dell'oceano Pacifico, sorge Zenkali, isola verde, amena e remota a tal punto che sembra non avere alcun contatto con il mondo esterno. Tuttavia, una volta, Zenkali lasciò col fiato sospeso l'intero mondo civilizzato, e ancora adesso chiunque osi tirare in ballo la storia dell'Uccello Beffardo corre il rischio di beccarsi un occhio nero. Tutto cominciò in gennaio. Come al solito gli isolani avevano mangiato e bevuto piú del dovuto in occasione delle feste natalizie e non potevano certo sospettare, neanche lontanamente, che il destino stava sospingendo verso di loro, attraverso la vastità dell'oceano, qualcosa di piú letale di un uragano, piú disastroso di un'onda di maremoto e piú sconvolgente di un terremoto. Era doppiamente letale dato il suo aspetto innocente, simile a quello di un cucciolo di pechinese. La sua incarnazione era l'affascinante, biondo e aitante signor Peter Foxglove, il nuovo assistente del consigliere politico di sua maestà britannica presso il re dell'isola, Tamalawala terzo. A Giacarta, Peter aveva scoperto con una certa apprensione che sarebbe partito per Zenkali su Andromeda III, un peschereccio francese riciclato, d'età e navigabilità incerte, comandato da un greco pingue con la barba incolta di nome Aristotele Papayatocopulos, allegramente assistito da una ciurma zenkalese del tutto inesperta di arte marinaresca e che sembrava affrontare l'idea della traversata oceanica a bordo di quell'imbarcazione fortemente sospetta con lo stesso entusiasmo dilettantistico di un gruppo di boy-scout in procinto di attraversare uno stagno su una canoa. Tutti impartivano ordini, anche se nessuno si sognava di eseguirli, e l'intera faccenda diventava ancora piú preoccupante dato che la vecchia cara Andromeda III sbandava cosí tanto a dritta che una biglia o qualsiasi altro oggetto sferico posto sul ponte sarebbe rotolato inesorabilmente fino a cadere con un tonfo nelle acque oleose del porto. Il set di valigie di cuoio beige, che Peter aveva scelto con tanta cura nel miglior negozio di Londra, ovviamente non riscosse il benché minimo successo presso la ciurma zenkalese, il bagaglio venne infatti sollevato, sballottato da una mano unta all'altra, trascinato, graffiato contro la battagliola o qualsiasi altra protuberanza incontrata sul cammino e infine mollato senza troppi riguardi a prua. « Ehi, scusi un attimo » disse Peter con un tono di voce che sperava fosse abbastanza risoluto, rivolgendosi a uno zenkalese dall'aria un tantino piú sveglia dei suoi compagni. « Lei è il secondo? » Lo zenkalese in questione, giovane e ben piantato, indossava un paio di pantaloni sbrindellati e un cappello di paglia sfilacciato. Con un gesto di squisita educazione si tolse il cappello e lo strinse al petto, sfoderando un larghissimo sorriso pieno di buona volontà in cui brillava una dentatura invidiabile. moda per ricordare, sí? è moda greca... bellissima... meglio di tutti altri, eh? » « Magnifica » lo assecondò calorosamente Peter. « E ora, per favore, le spiacerebbe mostrarmi la mia cabina, farmi portar giú il bagaglio e poi offrirmi qualcosa di fresco da bere? » « Ma naturalmente, naturalmente » disse il capitano. « Io sistema tutto... Tu non si deve preoccupare di niente. » Urlò una sfilza di ordini al giovane presunto secondo, che si procurò immediatamente due compagni e insieme si caricarono sulle spalle il bagaglio per poi sparire con questo nel ventre della nave. « Segui loro, esimio signore » disse il capitano in tono pomposo « loro mostra tua cabina... piú bella cabina di tutta nave... per nuovo assistente. » « Lei sa chi sono? » domandò Peter sorpreso. Il capitano scoppiò in una sonora risata, mostrando fra le labbra carnose una specie di Fort Knox dentario risplendente in tutta la sua magnificenza. « Io sa tutto che succede a Zenkali. Io conosce tutto e tutti. Come buon Dio mii occhi è dappertutto, e nessun cammello inciampa senza che uno viene e dice me. Tutto che vuoi a Zenkali, tu basta che mi fa sapere. » « è molto gentile da parte sua » disse Peter. Dopodiché, spinto delicatamente dalla mano grassoccia del capitano, si ritrovò ad arrancare lungo un corridoio giú nelle viscere oscure della piccola nave. Durante i tre giorni di viaggio a bordo dell'Andromeda III, Peter rimpianse amaramente di non avere aspettato di poter imbarcarsi sulla Empress of Asia, una nave passeggeri piú grande della bagnarola su cui si era avventurato e che faceva scalo all'isola di Zenkali una volta al mese. Mentre la Andromeda III procedeva barcollando e beccheggiando sulle acque tempestose dell'oceano, cominciò anche a pentirsi di aver accettato entusiasticamente quell'incarico. Disteso nella sua cuccetta cosí lugubremente simile a una bara, si ricordò di come si era sentito lusingato quando suo zio gli aveva dato la notizia della missione. « Abbiamo deciso di mandarti a Zenkali » aveva detto sir Osbert, esaminandolo attraverso il monocolo. « Santo Cielo, zio, ma è stupendo! » Peter aveva un amico che era rimasto un mese a Zenkali ed era tornato esaltando le meraviglie dell'isola come un agente di viaggi. « Non ti mandiamo certo fin lí in vacanza » aveva puntualizzato bruscamente sir Osbert. « Farai da assistente a quell'idiota di Oliphant.» Fuori nevicava e oltre la cortina di pizzo intessuta dai fiocchi candidi Londra rombava e strepitava fragorosamente. « A Zenkali la situazione è... mmh... come dire... critica » aveva aggiunto sir Osbert. « Come saprai, è stata promessa loro l'autonomia, o meglio, per essere piú precisi, il potere sta per cadere nelle mani di quel loro ridicolo sovrano, re Tamalawala Terzo. » « Pensavo fosse considerato un buon monarca » aveva obiettato Peter, « progressista e via discorrendo. » « Quell'uomo è un pagliaccio » aveva tagliato corto sir Osbert, « un esempio perfetto di cosa si ottiene a mandare un cannibale a Eton! » Peter era rimasto in silenzio. Le sue idee erano diametralmente opposte a quelle di suo zio e avevano già provocato screzi in passato. Non voleva però giocarsi la possibilità di andare a Zenkali. « Bene » aveva continuato sir Osbert, sedendosi alla scrivania, « la grana che ci tocca affrontare è la seguente: stavamo giusto per dare l'autonomia a questa gente quando i capi di stato maggiore decidono che Zenkali è un'isola di grande importanza strategica. Vogliono tenere i russi alla larga dall'oceano Indiano, o qualcosa del genere. A ogni modo è scoppiato un gran putiferio. Vogliono costruire una pista d'atterraggio, ma questo implica l'inondazione di alcune valli e la realizzazione di una centrale idroelettrica. » « E allora cosa succederà? » domandò Peter, affascinato da tutta la faccenda. « I negoziati procedono normalmente, ma quel negro, il re, è un furbo matricolato, te lo dico io. Ci darà filo da torcere... » « Ma la pista d'atterraggio porterebbe dei vantaggi a Zenkali? » chiese ancora Peter. « Certo, è chiaro. E proprio quello di cui hanno bisogno... Un sacco di marinai e di avieri, bravi ragazzi tutti d'un pezzo che spendono la paga in souvenir e... ehm... sí, insomma, in tutto ciò in cui i marinai e gli avieri spendono la paga. Poi c'è la centrale idroelettrica che darà lavoro a un sacco di gente. L'intera faccenda sarà una manna per l'isola, te lo dico io, nonostante le obiezioni di quell'imbecille di Oliphant. Ma la situazione è abbastanza delicata. Il re non ha ancora dato il suo consenso. Sono coinvolti grossi nomi, sai? Lord Hammer... la sua società dovrebbe fare la diga e quei lavori lí... Naturalmente ci sarà una gara d'appalto, ma si tratta di pura formalità. A ogni modo la situazione, come t'ho già detto, è estremamente delicata, perciò non voglio che ti ci metta anche tu a provocare guai, è chiaro? » « Sissignore » rispose Peter in tono deferente. « Voglio solo che tu tenga le orecchie e gli occhi aperti per poi riferirmi se qualcosa non va, capito? Non c'è mai da star tranquilli quando si ha a che fare con un mucchio di negri. » E cosí Peter si ritrovava in alto mare, destinazione Zenkali, intento a domandarsi lugubremente se le sue spoglie sarebbero state sepolte in fondo agli abissi da un afflitto capitano Papas. A quel punto, dato che nel suo stomaco non era rimasto niente da vomitare, cadde in un sonno agitato. Si svegliò la mattina dopo e s'accorse che il temporale era passato e che la nave procedeva sbuffando su un mare turchino piú levigato di uno specchio. Il cielo era azzurro come un non-ti-scordar-di-me; piccoli banchi di pesci volanti guizzavano in mezzo ai bagliori dell'acqua scivolando davanti alla prua, mentre a poppa due albatros si libravano immobili nell'aria alla stessa velocità della nave senza il minimo sforzo, come se fili invisibili li tenessero legati all'imbarcazione. Risollevato e rinfrancato da quel tempo stupendo, Peter si avviò verso la minuscola sala da pranzo in cerca della colazione. Il capitano Papas era già comodamente sistemato a tavola e stava dando l'assalto a un enorme piatto di pancetta, uova, salsicce e fagioli che navigavano nell'unto. « Buongiorno, buongiorno » urlò il capitano con fare gioviale e a bocca piena. « Tu ha dormito bene, sí? » prendono lavoro. Cosí lui prendi soldi per valle e anche soldi per diga. Ministro di Sviluppo è maledetto bastardo truffatore schifoso. » Il capitano si sistemò sulla sedia e fissò Peter con aria sconsolata, cercando di dare l'impressione - senza molto successo, però - di uno che non avrebbe mai osato perpetrare un imbroglio simile in vita sua. « Se quello che mi ha detto è vero » disse Peter, « l'unica cosa che quel tizio sta sviluppando è il suo conto in banca. » « Già » annuí il capitano, stiracchiandosi. « Io ora va su ponte. Piú tardi beviamo bicchierino insieme, eh? » « Grazie, con piacere. » Dopo che il capitano se ne fu andato, Peter si diresse in coperta, dove trovò una sedia a sdraio sgangherata su cui si distese a godersi il sole. Si accinse alla lettura di un libro che aveva acquistato poco prima di lasciare l'Inghilterra. Si trattava di una pubblicazione stampata a Singapore e intitolata Zenkali: notizie e spigolature per il turista occasionale. L'autore aveva nascosto la sua vera identità sotto lo pseudonimo di Capricorno e, già dalle prime frasi, si comprendeva il perché. "Zenkali" concedeva Capricorno, "è una delle isole piú idiote, piú frustranti, piú stupide e piú deliziose che io abbia mai avuto il piacere di visitare. Devo confessare che in tutta la mia vita non mi è mai capitato di imbattermi in cosí tante componenti demenziali concentrate in uno spazio talmente limitato." Dopo un esordio di questo genere, le Notizie in questione avevano tutta l'aria di rivelarsi un'avventura ricca di sorprese, pensò Peter. L'isola di Zenkali è situata sul tropico del Capricorno, in diagonale rispetto al confine fittizio tra l'oceano Indiano e l'oceano Pacifico. Fortunatamente si trova al di fuori delle zone interessate da cicloni e uragani, perciò gode di un'esistenza relativamente tranquilla rispetto alle altre isole bagnate da questi mari. L'isola è lunga centosessanta chilometri e raggiunge i quaranta chilometri nel punto di massima larghezza. La sua forma ricorda quella di una C maiuscola a faccia in giú e dal punto di vista topografico è caratterizzata dalle protuberanze dei suoi due vulcani spenti, il Timbalu e il Matakama; quest'ultimo, che è il piú grande dei due, ospita nel suo cratere un lago di notevole estensione. L'isola è stata terra di conquista di vari popoli. Per primi gli arabi, che la scoprirono nel 1224, a cui subentrarono i portoghesi nel 1464. Gli olandesi, che si impossessarono dell'isola nel 1670, vi rimasero fino al 1700. Furono sostituiti dai francesi, i quali, a loro volta, dovettero cedere l'isola agli inglesi nel 1818. Le successive ondate di stranieri che occuparono l'isola non si lasciarono alle spalle niente che potesse essere di aiuto alla popolazione indigena. Gli arabi introdussero l'abaco, il quale, per gente che non sapeva né leggere né scrivere e che riusciva a malapena a contare fino a cinque, era un regalo di dubbia utilità. I portoghesi lasciarono due fortificazioni costiere che ben presto caddero a pezzi e una tecnica per ottenere un vino (chiamato Nettare Zenkalese) da una varietà locale della prugna. I francesi a loro volta hanno lasciato le strutture portuali, che sono ancora abbastanza solide e tutto sommato utili, oltre a una serie interminabile di ricette a base di fauna locale. Dagli olandesi Zenkali ha ereditato gli edifici ben fatti e massicci che attualmente costituiscono il palazzo del governatore, il palazzo reale, il centro amministrativo e il parlamento. Purtroppo c'è da aspettarsi che alla loro partenza gli inglesi non lascino in eredità alla popolazione indigena che una sensazione di smarrimento, una cieca venerazione per il cricket e la ferma volontà di continuare a festeggiare il compleanno della regina. Peter si domandò, e non era quella la prima volta nel corso della sua carriera, perché mai gli europei si ostinavano sempre a imporre alle altre razze i propri modelli di comportamento, soprattutto in campo religioso. Forse era troppo sperare che non ci fossero stati missionari nella storia di Zenkali. Sfogliò quindi le Notizie fino al capitolo "Religione" e scoprí che anche l'autore condivideva le sue idee. è sempre stato triste destino dei cosiddetti infedeli quello di dover essere angariati dalle convinzioni religiose dei loro conquistatori. Nel caso specifico di Zenkali, la tribú minore, i Ginka, adorava Tambaca, il dio Pesce, la cui incarnazione era il delfino, anche se in realtà quest'animale è un mammifero. La tribú dei Fangoua venerava invece un curioso volatile locale chiamato Tiomala e che i francesi battezzarono Uccello Beffardo a causa del suo richiamo, che pare assomigliasse a una risata sfrenata e beffarda. Tuttavia i francesi scoprirono che questo uccello era una pietanza prelibata, tant'è che quando vennero sconfitti dagli inglesi e dovettero rinunciare all'isola si erano già praticamente pappati fino all'ultimo esemplare di Uccello Beffardo, nonostante le proteste dei Fangoua. Fu cosí che tale tribú fu costretta a rinunciare a tutte le sue pratiche religiose. Dopo la scomparsa dell'Uccello Beffardo, i Ginka assunsero un atteggiamento estremamente irritante nei loro confronti, vantandosi di essere l'unico popolo sull'isola a venerare un vero dio. Ciò causò diversi episodi spiacevoli. Ma l'arrivo dei missionari diede ai Fangoua la possibilità di abbracciare il cristianesimo e di dimostrare la propria superiorità rispetto ai Ginka. Cosí, al momento in cui questo libro viene dato alle stampe, la tribú Fangoua è piú o meno divisa tra Chiesa cattolica romana e Chiesa anglicana, oltre a un gruppetto di anime coraggiose che si è unito a una strana setta religiosa Aprí allora le Notizie per vedere se c'erano informazioni su quegli animali bellissimi e aggraziati. Cercò il capitolo relativo alla storia naturale dell'isola e si accinse alla lettura. "Prima dell'invasione araba" affermava l'autore, "l'isola godeva di una fauna abbondante, libera di riprodursi piú o meno indisturbata. Con l'arrivo degli arabi e degli europei, inevitabilmente le specie animali indigene in gran parte cominciarono a estinguersi, sterminate dagli invasori per motivi culinari o venatori; inoltre queste specie subivano le alterazioni al loro habitat naturale causate dall'abbattimento delle foreste vergini. L'unica specie botanica sopravvissuta alle scorterie europee e alla relativa invasione di piante e alberi nuovi, assolutamente estranei alla flora locale, è l'albero Amela, principale risorsa naturale dell'isola (vedi Economia). Da un punto di vista antropologico la perdita piú ingente riguarda l'Uccello Beffardo il quale, come già accennato, era alla base della religione dei Fangoua. L'Uccello Beffardo, probabilmente l'esemplare ornitologico piú curioso di tutta Zenkali, aveva pressappoco le dimensioni di un'oca e si muoveva su lunghe e forti zampe. Il becco era oblungo e leggermente ricurvo, con un grande casco in cima alla testa, che nella femmina era rappresentato da un semplice scudo frontale. Le sue ali erano minuscole e non servivano di certo a volare; poiché di natura tutt'altro che diffidente, era logico che l'uccello diventasse la preda ideale dei francesi: non solo non sapeva volare, ma non scappava nemmeno via. Tutto ciò che resta oggi di questo affascinante uccello è una coppia di esemplari imbalsamati a Parigi, cinque o sei maschi impagliati in altri musei sparsi per il mondo e infine una mezza dozzina di scheletri e una manciata di ossicini. Stranamente, l'estinzione dell'Uccello Beffardo coincise con la scomparsa dell'albero Ombu. Si trattava di un albero molto particolare che, a intervalli irregolari, produceva un frutto che pare fosse un alimento fondamentale nella dieta dell'Uccello Beffardo. Attualmente esiste un unico albero Ombu superstite, un esemplare che si ritiene abbia piú di trecento anni, nel giardino botanico di Dzamandzar, capitale di Zenkali. Nonostante abbia spesso dato frutti, i suoi semi non riescono a germogliare. Con molta probabilità quest'albero, sicuramente il piú raro di tutta la terra, finirà per morire senza discendenti." Peter richiuse il libro, guardò i riflessi verdi e porporini del tramonto sul mare ormai quasi nero e pensò all'albero Ombu. Aveva già sentito parlare di animali che si erano estinti e solo qualche minuto prima avrebbe concluso, come tanta altra gente, che si trattava di un processo naturale, come la scomparsa dei dinosauri, e che non aveva niente a che vedere con l'uomo. Ora sapeva che non era vero. Stranamente, però, non aveva mai considerato gli alberi e le piante come esseri che potessero subire lo stesso destino degli animali. Per la prima volta si rese conto dell'armonia della natura; l'abbattimento di una foresta comportava automaticamente la distruzione delle creature che dentro e attorno a questa vivevano e si nutrivano. Analogamente, se si annientavano gli animali, veniva annientata anche la foresta che per molti versi dipendeva da loro. Si allungò sulla sedia e continuò la lettura. "Dal punto di vista dei lepidotteri, la specie piú importante in assoluto a Zenkali è senz'ombra di dubbio la farfalla Amela. Questa singolare rappresentante della famiglia delle Sfingidi assomiglia allo Smerinto europeo. Si tratta di un grosso insetto dal corpo robusto con apertura alare superiore ai dieci centimetri. Le ali superiori sono grigio cenere con grosse macchie nere e dorate, mentre quelle inferiori sono di un color magenta vivace con un largo bordo nero. Come il suo equivalente europeo, raggiunge una incredibile velocità di volo e, allo stesso modo del colibrí, riesce a volare sia in avanti sia all'indietro. La rassomiglianza col colibrí è rafforzata dalla lunghezza inusitata della proboscide (ben dieci centimetri in massima estensione), simile a un becco ricurvo. Questa farfalla è l'unico insetto esistente a Zenkali che abbia una proboscide abbastanza lunga da riuscire a penetrare la corolla imbutiforme del fiore dell'albero Amela, e quindi a fecondarlo. Per questa ragione è di importanza vitale nell'economia dell'isola (vedi Economia). Non appena fu scoperto il suo nesso con l'albero Amela, l'uso degli insetticidi venne totalmente bandito, col risultato che attualmente Zenkali è invasa da un vasto assortimento di bestiole, alcune piú perniciose di altre." Seguendo le istruzioni, Peter passò al capitolo dedicato alla situazione economica dell'isola, non perché amasse particolarmente l'argomento, ma per il semplice motivo che voleva sapere tutto il possibile sulla mèta del suo viaggio. Fu felice di sapere che l'economia di Zenkali si basava praticamente su un unico prodotto: l'albero Amela che, oltre a fornire un legno particolarmente pregiato, era molto richiesto e utilizzato per i suoi fiori e i suoi frutti nell'industria dei profumi e in quella dei medicinali. Praticamente quest'albero ineguagliabile assicurava a Zenkali un futuro sereno dal punto di vista finanziario. Un respiro ansimante, accompagnato da un potente effluvio di aglio, annunciò a Peter l'arrivo del capitano Papas, che si mise comodo su una sedia a sdraio. « Stasera noi ha cena speciale, signor Foxtrot » dichiarò tutto soddisfatto. « Stasera cena greca, eh? Noi festeggia ultima notte fuori Zenkali. Noi bere e poi balla. » « Ballare? » ripeté Peter allarmato, mentre già si vedeva avvinto nella stretta da orso del capitano Papas e trascinato in un valzer vorticoso in coperta. « Sí, ballare » confermò l'altro con fermezza. « Ballo greco, eh? Io ti impara ballo greco... Piú meglio ballo di tutto mondo. » « La ringrazio » acconsentí Peter, rassegnandosi a trascorrere una serata all'insegna dell'alcool e dell'esercizio fisico. Non venne deluso. La cena, indubbiamente squisita, pareva fosse stata preparata per una famiglia di mammut, e inoltre venne innaffiata da un carosello interminabile di vino rosso o bianco a seconda della pietanza con cui era servito. Alla fine del banchetto, tre giovani zenkalesi si alzarono e si abbandonarono a una mirabile danza greca mentre il capitano Papas suonava il buzuki (specie di liuto) con grande parallela alla scogliera insidiosa. Checché si pensasse dei difetti del capitano Papas, non si poteva certo dire che non conoscesse la barriera corallina di Zenkali. Spinse la nave lungo di essa finché non giunsero a un varco del tappeto ondeggiante di schiuma. Con un ruggito spaventoso gli enormi marosi si facevano largo attraverso il varco, non piú ampio di una trentina di metri, per poi frangersi in un'infinità di piccole onde nelle acque racchiuse dalla barriera. Il capitano virò bruscamente e affrontò il passaggio a tutta velocità. Per un attimo l'Andromeda III ondeggiò, poi scivolò tranquilla sulle acque placide della laguna. La nave infine entrò nella baia Beffarda sulla quale s'affacciava Dzamandzar, porto e capitale di Zenkali. Doppiarono un promontorio dominato da un'imponente costruzione in pietra rosata che, pensò Peter, doveva essere il palazzo reale, ed ecco offrirsi alla vista la città, che si stendeva in un ventaglio variopinto di case sparse su dolci pendii, coi due vulcani sullo sfondo. Le case erano quasi tutte linde abitazioni di legno dai tetti impagliati, con qua e là qualche edificio piú solido fatto di blocchi di roccia. Ogni casa era dipinta in un colore diverso, cosicché l'effetto d'insieme era quello di un carico di mattoni colorati rovesciato fra nuvole di cespugli di buganvillea e macchie fiammanti di poinciana regia in piena fioritura. Peter era incantato. Quello spettacolo superava di gran lunga le sue previsioni piú rosee. L'Andromeda III gettò l'ancora con uno sferragliare sordo e si ritrovò ben presto attraccata al molo. L'aria calda portava con sé l'aroma di Zenkali, una miscela inebriante e misteriosa, fatta di olio di palma, di una profusione di fiori diversi, di foglie seccate al sole, di legna bruciata, di ananas, papaia, mango e limone, di sale marino e pesce fresco, e poi di cieli azzurri e di rugiada mattutina e di mille altre fragranze che non ebbe il tempo di individuare perché venne interrotto da uno zenkalese grosso e lustro che si materializzò lí sul ponte davanti a lui. L'uomo doveva ricoprire una carica ufficiale perché indossava una divisa blu scuro con alamari bianchi, calzoncini bianchi, calze blu lunghe fino al ginocchio e stivali marrone lucidi come il suo viso. Tuttavia portava in mano un bastoncino biforcuto lungo e sottile che discordava notevolmente con l'abbigliamento generale; nella biforcazione era infilato un foglio ripiegato. « Mister Foxglove, benvenuto signore » esordí il messaggero con un impeccabile saluto militare. « Grazie » rispose Peter, abbozzando a sua volta un saluto. Il messaggero gli porse l'estremità del bastoncino biforcuto. « è libro per te, signore, da parte di padrone Hanibal » spiegò. Peter estrasse cautamente il messaggio dalla punta del bastoncino e lo aprí. Era un unico foglio scritto in un corsivo chiaro ed elegante su carta color avorio. "Caro Foxglove" lesse, "benvenuto. Non si preoccupi di niente. Non deve far altro che seguire l'uomo col bastoncino biforcuto. H." Il messaggero rivolse un largo sorriso a Peter. « Padrone viene con me » lo invitò. « Noi va a casa di padrone Hanibal in barocino di Kingy. Dopo poi manda valigie di padrone. » Un po' stordito, Peter seguí l'uomo col bastoncino biforcuto giú dalla Andromeda III fin sul molo, dove si trovavano due risciò in vimini intrecciato, con due robusti zenkalesi piazzati fra le aste dei veicoli. Peter si accomodò in uno dei "barroccini", il messaggero occupò l'altro e si ritrovarono subito in viaggio per le strade della città. Raggiunta la periferia, i risciò svoltarono in un ampio sentiero di ghiaia e finalmente si fermarono davanti a una lunga casa bassa che sorgeva in mezzo a una foresta di giganteschi fichi delle pagode. Il messaggero guidò Peter attraverso un'ampia veranda immersa nel profumo di una infinità di fiori, fino all'entrata principale, costituita da due enormi portali riccamente intagliati. La porta venne aperta da un domestico zenkalese, in un'impeccabile divisa bianca e fascia scarlatta attorno alla vita, che sorrise a Peter accennando un lievissimo inchino. « Buongiorno signor Foxglove » disse. « Tu viene con me, per piacere, da questa parte... Padrone già aspeta te. » Si voltò e lo precedette attraverso un lungo corridoio dalle pareti ornate di dipinti cinesi su seta. Il domestico s'arrestò davanti a una porta, bussò con gran deferenza e poi inclinò la testa intento ad ascoltare la reazione al suo gesto. « Va' via! » sbraitò una voce tremenda oltre la porta, « va' via, selvaggio analfabeta... allontana la tua carcassa pagana da questa dimora di lacrime e dolore e fa' che il mio sguardo non si posi mai piú sui tuoi miserabili tratti neri da pitecantropo. » « Quelo padrone Hanibal » disse il domestico con un certo orgoglio. Senza lasciarsi scoraggiare né dalla belligeranza della voce né dagli ordini ricevuti, aprí imperterrito la porta facendo capolino nella stanza. « Fuori... fuori! » ringhiò la voce. « Esci immediatamente! Se non fossi un uomo mite e gentile, riterrei mio dovere infliggerti vent'anni di lavori forzati per tentato omicidio, furfante di un negraccio. » Era forse questa, si domandò Peter attonito, la voce del consigliere politico Hannibal Oliphant? Il domestico attese con pazienza che l'uomo nella stanza riprendesse fiato, dopodiché disse: « Ti prego padrone, signor Foxglove lui qui ». Ci fu un breve silenzio, poi la voce tuonò: « E allora non startene lí impalato, fallo entrare immediatamente, mi hai sentito? » mano il bicchiere. Hannibal intanto osservava la scena con un ghigno sardonico sul viso, continuando a dondolarsi avanti e indietro nella sua maestosa sedia e sorseggiando il contenuto del suo bicchiere. « Bene, adesso mi dica qual è la ragione per cui sir Osbert, che Dio lo benedica, l'ha mandata fin quaggiú. » Peter sembrò sorpreso. « Be', per aiutarla » rispose perplesso. « Non è stato lei a richiedere espressamente un aiutante? » Hannibal inarcò le sopracciglia. « Dimmi un po' » domandò rivolgendosi a Audrey, « ho l'aria di uno che ha bisogno d'aiuto? » « Effettivamente un minuto fa hai proprio avuto bisogno d'aiuto » sottolineò lei, e Peter scoprí con grande piacere che aveva un leggerissimo accento irlandese. Hannibal mostrò il dito fasciato a Peter. « A causa di un ridicolo decreto che vieta l'uso degli insetticidi sull'isola, siamo attaccati su ogni fronte da orde di insetti malefici i quali, consci della loro immunità, non perdono occasione per cercare di avere il sopravvento su di noi. Proprio stamattina un calabrone, due volte piú grosso del monomotore di Lindbergh, è piombato qui dentro deciso a uccidere. Ho chiamato il mio domestico di Neanderthal affinché venisse a proteggere la persona del suo padrone e cosa fa quello stupido? Con l'aiuto di una racchetta da tennis colpisce l'insetto dritto sul mio petto. Per paura che il calabrone mi pugnalasse al cuore, ho cominciato a dimenarmi come un forsennato per scacciarlo, con l'unico risultato di vederlo affondare il pungiglione nel mio povero dito a mo' di arpione. Se sono riuscito a evitare l'amputazione dell'arto all'altezza del gomito lo devo all'arrivo di questa ragazza e alle sue elementari nozioni di pronto soccorso. » « Non faccia caso ad Hannibal » disse Audrey. « è senz'ombra di dubbio una delle persone piú petulanti di tutta l'isola e le sue capacità di esagerazione non hanno limiti. » Hannibal fissò la ragazza con aria addolorata, poi si rivolse a Peter. « Allora, mi dica, se il suo insopportabile parente non l'ha mandata qui per spiarci... » « Senta » lo interruppe lui, « io non sono una spia, e se mio zio mi avesse chiesto di venire in questa veste non sarei certo qui. » « Non si offenda, non si offenda » disse Hannibal conciliante, « ma suo zio me ne ha inviati già tre, di "aiutanti", e sono stato costretto a rispedirli tutti al mittente quando ho scoperto il motivo della loro missione. » Ci fu un momento di silenzio. « Va bene, lo so che mio zio è un vecchio bastardo, ma le assicuro che non sono della sua risma e tanto meno condivido le sue idee. » Il viso di Hannibal si rischiarò in un largo sorriso. « Non prendertela a male, ragazzo mio. Tuo zio odia i negracci. Io invece voglio molto bene a questa gente. » Peter si ricordò del profluvio di improperi con cui Hannibal aveva investito il suo povero domestico e l'imperturbabilità con la quale lo zenkalese l'aveva accolto. Era chiaro che aveva un modo tutto suo di dimostrare il proprio affetto per i "negracci", come li chiamava lui. « Va bene » disse Peter, « se devo lavorare qui è meglio sapere il peggio subito. Innanzitutto, cosa vuole che faccia? » « Niente di impegnativo » rispose Hannibal. « Fra un momento ti porterò da Kingy, poi faremo una capatina dal governatore, cosí potrai presentare i tuoi rispetti. Tutta roba innocua. Anche se la situazione qui: è tutt'altro che tale. » Si dondolò sulla sedia con aria corrucciata. Poi continuò: « Zenkali diventerà un paese autonomo, su questo non ci piove. Anche se molta gente vorrebbe poterlo fare, non c'è maniera di arrestare questo processo, né permetteremo che ciò accada. Fino a qualche mese fa l'autonomia era cosa fatta a tutti gli effetti, finché a un certo punto a qualche dannato cretino di Londra è saltato il ticchio della pista d'atterraggio. Sai già di cosa si tratta? » « Sí, mio zio mi ha detto qualcosa » rispose Peter, « ma a dire il vero non è che il suo resoconto sia stato del tutto chiaro. » « Non mi stupisce affatto » sbuffò Hannibal. « In poche parole, dopo che per anni e anni Zenkali era stata considerata assolutamente inutile dal punto di vista strategico, tutt'a un tratto hanno deciso che questo è il posto ideale per piazzarci una dannata pista di atterraggio di dimensioni gigantesche nell'estremo tentativo di tener lontani i russi dall'oceano Indiano. A parte il fatto che i signori generali stanno cercando di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati, personalmente ritengo che la pista e tutto ciò che la sua installazione inevitabilmente comporta non porteranno alcun beneficio all'isola. » « è quello che continui a dire, ma non ne spieghi mai la ragione » obiettò Audrey. « è difficile da spiegare senza rischiare di apparire un vecchio trombone reazionario contrario a ogni genere di progresso e di cambiamento. Ma vi assicuro che non è cosí. » Hannibal si alzò e cominciò a passeggiare nervosamente su e giú per la sala. Poi si fermò e, col piede poggiato sul dorso sterminato del mastino del Tibet, bevve un lungo sorso dal suo bicchiere. « Quest'isola è unica. L'albero Amela ci permette di far quadrare il bilancio e assicura a ogni zenkalese un pollo nella pignatta. E può continuare a prosperare, a patto che venga lasciata in pace. Ma se permettiamo che questa stupida storia della pista d'atterraggio vada in porto, non riesco a pensare ad altro se non al disastro che si profila all'orizzonte. » « Ma perché? » insistette Audrey. « Mia cara » disse Hannibal, « non si tratta di una semplice pista d'atterraggio, ma di una base militare. Solo per costruire quella dannata pista ci vuole, tanto per cominciare, una bella centrale idroelettrica. La stessa pista dovrà essere, come dire, nutrita e abbeverata, e come pensi che lo faranno? Con l'aiuto degli esplosivi apriranno uno stramaledetto varco nella barriera corallina, cosa che permetterà l'ingresso in porto a unità navali di stazza non indifferente. Cosí dalla sera alla mattina diventiamo un enorme arsenale e di conseguenza, nell'eventualità di uno screzio qualsiasi, il bersaglio immediato del nemico. Per non parlare poi degli effetti di cinque o seimila giovani marinai e avieri, virili e annoiati, relegati su quest'isoletta. Mi sento male al solo pensarci. No, sono assolutamente contrario a tutta questa storia, ma ho paura che nessuno vorrà darmi retta. E ora che quella lurida canaglia di Looja ci ha messo lo zampino, mi spaventa il solo pensiero delle possibili « Fammi un favore » la pregò lui tutto serio. « Ho una mole di lavoro che mi aspetta. Porta il giovane Foxglove in giro, mostragli qualcosa dell'isola, fagli conoscere il posto... Sai come sbrigartela... è appena arrivato, ha bisogno di qualcuno che lo metta a suo agio... » « Be', non so se Peter ne abbia poi tanta voglia... » cominciò Audrey piuttosto incerta. « Sarebbe il massimo » si affrettò ad assicurare lui. « E prometto di non fare troppe domande idiote. » « Be' » disse Audrey, « le va bene domattina alle otto? » « Perfetto » confermò Peter. Seguìto dalla massa eccitata dei cani, Hannibal attraversò il corridoio con incedere solenne e scese gli scalini della veranda. Fuori li attendevano i risciò con due zenkalesi forzuti. « Noi va a casa di Kingy » ordinò Hannibal agli zenkalesi mentre montava su uno dei due risciò. « Voi corre presto presto, sennò questo padrone qui uccide voi. » « Sí, signore, capito » risposero i ragazzi sorridendo. Peter salí sull'altro risciò e i due veicoli partirono seguiti a ruota dai cani ansimanti che continuavano ad abbaiare. I due robusti zenkalesi erano cosí ben assortiti che i risciò avanzavano sincronicamente uno accanto all'altro. « Perché chiamate questi aggeggi barroccini di Kingy? » domandò a un certo punto Peter. « è l'unico mezzo di trasporto autorizzato in città » spiegò Hannibal. « è una trovata estremamente sensata. Sono una fonte d'occupazione, costano poco, sono piú o meno silenziosi e poi non inquinano. » « Sí, penso che sia proprio un'idea fantastica » convenne Peter entusiasta, « molto meglio che un sacco di orribili automobili. » « Decisamente » disse Hannibal, « e hanno un altro vantaggio, forse quello principale: appartengono tutti a Kingy. è stato lui a, diciamo cosí, inventarli. Ha il monopolio sulla loro produzione, e i ragazzi che li tirano devono pagare una quota al re. Vengono chiamati i Portantini di Kingy e, come i Ragazzi dei libri, fanno un lavoro considerato abbastanza prestigioso perché è direttamente collegato al re. Questi ragazzi devono passare un esame molto severo prima di poter avviare la propria attività. Devono correre per cinque chilometri a tempo di record sotto il sole cocente con cinquanta chili di patate addosso, dopodiché devono riuscire a piegare un toro sulle ginocchia. Credimi, in confronto l'esame di guida è un gioco da ragazzi. » I portantini di Kingy mantenevano un'andatura costante e i risciò procedevano attraverso la campagna con un leggero cigolio di ruote sulla terra ocra della strada. A sinistra, attraverso una macchia di alberi di poinciana regia, Peter intravide la distesa azzurra della laguna liscia come l'olio e, in lontananza, il festone di spuma che ornava la barriera corallina come una ghirlanda di fiori bianchi scompigliata dal vento. « Bella ragazza quella Audrey, vero? » disse Hannibal meditabondo. « Incantevole » confermò Peter entusiasta. « Mi meraviglio che non sia ancora sposata. » « Troppo buon senso unito a testardaggine irlandese... e comunque qui attorno non c'è nessuno che valga la pena di sposare » disse Hannibal. « Suo padre è un irlandese vecchio stampo, un matto. Dirige La voce di Zenkali, il nostro quotidiano locale, famoso per i suoi editoriali mordaci e perché contiene un numero incredibile di errori tipografici. » « E Audrey l'aiuta? » « Sí e no, cerca di convincerlo a mangiare invece di bere, cerca di mantenere a livelli minimi il numero di errori nel giornale. Ma con un padre irlandese unito a redazione e compositore tipografico zenkalesi, la buona volontà serve fino a un certo punto » disse Hannibal e poi. scorgendo un altro risciò che si avvicinava, gemette: « Attento, ecco che arriva l'unica nube dell'orizzonte zenkalese, l'amico Looja ». Mentre i risciò si incrociavano per poi fermarsi, Peter guardò incuriosito l'uomo capace di generare tanta ostilità. Looja raggiungeva a malapena il metro e cinquanta ed era cosí minuto ed esile che sembrava costruito con ossi di pollo e una sottile pergamena scura. Indossava un impeccabile vestito grigio perla e una camicia di seta bianca, e ostentava un orologio d'oro rilucente. Looja si affacciò dal risciò, lo sguardo privo d'espressione come quello di un cobra, e separò le labbra non piú di un paio di millimetri mostrando i denti piccoli e bianchi. « Hannibal, amico caro » disse con smisurata cordialità, « dove siete diretti, vecchio mio? » « Da Kingy » rispose Hannibal. « Ma tu non stai andando nella direzione sbagliata? Credevo ci fosse una riunione straordinaria alle dodici. Come faranno senza di te? » « Come tu meglio di qualsiasi altra persona saprai, mio caro Hannibal, nessuno è indispensabile. Comunque ci andrò, a quella riunione. Sto solo tornando indietro per prendere dei documenti che avevo dimenticato » disse Looja, poi guardò Peter. « Lei deve essere il signor Foxglove, il nuovo assistente di Hannibal. Sono Muramana Looja. Conosco bene il suo caro zio. Sono felice di incontrarla. Mi perdoni, ma le ridicole limitazioni imposte da questi strambi veicoli mi impediscono di stringerle la mano e darle il benvenuto nella maniera piú consona alle circostanze. Alla prossima volta comunque, alla prossima volta. » Li salutò con un cenno della minuscola mano, poi il suo risciò si rimise in movimento. « Dio mio » disse Peter con un sincero moto di stupore, « che essere subdolo! è come capovolgere un sasso e trovarci sotto un piccolo « Hannibal, vecchio furfante! Pensavo non saresti piú venuto » tuonò con voce piena e profonda. Le sue mani enormi avvolsero premurosamente quella di Hannibal in una stretta gentile. « Mi dispiace di essere arrivato un tantino tardi » si scusò lui, « la colpa è di Foxglove qui... » « Signor Foxglove » declamò Kingy porgendogli la mano, « benvenuto a Zenkali! » « Sono veramente felice di essere qui, maestà » disse Peter, « e sono sicuro che il mio soggiorno nel suo regno sarà delizioso. » « Spero ci porti qualche notizia dal mondo esterno, signor Foxglove. » « Purtroppo no, maestà » rispose Peter. « Sa, prima di essere mandato qui ero nelle isole Barbados, che non sono proprio al centro dell'universo. » « Peccato! » sospirò Kingy. « Come vede cerco di tenermi aggiornato sugli avvenimenti internazionali con l'aiuto dei giornali, ma dato che mi arrivano con un mese di ritardo, sono sempre l'ultimo a essere informato. » « A che ora è la tua riunione di consiglio? » domandò Hannibal gettando uno sguardo all'orologio. « Dovete votare per la pista d'atterraggio, no?» « Sí, infatti » confermò Kingy. « Dannazione, Hannibal, so che l'idea non ti garba, ma se a tutti gli altri va bene, cosa posso farci io? Ormai tutto è stato detto e deciso, ed è compito mio pensare al futuro di Zenkali. » « Per me l'intera faccenda è ridicola » disse Hannibal caparbiamente. « Qui nessuno ha bisogno di una stramaledetta pista d'atterraggio! » « Be', devo ammettere che qualcuna delle tue argomentazioni è valida, ma qualunque sia il mio parere personale in proposito, ci sono forti pressioni a favore del progetto e praticamente non posso oppormi, come sai bene del resto. » « Certo, forti pressioni guidate da quella carogna di Looja » disse Hannibal inviperito. « Il fatto stesso che ci sia lui dietro a tutta questa faccenda basta a farla apparire un imbroglio ai miei occhi. » « Lo so, lo so » ammise Kingy tristemente. « E ce l'ha fatta proprio sotto il naso. Cosa pensi abbia detto quell'imbroglione quando l'ho interrogato sull'acquisto della valle destinata alla centrale idroelettrica? Mi ha risposto che era completamente all'oscuro dell'operazione, che l'aveva conclusa sua moglie a sua insaputa. Se non altro, bisogna riconoscere che in fatto di sfrontatezza non è secondo a nessuno... Ma dopotutto siamo noi che controlliamo lo sviluppo, e con un po' d'attenzione non gli permetteremo di rovinare l'isola. Sai bene che l'integrità di Zenkali mi sta a cuore quanto a te.» « Certo che lo so » disse Hannibal. « In effetti sei l'unica persona che mi dia qualche speranza. » « Be', dopotutto insieme riusciamo a divertirci abbastanza in questo compito noioso che è governare, vero? » concluse Kingy con un largo sorriso. « Arrivederci, signor Foxglove. Spero si sistemi bene e che Hannibal non la maltratti. Faccia attenzione, il suo precedente assistente se n'è andato via con l'esaurimento nervoso. Venga a trovarmi ancora. » « Con molto piacere » disse Peter. Kingy sorrise e agitò la mano massiccia in segno di commiato. « E ora » fece Hannibal, « una visita veloce al palazzo del governatore, cosí avrai fatto il tuo dovere per oggi e potrai riposarti. Penso che troverai il governatore e signora affascinanti, sebbene un po'... di un altro pianeta. » Sua eccellenza sir Adrian Blythe-Warick era un omino piccolo e piuttosto rachitico che dava l'impressione di essere stato inamidato agli inizi della carriera e di non essere mai piú riuscito a scrollarsi di dosso quella specie di rigidità permanente. Portava stampato sul viso un largo sorriso di circostanza. « Foxglove... Foxglove... certo, certo » disse stringendo la mano a Peter. Si schiarí la voce diverse volte. « Felice d'averla qui con noi, ragazzo mio, veramente felice... Già, già, situazione maledettamente delicata... ci serve tutto l'aiuto disponibile... Diplomazia, tatto ci vuole... ma sono sicuro che lei ce l'ha, ragazzo mio... Sembra un giovanotto ben piantato e a posto... uhm... già, già... proprio il tipo di cui abbiamo bisogno... il fior fiore della nazione... eccetera eccetera... Felice d'averla a bordo. » « Grazie, signore » disse Peter. « Già. Dunque, Hannibal, mio caro amico, versi da bere per tutti... uhm... una razione per tutti... il bicchiere della staffa... Lei gioca a bridge, Foxglove? » « No, signore, purtroppo no » rispose Peter. « Ah... eh, già... bene... peccato » disse sir Adrian dispiaciuto. « Comunque, venga a pranzo da noi, mi raccomando. » « Grazie, signore » disse Peter sentendo di avere veramente bisogno di quel bicchierino che Hannibal stava preparando. « Spero le piaccia Zenkali... » bisbigliò il governatore. « Paradiso tropicale... sta per avere l'autonomia, sa, doveva arrivare il momento, prima o poi... Eh, sí, le cose cambiano, anche se ci addolora molto... » « Certo, eccellenza » disse Hannibal assecondandolo. « Ho già spiegato tutto a Foxglove. » « Bene... bravo... » annuí sir Adrian. « Mi raccomando, lo porti a pranzo da noi. » In quel momento s'aprí la porta e lady Smeraldina Blythe-Warick fece il suo ingresso trotterellando come un giocattolino meccanico. Era vestita di verde dalla testa ai piedi: non solo erano verdi vestito, calze e scarpe, ma persino i capelli avevano riflessi verdognoli, ed era tutta luccicante di smeraldi disseminati su bracciali, collane, spille e medaglioni. I suoi movimenti erano accompagnati da scampanellii e tintinnii. Come un uccellino, si guardava intorno muovendo la testa a scatti. In una mano stringeva un cornetto acustico di tartaruga. « Ah, Smeraldina... già, dunque... questo è il giovane Foxglove, mia cara... fior fiore della... Mia moglie » concluse sir Adrian, indicandola con gesto vago. « E questo chi è, caro? » domandò lady Smeraldina avvicinandosi a Peter e infilandosi il cornetto nell'orecchio, che trovò con una certa difficoltà appostato dietro un sontuoso orecchino di smeraldi. « Foxglove, mia cara, Foxglove » ripeté sir Adrian alzando la voce. « Bravo ragazzo... ben piantato... appena arrivato... » « Folklove, hai detto Folklove? Che nome interessante! » esclamò « Salute » aggiunse Peter. « Eh, sí » disse Hannibal, avvicinandosi alle porte-finestre e guardando fuori. « Non è male, questa piccola stamberga... Penso che ti sentirai presto come se fossi a casa tua. » A casa sua? Peter aveva già la sensazione di essere vissuto da sempre in quella casetta. CAPITOLO 3 Zenkali approvata Tulip lo svegliò all'alba con un vassoio di tè e mango. Amos, tutto impettito, lo seguiva controllando ogni suo minimo gesto con lo sguardo vigile. I due domestici si diedero subito da fare ad aprire imposte e a mettere in ordine gli abiti. Fuori il cielo era color verde-foglia e ogni uccello di Zenkali cinguettava il suo saluto al nuovo giorno. Peter fece colazione con tutta tranquillità e poi, mezz'ora dopo, s'immerse nel mare tiepido e si distese a pancia in giú a osservare attraverso la maschera il carosello dei pesci che si muovevano nell'acqua limpida e trasparente. Davanti a quei colori e a quelle forme brillanti, davanti a quella intricata ragnatela di vita che gli scorreva sotto, finí per perdere la nozione del tempo. Improvvisamente si accorse che qualcuno stava chiamandolo e, rizzandosi, vide Audrey sul bordo dell'acqua. Nuotò velocemente verso riva e approdò sulla spiaggia. « Mi dispiace » disse asciugandosi rapidamente. « Non avevo idea di che ora fosse... Non ho mai visto niente di cosí fiabesco come quel tratto di scogliera. » « è splendido, non è vero? » convenne Audrey. « E la cosa incredibile è che sembra di non abituarcisi mai. Ogni volta che si va al largo, si può essere certi di scoprire qualcosa di nuovo. Io sono diventata famosa per aver disertato un invito a pranzo al palazzo del governatore perché ero lí con la mia maschera a guardare il fondale... » « Non è stato poi un crimine... » osservò Peter. « Oh, ma io adoro andare a pranzo dal governatore. Penso che sua eccellenza e signora siano incantevoli, e poi tutto è cosí stravagante... Hannibal ti ha già portato da sua eccellenza? » « Sí, ieri pomeriggio. è stata un'esperienza abbastanza singolare. Ma dimmi un po', c'è qualcosa di strambo in agguato dietro ogni cespuglio di Zenkali? » «Ti riferisci al genere umano? » domandò Audrey. « Sí » disse Peter, « dopotutto nemmeno Hannibal e Kingy possono essere definiti proprio normali. » « Be' » ammise lei, « effettivamente sono un pochino eccentrici rispetto alla norma. Penso sia cosí nelle isole in generale e a Zenkali in particolare. è una specie di malattia che si manifesta nella gente con l'esagerazione e l'esaltazione di ogni stravaganza del carattere. Sembra che Zenkali attiri particolarmente questo genere di persone e poi, quasi fosse una specie di serra, le trasformi in qualcosa di raro e curioso. Be' » concluse Audrey, « che ne diresti di andare a prepararti? » Peter si vestí in modo sportivo e poco dopo raggiunse la ragazza, che lo scortò verso la sua auto. « Oggi voglio presentarti a qualcuno dei nostri eccentrici indigeni. Dopotutto sono loro a mandare avanti l'isola. » « Non vedo l'ora » disse lui, « a patto che tu mi prometta di mostrarmi anche l'albero Ombu. » « Con piacere » acconsentí Audrey. Si mise alla guida della sua Mini fuoristrada, un macinino scassato ma efficiente, e Peter vide sul sedile posteriore una cesta con del cibo e un piccolo frigo portatile per le bibite. « Ho pensato che avremmo potuto fare un picnic » disse Audrey indicando le provviste. « C'è un posticino delizioso sul Matakama. » « Dove? Vicino alla valle di Looja il malvagio? » « Sí. è una zona stupenda, forse una delle piú belle dell'isola. Ma non resterà bella a lungo con le valli inondate, una diga mastodontica e una pista d'atterraggio » disse Audrey rattristata. « Devo quindi dedurne che sei contraria all'intero progetto? » domandò Peter. « Sí, decisamente. Sai, qui la gente sta fondamentalmente bene ed è felice. Sono molto semplici e, se vuoi, infantili. Di conseguenza questa faccenda della pista d'atterraggio è un po' come mettere una scatola di petardi con dei fiammiferi in un asilo modello. Penso che quel vecchio demonio di Hannibal abbia ragione. A ogni modo, dimentichiamo quella dannata pista, per adesso, e godiamoci il giro in auto. » Attraversarono la campagna sfavillante e, siccome quello era giorno di mercato, la strada era gremita di zenkalesi carichi di mercanzie e di bestiame. Audrey imboccò una laterale piuttosto angusta dove la marea del mercato si riduceva a un esiguo rivoletto e cosí poterono aumentare la velocità. La ragazza era un po' spericolata ma guidava bene, le mani appoggiate con disinvoltura sul volante. Indossava una camicia blu a quadri, jeans e sandali e si era sciolta i capelli. Peter guardò il suo profilo seducente domandandosi chi fosse in realtà Audrey. « A diciannove anni mi sono diplomata in un liceo artistico di Dublino » disse lei con un sorriso divertito, indovinando misteriosamente i pensieri di Peter. « Pensavo di essere un incrocio fra Leonardo da Vinci e Picasso. Ero abbastanza bravina, ma purtroppo non è sufficiente. E cosí dalla tenera età di vent'anni fino all'anno scorso ho speso tutta l'eredità di mia nonna, modesta ma sufficiente, e ho viaggiato in autostop per l'Europa, l'Africa e buona parte dell'Asia. è stata un'esperienza meravigliosa. Ma piú cose vedevo, piú mi rendevo conversazlone. « Sí, la pista d'atterraggio » disse la Reve, assentendo energicamente col capo. « Se quella proposta passa, siamo condannati. » « Dài, Reve. Sei peggio di Hannibal » intervenne Audrey. « Questa è una delle poche cose su cui Hannibal e io siamo pienamente d'accordo. Dato che l'intera faccenda è ormai un fatto compiuto, stavo pensando all'estremo tentativo di resistenza. E sai cosa ti dico Audrey? Sono convinta che persino il buon Dio sia contrario alla pista, perché in questi ultimi giorni non ha fatto altro che riempirmi la testa di idee tremende. Come tu sai, ho soltanto una congregazione modesta che però è molto fedele. E allora ho pensato che forse avrei potuto addestrarla e formare un'unità combattente, cosi potremmo sabotare i lavori di costruzione della pista di atterraggio e della diga. Con quel preciso intento ho ordinato alcuni libri giusto per avere qualche idea e mi hanno spedito del materiale fantastico. » La Reve si alzò e si catapultò in un angolo della stanza come una grossa libellula per ritornare con le braccia cariche di libri. « Guardate, ci sono informazioni incredibili qui dentro: cose utili su come far saltare i ponti, una ricetta di tutto rispetto per farsi le molotov da soli e... lo sapevate che un cucchiaino di zucchero nel serbatoio della benzina può avere effetti ancora piú nocivi su un veicolo che non una donna al volante? Il capitano Papas ha promesso di procurarmi tutti gli ingredienti necessari per fare dell'ottima polvere nera e suppongo che, con l'aiuto del Signore, potremmo dar loro un bel po' di filo da torcere. » Peter la guardò esterrefatto. Sembrava decisamente seria. « Ehm... ha già parlato ad Hannibal dei suoi piani? » le domandò. « No, non ancora. Ma gli ho preparato una nota al riguardo » disse la Reve, afferrando l'enorme cappello, e facendolo roteare sulla mano come una giostra. « Vediamo... ah, ecco la ricetta per la marmellata che voleva lady Smeraldina... liste della spesa... e questo cos'è? Ah, già, il mio sermone di domani... Ecco qua: "Breve piano per l'insurrezione a Zenkali". » Tirò fuori una nota dal nastro del cappello e la porse a Peter. « La dia ad Hannibal » soggiunse, « e gli dica che fra un mese i miei guerriglieri saranno pronti a scendere in campo. » « Non mancherò » disse Peter in tono estremamente serio, mettendosi la missiva in tasca. Quando alla fine si ritrovarono in auto e si furono allontanati mentre la Reve salutava vigorosamente, Peter si voltò verso Audrey che aveva cominciato a ridere a crepapelle. « Scusami » fece lei, « ma avevi un'aria talmente allucinata! Vorrei che avessi potuto vedere l'espressione del tuo viso. » « Be', come volevi che reagissi? » ribatté Peter. « Non sono certo abituato a ministri del culto che predicano la guerriglia. Ma non diceva sul serio, vero? » « Oh, ma certo, la Reve prende sempre tutto molto sul serio. Ciò non vuol dire che lo farà, però pianificherà tutto e farà tesoro delle nozioni apprese. Se mai sorgerà il problema di demolire qualcosa a Zenkali, lei sarà in prima fila a dare consigli e saprà esattamente quanta dinamite ci vuole per far saltare in aria il palazzo del governatore o che so io. La Reve non butta via niente. Sai, quando ogni due anni ha il permesso di tornare in patria, non va mica a casa come fanno tutti gli altri missionari. Preferisce andare da qualche parte dove possa imparare qualcosa da insegnare poi agli zenkalesi. » « Che genere di cose? » domandò Peter. « Qualunque cosa che ritiene possa essere utile. Per esempio, un giorno ha scoperto che la sabbia di qui può servire per fare un vetro abbastanza bello, cosí è andata a imparare a fare il vetro e a soffiarlo, e adesso alcuni suoi fedeli gestiscono una minuscola fabbrica di vetro. Non le andava a genio la maniera piuttosto empirica in cui si costruiscono le case qui, e cosí è andata in Scandinavia a imparare le tecniche piú aggiornate nell'uso del legno per la costruzione dei prefabbricati. Ora la sua gente ha le case e i mobili piú belli di tutta Zenkali. Ha imparato da autodidatta cose straordinarie: sa smontare un'auto o un camion pezzo su pezzo e rimettere tutto al suo posto nel giusto ordine; ha trascorso un anno a studiare le tecniche agricole piú avanzate e ha avviato un'altra azienda a conduzione familiare per far sedie in vimini e bambú. Tutti i suoi parrocchiani l'adorano. » Dalla casa della Reve la strada serpeggiava tra piantagioni di Amela e appezzamenti di terreno coltivato per poi inerpicarsi in una serie di tornanti. Piú salivano, piú la foresta diventava selvatica e intricata. La strada svoltò ad angolo e si trovarono davanti un largo ponte a metà del quale Audrey fermò la Mini. Alla loro sinistra s'ergeva una parete rocciosa fra i cinquanta e i cento metri d'altezza; dalla cima del dirupo un potente getto d'acqua bianco ricadeva come una morbida piega lucente, colpiva una sporgenza della roccia e s'infrangeva in una rosa di spuma inghirlandata d'arcobaleno, per poi continuare la sua caduta in due scintillanti cascate. L'acqua gorgogliava sotto il ponte e ricadeva da un precipizio ancora piú alto con un salto grandioso nella valle sottostante. « Questo è il fiume Matakama » disse Audrey, alzando la voce per superare lo scroscio dell'acqua. « è all'inizio della cascata superiore che hanno intenzione di costruire la diga. » Proseguirono lungo la strada che da quel punto prese a costeggiare il fiume che scendeva giú per la valle. Audrey decise di fermarsi e parcheggiò l'auto sotto gli alberi lungo la riva del fiume. Scaricarono il cibo e le bevande e si sedettero sul bordo dell'acqua. In quel punto il fiume era largo e profondo e scorreva fra sassi lisci ricoperti di muschio. Alcuni martin Pescatori dai colori brillanti guizzavano come fiammelle azzurre e scarlatte negli oscuri rovi e i rami vicino alla riva e l'aria risuonava del canto degli uccelli e del gracidio delle rane. L'erba sulla quale si erano seduti era punteggiata di fiorellini color magenta a forma di quadrifoglio. « Che posto incantevole! » esclamò Peter. « è incredibile che si possa pensare di distruggerlo. » « Purtroppo, questo è il progresso » tagliò corto Audrey, sezionando accuratamente un pollo. « Non mi è ancora del tutto chiara la configurazione geografica » disse Peter. « Com'è sistemata questa valle? » Audrey raccolse una manciata di terra e poi la lasciò cadere fino a formare un cono. « Questo è il Matakama » spiegò. Poi prese un rametto Damien. « Bene, allora faresti meglio a filare a casa » disse sbrigativamente la figlia. « Io porto Peter a vedere l'Ombu; sarò a casa per le otto, penso. E non bere piú di un uovo di scricciolo o ti ammazzo con le mie stesse mani, intesi? A piú tardi, mio venerato genitore. » « Che la barba di san Venceslao re assista te, figlia mia, e coloro che ti accompagnano nel tuo cammino. » Entrando nel barroccino di Kingy, Audrey sospirò: « Povero papà! Da quando è morta la mamma, di tanto in tanto alza il gomito. Io ci provo a tenerlo sotto controllo, ma non c'è niente da fare con lui ». « Ma da ubriaco è assolutamente delizioso! » obiettò Peter. « è proprio questo il problema » disse Audrey, afflitta. « è talmente delizioso che l'ha sempre vinta lui... Oh, dunque, adesso possiamo andare a fare un salutino all'Ombu. O forse stai annoiandoti? » « Come ci si potrebbe annoiare in tua compagnia?! » esclamò Peter. Il barroccino di Kingy sfrecciò per le stradine gremite di folla variopinta, immersa nel profumo speciale di un giorno di mercato. « Mi piacerebbe andare a esplorare le valli del Matakama prima che spariscano » disse Peter. « Sono mai state esplorate? » « Non credo proprio » rispose Audrey. « L'unica persona che si sia mai avventurata là dentro è Droom. » « E chi è? » indagò Peter. « Un professore mandato qui dal ministero dell'Agricoltura inglese per realizzare uno studio completo della flora e fauna zenkalese. è stato lui a scoprire l'importanza della farfalla Amela. Ora sta cercando di scoprire dove si riproduce quell'accidenti di insetto, e cosí trotta incessantemente per tutta l'isola. è un tipo strambo ma geniale. » « Se riuscissi a mettere insieme la mia attrezzatura da campeggio, ti piacerebbe un fine settimana esplorativo? » domandò Peter. Ci fu una pausa. « Sí » rispose lei lentamente, « mi piacerebbe. » « Organizzerò tutto io e poi ti farò sapere » disse Peter. Si rilassò e si sentí improvvisamente molto soddisfatto. Poco piú tardi, dopo aver ripreso l'auto, si ritrovarono nei dintorni di Dzamandzar, all'altezza del giardino botanico. Creato dagli olandesi, non occupava un'area molto vasta, però era ben curato e conteneva un'infinità di piante e alberi provenienti dall'Asia e dall'Africa. Immerso in questa vegetazione esotica s'intravedeva un edificio basso su cui era affissa una targa che lo proclamava sede degli uffici amministrativi del giardino. Audrey bussò a una porta e una voce stridula gridò loro di entrare. Nella stanza, da dietro una scrivania sommersa da mucchi di piante secche, semi e cumuli traballanti di pubblicazioni scientifiche, fece capolino un omino basso e grassissimo, dal cranio pelato e lucido. Portava il piú grosso paio di occhiali che Peter avesse mai visto, con lenti spessissime, segno che l'omino doveva essere quasi cieco. « Audrey! Audrey! Che gentile da parte sua venire a trovarci! » squittí l'omino, rotolando da dietro la scrivania fino alla ragazza per afferrarle le mani. « Che piacere vederla! Cosa posso fare per lei? » « Peter, il dottor Mali Fellugona... Dottore, le presento Peter Foxglove. L'ho portato a vedere l'albero Ombu, se è possibile. » « Tanto piacere di conoscerla » disse Fellugona stringendo la mano a Peter. « Certo che le faccio vedere l'Ombu. Povera la mia cara pianta, è rimasta sola al mondo ormai, sa, e cosí è ben felice di ricevere visite. » A Peter l'omino piacque subito. Fellugona si armò di una chiave gigantesca, uscirono dall'edificio e si avviarono lungo un ampio sentiero fiancheggiato da palme reali. « Sí, non avete idea di quanto questa pianta apprezzi qualsiasi piccolezza si faccia per lei » continuò Fellugona. « Per esempio adora la musica, e per fortuna io so suonare il flauto. Cosí ogni mattina il mio primo lavoro, la mia prima preoccupazione, oserei dire il mio primo dovere, è quello di suonare una o due arie per Stella, come l'ho battezzata. Sembra che preferisca soprattutto Mozart e Vivaldi... » Li guidò verso una zona del giardino dove era stata eretta una costruzione simile a una gigantesca voliera, con una struttura d'acciaio che sosteneva un'enorme zanzariera. Fellugona aprí una porta laterale ed entrarono tutti e tre. « Eccola qua, signor Foxglove » disse l'omino, quasi soffocando un singhiozzo, « la pianta piú sola al mondo. » L'albero Ombu era decisamente strano. Aveva un tronco tozzo alto tre metri, con una circonferenza di due metri e mezzo circa, e le enormi spire delle sue radici ghermivano il terreno come gli artigli di una strana bestia mitologica. La corteccia, striata di grigio e argento, era ricoperta di buchi e fenditure. Le foglioline verdi e lucenti come punte di freccia di giada pendevano da corti rami grossi e ritorti. Somigliava a un ombrellone da spiaggia piú grande del normale, pensò Peter, in equilibrio su un palo a sua volta di diametro fuori del comune. « Non è bellissima? » domandò Fellugona con un bisbiglio reverenziale. « Sí » rispose Peter, anche se quello non era certo l'aggettivo piú adatto. « La tenete in questa gabbia per qualche motivo particolare? » « Gli insetti nocivi! » disse Fellugona, gli occhiali che lampeggiavano. « Gli insetti nocivi, caro signor Foxglove. Ecco perché teniamo Stella in questo aggeggio. Cerchiamo di non chiamarlo gabbia perché questa parola ha tutte le spiacevoli connotazioni, come dire, di dura prigionia. No, Stella preferisce che lo chiamiamo il suo boudoir. » « Capisco » disse Peter serio. In capo a una quindicina di giorni, tutto era stato risolto alla perfezione: assegnate le stanze da letto, organizzati i balli, le cene e le sfilate militari; il governatore aveva scritto e provato davanti a uno specchio i suoi vari discorsi; le bandiere e i vessilli erano stati lavati e rimessi a nuovo; la banda di Zenkali aveva straziato le orecchie a tutti con le sue prove e una delle guardie del re aveva fatto partire per sbaglio un colpo di cannone che aveva aperto una grossa breccia su un lato del palazzo reale con gran disappunto di Kingy. L'intera Zenkali era sull'orlo dell'isterismo. Peter aveva anche avuto l'occasione di conoscere il professor Droom, lo scienziato stravagante, che si vantava di aver fatto una scoperta importante e voleva assolutamente vedere Hannibal o Kingy. Dato che loro erano troppo indaffarati con le celebrazioni imminenti, Droom si era rivolto a Peter e non era passato giorno senza un messaggio con una supplica per un'udienza o senza una telefonata con la stessa richiesta. Alla fine, Peter sentí il bisogno impellente di una pausa e cosí telefonò a Audrey. « Vuoi venire a esplorare quelle valli? Sento che se non vado in montagna a nascondermi per un po' il mio equilibrio mentale corre un grave pericolo. » « Buona idea » disse lei. « Quando vuoi partire? » « Passerò a prenderti domattina. Sarò lí per le otto, va bene? » Peter si versò un whisky e decise che sarebbe stato meglio avvertire Hannibal. Fu quella la sua prima esperienza della stravaganza del sistema telefonico zenkalese. Formato il numero del centralino, udí una detonazione tipo colpo di pistola, seguita da uno strano rumore, un ronzio gorgogliante come quello di un alveare immerso in una vasca piena d'acqua, poi una voce sepolcrale disse: « Sí, signor Foxglove, qui Napoleone Waterloo. Che parte vuoi parlare? » « Con chi parlo? » domandò interdetto Peter, che non si era ancora abituato del tutto ai nomi di battesimo degli zenkalesi. « Napoleone Waterloo, signore. » « Cercavo il signor Hannibal. » Seguí una lunga pausa. « Tumba dice signor Hanibal no a casa, signore » riferí alla fine Napoleone Waterloo. « Lui andato a palazo di governatore. Tu vuole io pasare palazo di governatore? » « Va bene » disse Peter, « passami il palazzo del governatore. » Con la massima celerità ed efficienza, a parte qualche rumore di sottofondo, venne messo in comunicazione con la centrale di polizia di Dzamandzar, con il mercato ittico e infine, grande vittoria, con il palazzo del governatore, dove Hannibal venne a rispondergli. « In questo momento mi trovo in piena crisi domestica, perciò non posso perdere tempo » disse Hannibal. « Posso fare qualcosa? » « No, niente, purtroppo. Lady Smeraldina ha appena scoperto di non avere abbastanza lenzuola per tutti i vip. » « Volevo dirti che per i prossimi due giorni io sono via. Vado a esplorare le valli del Matakama con Audrey. » « Bravi. Vorrei poter venire con voi, anche se ho lo strano e probabilmente infondato sospetto che preferiate starvene da soli. » Peter ridacchiò. « Non vi perdete nelle valli. Dico sul serio, non sono mai state esplorate tutte, e se vi smarriste solo il diavolo riuscirebbe a ritrovarvi. » « Resteremo nelle zone sicure » promise Peter. Il mattino seguente lui e Audrey si diressero in auto verso la montagna. Il tempo era talmente splendido che non ci sarebbe stato bisogno di montare la tenda; bastavano i loro caldi sacchi a pelo. Lo zaino di Peter era pieno di scatolette varie, fiammiferi, tè e tutto l'equipaggiamento per rendere la vita sopportabile durante i due giorni di campeggio. Peter aveva portato anche sottili corde di nylon e la macchina fotografica. Era una tipica giornata zenkalese d'un azzurro sfavillante e Audrey era particolarmente seducente. Arrivati nella selva incolta, dove le piccole valli tributarie si diramavano da quella principale bagnata dal fiume Matakama, consultarono le mappe che Peter aveva portato con sé e decisero di esplorare per prime le tre valli laterali situate piú a nord. Guadarono il fiume e, una volta raggiunta la riva opposta, dovettero aprirsi la strada tra i fusti di guaiava che crescevano fitti e dritti. Peter segnava accuratamente il percorso per poter ritrovare la strada al ritorno. Col sopraggiungere del buio, avevano esplorato tutta la prima valle ed erano a metà della strada che conduceva alla seconda. Scelsero un promontorio roccioso per accamparsi durante la notte. Da quella piccola radura circondata su tre lati da alberi di poinciana regia carichi di fiori, godevano di una vista stupenda che abbracciava l'intera foresta fino al mare lontano. Accesero il fuoco e mangiarono il cibo che avevano portato. I pipistrelli frustavano il cielo con le ampie ali mentre si precipitavano a stormi nella foresta sottostante per nutrirsi di manghi selvatici fra grida acute. Piú tardi comparve la luna, prima bronzea, poi giallo primula e infine bianca come la neve mentre galleggiava nel cielo di velluto nero. Il mattino dopo all'alba vennero bruscamente risvegliati dalle urla rauche e dalle scaramucce di una compagnia ambulante di macachi dagli occhi furbi e il posteriore rosa. Peter strisciò fuori dal sacco a pelo sbadigliando e stiracchiandosi. « Buongiorno » disse Audrey. « Lo fai tu il tè? » « E va bene » concesse Peter, accovacciandosi vicino alle braci e riattizzandole con una manciata di ramoscelli. « Ho anche intenzione di cucinare alcune salsicce che ho avuto l'accortezza di mettere nello zaino.» « Che uomo geniale! » esclamò Audrey piena d'ammirazione. « Io » le fece notare Peter, « sono un esempio di virtú, se proprio vuoi saperlo. » « Potrò darti ragione solo quando avrò assaggiato le tue salsicce » disse lei, scivolando fuori dal sacco a pelo. Dopo colazione, lasciarono la radura e procedettero in direzione della seconda valle. A mezzogiorno non l'avevano ancora trovata e cominciavano a domandarsi se fosse stata segnata per sbaglio sulla carta o se magari l'avessero in qualche modo aggirata. Ma all'improvviso, « Certo, sto benissimo » disse finalmente lui. « Ascolta, prendi l'altra corda, legala ben stretta a un albero e vieni giú anche tu. Ho trovato una cosa incredibile. » « Non mi sembri del tutto a posto. Sei sicuro di sentirti bene? » « Ma sí! » disse impaziente. « Vieni giú subito. » Qualche minuto dopo, penzolando giú dal cielo, Audrey atterrò accanto a lui. « Mi hai fatto prendere uno spavento che non ti dico » si lamentò. « Perché non hai risposto quando t'ho chiamato? Pensavo ti fossi rotto l'osso del collo. » « Ero occupato a parlare con una coppia di uccelli » spiegò Peter. Audrey lo guardò stupita. « Una coppia di uccelli? » ripeté. « Sí. Due Uccelli Beffardi. » Lei spalancò gli occhi, incredula. « Uccelli Beffardi? » « Proprio cosí » confermò Peter. « Autentici Uccelli Beffardi in carne, piume e ossa. Mi hanno persino beccato i pantaloni. » La ragazza lo guardò preoccupata. « Sei sicuro di non aver battuto la testa? » domandò con ansia. « Ma figurati! » fece Peter. « Vieni, ti faccio vedere. » La prese per mano e la trascinò nel sottobosco nella direzione in cui si erano dileguati gli uccelli. Li trovarono una quindicina di metri piú in là che giravano in tondo in una piccola radura, raggranellando insetti e recitando la loro cantilena privata. Audrey non credeva ai suoi occhi. « Per san Pietro e tutti i santi apostoli! » esclamò alla fine. « Non stavi sognando. » Gli Uccelli Beffardi mostrarono un interesse particolare nei confronti di Audrey e si lasciarono grattare le testoline emettendo un leggero borbottio in segno di piacere. « Non sono incantevoli? » fece lei, sorridendo beatamente. « Sono cosí domestici... sembrano dei galletti. » « è proprio per questo che vennero fatti fuori in un batter d'occhio» disse Peter. « Chissà quanti altri ce ne saranno. » « è solo una valle minore. Non credo possano viverci in tanti. Forse sono gli unici due superstiti. » « Speriamo di no » ribatté Peter. « Mettiamoci alla ricerca e cerchiamo di scoprirlo... Oh, mio Dio, guarda! » disse improvvisamente, con tale veemenza da spaventare Audrey. « Cosa succede? » domandò lei, sorpresa. « Questi alberi » balbettò Peter, « sono tutti alberi Ombu. » « Oh, Signore, è vero » mormorb Audrey. « è fantastico... Ce ne sono a dozzine. La valle dev'esserne piena. » « Questa storia metterà tutti in subbuglio quando la racconteremo. » « Penso che faremmo meglio a parlarne prima con Hannibal » suggerí Audrey. « Andiamo a esplorare la valle e vediamo se ci sono altri esemplari di uccelli. » La valle era lunga circa due chilometri e mezzo e larga ottocento metri. Per tutta la sua lunghezza scorreva un ruscello che a un certo punto si allargava in un laghetto; la sabbia e il fango della riva erano costellati da decine e decine di orme di Uccelli Beffardi, ma ci volle un po' di tempo prima che i due giovani riuscissero a scovarne altri esemplari. Ci misero un po' piú di due ore e mezzo per perlustrare accuratamente tutta la valle e alla fine erano riusciti a contare quattrocento alberi Ombu e quindici coppie di Uccelli Beffardi. Scoprirono anche un altro accesso alla valle, le cui pareti erano costituite da dirupi profondi. Seguendo il corso del ruscello, giunsero a una fenditura nella parete rocciosa attraverso la quale fluiva l'acqua. Entrarono nella crepa che si faceva sempre piú angusta finché non diventò talmente stretta da lasciarli passare a malapena. Fu allora che videro la luce e udirono il rumore di una cascata. Si fecero strada faticosamente attraverso un groviglio di rampicanti e scoprirono che quella fenditura sbucava vicino alla cascata, nella valle principale del Matakama. Da quella posizione era ormai chiaro che, una volta inondata la valle principale, quella degli Uccelli Beffardi avrebbe subito la stessa sorte. « E adesso cosa succederà? » domandò Audrey. In quel momento né lei né Peter avrebbero potuto prevedere in tutta la loro complessità i problemi che avrebbe causato la resurrezione dell'Uccello Beffardo. Arrivarono da Hannibal all'imbrunire, proprio quando lui si era appena seduto di fronte a un enorme piatto di riso al curry. Alla vista di Audrey e Peter che irrompevano nella sua sala da pranzo tutti sporchi e trafelati, posò forchetta e cucchiaio e li fissò attonito. « Dal vostro stato disgustosamente sciatto devo dedurre che siete reduci da una estenuante escursione da boy-scout » disse. « Il vostro aspetto mi dice che avete bisogno di un buon pasto. Fortunatamente il mio cuoco fa sempre abbastanza da mangiare da sfamare non solo me ma anche, come sospetto, tutti i suoi ottantaquattro parenti vivi, perciò ce n'è in abbondanza anche per voi. Tumba, aggiungi due coperti, per placere. » « Hannibal, abbiamo fatto una scoperta importantissima » annunciò Peter. « Abbiamo trovato una valle sul Matakama... » continuò Audrey tutta eccitata. « ...piena di alberi Ombu e Uccelli Beffardi » aggiunse Peter. L'altro li fissò stupito. « L'unica spiegazione è che avete molto stoltamente esagerato con il Nettare Zenkalese » fu il suo commento. « Hannibal, stiamo dicendo sul serio » ribadí Peter. « è tutto vero. Abbiamo scoperto circa quattrocento alberi Ombu e quindici coppie di Uccelli Beffardi. » Hannibal li guardò in faccia e, dalle loro espressioni, si rese conto che barlume di democrazia. » « Il mio consiglio è di coglierli alla sprovvista » propose Hannibal. « La prima cosa da fare è rilasciare la notizia alla stampa locale e mondiale e vi garantisco che nessuno avrà piú il coraggio di appoggiare la continuazione dei lavori per la diga. » « Non conosci Looja » gli fece notare Kingy. Per un'ora, mentre andavano su e giú per la stanza, Hannibal e Kingy discussero la strategia da adottare. A Audrey fu dato il compito di convincere il padre a rimanere sveglio tutta la notte per preparare un'edizione straordinaria de La voce di Zenkali. Al segretario privato di Kingy venne ordinato di sfidare il sistema telefonico e di convocare tutti i membri del parlamento per un'assemblea straordinaria l'indomani a mezzogiorno. Nel frattempo, Hannibal e Peter prepararono un comunicato stampa da trasmettere il mattino dopo mediante cablogramma al corrispondente della Reuter a Giacarta. La riscoperta dell'Ombu e dell'Uccello Beffardo erano già di per sé abbastanza importanti da fare notizia, ma se si consideravano anche gli elementi aggiuntivi, e il fatto che la Empress of India sarebbe arrivata due giorni dopo carica di truppe, banda e personalità varie del governo britannico, si comprenderà che uno storico obiettivo avrebbe potuto definire la situazione zenkalese densa di interesse. Il giorno dopo Audrey e suo padre raggiunsero di primo mattino Hannibal e Peter, e tutti insieme si avviarono verso l'edificio di Dzamandzar in cui si riuniva il parlamento. Entrarono in uno splendido salone in cui due file di scanni ricoperti di cuoio scarlatto disposti a mezzaluna convergevano verso un imponente trono di legno; sui candidi pavimenti di marmo erano stati distesi dei tappeti color cremisi. Il segretario di Kingy aveva fatto un buon lavoro, visto che la sala era gremita. A sinistra erano seduti i Fangoua, a destra i Ginka. La maggior parte dei capitribú indossava le tuniche tradizionali, ma alcuni di loro erano vestiti all'europea. Fra questi ultimi spiccava Looja, che indossava un impeccabile vestito blu scuro. A mezzogiorno in punto i trombettieri davanti al parlamento diedero fiato ai loro strumenti e il barroccino reale, piú grande di tutti gli altri e riccamente decorato, si arrestò davanti alla scalinata principale per far scendere Kingy. Questi indossava una tunica color lavanda e stringeva in una mano un rotolo di carta pergamena. L'espressione serena e imperturbabile del viso non lasciava trapelare nulla. Quando entrò nel salone passando sul tappeto cremisi che portava direttamente al trono, tutti si alzarono e s'inchinarono. Peter colse lo sguardo infido e inespressivo di Looja e si domandò come avrebbe preso la notizia. Con lentezza studiata, Kingy si sedette sul trono, tirò fuori l'astuccio degli occhiali e si sistemò le lenti sulla punta del naso. Poi srotolò lentamente il proclama. « Una cosa è certa, quel vecchio furbo sa recitare da vero gigione » bisbigliò Hannibal. Kingy si aggiustò gli occhiali e scrutò per un attimo ciò che si accingeva a leggere. Regnava un silenzio di tomba. Il sovrano si schiarí la voce ed esordí: « Amici, siamo qui riuniti affinché possa darvi alcune notizie della massima rilevanza per Zenkali. Sono sicuro di non esagerare se definisco sensazionale quanto sto per rivelarvi... » A questo punto Kingy tossí, tirò fuori il fazzoletto e si lucidò accuratamente le lenti. Il silenzio si era fatto quasi tangibile. Si rimise gli occhiali sulla punta del naso e scrutò i presenti. « Come tutti voi sapete » disse con tono altisonante, « durante il periodo in cui eravamo sottomessi al giogo francese, i Fangoua subirono una perdita irreparabile, la perdita della loro antica e venerata divinità Tiomala che viveva sull'isola incarnata nell'Uccello Beffardo. » Kingy fece una pausa. « Contemporaneamente alla scomparsa dell'Uccello Beffardo » continuò poi, « venne a mancare anche l'albero Ombu, altra specie unica al mondo. Cosí, durante l'occupazione francese, Zenkali perse due specie di grande importanza biologica. Ma ancora piú importante è il fatto che i Fangoua vennero privati del loro dio, il che generò, e mi rincresce doverlo constatare, un'accesa ostilità con i Ginka... » Di nuovo fece una pausa e fissò la sezione Ginka dell'assemblea, che ondeggiò impercettibilmente. « Tuttavia » disse Kingy sfoggiando il suo piú largo sorriso, « la notizia che devo darvi è a dir poco miracolosa: né l'Uccello Beffardo né l'Ombu sono scomparsi. No. Essi sono ancora qui con noi » annunciò. La sala fu immediatamente in preda alla confusione. I Fangoua si alzarono all'unisono, isterici e increduli, mentre i Ginka emettevano fischi di disapprovazione. Kingy lasciò che la cacofonia degli schiamazzi continuasse per un minuto o due, poi sollevò la mano gigantesca. Il salone intero ripiombò nel silenzio. « Lasciate che vi racconti la storia di questa sensazionale scoperta» disse. E riferí quanto aveva appreso da Peter e Audrey. « Dunque » concluse alla fine Kingy togliendosi gli occhiali e agitandoli in aria, « benché questa notizia sia di estrema importanza tanto dal punto di vista biologico quanto da quello religioso, non posso nascondervi che costituisce un problema. Un grave problema.» Peter si accorse che Looja aveva ristretto gli occhi e si era sporto impercettibilmente in avanti. « Se dovessimo procedere alla costruzione della diga secondo il progetto, bisognerà inondare la valle che ospita sia l'Uccello Beffardo, simbolo di Tiomala, sia l'albero Ombu. » Looja sembrò raggomitolarsi su se stesso. Impassibile come un gatto. « Molti amici affezionati a Zenkali sono già in viaggio per unirsi a noi nelle celebrazioni che avrebbero dovuto tenersi per festeggiare la sottoscrizione del nostro accordo con il governo del Regno Unito. Tuttavia l'intera faccenda è irta di difficoltà. Il problema dovrà essere esaminato di nuovo nei minimi dettagli prima di poterci pronunciare definitivamente sulle sorti della diga. Ma dal momento che i nostri ospiti stanno per raggiungerci, non si possono certamente revocare le imponenti celebrazioni già predisposte. Per tale ragione propongo che i festeggiamenti vengano dedicati alla riscoperta del nostro dio Tiomala. » Kingy fece una pausa e sorrise serafico. Looja sembrò acquattarsi leggermente, come un serpentello pronto a colpire. « Oggi finalmente. dopo trecento anni » concluse Kingy alzandosi in piedi in tutta la sua imponenza, « posso rivolgervi l'antico saluto, (decisi a colpire e distruggere) e un gruppo di intrepidi Fangoua (decisi a difendere e salvare) si diressero contemporaneamente verso il circolo in quell'ora sacra in cui gli inglesi residenti a Zenkali - circa trentacinque anime in tutto - sorbivano bevande ghiacciate, facevano insistentemente la corte alle mogli degli altri soci, leggevano le riviste del mese precedente, giocavano a cricket o semplicemente chiacchieravano deplorando il recente comportamento degli indigeni. A ogni modo, non c'era un solo inglese che non si sentisse al sicuro dietro l'alta siepe d'ibisco potata a regola d'arte che circondava a mo' di bastione il circolo. Qualunque cosa facessero gli zenkalesi là fuori, i soci del circolo si sentivano al sicuro nel loro pezzettino ben curato di paradiso. Non si aspettavano certo che all'improvviso la perfetta e alta siepe protettiva venisse travolta e abbattuta al suolo da una valanga umana di Ginka e Fangoua avvinghiati in combattimenti corpo a corpo. Tubby Fortescue, ex-giocatore di rugby all'epoca dell'università, dotato di una muscolatura eccezionale ma praticamente privo di lobi frontali, riuscí a fracassare diversi crani sia ginka che fangoua con la sua mazza da cricket. Ci vollero cinque robusti zenkalesi di entrambe le tribú per domarlo e ficcarlo nello stagno delle ninfee, che costituiva una delle peculiarità del giardino del circolo. Melanie Treet, una fragile zitella che dipingeva ad acquerello paesaggi zenkalesi, venne costretta in un angolo e baciata da un Fangoua miope e fortemente ebbro, esperienza che d'allora in poi si riflesse nel contenuto delle sue opere. Nella confusione della lotta Sandy Shore, un fiorente piantatore di alberi Amela dall'ottima reputazione, perse gli occhiali, che vennero calpestati, e cosí si ritrovò praticamente cieco. La sua reazione fu immediata: convinto di vendicarsi su un prode Fangoua, Shore stese con un colpo di mazza da cricket il segretario del circolo Bill Mellor. La signora Mellor, una donna normalmente tranquilla con l'hobby dell'uncinetto e che adorava preparare marmellate, si infuriò tanto per quell'aggressione al proprio marito da giungere nientepopodimeno che a colpire Shore sulla testa con una bottiglia di anisette, che non solo gli fece perdere i sensi ma gli provocò anche una brutta ferita al cranio. Era il caos. Il prato per il cricket e il campo di bocce per tanti anni meticolosamente spianati, falciati e coccolati, vennero sconquassati da orde di zenkalesi e soci del circolo che vi si rotolavano sopra. Fu a questo punto che un Ginka esagitato avvicinò un insidioso fiammifero acceso all'edificio del circolo, una linda costruzione di legno dipinta di bianco dalle verande spaziose. Scoppiò un incendio spettacolare, alimentato da trofei di caccia imbalsamati, vecchie copie rilegate di giornali e foto di gruppo ingiallite. Quando finalmente polizia e vigili del fuoco arrivarono sul posto per ristabilire l'ordine, dell'edificio non restava altro che lo scheletro annerito, mentre il terreno circostante sembrava fosse stato invaso da una mandria di bufali indiani che se l'era spassata nelle aiuole e sui prati. Le due ambulanze di cui disponeva Zenkali dovettero fare ben dieci viaggi per rimuovere tutti i combattenti e trasportarli all'ospedale, ormai cosí gremito che fu necessario requisire uno dei padiglioni adibiti alle future celebrazioni. Sia i Ginka sia i Fangoua rivendicarono la vittoria riportata nell'assalto all'edificio; lo stesso fecero i soci del circolo, secondo i quali l'azione di retroguardia e la conseguente disfatta potevano tranquillamente essere considerate una vittoria tattica d'importanza pari, se non superiore, a quella di Dunkerque. Come se tutto questo non bastasse, il capitano Papas ritornò da Giacarta con un mucchio variamente assortito di inviati speciali e giornalisti televisivi. Un arrivo cosí massiccio da costringere Peter a requisire un piccolo albergo, La Luna Crescente, gestito dall'unica famiglia cinese residente a Zenkali. La proprietaria di quell'alberghetto aveva lo stranissimo nome di Sussiallei Chang. Peter rimase incantato ad ascoltare Audrey che spiegava l'etimo di quel nome di battesimo. I genitori di Sussiallei non sapevano né leggere né scrivere quando arrivarono da Hong Kong. Appena giunti a Zenkali ritennero opportuno abbracciare la fede protestante e cosí, quando nacque la loro primogenita, la portarono doverosamente dal pastore per farla battezzare. Volevano chiamarla Spirito Benigno del Crisantemo e cosí chiesero a un loro vicino, un uomo di cultura, di scrivere il nome su un foglietto di carta che venne poi appuntato sullo scialle della neonata con una grossa spilla da balia. Per loro sfortuna l'allora pastore protestante era arrivato da poco sull'isola e di conseguenza non era ancora avvezzo al gergo parlato da quelle parti. Domandò agli orgogliosi genitori quale fosse il nome proposto per la bambina. « E su sialle lei » rispose il padre, intendendo che il nome era appuntato sullo scialle della piccola. Prima che si potesse fermarlo o dargli una spiegazione, il pastore aveva già battezzato la bimba che da quel giorno rimase Sussiallei. Anzi, col passare del tempo divenne talmente orgogliosa del suo nome che quando ebbe un figlio lo fece battezzare col nome di Sussiallui Chang. E cosí Sussiallei e suo figlio Sussiallui spazzarono e lucidarono da cima a fondo il loro alberghetto e fecero fronte a una massa eterogenea di inviati della stampa e della televisione, fra cui Daniel Brewster, molto noto al pubblico grazie alla sua interminabile serie di documentari televisivi incredibilmente noiosa intitolata All'estero con Brewster. Quando arrivò indossava un pesante vestito di tweed e un berretto da colpo di cannocchiale al gomito di Cedric Jugg. « Ehi, un momento, giovanotto » disse Hiram Harp. « Cos'è questa storia? Di quale situazione delicata parlava... Perché non siamo stati avvertiti... » « Un attimo solo, signor Harp, per cortesia » l'interruppe Peter alzando la mano. « Vede, dal momento in cui è stato riscoperto l'Uccello Beffardo, sono sorti diversi problemi religiosi che hanno provocato un po' d'attrito fra le due tribú di Zenkali. » « Problemi religiosi? » ripeté Harp, sconcertato. « Per l'amore del Cielo, cosa c'entra la religione con l'ornitologia? » « Sarebbe troppo lungo da spiegare ora » rispose Peter, « ma quando vi sarete sistemati riceverete tutti una relazione con i particolari di questa complessa situazione. » « Ma lei ha parlato di rischio e pericolo » insistette Harp. « Che tipo di pericolo, giovanotto? Esigo una risposta. Cosa sta succedendo in questo posto, eh? Dopotutto, non lo dimentichi, fra noi ci sono anche delle signore. » « Le assicuro che abbiamo pensato anche a questo » disse Peter conciliante. « La maggior parte di voi alloggerà in una grande casa nei dintorni di Dzamandzar, dove sarete perfettamente protetti da un drappello della guardia del corpo del re. Verrà presa ogni precauzione affinché possiate essere al riparo da ogni pericolo. » « Non mi piace, non mi piace affatto » strepitò Harp. « Noi uomini naturalmente possiamo badare a noi stessi, ma se dovesse succedere qualcosa a una di queste ragazze qui... voglio ben vedere! » Gonfiò le guance e roteò gli occhi significativamente, mentre il gruppetto delle "ragazze" lo guardava con ammirazione. « Mi creda, le cose stanno già mettendosi a posto » aggiunse Peter, cercando di tranquillizzarlo. « Pensiamo di poter tornare alla normalità fra qualche giorno al massimo. » « Ci sono stati spargimenti di sangue? » domandò ancora Harp. Peter sfoggiò il piú incantevole e rassicurante dei suoi sorrisi. « Diciamo che è stata spaccata qualche testa, ma non ci sono state perdite di vite umane. » « Qualche testa spaccata?! » fece eco Harp inorridito. « Penso che il signor Foxglove abbia usato quell'espressione semplicemente come figura retorica » intervenne sir Lancelot. « Sono sicuro che possiamo star tranquilli perché sua maestà re Tamalawala avrà fatto del suo meglio per proteggerci e prepararci una accoglienza degna di tutti noi... » Per un attimo nella mente di Peter lampeggiò l'immagine di Kingy che quella mattina, al colmo dell'esasperazione, aveva detto: "Data la situazione, farei volentieri a meno di quella cricca di amici degli animali, ma ormai non si può piú fermarli. Con un po' di fortuna qualcuno di loro potrebbe essere infilzato da una bella lancia". A ogni modo si guardò bene dal comunicare questa dichiarazione ai suoi ascoltatori. « Io penso » continuò sir Lancelot che ormai aveva nettamente preso il comando della situazione, « che dovremmo fare esattamente come ci suggerisce il signor Foxglove, poiché sono sicuro che egli ha la situazione sotto controllo. » « La ringrazio, signore» disse Peter. « Sí, propongo che andiate tutti in questa casa che il signor Foxglove ha cosí gentilmente sistemato per voi » seguitò rivolgendo un sorriso accattivante a Peter. « Io naturalmente starò dal governatore, vero? » La domanda era puramente retorica. Peter deglutí e inspirò profondamente. Glielo avevano detto che sir Lancelot prendeva incredibilmente sul serio la propria posizione sociale. « Temo di no, sir Lancelot » disse cercando di rabbonirlo. « Sa, a causa della situazione anomala in cui ci siamo trovati, il palazzo del governatore è al completo. Sir Adrian e lady Smeraldina mi hanno incaricato di porgerle le loro scuse e di spiegarle che i pochi alloggi disponibili nel loro palazzo sono già stati occupati dai rappresentanti del governo britannico inviati qui per risolvere la questione della pista d'atterraggio. » « Oh! » esclamò sir Lancelot concentrando in quell'unico monosillabo una tale intensità di delusione, incredulità, mortificazione e pazienza da risultare un capolavoro d'espressività. « Lei e l'onorevole Clatter sarete miei ospiti» continuò Peter, « farò del mio meglio affinché possiate trovarvi a vostro agio. E ora » aggiunse ad alta voce, « se avete la cortesia di seguirmi, c'è lí una fila di barroccini di Kingy pronti a portarvi a casa. » Finalmente, dopo tutte quelle discussioni, Peter riuscí a piazzare l'intera compagnia negli alloggi prestabiliti e a sistemare sir Lancelot e l'onorevole Alfred Clatter sulla sua veranda con un bel bicchierone in mano. A questo punto si scusò dicendo loro che doveva andare a palazzo per una riunione straordinaria. Dati i tempi che correvano, Kingy aveva temporaneamente permesso ai funzionari governativi di circolare in automobile nel centro cittadino. Peter aveva preso in prestito una Land-Rover della polizia, ma doveva praticamente procedere al passo di un barroccino di Kingy se non voleva uccidere il cinquanta per cento della popolazione di Dzamandzar. Arrivò a palazzo con mezz'ora di ritardo e in uno stato di forte agitazione nervosa. Venne scortato fino alla sala da pranzo di rappresentanza che Kingy a volte usava come sala delle conferenze. Era un salone stupendo, con il soffitto ricco di decorazioni a stucco. I convenuti erano tutti riuniti a un'estremità del massiccio tavolo da pranzo. Kingy, vestito di giallo pallido, sedeva a capotavola lasciando trasparire come al solito una smisurata fiducia in se stesso. Pigramente abbandonato su una sedia alla sua destra, Hannibal fumava un sigaro a occhi socchiusi. Alla sua sinistra c'era sir Osbert, tutto impettito e col monocolo talmente avvitato all'occhio da sembrare parte integrante della sua anatomia. Accanto a lui sedeva lord Hammer, un omone ben in carne coi capelli nero fuliggine e una faccia rosea da neonato, la cui innocenza era smentita solo dai grandi occhi dall'espressione scaltra come quella di una volpe. Con le sue mani tozze continuava a costruire e a disfare una serie di strutture diverse composte da taccuino, penna d'oro, posacenere, astuccio degli occhiali e portasigari. Sollevarono tutti lo sguardo quando Peter entrò precipitosamente nella sala. « Ah, Peter » disse Kingy con un largo sorriso, « buongiorno. Sei Quando sir Osbert e lord Hammer se ne furono andati, per un attimo restarono tutti in silenzio. « Quale sarà secondo te il parere della Commissione ristretta? » chiese infine Hannibal. « Non ne ho la minima idea » disse Kingy con un'alzata di spalle. « C'è dentro Looja? » s'informò Peter. « La nostra costituzione prevede che la Commissione ristretta, che viene istituita eccezionalmente per occuparsi di questioni di vitale importanza per la sicurezza e il futuro dell'isola, debba essere composta da un numero pari di Ginka e di Fangoua » spiegò Kingy. « Perciò Looja e i suoi scagnozzi costituiranno il cinquanta per cento della Commlssione stessa. » « Non puoi usare la tua autorità per scavalcarli? » domandò Hannibal. « Posso in un certo senso guidare i lavori, ma non certo scavalcarli » disse Kingy. « No, sfortunatamente non possiamo fare congetture di alcun tipo per adesso. Dobbiamo aspettare di vedere cosa succede e poi agire di conseguenza. » Peter tornò a casa in auto in uno stato d'animo decisamente depresso e quando arrivò fu felice di trovare Audrey ad attenderlo. Lei gli andò incontro, lo baciò frettolosamente e poi lo guardò dritto in faccia. « Dio mio, sembri stanchissimo » disse la ragazza. « Ti preparo qualcosa da bere? » « Te ne sarei veramente grato » accettò lui, lasciandosi cadere su una poltrona. « Doppio, per favore. Dove sono sir Lancelot e l'onorevole Clatter? » « Sono stati invitati a cena dal governatore, e cosí per stasera non li avremo fra i piedi. » « Magnifico » disse Peter, sorseggiando il suo drink e raccontandole gli avvenimenti della giornata. « Cosa pensi succederà? » gli domandò alla fine Audrey. « O non te la senti di parlarne? » « Dio solo sa » rispose lui tristemente. « In effetti credo che nessuno lo sappia, visto che l'intera questione è maledettamente complicata. » « Non vorranno mica inondare le valli, vero? » « Sono abbastanza stupidi da poter fare di tutto » disse Peter. « Comunque no, non credo che lo faranno. Si tratta di trovare un compromesso, ed è proprio questa la cosa piú difficile. Continuo a spremermi le meningi, ma non riesco a trovarne uno. » In quel momento apparve Amos. « Per piacere, padrone, signor Looja lui venuto qui » disse con un'espressione disgustata. « Looja? » ripeté Peter stupito. « Sei sicuro? » « Sí, signore, io giura, signore. » « Fallo passare » ordinò Peter. Looja, che indossava un elegante paio di pantaloni di tela bianchi entrò baldanzoso nella stanza con un sorriso di cortesia stampato sul viso. « Mio caro Foxglove, signorina Damien » disse facendo un leggero inchino, « perdonate questa mia improvvisa intrusione. » « Si figuri. Si sieda, la prego, e beva qualcosa » lo invitò Peter. « Grazie. Molto gentile da parte sua. Prenderò giusto un goccio di buon vecchio brandy e soda, se è possibile. » Quando gli venne offerto il bicchiere, Looja lo rigirò fra le minuscole mani. Incrociò le gambe con gran cautela, visibilmente preoccupato per la piega impeccabile dei pantaloni, e puntò gli occhi neri come la pece su Peter e la sua compagna. « L'argomento che vorrei sottoporvi riguarda - come senza dubbio avrete già indovinato - l'importante scoperta fatta da lei e dalla signorina Damien » esordí. « E allora? » lo apostrofò Peter seccamente. « Cosa c'è che non va? » « Si tratta di una scoperta biologica di notevole importanza » continuò Looja, « e che rende enorme merito a entrambi. Purtroppo però bisogna ammettere che è un'arma a doppio taglio. » « E come mai? » domandò Peter. « Be', detto fra noi... sí, insomma, tutti e tre sappiamo che, quantunque importante, questa scoperta non offre certo i beneficii che la pista d'atterraggio apporterebbe all'isola. Di conseguenza è ridicolo lasciare che lo sviluppo dell'isola venga ostacolato, cosa che significherebbe moltissimo per la popolazione di Zenkali. » « Vuol dire dal punto di vista finanziario?» « Ma naturalmente! » confermò Looja, gli occhi scuri che gli brillavano « La pista arricchirà l'isola. » « E allo stesso tempo arricchirà anche lei » aggiunse Peter. Looja si appoggiò contro lo schienale e cominciò a rigirare il bicchiere fra le mani. « Non mi sognerei mai di cercare di imbrogliare proprio lei, Foxglove, vecchio mio. è vero, finanziariamente parlando ci guadagno un pochino da questo progetto. Ma, come lei sa, abbiamo una Commissione ristretta e non so come si metteranno le cose in quella sede. Sono diventati tutti quanti estremamente suscettibili e isterici sull'intera questione ed è piú che probabile, in un tale clima di tensione, che la Commissione bocci definitivamente il progetto della pista d'atterraggio. Naturalmente sarebbe un disastro per l'isola, un vero e proprio disastro. E allora, che cosa bisogna fare? » Era una domanda retorica, tant'è vero che Looja si affrettò a continuare il suo discorso prima che Peter potesse dire qualcosa. « Dunque, a me pare, vecchio mio, che la cosa piú semplice da fare sia quella di rimuovere l'ostacolo, diciamo cosí. Una volta rimosso quello, i lavori per la pista d'atterraggio potrebbero procedere come previsto. » « Già, ho la netta sensazione che Looja non mi voglia bene piú di tanto » commentò lui con un sorriso sarcastico. «Comunque, a parte gli scherzi, è un nemico pericoloso. Cosa pensi che farà? » « A meno che non sappia dov'è la valle, non può fare assolutamente niente » disse Peter. Su questo si sbagliava di grosso. CAPITOLO 6 Zenkali strepitante. Il mattino seguente Peter uscí in veranda per far colazione e vi trovò sir Lancelot e l'onorevole Clatter già intenti a divorare uova fritte, pancetta e una coppa enorme di frutta. Quando Peter ebbe preso posto, sir Lancelot si lanciò all'attacco. « Tutta questa situazione è davvero avvincente, sa, Foxglove... » Peter non aveva nessuna voglia di iniziare la giornata discutendo della situazione zenkalese. « Straordinaria, assolutamente straordinaria » intervenne l'onorevole Clatter. « Stavo giusto dicendo a sir Lancelot che qualcosa di molto simile accadde mentre ero ospite del maragià di Kumquat. In quell'occasione furono alcuni oranghi sacri a mettere i bastoni fra le ruote... anzi, fu come mettere i bestioni tra le ruote, eh, non vi pare? Ah! Ah! » « Già » commentò sir Lancelot che, dopo aver ponderato se ridere o meno, aveva deciso di non farlo. « Come dicevo al mio amico Arthur Mendal - sí, il ministro degli Interni, come lei senz'altro saprà - quando venne a trascorrere un fine settimana da me insieme al marchese di Orkney e a lord Bellroyal, ogni volta che politica e religione interferiscono con la protezione della natura, automaticamente si creano situazioni molto delicate... La Commissione ristretta si riunisce oggi, vero? » domandò. « Sí, alle undici e mezzo » rispose Peter. « Capisco. C'è qualche speranza che per l'ora di pranzo ci vengano rese note le loro deliberazioni? » s'informò sir Lancelot. « Immagino di sí » concesse Peter, « ma è difficile dirlo data la complessità della situazione. La riunione potrebbe durare piú a lungo. » « Già, già » convenne sir Lancelot, meglio non essere precipitosi in decisioni di cosí grande importanza: la gatta frettolosa fa i figli ciechi, come dice il proverbio. » « Bene, e adesso vogliate scusarmi » fece Peter, « ma devo andare. Devo assicurarmi che tutti i vostri amici siano a posto, dopodiché mi aspettano a palazzo per la riunione. Di solito la Commissione ristretta si riunisce a porte chiuse, ma il re ha chiesto espressamente a me e ad Hannibal Oliphant di partecipare in qualità di osservatori. » « Molto interessante » mormorò sir Lancelot con malcelato stupore. « Resterò quindi in ansiosa attesa delle sue notizie di prima mano. » Mentre attraversava la veranda e il giardino, Peter udí l'onorevole Clatter che diceva: « Tutto ciò mi fa pensare a quanto dissi al duca di Pelligroza... » Lasciandoli al loro gioco delle celebrità basato sull'Almanacco di Gotha, Peter raggiunse velocemente in auto la vecchia casa in stile coloniale che aveva requisito, per controllare che anche il resto della banda fosse ben sistemato. Quando arrivò fu un po' sorpreso di trovare il capitano Papas seduto nell'ampia e fresca veranda a tracannare un bicchiere dopo l'altro di Nettare Zenkalese con Cedric Jugg. Si erano scolati mezza bottiglia e gli effetti dell'alcool si facevano già sentire. « Ehi » gridò Jugg, ecco Foxglove, proprio il vecchio briccone che volevamo vedere. Si parla del diavolo e arrivi tu, eh? Ah! Ah! » Il suo faccione grigio era imperlato di sudore e i capelli radi e dritti erano tutti arruffati. Reggendosi a malapena sulle gambe, attraversò la veranda con passo malfermo e strinse il braccio di Peter in una morsa amichevole. Il capitano Papas era rimasto seduto al tavolo, immobile. « Dài, vieni a bere qualcosa, cosí ti spiego la mia trovata » lo invitò Jugg facendogli un largo sorriso, lo sguardo un tantino annebbiato. « Abbiamo del Nettare Zenkalese squisito... veramente fantastico... Fa crescere i peli sul petto... anzi, fa crescere peli dappertutto. » Tutt'a un tratto Peter si domandò perché mai Jugg si trovava a Zenkali. Volendone sapere di piú, si lasciò trascinare fino al tavolo e lí venne costretto a sedersi. « Cosa bevi? » chiese Jugg mettendosi seduto anche lui. « Tutto quello che vuoi... pago io... brandy, rum, gin. .. basta che me lo dici... » « è ancora troppo presto per me, grazie » disse Peter. « Prenderò un caffè, se è possibile. » Scandendo le parole ad alta voce per assicurarsi di essere capito, Jugg passò la richiesta al maggiordomo zenkalese. Dopo questa vittoria linguistica, si sistemò comodamente sulla sedia e, rivolgendo un sorriso beato a Peter, si asciugò la faccia con un fazzoletto scarlatto. « Che strano, sei arrivato proprio mentre stavo parlando di te al capitano. Conosci il capitano vero? è un mio grande amico. » « Sí, conosco bene il capitano » disse Peter sorridendo a Papas, che assentí con un lievissimo guizzo negli occhi neri. « Allora, stavo proprio dicendo al capitano di come potrei aiutarvi a venir fuori dal pasticcio in cui vi siete cacciati, giusto? Il sottoscritto ha, diciamo cosí, la chiave di questo dannato problema » continuò Jugg versandosi con mano malferma un altro bicchiere di Nettare Zenkalese. « Davvero? » fece Peter, interessatissimo. « Certo. Non so cosa sai tu di me, Foxglove, ma io sono Jugg della Giungla di Jugg, capisci? Lo zoo-safari piú fantastico di tutto il mondo, anche se non dovrei essere io a dirlo. » « Sí, sapevo che era proprietario della Giungla di Jugg, ma non capisco come potrebbe aiutarci. » « Senti » cominciò lui sporgendosi in avanti e agitando il bicchiere sotto il naso di Peter, « voi avete un problema, sí o no? Non potete inondare quelle maledette valli a causa di quei dannati uccelli, eh? E se non allagate le maledette valli, niente pista d'atterraggio. » Peter annuí. « Allora, a questo punto entro in scena io... » Jugg si guardò attorno e mandò giú un lungo sorso di Nettare Zenkalese per prender forza. « Be', io vi sbarazzerò di quegli uccelli, capisci? Non solo ve li dal suo seguito canino, Hannibal aveva di fronte a sé un tavolo straripante di incartamenti. Con gli occhiali appollaiati sulla punta del naso, era tutto intento a scrivere. Peter aspettò che finisse di scrivere e rileggesse da cima a fondo il suo elaborato. « Bene » disse finalmente Hannibal, « che notizie mi porti? » Peter riferí la proposta di Jugg, poi gli raccontò della visita di Looja. « Dev'essere molto teso per cercare di corrompere proprio te » commentò Hannibal con un fischio di stupore. « è una mossa talmente sciocca da sembrare inverosimile. Mi domando se qualcuno stia facendo pressioni su di lui. » « Chi, per esempio? » domandò Peter. « Tuo zio, tanto per cominciare. » «Vuoi dire che mio zio trarrà profitto dalla costruzione della pista? Che avrà anche lui la sua fetta di torta? » « Sono successe cose ben piú strane » disse Hannibal. « Naturalmente non ci sono prove... » « Pensi che potremmo trovarle? » indagò Peter, eccitato. « Se le tue supposizioni fossero giuste, manderebbero all'aria l'intera storia della pista d'atterraggio, non credi? » « Non ne sono tanto sicuro... Comunque non credo che riusciremo a ottenere alcuna prova, a meno che quei loschi individui non vengano qui a consegnarci la loro confessione completa e sottoscritta. Per il momento non possiamo fare niente, perciò presentiamoci alla riunione della Commissione ristretta e sentiamo che cos'hanno da dire. » La Commissione era composta da tutti i capi minori e maggiori dei Ginka e dei Fangoua, in numero di venti per ciascuna tribú, piú Kingy che aveva diritto al voto decisivo. Nelle loro tuniche a colori vivaci si assiepavano attorno al lungo tavolo dal ripiano lucido. L'unica nota stonata fra loro era Looja, che indossava un impeccabile completo all'europea. Quando Hannibal e Peter ebbero preso posto, Kingy cominciò. « Ritengo che fin dall'inizio » disse con la sua voce stentorea, « questa Commissione debba rendersi conto di una cosa. E cioè del fatto che non c'è alcuna possibilità di privare i Fangoua del loro dio ritrovato da poco. Il problema che dobbiamo affrontare è il seguente: se procediamo alla realizzazione del progetto di inondare le valli, sia l'Uccello Beffardo sia l'albero Ombu periranno; nel frattempo il parlamento si è già pronunciato a favore della costruzione della pista d'atterraggio, quindi oggi siamo chiamati a decidere come costruire la pista senza che ciò possa urtare la suscettibilità religiosa dei Fangoua. Tanto per cominciare, farò un giro di domande e ognuno di voi potrà esprimere il proprio parere personale; dopodiché si potrebbe dare il via a un dibattito generale. » Kingy procedeva lentamente raccogliendo i pareri dei singoli individui. Alcuni erano succinti e pertinenti, ma per la maggior parte si rivelarono vaghi e incoerenti, senza proporre alcuna soluzione concreta. Hannibal continuava a far sentire leggerissimi grugniti d'impazienza e a un certo punto passò a Peter un bigliettino che diceva: "Aggirano tutti il problema... Gliel'avevo detto a Kingy, però gli ho fornito una cartuccia che se funziona ci darà almeno un po' di respiro". Finalmente due ore piú tardi, dopo interminabili discussioni, fra gente che balzava in piedi, batteva i pugni sul tavolo e in perfetto stile democratico urlava agli altri di tacere, Kingy alzò la mano e chiese il silenzio. « Tutti voi siete stati ascoltati e tutti quanti avete fornito suggerimenti di cui si è preso nota » disse sorridendo paternamente. « Tuttavia, per quanto acuti e ugualmente utili, nessuno dei vostri suggerimenti può risolvere efficacemente il nostro problema. Perciò, se mi è consentito, vorrei sottoporvi una proposta personale che penso potrebbe fare al caso nostro. » Tutti i membri della Commissione ristretta fissavano il sovrano, ipnotizzati dalla sua personalità magnetica. Solo Looja, notò Peter, guardava il re con gli occhi leggermente socchiusi mentre picchiettava con l'esile indice sulla superficie lucida del tavolo. « Dunque » continuò Kingy, « il nostro problema è salvare gli alberi e gli uccelli. Come regolarci per trovare la soluzione migliore? La prima risposta ovvia che viene in mente è che dobbiamo spostarli. Per quel che riguarda gli Uccelli Beffardi bisognerebbe effettuare una ricerca approfondita relativa ai loro bisogni, in maniera tale da poter scegliere un'area appropriata per l'eventuale spostamento. Nel caso degli alberi, l'operazione è un po' piú difficile e decisamente molto piú costosa. Come saprete, in America hanno messo a punto tecniche per trapiantare gli alberi adulti, perciò propongo di studiare le possibilità di trapiantare gli Ombu nella stessa zona in cui trasferiremo gli Uccelli Beffardi. » Dai due gruppi si levò immediatamente un brusio di commenti. Solo Looja rimase in silenzio con un'espressione sardonica sul volto. « Mi rendo conto naturalmente che per questo piano ci vorranno tempo e denaro, ma credo che sia l'unica soluzione al nostro problema. Sono sicuro che da molte parti ci arriveranno presto gli aiuti finanziari per questa importante operazione di salvataggio. Propongo perciò » continuò Kingy, « di istituire un Fondo per la protezione degli Uccelli Beffardi. Inoltre incaricherò il professor Droom di cominciare immediatamente a studiare le caratteristiche biologiche dell'Uccello Beffardo e l'eventuale spostamento logistico dell'albero Ombu. Suppongo sarete tutti favorevoli, vero? » L'intera Commissione fu talmente affascinata dall'originale impostazione « Qual è stata la reazione del re al riguardo? » « Ne è rimasto veramente scosso » rispose Hannibal. « Ha lavorato anni e anni per creare un clima di pacifica convivenza tra i Ginka, i Fangoua e gli stranieri residenti sull'isola, ed è logico che fosse sconvolto da questa assurda esplosione di violenza. » « è vero che è lei a tenere in pugno il re? » domandò uno. « Il re è alto un metro e novanta e pesa centoquindici chili » fece presente Hannibal. « Dovrei avere una mano ben grande per farlo stare tutto nel pugno! » Ci fu una risata generale. « E cos'ha deciso la Commissione ristretta? » « Be' » fece Hannibal accendendosi un sigaro, « penso che abbia escogitato una soluzione estremamente brillante per il nostro problema. » E illustrò il piano sul quale la Commissione ristretta era pervenuta a un accordo, suggerendo in maniera molto sottile che se la Gran Bretagna era cosí desiderosa di avere quella pista d'atterraggio, doveva anche essere pronta a pagare perlomeno buona parte delle spese necessarie a trasferire altrove gli Uccelli Beffardi e gli alberi Ombu. Finalmente la stampa, con un brusio di commenti nebulosi ma allo stesso tempo evidentemente soddisfatta, si decise a congedarsi. « Uff! » sbuffò Hannibal lasciandosi cadere sulla sedia a dondolo. « Dammi qualcosa da bere, ragazzo mio. Ne ho proprio bisogno. Quando sono tornato, ho trovato tutti quei tizi che strepitavano sulla porta di casa, cosí ho dovuto improvvisare qualcosa... Che ne è di Droom?» « è da qualche parte nella foresta. Gli ho lasciato un messaggio dicendogli di venire qui. » « Bene. Hai pranzato? » « No » rispose Peter, rendendosi improvvisamente conto di avere molta fame. « Allora corri subito a casa e mangia qualcosa. Ah, e di' a sir Lancelot e all'onorevole Clatter che mi farebbe piacere se venissero a cena da me stasera. Siete invitati anche tu e Audrey, naturalmente. » « Grazie » disse Peter, « riferirò. Ne saranno felici. Penso si sentano un pochino trascurati. » Tornando a casa in auto Peter pensò che non vedeva Audrey dal giorno prima, vale a dire dall'epico incontro con Looja. Tutt'a un tratto si rese conto che ne sentiva la mancanza. Decise che l'avrebbe chiamata non appena fosse arrivato a casa. Con grande sollievo scoprí che sir Lancelot e l'onorevole Clatter erano andati verso la scogliera con le maschere a guardare il fondale: ciò significava che avrebbe potuto dedicarsi completamente al sospirato pranzo e a Audrey. Grazie ai buoni uffici di Napoleone Waterloo venne messo in comunicazione con il monte di pietà locale, il palazzo del governatore, il mercato ittico e finalmente con gli uffici de La Voce di Zenkali. « Pronto, Simon? » disse Peter. « Potrei parlare con Audrey, per piacere?» « Oh, salve » rispose Damien. « Cosa vuol dire che vuoi parlare con Audrey? Non è lí da te? » « Da me? » ripeté Peter interdetto. « Ma no, certo che no, cosa glielo fa pensare? » « Be', sapevo che ieri sera doveva venire da te e, dato che non è tornata, ho dedotto che era rimasta a dormire a casa tua. » Peter cominciò a sudare freddo. « Vediamo di capirci. Non vede Audrey da prima che venisse qui ieri sera? » « Esatto » confermò Damien. « Se non è con te, non so dove diavolo possa essersi cacciata. » « Io invece credo di saperlo » disse Peter con aria truce. « Pensi che possa esserle successo qualcosa? » domandò il padre della ragazza, allarmato. « No, non si preoccupi » cercò di tranquillizzarlo Peter. « Lasci che faccia qualche telefonata... mi farò sentire non appena avrò scoperto qualcosa. » « D'accordo » convenne Damien riluttante, « ma non appena avrà pescato quella strega in miniatura, le dica che si prenderà una bella strigliata dal sottoscritto. » Un'ora dopo, aiutato, incoraggiato e deluso da Napoleone Waterloo Peter aveva chiamato il palazzo del governatore, il giardino botanico e diversa gente della comunità inglese che Audrey sarebbe potuta andare a trovare. L'unica persona con la quale non riusciva a ottenere la comunicazione era la Reve. Il suo telefono restava caparbiamente silenzioso. Alla fine, in preda alla preoccupazione, Peter chiamò Hannibal e gli spiegò la situazione. « Non mi piace » disse. « Potrebbe essere con la Reve, ma non ci giurerei. Se non è da lei, non mi rimane che una risposta: Looja. » Hannibal commentò con un fischio e restò per un attimo in silenzio. « Maledizione! Non riesco a credere che possa aver fatto una mossa cosí stupida. Non siamo mica a Chicago! » « Ma deve essere proprio disperato, visto che ha già cercato di corrompere me » disse Peter. « Inoltre quando se n'è andato era furente. » « Ascolta, non facciamo mosse avventate. Lascia che cerchi di scoprire qualcosa, dopodiché verrò da te e terremo un consiglio di guerra. Nel frattempo vedi di rintracciare la Reve. » « D'accordo » disse Peter, « ma se è tutta opera di Looja, ti avverto, Hannibal, che gli spezzo l'osso del collo. » « Sono pronto a darti una mano» si offrí lui. Peter provò ancora a fare il numero della Reve, ma il telefono continuava a squillare senza che nessuno rispondesse. Innervosito sbatté il ricevitore e si mise a camminare su e giú per la stanza. Aveva la testa in fiamme. Dov'era Audrey? Improvvisamente udí lo stridore dei freni di un'automobile che si era fermata là davanti, seguito da uno scalpiccio di piedi all'ingresso e un'accozzaglia di voci; poi si spalancò la porta e a grandi falcate fece il suo ingresso la Reve, il viso rosso dall'eccitazione, il cappello calato su un occhio. Con gran stupore di Peter era seguita dal capitano Papas e da Leonardo da Vinci, il suo giardiniere. « Ah! » disse la Reve evitando i preamboli e puntandogli contro un dito affusolato. « Vedo dalla sua faccia che ha appena scoperto che è scomparsa, eh?» « Sí » confermò Peter. « Dov'è, lo sa? » La Reve si appollaiò su una sedia, si tolse il cappello e cominciò a farsi vento. « L'ha presa Looja » disse semplicemente. CAPITOLO 7
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