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La beffa nel Decameron, Sbobinature di Letteratura Italiana

Percorso sulla beffa nelle novelle del Decameron con introduzione sull'autore e contesto storico dell'opera. (basato sulle relative lezioni del professor D. Tongiorgi dell'anno accademico 2021/2022)

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 16/09/2023

michele-ghiotto
michele-ghiotto 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La beffa nel Decameron e più Sbobinature in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Boccaccio Il racconto della beffa nel Decameron 26/10) GIOVANNI BOCCACCIO (1313-1375) Biografia e contesto storico-politico Nasce nel 1313 a Firenze o a Certaldo da Boccaccino, un mercante ed importante socio della famiglia di banchieri Bardi. Giovanni è un figlio illegittimo, ma viene riconosciuto dal padre e per questo può studiare. Trascorre l’infanzia a Firenze, dove fa i primi studi. 1327-1340 periodo napoletano: lavora insieme al padre alla filiale del banco dei Bardi, importantissimo. (I Bardi avevano rapporti con la corte Angioina a Napoli ) Sta al banco, riscuote, vive e conosce il mondo dei mercanti. Contesto politico : Il sistema municipale, imperniato sulla forza della borghesia fiorentina in cui Dante ha fatto i suoi primi passi come esponente politico, è entrato in crisi, si sta trasformando e si sta passando alle signorie o alle repubbliche oligarchiche. (soprattutto un sistema di 5 grossi stati regionali a Milano i Visconti, Venezia, Firenze, stato della Chiesa, regno Angio’ a Napoli, più una serie di piccoli e significativi stati e comuni legati a famiglie (Mantova i Gonzaga, Estensi a Ferrara ) Dal 1509 però il papa Clemente V, che promuove la francesizzazione della corte papale, si è trasferito ad Avignone (cattività avignonese), dopo la morte di Bonifacio avversario di Dante nel 1303 , umiliato dopo aver scomunicato il re di francia filippo il Bello Bonifacio si era rifugiato ad Anagni e gli alleati dei Francesi Giacomo Colonna insieme al rappresentante del re di francia Filippo di Nogarét episodio dello schiaffo di Anagni umiliazione pubblica del Papa che decreta la debolezza del papa romano. Il mese dopo Bonifacio muore e da quel momento grave instabilità politica del papato in cui il potere della Francia è sempre più forte tanto è vero che poi c’ è lo Spostamento ad Avignone. ( vedi XIX inferno simoniaci , profezia pronunciata Crisi economica, politica e demografica È un periodo di fortissima crisi economica europea e di instabilità politica (guerra dei 100 anni che comincia nel 37 ). I grandi sovrani sono spesso indebitati con i banchieri e a volte sono insolventi: per questo motivo, a volte i banchieri falliscono improvvisamente (anche i Bardi ne soffrono e subiscono momenti di grave difficoltà). . Crisi demografica : Una crisi demografica acuita da alcune gravissime epidemie di peste, provocate o che provocano carestie. In generale, le epidemie modificano il tessuto economico e sociale europeo. 1347-1350 peste nera: (dalla metà del trecento ogni 10-15° anni c’è un’epidemia che sconvolge l’ europa) peste di tipo polmonare, provocata probabilmente dalle navi genovesi provenienti dal mar Nero attraccate al porto di Messina. E’ un’ epidemia che non si cura, chi può si allontana in campagna per provare ad arginarne la diffusione e le conseguenze. Le epidemie di peste e la cultura della penitenza L’epidemia era sentita come un segno della volontà divina di punire gli uomini per le loro colpe. Essa era vista come punizione divina, è un ricordo continuo agli uomini dell’instabilità della vita e dell’esito inevitabile della vita (memento mori – ricordati che devi morire), davanti alla consapevolezza della fragilità dell’esistenza si diffonde la convinzione della necessità di prepararsi alla “vita eterna” attraverso l’ espiazione della colpa. Le persone pensavano continuamente alla salvezza e ciò risulta nelle predicazioni religiose. Nella seconda metà del ‘300 abbiamo la diffusione dei predicatori promuovono la “cultura della penitenza”.. La visione fragilissima della vita si esprime in tante forme e si diffonde con gli strumenti della parola: dal pulpito (Bernardino da Siena, Caterina da Siena, Jacopo Passavanti, Fra Cavalca), alla pittura nei luoghi di culto (cicli, narrazioni…). Le prediche, svolte in piazza da pulpiti esterni, cicli di affreschi hanno la funzione di toccare un popolo in buona misura analfabeta che deve essere in grado di percepire queste prediche oltre che con le parole anche con le immagini. V. affresco del Camposanto Vecchio di Pisa – Il trionfo della morte -L’autore di questo affresco è Buffalmacco, e probabilmente Boccaccio l’ha visto e ne ha tratto ispirazione. ( rovinato dal piombo sciolto caduto dal tetto del Camposanto Vecchio a causa di una bomba americana durante la seconda guerra mondiale ) Molti affreschi in Italia si chiamano “Trionfo della morte”. Nell’insieme di questo affresco, al centro, è rappresentata la morte come donna vampiro che con le sue ali colpisce chiunque, indipendentemente dal ceto sociale. Un monito ossessivo a riflettere sulla inevitabilità casualità della morte e anche morte spirituale nella dannazione. Monito a rinunciare al piacere terreno fonte di perdizione. Particolare a sinistra : la brigata di 10 giovani,( 3 donne e 7 uomini – rovesciamento nel Decameron 3 uomini e 7 donne), cortesi (come si intuisce dai vestiti) a cavallo stanno passeggiando ma incontrano tre cadaveri in progressivo stato di decomposizione. Memento mori . È un’immagine molto forte, facilmente comprensibile anche dal popolano. Rimpianto per la perdita dei valori cortesi, ma accettazione poiché è irreversibile. La peste fu un flagello in tutta Europa. I cronisti dell’epoca ( Matteo Villani )hanno permesso agli storici di capire che più dei 3/5 di Firenze morì di peste. Questo è il quadro storico che Boccaccio ha sempre presente ed è fondamentale per comprendere le sue novelle. Introduzione alla prima giornata Infatti, il Decameron si apre con un’introduzione, che è una narrazione dell’epidemia, sia nei risvolti fisiologici che psicologici. Decameron Dec., I giornata, Introduzione , 8 Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori ( ragioni astronomiche )o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata ( partiva da oriente), quelle d'inumerabile quantità de' viventi avendo private ( avendo fatto molte vittime ), senza ristare ( fermarsi )d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidente miserabilmente s'era ampliata. Boccaccio descrive l’arrivo della peste e descrive la fisiologia della peste con occhio di osservatore attento. (Prima un gonfiore, prima rossa poi sempre più scura un livido scuro poi sempre più scuro e inevitabilmente la morte). Le conseguenze sociali della peste Pone particolare attenzione sull’alterazione dei comportamenti sociali derivati dall’epidemia pestifera. ( analisi sociologica)- : I giornata, Introduzione , 19-21 Dalle quali cose e da assai altre a queste simiglianti o maggiori nacquero diverse paure e immaginazioni in quegli che rimanevano vivi, e tutti quasi a un fine tiravano assai crudele era di schifare e di fuggire gl'infermi e le lor cose ; e così faccendo, si credeva ciascuno medesimo salute acquistare.( tutti cercavano di evitare i malati ) E erano alcuni, li quali avvisavano che il viver moderatamente e il guardarsi da ogni superfluità avesse molto a così fatto accidente resistere; e fatta brigata, da ogni altro separati viveano, e in quelle case ricogliendosi e racchiudendosi, dove niuno infermo fosse e da viver meglio, dilicatissimi cibi e ottimi vini temperatissimamente usando e ogni lussuria fuggendo, senza lasciarsi parlare a alcuno o volere di fuori di morte o d'infermi alcuna novella sentire, con suoni e con quegli piaceri che aver poteano si dimovano. ( Alcuni provano a vivere moderatamente lasciando ogni lussuria ) Altri, in contraria oppinion tratti, affermavano il bere assai e il godere e l'andar cantando attorno e sollazzando e il sodisfare d'ogni cosa all'appetito che si potesse e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male; e così come il dicevano mettevano in opera a lor potere, il giorno e la notte ora a quella taverna ora a quella altra andando, bevendo senza modo e senza misura. (Altri si dedicano a sollazzarsi oltre ogni misura ) Due reazioni opposte ugualmente sbagliate perché entrambe irrazionali, sia la chiusura totale a ogni rapporto sociale che il disinteresse nei confronti del rischio di ammalarsi . Quello che spaventa Boccaccio è che vengan meno le regole viene meno la certezza dei comportamenti, perdono autorità le leggi. Introduzione, 23. E in tanta afflizione e miseria della nostra città era la reverenda auttorità delle leggi, così divine come umane, quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri e essecutori di quelle, li quali, sì come gli altri uomini, erano tutti o morti o infermi o sì di famiglie rimasi stremi, che uficio alcuno non potean fare;( non c’ erano più esecutori delle leggi ) per la qual cosa era a ciascuno licito quanto a grado gli era di adoperare.( mancano le leggi ) E lasciamo stare che l’uno cittadino l’altro schifasse e quasi niuno vicino avesse dell’altro cura e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano12: era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata ne’ petti degli uomini e delle donne, che l’un fratello l’altro abbandonava e il zio il nepote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito13; e, che maggior cosa è e quasi non credibile, li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano14. ( saltano i rapporti familiari ) - Nel Decameron due giornate intere (la 7° e l’8° dedicata alla beffa: donne che beffano i loro mariti; e la beffa in generale). Il tema della beffa (termine beffa utilizzato da Dante solo nel canto della baratteria e i sinonimi come buffa sono rarissimi e solo nella baratteria ) “straborda” in tutto il Decameron: facendo una ricerca sul Decameron ci sono numerosissime occorrenze del termine o lemmi simili. La beffa è funzionale all’ideologia complessiva del Decameron. - Prima Novella, La novella di Ser Ciappelletto: uomo dedito al vizio è il peccatore che con la parola imbroglia il suo confessore, lo convince della sua santità, dichiara il suo pentimento e viene così venerato come santo nella predica del suo funerale. Grazie alla parola anche il più dedito al vizio può diventare un santo. Se vogliamo dare alla prima novella un valore programmatico vediamo che il tema è posto sin dall’inizio, come centrale, la possibilità di beffare e che al suo interno ci sia uno strumento in grado di cambiare la propria condizione. Anche la beffa rientra in questa concezione: questi personaggi possono essere vinti con l’ingegno La moglie maltrattata dal marito con l’ingegno può volgere la condizione a suo favore Parentesi : La vicenda in estrema sintesi.. Nel contesto della Peste 10 giovani (3 uomini e 7 donne) si incontrano presso la Chiesa di Santa Maria Novella (Firenze) e si spostano fuori città per due settimane; si ritirano x sfuggire alla peste.( distanziamento ) e ricreare un contesto d’ equilibrio : se fuori nel contesto vige il caos ( v.intr alla prima giornata - la peste – tutto è saltato) . Si danno delle regole la più ferrea riguarda i modi del racconto. Tra di loro, ogni giorno, ci sarà un re/regina, che afine giornata imporrà un tema per i racconti della giornata successiva, cui gli altri si dovranno adeguare. Fatta le regola ecco le eccezioni, la prima ( non c’ è stato ancora un re ) e nona giornata non hanno argomento definito e uno dei ragazzi ( che sembra assumere il pdv di Boccaccio ) Dioneo che non accetta regole, sono l’ ultimo tranne che nella prima giornata e racconto quello che voglio ..torniamo alla beffa La cifra della beffa segna in generale tutto il Decameron e le novelle del ciclo di Calandrino si inseriscono in questa narrazione. Testi come la “Mandragola” di Macchiavelli presuppongono la lettura della beffa boccacciana. La beffa è la celebrazione massima dell’atto dell’ingegno, della prontezza di spirito della capacità di adattamento e come tale è funzionale all’ ideologia complessiva del decameron. Come nasce il tema? Qual è la discussione che hanno i dieci quando Dioneo, re della VII giornata (abbastanza significativo perché è il personaggio più libero, estroso, che in certa misura raccoglie il punto di vista autoriale) sceglie questo argomen to , proponendolo come tema, fino allora diffuso ma non esplicito, e ufficializzandolo ? La Settima Giornata: Entriamo nel dettaglio. Come nasce il tema della settima giornata ? Qual è la discussione che hanno i dieci quando Dioneo, re della VII giornata (abbastanza significativo perché è il personaggio più libero, estroso, spirito critico e sarcastico, che in certa misura raccoglie il punto di vista autoriale) sceglie questo argomento? L’ occasione è un po’ curiosa e greve : Siamo nell’ introduzione alla sesta giornata: Licisca e Tindaro, due servi, litigano in modo acceso perché hanno pareri diversi sul fatto che le giovani arrivino vergini al matrimonio (argomento frivolo, anche un po’ volgare). Tindaro ne è convinto Licisca no. Il litigio tra i due è concluso da Dioneo, il quale da ragione a Licisca e “accusa” Tindaro d’essere ingenuo. Alla fine della sesta giornata Dioneo, divenuto re della giornata successiva, sfrutta questa occasione per imporre il tema della VII giornata che è : LE BEFFE LE QUALI O PER AMORE O PER SALVAMENTO DI LORO LE DONNE HANNO GIÀ FATTE A’ LOR MARITI, SENZA ESSERSENE ESSI AVVEDUTI O NO. Iniziano le lamentele delle giovani ragazze, che ritenevano l’argomento sconveniente . Ma il re tiene duro, contestandole: Davvero poi questo è sconveniente? Nella condizione storica eccezionale in cui siamo potremmo permetterci comportamenti che facciano da risarcimento. Noi ci comportiamo bene ma ora ci è negato il vivere liberamente, chi ci può riprendere se noi ci svaghiamo? Vediamo in Decameron VI, conclusione. - Donne, io conosco ciò che io ho imposto non meno che facciate voi; e da imporlo non mi poté istorre quello che voi mi volete mostrare, pensando che il tempo è tale che, guardandosi e gli uomini e le donne d’operar disonestamente, ogni ragionare è conceduto. Il tempo è tale che possiamo parlare di ogni cosa anche comportandoci bene Or non sapete voi che, per la perversità di questa stagione, gli giudici hanno lasciati i tribunali; le leggi, così le divine come le umane, tacciono; e ampia licenzia per conservar la vita è conceduta a ciascuno? Riprende quasi i temi della prima giornata: sono saltate le regole, non ci sono più giudici a farle seguire Per che, se alquanto s’allarga la vostra onestà nel favellare, non per dovere con le opere mai alcuna cosa sconcia seguire, ma per dare diletto a voi e ad altrui, non veggo con che argomento da concedere vi possa nello avvenire riprendere alcuno. Se utilizzate solo la parola più liberamente del solito, per dare diletto, senza seguire l’esempio con azioni “perverse”, non vedo come alcuno potrebbe riprendervi. Oltre a questo la nostra brigata, dal primo dì infino a questa ora stata onestissima, per cosa che detta ci si sia, non mi pare che in atto alcuno si sia maculata, né si maculerà collo aiuto di Dio. Ci stiamo comportando bene. Appresso, chi è colui che non conosca la vostra onestà? La quale non che i ragionamenti sollazzevoli, ma il terrore della morte non credo che potesse smagare. Sanno tutti che siete oneste, figuriamoci se le parole potranno intaccare la vs onestà, neanche la morte potrà farlo. E a dirvi il vero, chi sapesse che voi vi cessaste da queste ciance ragionare alcuna volta, forse suspicherebbe che voi in ciò non foste colpevoli, e per ciò ragionare non ne voleste. anzi se si rifiutassero troppo veementemente qualcuno potrebbe pensare che nascondano qualcosa. Senza che voi mi fareste un bello onore, essendo io stato ubbidente a tutti, e ora avendomi vostro re fatto, mi voleste la legge porre in mano, e di quello non dire che io avessi imposto. Che re sarei, se do la regola e la rifiutate. Lasciate adunque questa suspizione più atta a’ cattivi animi che a’ vostri, e con la buona ventura pensi ciascuna di dirla bella. Il significato dell’ argomentazione di Diomeo : E’ un argomentazione piena di contraddizioni ma ci fa riflettere sul fatto che la beffe si colloca in un contesto, la peste, la crisi storica determinata dalla peste, di un equilibrio che è venuto meno. E’un discorso possibile proprio perché i tempi lo concedono, è motivato dai tempi presenti, Possiamo raccontare questo tema proprio perché c’ è la peste. Proviamo leggere le novelle in quest’ ottica che già il re del giorno ha presentato, quella di un mondo di equilibri venuti meno, in un contesto che va ripensato. La novella almeno dal pdv del piacere che offre è un come risarcimento, a livello della narrazione ( Dioneo si ferma a questo livello) Ma il tema del risarcimento , nel caso specifico alle donne, è complesso e si fa definisce sempre meglio infatti La narratrice della seconda novella, ( la novella di Peronella ) Filomena, dice chiaramente che spesso le donne sono beffate dagli uomini e che, se succede che loro beffino, dovrebbero dirlo a tutti, perché gli uomini, sapendo che anche le donne possono beffarli, forse smetteranno di farlo. Cec. VII, 2 (introduzione di Filostrato) Carissime donne mie, elle son tante le beffe che gli uomini vi fanno, e spezialmente i mariti, che, quando alcuna volta avviene che donna niuna alcuna al marito ne faccia, voi non dovreste solamente esser contente che ciò fosse avvenuto o di risaperlo o d’udirlo dire a alcuno, ma il dovreste voi medesime andar dicendo per tutto, acciò che per gli uomini si conosca che, se essi sanno, e le donne d’altra parte anche sanno: il che altro che utile esser non vi può, per ciò che, quando alcun sa che altri sappia, egli non si mette troppo leggiermente a volerlo ingannare. Chi dubita dunque che ciò che oggi intorno a questa materia diremo, essendo risaputo dagli uomini, non fosse lor grandissima cagione di raffrenamento al beffarvi, conoscendo che voi similemente, volendo, ne sapreste beffare? La beffa e il tema del risarcimento : La beffa è un risarcimento per le donne troppo spesso ingannate che pagano con prezzo troppo alto coloro che infrangono l’accordo familiare. Chi sono i mariti beffati ? Spesso uomini non adempienti al patto sociale della famiglia, che è il mattone della società. Idea della correttezza: la beffa delle donne è come la risposta allo scorretto comportamento degli uomini. Quegli impegni reciproci che rendono possibile il sano vivere civile, fatto di un delicato equilibrio tra le ragioni della natura e quello della civiltà o fortuna. L’equilibrio tra desiderio e l’assunzione della responsabilità che è funzionale al corretto vivere civile, che è saltato. Il marito geloso è inadempiente, la beffa contro il marito geloso è giusta, perché le donne dovrebbero avere diritto a svagarsi e a godere del diritto ai piaceri della vita sociale. Se viene negato il diritto di svagarsi dopo il lavoro casalingo è giusto che la donna beffi il marito, perché la gelosia nega un diritto che la società dovrebbe addirittura concedere per legge alle donne, il diritto a svagarsi e a godere della vita sociale. La beffa, vedremo, dovrebbe essere considerata legittima difesa è un atto riparatore di uno squilibrio che sembra l’ansia del narratore, che si è creato nella società e che viene ripreso nel novellare. Introduzione novella V, settima giornata : Fiammetta, nella V novella della VII giornata, introducendola dice che racconta della beffa a un marito geloso. Nobilissime donne, la precedente novella mi tira a dovere similmente ragionar d’un geloso, estimando che ciò che si fa loro dalla lor donna, e massimamente quando senza cagione ingelosiscono, esser ben fatto. E se ogni cosa avessero i componitori delle leggi guardata, giudico che in questo essi dovessero alle donne non altra pena aver constituta che essi constituirono a colui che alcuno offende sé difendendo: (e i legislatori avessero ragionato bene avrebbero considerato il tradimento di un marito che offende legittima difesa ) per ciò che i gelosi sono insidiatori della vita delle giovani donne e diligentissimi cercatori della lor morte. Esse stanno tutta la settimana rinchiuse e attendono alle bisogne familiari e domestiche, disiderando, come ciascun fa, d’aver poi il dì delle feste alcuna consolazione, alcuna quiete, e di potere alcun diporto pigliare, sì come prendono i lavoratori de’ campi, gli artefici delle città e i reggitori delle corti, come fé Idio che il dì settimo da tutte le sue fatiche si riposò, e come vogliono le leggi sante e le civili, le quali, allo onor di Dio e al ben comune di ciascun riguardando, hanno i dì delle fatiche distinti da quegli del riposo. Alla qual cosa fare niente i gelosi consentono, anzi quegli dì che a tutte l’altre son lieti fanno a esse, più serrate e più rinchiuse tenendole, esser più miseri e più dolenti: il che quanto e qual consumamento sia delle cattivelle quelle sole il sanno che l’hanno provato. Per che conchiudendo, ciò che una donna fa a un marito geloso a torto, per certo non condannare ma commendare si dovrebbe. Le donne stanno chiuse in casa ma non hanno quiete o consolazione nei fine settimana. Come dio che il giorno settimo si riposò e i lavoratori le donne hanno diritto al riposo. Perciò ciò che una donna fa a un marito geloso non si dovrebbe criticare ma apprezzare esplicitamente. La gelosia è una sorta di infrazione sociale perché nega dei diritti alle donne, che dovrebbero essere concessi per legge: come i lavoratori e Dio, le donne, dopo i lavori domestici hanno diritto allo svago. Se viene negato questo diritto, è giusto che esista il tradimento, come beffa. È un reato che si può paragonare alla legittima difesa. Le leggi dicono che c’è un diritto al riposo (legge = accordo che rende possibile la vita in comune). Non solo beffa verso il marito geloso, ma anche quello disinteressato (magari interessato all’esercizio della religione di tipo bigotto , vedi esempi delle novelle ). La beffa così teorizzata (trovando tutti i passi in cui si trova una sorta di riflessione teorica sulla beffa ) assume qualcosa di più del trionfo dell’ingegno, certo è l’ ingegno lo strumento per uscire dalla crisi, c’è ammirazione per l’ingegno, ma a volte la beffa si pone come un atto riparatore nei confronti di un’ infrazione sociale di uno squilibrio che si è determinato. Squilibrio che sembra essere fin dall’ inizio l’ansia del narratore del Decameron, quello squilibrio che si è creato nella società e si vorrebbe attraverso il novellare ricreare in qualche misura la beffa assume una funzione analoga al piano del racconto ( per me emendare il peccato della fortuna ) come il racconto corregge una stortura ,la narrazione è questo, l’ atto d’ ingegn è questo, la beffa delle donne è anche questo, è uno strumento per rimettere ordine, emendare il peccato della fortuna, portare l’equilibrio e l’armonia. Non si tratta solo di concedersi un argomento forte, ardito ma è ideologicamente più complesso. Vediamo ora alcuni esempi di queste novelle, raccontate dai 10 narratori che accettato il tema imposto da Dioneo : Le beffe delle donne Decameron VII, 1: Non riguarda un marito geloso, ma interessato all’esercizio della religione di tipo bigotto. Gianni Lotteringhi, non solo è più anziano e stolto della moglie, Monna Tessa, ma è interprete di una religiosità deviata. Monna Tessa si innamora di Federico. Stratagemma del teschio, a seconda di come il teschio è girato Federico sa se Gianni è in casa o no. Le beffa in generale, il ciclo di Calandrino Decameron VIII; 5: protagonista è un giudice marchigiano che infastidisce i protagonisti della beffa perché non solo “ruba il lavoro” ai Fiorentini, ma è anche rozzo e mal vestito. Gli fanno la più scontata delle beffe: mentre parla in tribunale gli cala le mutande davanti a tutti. È un “giudice bestione”. Decameron VIII, 3: Calandrino non impara dall’esperienza e gli arguti amici lo beffano altre tre volte e Monna Tessa si riprenderà la propria rivincita. Crede alla parola di maso perché lui c’è stato e l’ha visto, crede a tutto ciò che viene a sapere come definito, accetta la parola con un principio di autorità, senza vagliarla di pensiero critico. Ci sono numerosi riferimenti a personaggi realmente esistiti, di alcuni abbiamo riferimenti biografici precisi, di altri ci viene solo indicato dal testo, altri ancora vengono identificati come reali, ma non lo sono davvero (?). 1)Esempio: Dec. VII, 1 (rubrica: riassunto della novella, gioca sull’ironia, che serve per capire cosa sta succedendo) Non riguarda un marito geloso, ma interessato all’esercizio della religione di tipo bigotto. Gianni Lotteringhi è un artigiano della lana ( stamaiuolo ) benestante, stolto e bigotto, sposato a una giovane intelligente, Monna Tessa. Disequilibrio -uomo stolto, bigotto, superstizioso /anziano/ moglie sveglia e giovane - fonte di caos, la beffa riconduce all’equilibrio corretto. Religiosità deviata e bigotta di Gianni, egli spende soldi a farsi insegnare le preghiere in un convento per mettere in salvo la sua anima. Vicina alla cultura della penitenza,- (v. introduzione passiamo la vita a godere o in funzione dalla salvezza eterna, in eremitaggio ) a chi rifiuta le regole del vivere civile isolandosi. Facendo così trascura la sua giovane moglie, Monna Tessa, che si innamora di un giovane bello, cortese, disponibile e attratto da lei. Emilia (la narratrice) dice che Monna Tessa insegna a Federigo (l’amante) un po’ delle laudi del marito , ma gliele insegnò standogli in braccio. ( elemento dell’ ottusità del marito – le laudi – in chiave erotica )
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