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La Bella e la Bestia di Ciro Tarantino, Sintesi del corso di Sociologia

è il riassunto del libro del professore Tarantino, visto minuziosamente capitolo per capitolo.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 21/06/2024

dalia-siciliano
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10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La Bella e la Bestia di Ciro Tarantino e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! LA BELLA E LA BESTIA: IL TIPO UMANO NELL’ANTROPOLOGIA LIBERALE Prologo: Il libro è formato da quattro capitoli tutti diversi fra loro che danno una loro interpretazione dei due protagonisti principali della vicenda. I testi presentati costituiscono quattro variazioni di costruzioni anomale de “La bella e la bestia”: ne risulta compromessa la morfologia, perché sono rimossi e trascurati tutti i motivi storici, e ne viene conservata solo la dinamica di contrapposizione bipolare fra una bellezza positiva e una bestialità negativa. La costruzione dei racconti è in un preciso momento storico, ossia tra la fine del ‘600 e la metà del ‘700. Per rendersi conto della variazione di immagine dei protagonisti, basti pensare che la Bella è essenzialmente bella perché in contrapposizione alla bestia, la quale quest’ultima, avendo un’origine sfumata e indefinita ma dall’idea dell’orrido e del repellente, passa dall’essere un maiale, al rospo, al diavolo dell’iconografia cristiana e per finire, all’orso, allegoria animale dell’umano e figura di mediazione fra mondo fantastico e mondo reale, dato che selvaggio, è la più antropomorfa delle figure della forza animale. Dunque, il modificarsi e lo scorrere del tempo storico, trasforma la bestia per i diversi canoni di mostruosità. L’esigenza sociale nel complementare la bella insieme alla bestia è un puro carattere pedagogico, dove il genere fiabesco si presta per evidenziare la formazione dell’umano: la favola disegna i contorni del giusto e dell’ingiusto, che hanno proprietà sia morali che fisiche. Il punto è che il fantastico della letteratura fiabesca è un realismo magico: le finzioni della favola sono cronache di una città reale, possibile, perché racconta la crisi reale, la tensione sociale. La Bella e la bestia è un racconto di paura: una giovane donna passa dalla dipendenza paterna alla dipendenza di un altro uomo che potrebbe rivelarsi violento. In questa chiave, la bellezza è una dote in senso proprio, un capitale da investire nel mercato coniugale, un equivalente simbolico della proprietà. L’istitutrice Madame de Beaumont, invece, riscrive la stessa favola come favola d’ordine: da un lato istruisce le sue allieve all’obbedienza all’economia coniugale, dall’altro offre un principio di speranza di un maschio che potrebbe rivelarsi meno selvaggio e feroce del dovuto. Primo capitolo: “Mediocrazia. Inchiesta sui funerali di Stato” Il primo capitolo si apre con l’idea di ricostruire quelli che sono i “funerali di Stato”. La riflessione sull’iperbole funeraria induce a verificare se ed in che modo il tema della morte costituisca uno di quei fatti sociali dal quale è possibile descrivere per intero una cultura. Il funerale di Stato è il distillato di quell’insieme di processi sociali che si possono riassumere nella formula di “governo della memoria” e delle figure del ricordo. La procedura ed il rito sono il tentativo di farsi egemone di una memoria collettiva. In ogni singolo funerale di Stato, la decisione monumentale è frutto di una strategia e di una razionalità politiche. Infatti, nelle esequie di Stato, non si scelgono corpi, ma valori incarnati in opere o persone che fanno da princìpi ispiratori per chi governa. Dunque, si può leggere un’ideologia di governo. È una forma di nazionalizzazione delle masse, ma soprattutto un meccanismo di rinforzo della memoria comune. Si pensi all’evento di massa per i funerali di Togliatti nel 1964, raccontati dalla pellicola di Pasolini e nella tela in rosso di Gattuso. Poi, questa dimensione è andata sfumando e le mummie della Repubblica, come quelle di Lenin o di Mao, sono diventate reliquie di museo, ancora in grado di attirare masse e folle di turisti. Inoltre, le figure richiamate dalla legislazione sono le vittime di eventi catastrofici e naturali: si ricordino le vittime del disastro militare avvenuto a Casalecchio del 2009, oppure l’incidente nel porto di Genova del 2013. Lo Stato decide di patrocinare alcuni drammi collettivi, avocando a sé la gestione emotiva della popolazione. Il Presidente del Consiglio, annuncia i funerali ponendo esplicitamente a fondamento della decisione la combinazione fra ordine di grandezza dell’evento e il riconoscimento di una colpa pubblica. Questo per dare equilibrio a tutte quelle figure italiane alle quali si è resi omaggio nel lutto nazionale. Si pensi al funerale di Mike Bongiorno, l’incarnazione dell’uomo migliore, eroe della televisione, che tramite questa ha fatto unire tutti gli italiani. Lui venne omaggiato proprio come simbolo di uomo comune e allo stesso di immagine dello Stato, in quanto uomo di televisione. Il Presidente del Consiglio, nella celebrazione dell’uomo qualunque, affermò che non ha scelto un uomo qualsiasi, ma il migliore che potesse incarnare il valore della normalità. Fu un’inaugurazione simbolica, perché con Mike Bongiorno si rompe quella statuaria solennità dei riti tradizionali, vale a dire di ricordare solo gli uomini di potere che hanno fatto la storia come Napoleone. Capitolo secondo: “Spa. Il capitale estetico” “Il corpo parla di te, anche se non vuoi”: conoscere profondamente sé stessi, ricercare le vere ragioni del proprio benessere sono associate agli abiti, che meglio riflettono il nostro essere, al make up, che interpreta il nostro carattere. Da sempre, l’investimento culturale sulla bellezza si trova al centro delle dinamiche di riconoscimento sociale. Oggi, assume una centralità anche nel campo lavorativo. Una recente indagine condotta dai ricercatori dell’Università di Messina ha rilevato dai curricula di uomini e donne attraenti possibilità significativamente maggiori di ottenere un colloquio rispetto a donne e uomini meno attraenti. La bellezza sembrerebbe quindi imporsi come strumento, o risorsa, per favorire la mobilità sociale, consentendo anche a chi è povero di altri tipi di risorse di raggiungere posizioni superiori e di accedere a ruoli dominanti. La bellezza, in quanto valore, può essere monetarizzata proprio come la professionalità. Il capitale estetico si dà in due stati: quello incorporato, ossia attitudine, conoscenze, qualità e abilità, e quello oggettivato, quindi operazioni chirurgiche, trucco, abbigliamento, accessori ecc. Tutti questi trattamenti estetici sono strettamente legati alla quantità di capitale economico posseduto. Il tipo di investimento sul proprio corpo, indica il proprio status sociale. Come nella tradizione proprietaria a cominciare da Locke, l’individuo sprovvisto di proprietà oltre a non avere beni, non possiede neanche sé stesso, poiché non è un individuo libero, ad oggi in non proprietari sono persone che tentano di migliorare continuamente la propria condizione, trovandosi in una doppia trappola: da un lato vive le condizioni del nuovo proletario, di colui che possiede solo il proprio corpo come unica risorsa; dall’altro è immerso in una cultura che esalta le capacità del singolo, investendo sul proprio corpo come senso di autonomia e responsabilità, determinando il senso di colpa di tutti coloro che non sono abbastanza efficienti e performanti. Come rileva Marzano, si è imposta una sorta di dittatura della bellezza, nella quale industrie farmaceutiche e cosmetiche, stilisti e riviste di moda hanno trasformato il modo di guardare al corpo e i parametri per considerarlo accettabile: lei alta, occhi grandi, ciglia lunghe, labbra gonfie; lui alto, muscoloso, palestrato, tratti del volto ben definiti; entrambi giovani e sexy, insomma l’incarnazione di Barbie e Ken. Avere una forma fisica tonica e un aspetto curato sono oramai divenuti sinonimi di salute, come il medical wellness o la farmaginnastica. La chirurgia smette di essere un dono per divenire un progetto di guarigione estetica dall’invecchiamento. Molti format televisivi si dedicano al dimagrimento di persone obese o grasse, che vengono identificate come malate e inadeguate al vivere in società, di fatto si parla di “razzismo estetico”. Tutte queste pratiche rientrano in una logica biopolitica, poiché come afferma Foucault è l’allungamento della vita e della sua conservazione che difende i governati e il potere sovrano. La razzizzazione è riconoscibile in un processo di naturalizzazione: la chirurgia estetica cerca costantemente di occultare le operazioni per realizzare una bellezza che sia percepita come naturale. L’obiettivo è quello di fare come se il corpo fosse naturale. Una nuova guerra è scoppiata: belli vs brutti.
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