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La Bella e la Bestia di Madame Leprince de Beaumont, Versioni di Italiano

Un estratto della fiaba La Bella e la Bestia di Madame Leprince de Beaumont. Racconta la storia di un mercante che, dopo aver perso tutti i suoi averi, si ritrova costretto a vivere in una casa di campagna con le sue tre figlie. La figlia minore, Bella, è la più bella e la più buona delle tre. Un giorno, il mercante si imbatte in una Bestia mostruosa che gli chiede di sacrificare una delle sue figlie in cambio della sua vita. Il mercante accetta e Bella si offre volontariamente per salvare suo padre. La Bestia, colpita dalla bontà di Bella, la lascia libera e la trasforma in una principessa.

Tipologia: Versioni

2019/2020

In vendita dal 25/09/2023

alessiafilipelli
alessiafilipelli 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La Bella e la Bestia di Madame Leprince de Beaumont e più Versioni in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 La bella e la bestia di Madame Leprince de Beaumont 2 ' era una volta un ricchissimo mercante; aveva sei figli, tre maschi e tre femmine, e siccome era un uomo intelligente, non risparmiò nulla per educarli e dar loro ogni sorta di maestri. Le figliole erano bellissime, ma specialmente la minore era una meraviglia: quand'era piccola, tutti la chiamavano bellina, cosicché il nome di Bella le restò, e ciò fu causa, per le sue sorelle di grandissima gelosia. Questa figlia minore, ch'era era più bella delle altre, era anche più buona di loro: le due maggiori erano piene di superbia perché si sapevano molto ricche: si davano arie da gran signore, non volevano aver nulla a che fare con le figlie degli altri mercanti e ricercavano soltanto la compagnia della gente titolata; tutti i giorni andavano a feste da ballo, teatri, passeggiate eleganti e si burlavano della sorella minore, perché preferiva passare il tempo a leggere buoni libri. Poiché si sapeva che le tre ragazze erano ricche sfondate, parecchi grossi negozianti le chiesero in matrimonio ma le due maggiori risposero che non si sarebbero mai sposate a meno che non fosse capitato loro un duca, o al minimo, un conte; la Bella ringraziò molto gentilmente coloro che volevano sposarla, ma rispose che le sembrava di essere troppo giovane e desiderava rimanere a tener compagnia a suo padre ancora per qualche anno. Tutt'a un tratto però il mercante fece fallimento, e dei suoi averi non gli rimase che una piccola casa di campagna, assai lontana dalla città. Con le lacrime agli occhi disse ai suoi figlioli che bisognava rassegnarsi ad andare in quella casa dove, mettendosi a fare i contadini, avrebbero avuto almeno di che vivere. Le due figlie maggiori gli risposero che non avevano intenzione di lasciare la città e che i loro spasimanti sarebbero stati fin troppo felici di sposarle, anche adesso che non avevano più un soldo; le nostre signorine si sbagliavano della grossa: quegli spasimanti non le guardarono più in faccia quando le seppero povere. E siccome, data tutta la loro superbia, nessuno le poteva vedere, la gente diceva: «Non meritano compassione, anzi siamo contenti che abbiano dovuto abbassare la cresta! vadano a fare adesso le gran signore badando alle pecore e ai montoni!». Però, al tempo stesso, tutti dicevano: «Quanto a Bella, ci rincresce proprio la sua disgrazia, è una così brava ragazza! parlava alla povera gente con tanta bontà era così dolce, così gentile!››. Vi furono persino parecchi gentiluomini che si offrirono di sposarla, anche così, senza un quattrino, ma lei disse che non aveva cuore di abbandonare il suo povero padre nella disgrazia, e voleva accompagnarlo in campagna per consolarlo e aiutarlo nel lavoro. C 5 E il brav’uomo, dopo aver bevuto il cioccolato, uscì per andare a prendere il suo cavallo ma, nel mentre passava sotto un pergolato di rose, si ricordò che Bella gliene aveva chiesta una, e prese un ramo dove ve n'erano parecchie. A questo punto, udì un orribile fragore e vide venirsi incontro una Bestia così mostruosa ch'egli fu lì lì per svenire. «Quale ingratitudine è la vostra!», gli disse la Bestia con una voce terribile; «io v'ho salvato la vita, aprendovi le porte del mio castello, e come compenso, rubate le mie rose, la cosa che mi piace più di tutto al mondo! Per scontare un simile errore, dovete morire; non vi concedo che un quarto d'ora per chiedere perdono a Dio dei vostri peccati!››. Il mercante si gettò alle sue ginocchia, e giungendo le mani, così disse alla Bestia: «Monsignore, perdonatemi, non credevo di offendervi, cogliendo una rosa per una delle mie figliole che me l'aveva domandata». «Io non mi chiamo “Monsignore”››, rispose il mostro, «ma Bestia. I complimenti non mi piacciono; voglio che ognuno dica quello che pensa; quindi, non crediate di commuovermi con i vostri salamelecchi. Ma avete detto che avete delle figlie: sono disposto a perdonarvi a patto che una di loro venga spontaneamente qui, a morire al vostro posto; non una parola di più, partite, e caso mai le vostre figlie rifiutassero di morire per voi, giuratemi che tornerete entro tre mesi.›› Al brav’uomo non passava neppure per la mente di sacrificare una delle sue figlie a quell'orribile mostro, però si disse: «Almeno avrò la gioia di abbracciarle ancora una volta!». Giurò dunque di tornare, e la Bestia gli disse che poteva partire quando voleva; «ma», soggiunse, «non voglio che partiate a mani vuote. Tornate nella stanza dove avete dormito; vi troverete un baule vuoto ove potrete mettere tutto quel che vi piacerà; penserò io a farlo portare a casa vostra.›› Detto questo, la Bestia se ne andò, e il brav’uomo disse fra sé: «Se proprio devo morire, almeno avrò la consolazione di lasciare un tozzo di pane ai miei poveri figlioli!». Tornò nella stanza dove aveva dormito, vi trovò una gran quantità di monete d'oro e ne riempì pieno zeppo il baule di cui la Bestia gli aveva parlato, lo chiuse e, dopo aver ripreso il suo cavallo, ch'era sempre nella scuderia, uscì da quel palazzo con una tristezza non inferiore alla gioia provata nell'entrarvi. Il cavallo imboccò da sé uno dei sentieri della foresta e, in poche ore, il buonuomo arrivò alla sua casa di campagna. I figli gli si fecero attorno, e lui, invece d'essere contento delle feste che gli facevano, li guardava, li guardava e non poteva far a meno di piangere. Aveva ancora in mano il tralcio di rose colto per Bella, glielo diede e le disse: «Bella mia, prendete queste rose, voi non sapete quanto costeranno care al vostro povero padre!». E qui non poté trattenersi dal narrare alla famiglia la triste avventura capitatagli. A tale racconto, le due figlie maggiori cominciarono a strillare e a coprire d'ingiurie Bella, che invece non piangeva. «Guarda un po' a che può portare l'orgoglio di questa mocciosetta!», dicevano; «chissà perché lei non doveva chiedere qualche bella cosina, come noi! E invece no, figuriamoci, la signorina voleva fare l'originale! Così adesso sarà causa della morte di nostro padre, e neppure piange!». «Sarebbe proprio inutile››, intervenne Bella; «perché mai dovrei piangere la morte di mio padre quando lui non morirà affatto? 6 Giacché il mostro vuole accettare in cambio una di noi, andrò io ad affrontare la sua furia, e ne sono felicissima perché, morendo, avrò la gioia di salvare la vita a mio padre e di provargli tutto il mio affetto.›› «No, sorellina››, le dissero i tre fratelli, «voi non morirete; andremo noi a trovare il mostro, e periremo sotto ai suoi colpi se non riusciremo ad ammazzarlo.» «Non lo sperate, figli miei», disse il mercante; «la potenza di quella Bestia è così grande che non c'è alcun modo d'illudersi di farla morire. Il buon cuore di Bella mi commuove, ma non intendo esporla alla morte. Io sono vecchio, non mi resta che poco tempo da vivere: perderò solo qualche anno di vita che ho motivo di rimpiangere soltanto per voi, miei cari figlioli.›› «E io vi assicuro, padre mio», continuò Bella, «che non andrete in quel palazzo senza di me! Non potete impedire che io vi segua. Sono giovane, è vero, ma non tengo molto alla vita, e preferisco mille volte essere divorata da quel mostro che morire di crepacuore pensando che non ci siete più.›› Per quanto si disse e si fece, Bella volle assolutamente partire anche lei con suo padre alla volta del palazzo, e alle sorelle non parve vero perché le doti della sorellina minore le facevano morire dalla gelosia. Il povero mercante era così frastornato dal dolore di perdere la sua bambina, che non pensava più al baule pieno di monete d'oro; ma non appena si fu ritirato nella sua camera per mettersi a dormire, ebbe la lieta sorpresa di trovarselo accanto al letto. Decise però di non dire ai figli ch'era diventato così ricco perché era sicuro che le figlie avrebbero voluto tornarsene in città e lui invece aveva deciso di chiudere i suoi giorni in quella campagna; tuttavia, confidò a Bella il suo segreto e lei gli disse che, durante la sua assenza, erano venuti alcuni gentiluomini a trovarle, e due di essi erano innamorati delle sorelle. Pregava quindi il padre di volerle maritare, giacché era così buona che voleva bene a tutte e due e perdonava loro di tutto cuore i dispetti che sempre le avevano fatto. Quando Bella partì insieme a suo padre, quelle cattivacce dovettero strofinarsi gli occhi con una cipolla per aver l'aria di piangere; i fratelli, invece, piangevano sul serio, e non meno del vecchio mercante. Soltanto Bella non piangeva, per non inasprire il dolore degli altri. Il cavallo prese la via del palazzo e, verso sera, essi lo scorsero, tutto illuminato come la prima volta. Il cavallo andò da solo nella scuderia, e il buonuomo entrò con la figliola nella grande sala, dove trovarono una tavola splendidamente imbandita e apparecchiata per due. Il mercante aveva il cuore così stretto che non gli riusciva di mangiare, ma Bella, studiandosi di parer tranquilla, si mise a tavola e si riempì il piatto; in cuor suo, però si diceva: «La Bestia vuol farmi ingrassare prima di mangiarmi: lo si vede da come mi tratta!››. Quando ebbero cenato, si udì un gran fracasso; il mercante disse addio a sua figlia, con le lacrime agli occhi, giacché sapeva che la Bestia stava per arrivare. Bella si sentì gelare da capo a piedi quando scorse quell'orribile mostro, ma fece di tutto per dominarsi, e quando egli le chiese se era venuta lì spontaneamente, lei, tremando, gli rispose di sì. «Siete stata molto buona», disse la Bestia, «ve ne sono assai grato. Quanto a voi, brav’uomo, partirete domattina e non vi farete più rivedere da queste parti. Addio, Bella». «Addio, Bestia», rispose lei, e il mostro sparì. «Ah, figlia mia!››, disse il mercante stingendosi a Bella, «son già mezzo morto di paura per voi! Datemi retta, vi prego, lasciatemi qui.›› «No, padre mio», gli disse la Bella con grande fermezza; «voi partirete domattina, e mi abbandonerete all'aiuto del cielo; forse il cielo avrà pietà di me!» Andarono a dormire: si credevano di non poter chiudere occhio tutta la notte, e invece, non appena furono a letto, si addormentarono 7 profondamente. Mentre dormiva, Bella vide in sogno una dama che le disse: «Son contenta, Bella, del vostro buon cuore; la nobile azione che fate, dando la vita per salvare quella di vostro padre non rimarrà senza ricompensa››. Bella, al risveglio, raccontò a suo padre questo sogno, e quantunque esso li consolasse un poco, non impedì al padre di mettersi a piangere e singhiozzare, quando venne il momento di separarsi dalla figlia. Quando egli fu andato via, la Bella si sedette nella gran sala e scoppiò anche lei a piangere; ma, essendo piena di coraggio, si raccomandò a Dio e decise di pensarvi su il meno possibile, durante quel po' di tempo che le rimaneva da vivere; giacché era fermamente convinta che la Bestia l'avrebbe divorata la sera stessa. Intanto, mentre aspettava, decise di fare un giretto e di visitare il castello. Non poteva fare a meno di ammirarne la bellezza, e fu molto stupita nel trovare una porta sulla quale era scritto: Appartamento di Bella. Aprì precipitosamente quella porta e rimase abbagliata della sontuosità che vi regnava; quel che però la colpì maggiormente fu il vedere una grande biblioteca, un clavicembalo e parecchi libri di musica. «Non vogliono che mi annoi», si diceva, e pensò subito dopo: «Se avessi un giorno solo da restar qui, non m'avrebbero preparato tante belle cose...››. Questo pensiero la rincuorò; aprì la biblioteca e vide subito un libro, ov'era scritto a lettere d'oro: Desiderate e comandate: voi siete qui signora e padrona! «Povera me!››, si disse, «che altro posso desiderare se non di vedere mio padre e sapere che fa in questo momento?›› Lo aveva detto fra sé, e quale non fu la sua sorpresa quando, nel posare gli occhi su un grande specchio, vide la sua casetta, ove il padre stava arrivando e con un viso triste da non si dire! Le sorelle gli andavano incontro ma, nonostante tutte le loro smorfie per sembrare afflitte, il piacere che avevano per essersi liberate della sorella, traspariva sui loro volti. Un attimo dopo la visione sparì, ma Bella non poté fare a meno di osservare che la Bestia, in fondo, era molto gentile, e quindi lei non aveva nulla da temere. A mezzogiorno, trovò la tavola apparecchiata e, durante il pranzo, fu allietata da un'ottima musica, quantunque non si vedesse alcuno. La sera, al momento di mettersi a tavola, udì il fracasso che la Bestia era solita fare e, anche questa volta, il sangue le si gelò nelle vene. «Bella››, le chiese il mostro, «siete contenta se resto qui a guardarvi mentre cenate?›› «Non siete forse il padrone?››, rispose Bella tremando. «No››, disse la Bestia; «qui non c'è altra padrona che voi: ditemi pure di andar via, se v'importuno, e io me ne andrò subito. E adesso, ditemi una cosa: non è vero che vi sembro molto brutto?›› È vero››, rispose Bella, «giacché io non dico bugie; credo però che siate buono.›› «Avete ragione», continuò la Bestia; «ma oltre ad essere brutto, sono anche stupido: so benissimo d'essere una bestia.›› «Non si è mai una bestia››, disse Bella, «quando si crede d'essere stupidi. Uno sciocco non ha mai pensato di esserlo.›› «Mangiate, vi prego, Bella», le disse il mostro; «e cercate di non 10 Svegliandosi, vide con piacere ch'era di nuovo nel palazzo della Bestia. Si vestì con gran cura per piacergli di più e tutta la giornata si annoiò da morire aspettando che si facessero le nove; ma l'orologio ebbe un bel suonare: la Bestia non si fece vedere. Bella allora temette d'aver provocato la sua morte. Si diede a correre per tutto il palazzo piangendo e chiamandolo a gran voce: era proprio disperata. Dopo aver cercato da tutte le parti, le tornò alla mente il suo sogno e corse nel giardino, dalla parte del canale, dove l'aveva vista dormendo: la povera Bestia era lì, stesa in terra, priva di sensi. Bella credette che fosse morto, si gettò sul suo corpo senza provare alcun ribrezzo per la sua persona e, accorgendosi che il suo cuore batteva ancora, prese un po' d'acqua e le bagnò la testa. La Bestia aprì gli occhi e disse a Bella: «Avete dimenticato la vostra promessa; il dolore di avervi perduta mi ha spinto a lasciarmi morire di fame, ma adesso muoio contento, perché ho avuto il piacere di rivedervi ancora una volta››. «Ma no, mia cara Bestia, voi non morrete!›>, gli disse Bella, «voi dovete vivere per diventare mio marito: fin da questo istante vi do la mia mano e giuro che non sarò d'altri che vostra. Ahimè! Credevo di provare per voi soltanto una buona amicizia, ma il dolore che sento mi fa capire che non potrei più vivere senza vedervi!» Appena Bella ebbe detto queste parole, ecco che tutto il castello si diede a brillare di mille luci: lumi, fuochi d'artificio, musica, tutto le annunciava una grandissima festa. Ma tante meraviglie non trattennero a lungo i suoi occhi; ella si voltò subito verso la sua cara Bestia il cui stato la teneva ancora in agitazione... Ma quale fu la sua sorpresa? La Bestia era sparita, e ai suoi piedi ella non vide più che un principe bello come il dio Amore, che la ringraziava per aver rotto l'incantesimo di cui era vittima. Quantunque un principe cosiffatto meritasse tutta la sua attenzione, ella non poté impedirsi di chiedergli dove fosse la Bestia. «È qui, ai vostri piedi››, disse il Principe. «Una cattiva fata m'aveva condannato a restare sotto quell'orribile sembiante sino a quando una bella fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi, e mi aveva anche vietato di mostrarmi intelligente. E così, in tutto il mondo, non c'eravate che voi così buona da potervi innamorare della bontà del mio carattere; offrendovi la mia corona non posso certo sdebitarmi di tutta la riconoscenza che provo per voi.›› Bella, gradevolmente sorpresa, porse la mano a quel bel principe perché si rialzasse. Insieme essi raggiunsero il castello, e Bella si credette di morire dalla gioia, quando nella gran sala vide suo padre 11 e tutta la famiglia, ch'era stata trasportata al castello da quella bella dama che un giorno le era apparsa in sogno. «Bella››, le disse quella dama ch'era una potentissima fata, «venite a ricevere il premio dell'ottima scelta che avete fatta; voi avete preferito la virtù alla bellezza, e anche allo spirito: meritate di trovare tutte queste doti riunite in una sola persona. Inoltre, diverrete una grande regina, ma ho fiducia che il trono non distruggerà le vostre virtù! Quanto a voi, signore mie››, disse la Fata alle due sorelle di Bella, «conosco bene il vostro cuore e tutta la malizia che v'è dentro: diverrete due statue, pur conservando tutto il vostro intendimento sotto la pietra che vi avvolgerà. Starete mute e immobili alla porta del palazzo di vostra sorella, e non vi do altra pena che quella di dover assistere alla sua felicità. Non potrete tornare al vostro primitivo stato che allorquando riconoscerete pienamente tutti i vostri torti; ma ho gran paura che dobbiate rimanere statue per sempre! L'orgoglio, l'ira, la gola e la pigrizia si possono correggere, ma è una specie di miracolo la conversione d'un cuore cattivo e invidioso!» A questo punto, la Fata toccò tutti quelli ch'erano nella sala con la sua bacchetta magica e li trasportò nel reame del Principe. I suoi sudditi lo rividero con gioia, e lui sposò la sua Bella, con la quale visse lungamente in una felicità perfetta, perché basata sulla virtù.
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