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La Biblioteca del Viceré, Dispense di Storia dell'Europa

ll volume originale consta di circa 300 pagine. Il mio riassunto è di sole 7 pagine, ma vi assicuro che contiene tutto ciò che serve per sostenere l'esame con un buon voto.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 14/04/2022

MRROSS68
MRROSS68 🇮🇹

4.4

(14)

18 documenti

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Scarica La Biblioteca del Viceré e più Dispense in PDF di Storia dell'Europa solo su Docsity! 1 Prof.ssa Carmen Salvo La Biblioteca del Viceré Politica, religione e cultura nella Sicilia del ‘500 (pag. 250) Premessa Gli studi sulla cultura siciliana del primo Cinquecento effettuati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento avevano fatto emergere uno scollamento sempre più forte tra la penisola e la Sicilia dovuto ad una sistematica emigrazione degli autori più celebri verso Napoli, Roma e la penisola iberica. Tuttavia, studi più moderni hanno dimostrato che non era affatto così. Una svolta si ebbe con il rinvenimento dell’inventario di quasi 300 libri appartenenti a Ettore Pignatelli, viceré a Palermo tra il 1517 e il 1535 che ha fornito notizie preziose per una migliore comprensione delle condizioni dell’isola e della penetrazione in essa di fermenti intellettuali e di rinnovamento religioso. L’inventario del Pignatelli è piuttosto eterogeneo e pur essendo un uomo laico, nella sua biblioteca non mancano i testi teologici, quelli platonico-ermetici e le opere destinate alla formazione del perfetto gentiluomo. Parte Prima La Fortuna e ascesa di un nobile partenopeo Capitolo I: Un casato feudale nei tumulti del regno Quello di Pignatelli era un antico casato napoletano le cui origini si fanno risalire ai Longobardi e in particolare nella discendenza dei duchi di Benevento. È certo che fu figlio di Carlo Pignatelli e di Mariella Alferio ed ebbe sette fratelli. La sorella Caterina fu molto importante per la sua ascesa. Infatti, nel 1469 sposò un grande feudatario rimasto vedovo, il conte di Fondi e avendo donato al fratello una dote importante, lo aiutò a sposare Ippolita Gesualdo, figlia di una ricca famiglia feudale. Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Camillo, Costanza e Ippolita. Il 14 maggio del 1503, Napoli venne unita al Regno di Sicilia sotto il governo di Ferdinando il Cattolico che considerava Ettore uno degli uomini di governo dei quali poteva maggiormente fidarsi tanto che nel 1517 lo nominò luogotenente e capitano generale del regno e gli conferì l’incarico di viceré, consapevole dell’instabilità dell’isola in seguito alla rivolta palermitana in seguito alla cacciata del viceré Moncada. Nel 1521 muore la moglie Ippolita, lasciandolo erede dei propri beni. Il suo governò fu costellato di numerosi riconoscimenti per il ruolo svolto al servizio del sovrano. Nel 1527, il sovrano Carlo V gli attribuì il titolo di duca di Monteleone. Ettore morì il 7 marzo del 1535 dopo aver governato la Sicilia per 18 anni, lasciando di sé il ricordo di un uomo saggio e pio. Capitolo II: Viceré in Sicilia Alla morte del sovrano Ferdinando il Cattolico, il Viceré del Regno di Sicilia Ugo Moncada si rifiutò di abbandonare la carica com’era uso fare e poiché la sua era stata una mala gestione, venne letteralmente cacciato dalla città. Nel 1519, l’imperatore Carlo V decise di inviare in Sicilia Ettore Pignatelli, conte di Monteleone, di cui conosceva i meriti, ma le sommosse organizzate da chi riteneva il potere centrale ancora debole non tardarono e per sedarle il Viceré chiese l’aiuto di Guglielmo Ventimiglia che accettò la carica di Capitano di giustizia a Palermo. Nel 1517, Ettore Pignatelli viene nominato ufficialmente nuovo Viceré e una volta acquisiti i pieni poteri si occupò dei rivoltosi, invitandoli in una chiesa con la scusa di voler trattare la pace per poi 2 trucidarli o punirli severamente. Si adoperò per riformare l’intero apparato giuridico, finanziario e amministrativo della Sicilia. Pubblicò “Le Prammatiche”, delle leggi emanate dal re o dal viceré concernenti l’ambito fiscale e l’ordine pubblico con l’obiettivo di accentrare il potere. Cercò di varare una serie di leggi che permisero di creare una giustizia più equa e meno corrotta. Varò delle riforme fiscali atte a diminuire il fenomeno della falsificazione del denaro e del conseguente aumento dell’inflazione. Si occupò di migliorare l’istruzione all’università di Catania, determinando il numero delle cattedre e garantendo salari fissi, in linea con le altre università del regno. Il viceré Pignatelli fu un uomo amante delle arti e delle lettere, come testimonia la ricchezza di opere d’arte a Palazzo Steri, la sua dimora palermitana, fra cui una natività di Vincenzo degli Anzani e sculture in marmo di Antonello Gagini. Parte Seconda Le letture di un gran “saputo” Capitolo I: L’inventario della biblioteca Poco dopo la morte di Ettore Pignatelli, venne redatto, in fretta e furia, un ampio inventario dei suoi libri che ci ha consentito di delineare la sua biografia intellettuale. Si tratta di una biblioteca costituita intenzionalmente da Pignatelli e non frutto di eredità o donazioni. Capitolo II: I Libri devozionali In questa sezione sono presenti tutti i libri che ogni credente vissuto nel XV secolo doveva possedere (prediche, vite di santi, raccolte di esempi, ecc…) fra cui la legenda aurea di Iacopo da Varazze o la Passio Christi in metris, un poema in ottave che rievocava i principali avvenimenti della Passione). Capitolo III: Le grandi correnti dottrinali del pensiero medievale Più complesso è il panorama offerto dalle opere teologiche-filosofiche, fra cui: - il de victoria verbi dei, di Ruperto di Deutz in cui l’autore apporta significative innovazioni alla concezione agostiniana, ricollegando avvenimenti storici alla manifestazione della Trinità; - il Compendium theologicae veritatis, del frate domenicano Huges di Strasburgo, un manuale di teologia molto usato per finalità pastorali. Capitolo IV: “Novità” platonico-ermetiche e presenze aristotelico-tomiste - il Summa Theologiae, Opuscola, di Tommaso de Vio, esempio di Aristotelismo tomista in cui vengono messi in dubbio i capisaldi della teologia attraverso una sorta di analisi simile alla critica testuale; - i libri influenzati dalla corrente umanista, come le opere di Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e dei Cabalisti; - Le opere di Agostino Ninfo da cui emerge la volontà di conciliare l’aristotelismo e il platonismo (Sincretismo). 5 b) I “Sette Angeli” tra profetismo e politica imperiale È proprio qui che si colloca l’episodio che condizionerà i rapporti tra Bellorusso e Pignatelli: Nel corso di queste lezioni, Bellorusso notò delle strane figure sulle pareti della chiesa per cui decise di farle portare alla luce, rinvenendo un affresco ricco di simbolismo iconografico. Si trattava di sette angeli che in quel particolare momento storico potevano rappresentare un messaggio di rinascita e di forza contro i mali che si avventavano sulla chiesa (scisma protestante, la riforma luterana, la minaccia ottomana…). Quegli angeli sembravano avere il compito di rivelare agli uomini i Mysteria futurorum. Tuttavia, la scoperta dell’affresco divenne anche l’inizio di una costruzione politico- religiosa: Il Pignatelli, appena entrato in carica in Sicilia, prese a cuore questo affresco, patrocinandone il restauro e promuovendo la nascita di una Confraternita con a capo niente di meno che il Sovrano Carlo V, il quale, come Michele nella gerarchia angelica, doveva essere il primo protettore dell’impero cristiano in lotta contro gli infedeli. La confraternita stabilì che a guidarla, dopo il sovrano, sarebbero stati i suoi successori e che il “secondo fratello” sarebbe stato il Pignatelli e dopo di lui i futuri Viceré. Tuttavia, con il tempo, il fervore di questa scoperta e della confraternita andò sempre più scemando, sino al completo scioglimento della stessa. c) La biblioteca di Bellorusso Tra Bellorusso e Pignatelli vi fu una comunanza di ideali come si può evincere dalla presenza di titoli comuni nelle rispettive biblioteche (Le rivelazioni di Santa Brigida, Le epistole di Paolo commentate da T. D’aquino, la versione in volgare del Vecchio e del Nuovo Testamento, ecc…). I due condivisero anche delle letture meno diffuse come, ad esempio, i testi di Erasmo da Rotterdam. Ciò attesta l’esistenza di un saldo legame intellettuale tra i due che rappresenta un primo spiraglio per comprendere meglio le caratteristiche di questo “circolo” o entourage. d) Giovan Luca Barberi e i vaticini filo aragonesi Un altro esponente dell’entourage di Pignatelli che occorre menzionare fu sicuramente Giovan Luca Barberi, autore di due opere genealogiche contenenti la linea delle successioni dinastiche in Sicilia e in Aragona fino ai sovrani regnanti con l’intento di glorificarne le gesta. 2. Erasmiani e “spirituali” a) Un siciliano amico di Erasmo L’attenzione del viceré per la dottrina di Erasmo e il tentativo di liberare il cristianesimo dai condizionamenti della teologia scolastica, portò Ettore Pignatelli a conoscere un nuovo collaboratore: Mariano Accardo. Strettamente legato al vescovo di Cefalù, svolse un’intensa attività diplomatica a Roma per poi passare al servizio di Ugo Moncada, divenendo suo segretario. Fu poeta e oratore e conobbe personalmente Erasmo da Rotterdam con cui rimase in contatto per diverso tempo. È probabile che sia stato proprio lui a procurare le opere di Erasmo al Viceré. b) Antonio Minturno e l’“arbitrio zoppo e infermo” Uno dei personaggi centrali dell’entourage di Pignatelli fu senza dubbio Antonio Sebastiani, detto “Il Minturno”, il cui epistolario è una fonte ricca di notizie sulle idee circolanti in Sicilia tra il 1528 e il 1535 e sul clima che si respirava alla Corte del Viceré. Vi si trovano delle sue riflessioni sul “Sacco di Roma”, sul “Luteranesimo” e su alcuni Ordini mendicanti come quello dei Cappuccini o dei Francescani. Il Pignatelli lo volle come educatore dei figli del suo primogenito Camillo. Il Minturno 6 sosteneva che la setta luterana era lo strumento di Dio per far ravvedere il mondo, ma è nelle lettere scambiate con il segretario di Pignatelli, il modenese Giovanni battista Bacchini, che egli mise a nudo i suoi pensieri più nascosti. Possiamo dedurre che la sua professione di fede non fosse diversa da quella di Ettore vista l’affinità tra la posizione del Minturno e le letture del Viceré. c) Il dissenso religioso in Sicilia nell’età di Carlo V Sulla base della fedeltà all’imperatore, si svilupparono in Sicilia diversi orientamenti culturali: - PROFETISMO, specchio dell’inquietudine religiosa per i conflitti sul suolo italiano ed il Sacco di Roma; - ASPIRAZIONE AD UN CRISTIANESIMO AUTENTICO, approccio filologico alle Scritture di matrice erasmiana (Bellorusso e Accardo); - RINNOVAMENTO SPIRITUALE (Minturno), che una profonda e intima devozione doveva determinare nella vita e nella pratica di ogni credente. La morte del viceré nel 1535 e il trasferimento in Calabria del nipote, del suo precettore e della sua stessa biblioteca segnarono la fine di una stagione culturale molto importante nella nostra isola. d) Angelologia e salvezza “sola fide” Il filone escatologico (la polemica “antiromana”, l’avvento di un “pastor angelicus”) e quello di una nuova spiritualità, trovarono una sintesi in un personaggio quasi sconosciuto ma le cui opere andrebbero studiate: il catanese Matteo Selvaggio. Nato a Catania alla fine del Quattrocento, apparteneva all’Ordine degli Osservanti di San Francesco. La sua opera Opus pulchrum è imbevuta di profetismi e di residui religiosi medievali, basati sul libro dell’Apocalisse. Egli descrive Roma e Gerusalemme, le corrispondenze tra i due Testamenti e le figure che hanno protetto la chiesa (Costantino e Carlo Magno). Afferma che il ruolo del Papa è giustificato dall’Astrologia: la prima porta di Roma, dedicata a San Pietro, è posta in corrispondenza della prima porta di Gerusalemme, posta sotto il segno dell’ariete, ovvero il capo del gregge. Allo stesso modo, il pontefice è il capo di tutti i cristiani e il suo potere è quello di un angelo, non di un uomo. Descrive la “Sesta età del mondo”, segnata dalla preclaritas victoriae, dalla preclaritas doctrinae (rinascita degli studi religiosi) e della preclaritas vitae propheticae (l’attesa di un principe salvatore, identificato con il sovrano Carlo V). Nell’Opus preclarum si afferma che la salvezza gratuita dell’uomo dipende dalla grazia di Cristo (beneficium) per mezzo della sola fede. e) Gli amici luterani del Minturno In una lettera, il Minturno ringrazia tale Erennio da Maratea per avergli inviato l’ “Etica” di Aristotele commentata da Lefèvre d’Etaples, un frate molto colto appartenente all’ordine di Sant’Agostino che si recava spesso a Palermo. Non fu mai sospettato di eresia a differenza di altri agostiniani in quegli anni di rigido controllo fra le fila ecclesiastiche. Tuttavia, la situazione mutò nel 1543 quando venne inserito fra gli indagati dall’inquisitore siciliano, pur mantenendo la propria carica di vicario, salvo poi venir rimosso l’anno seguente ed invitato a presentarsi di persona dal cardinale Seripando per porgere le proprie scuse. Verrà comunque incarcerato, vivendo un destino comune ad altri, sintomo della diffusione delle idee luterane in Sicilia. Un altro amico “pericoloso” del Minturno fu il giovane poeta palermitano Girolamo Lo Campo, autore di rime in volgare andate perdute, che godeva persino della stima del Bembo. Non si hanno molte notizie su di lui. Probabilmente fu lui che a Messina incappò nelle maglie dell’Inquisizione poiché Luterano, condannato in contumacia nel 1547, a meno che non si tratti di un omonimo. 7 f) Un’Abbadessa tra Cappuccini e Valdesiani Bartolomea Spatafora, Abbadessa del Monastero di Santa Maria dell’Alto, a Messina, fu sostenitrice dell’esigenza di un rinnovamento spirituale all’interno della chiesa. Lavorò alla moralizzazione del convento, provvedendo alla ricerca di un buon confessore. Le sue posizioni si avvicinano a quelle di Ochino, dell’Ordine dei Cappuccini a cui ella era molto vicina (cristocentrismo, nessuna colpa sarebbe mai bastata per scontare le pene dell’uomo) e Valdes, per cui la confessione era il momento fondamentale per la crescita religiosa.
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