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LA CADUTA DELLA REPUBBLICA E L'EMBLEMA CATILINA, Guide, Progetti e Ricerche di Storia Antica

Tesina d'esame relativa alla fine della repubblica romana, focus sulla figura di Catilina

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2021/2022

Caricato il 21/11/2023

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aurora-lucaroni 🇮🇹

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Scarica LA CADUTA DELLA REPUBBLICA E L'EMBLEMA CATILINA e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Storia Antica solo su Docsity! 1 IL DECLINO DELLA REPUBBLICA E L’EMBLEMA CATILINA La questione sociale Con l’età dei Gracchi ci troviamo in quel periodo di svolta epocale che ha segnato l’origine della degenerazione dello Stato Romano, Stato non più fondato sulla solidarietà civica e il rispetto della tradizione, caratterizzato dalla piena evidenza dei fenomeni e problemi, che sorgono dagli squilibri dovuti all’espansionismo della stessa Roma. Con la sconfitta di Cartagine, Roma divenne padrona del Mediterraneo. Le immense ricchezze che affluirono nelle mani degli aristocratici portarono ad un involontario mutamento delle strutture sociali ed economiche del mondo romano repubblicano e all’ascesa di un nuovo ceto sociale, quello degli equites, nome che trae le proprie origini dal fatto che per far parte del corpo della cavalleria fosse necessario fornire armi e cavallo, pertanto essere benestanti. I cambiamenti a livello commerciale portarono numerose modifiche della fisionomia dell’agricoltura italica, la concorrenza portò alla progressiva rovina della tradizionale agricoltura di sussistenza. Iniziando ad avere grande tendenza la villa rustica servile, la maggior parte dei piccoli proprietari terrieri, sopraffatti dalle ingenti spese, si trovarono costretti a vendere le proprie terre e a spostarsi nella città. Da qui il fenomeno dell’inurbamento e la formazione di una plebe urbana malcontenta. Così, nella società romana, mentre la ricchezza si diffondeva tra coloro che già ricchi erano, la povertà crebbe alle stelle. Cicerone in una lettera ad Attico, cavaliere suo amico, riferendosi alla plebe ci parlerà di una plebe miserabile e affamata che frequentava le assemblee e succhiava il sangue alle casse dello Stato. In quel tempo, con le numerose guerre di conquista che Roma stava portando avanti, iniziò a crescere a dismisura l’ager publicus, il terreno demaniale di proprietà dello Stato romano. Generalmente questo terreno era concesso all’uso dei privati a titolo di occupatio, le proprietà rimanevano dello stato ma potevano essere sfruttate attraverso il pagamento di un canone, il vectigal. La crisi della proprietà terriera fondiaria portò alla concentrazione della maggior parte di queste terre nelle mani dei proprietari più ricchi, pertanto si sentì la necessità di andare a proporre delle norme che andassero a gestire e regolare la distribuzione di queste. Tiberio Sempronio Gracco nell’anno del suo tribunato della plebe (133 2 a.C.), operò un tentativo di riforma agraria, tramite norme che andassero a limitare la quantità di agro pubblico posseduto. Il progetto di Tiberio fissava una quantità di 500 iugeri, con l’aggiunta di 250 iugero per ogni figlio, fino ad un massimo di 1.000 iugeri per famiglia. Un collegio di triumviri si sarebbe occupato della distribuzione dei lotti e di recuperare le terre in eccesso, ripartite tra i più poveri. I fondi sarebbero stati ricavati dal tesoro del re di Pergamo, Attalo III, che aveva lasciato il proprio patrimonio al popolo romano. L’obiettivo principale del progetto era quello di conservare un ceto di piccoli proprietari terrieri. Il giorno in cui tale legge doveva essere approvata nei comizi tributi, Marco Ottavio, tribuno della plebe, pose il proprio veto, pertanto Tiberio chiese che venisse destituito in quanto, rifiutando l’approvazione di tale legge, Ottavio era venuto meno anche al fine per il quale era stato eletto, ossia, la difesa degli interessi popolari. La lex Sempronia agraria venne approvata, Tiberio presentò la sua candidatura anche per l’anno successivo ma un gruppo di avversari politici guidati da Publio Cornelio Scipione Nasica lo assalì e lo uccise. La legge di Tiberio, la quale si voleva proporre come una legge completamente e profondamente rivoluzionaria tuttavia non risultò esserlo nemmeno in parte. Questo mancato tratto rivoluzionario scaturisce dal fatto che, tra le terre che dovevano essere ridistribuite a livello familiare vi erano i terreni dell’ ager publicus, ossia quelle terre che, già prima della stessa legge, erano comuni. Dieci anni dopo la candidatura di Tiberio, nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe il fratello Caio Gracco il quale riprese e perfezionò la legge agraria, proponendo anche : l’istituzione di nuove colonie di cittadini romani sia in Italia che nel territorio della distrutta Cartagine, una legge frumentaria che garantisse ad ogni romano quote mensili di grano a prezzo agevolato, la limitazione dei poteri senatori, riservando ai soli cavalieri il controllo dei tribunali permanenti, la concessione della cittadinanza romana ai Latini e quella latina agli Italici. Tuttavia l’opposizione dell’oligarchia senatoria e la situazione di grave declino in cui si trovava la Roma repubblicana al suo ritorno dall’Africa nel 122 a.C., portarono Caio all’uccisione. La vicenda dei Gracchi costituì un momento di rottura nella storia di Roma repubblicana, la politica si divise in due partiti: optimates e populares. I primi sostenitori dell’autorità e delle prerogative del senato, i secondi difensori dei diritti del popolo. Gli aristocratici, anche quelli che si dicevano “populares” avevano però a cuore soltanto le proprie ambizioni personali, come sostiene Massimo Fini :“tra i membri delle classi dirigenti ben pochi erano disposti ad essere accusati di irresponsabilità e violenza, ad essere chiamati dai loro cari: “agitatori sediziosi”. In settant’anni se ne trovò solo uno: Catilina.”1 1 M. Fini, Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta, Venezia, pp. 49. 5 abbiamo la morte di Nicodeme IV di Bitinia, il quale aveva lasciato il regno ai romani, terra che trasformata in provincia romana avrebbe garantito l’accesso sul Mar Nero. Tale situazione suscitava però forte preoccupazione in Mitridate, che decise di invalidarla. Dopo i vari successi ottenuti da Lucio Licinio Lucullo, nel 66 a.C. il tribuno della plebe Caio Manilio propose che venisse affidato a Pompeo anche il comando della guerra contro Mitridate VI, il quale venne sconfitto e costretto a scappare. Nel 63 a.C. per non cadere vittima dei romani si fece trafiggere. Catilina: da vittima del sistema ad agitatore dei congiurati Con l’assenza di Pompeo, a Roma si scatenò una delle più profonde crisi che la storia del declino repubblicano abbia mai visto. Sale qui, per la prima volta, alla ribalta la figura di Catilina, nato nel 108 a.C. da una gens patrizia, i Sergii, di antichissima origine e glorioso passato ma in decadenza. In gioventù aveva militato nelle fila sillane, per poi cambiare radicalmente fazione. Tanto Cicerone quando Sallustio lo descrivono come un uomo rovinato e per questo disposto a tutto. “L. Catilina, nato di nobile stirpe, fu di grande vigore d'animo e di membra, ma d'ingegno malvagio e vizioso. Fin dalla prima giovinezza gli piacquero guerre intestine, stragi, rapine, discordie civili, e in esse spese tutta la sua gioventù Dopo la dominazione di L. Silla, era stato invaso da una sfrenata cupidigia d'impadronirsi del potere, senza farsi scrupolo della scelta dei mezzi pur di procurarsi il regno. Sempre di più, di giorno in giorno quell'animo fiero era agitato dalla povertà del patrimonio e dal rimorso dei delitti, entrambi accresciuti dai vizi sopra ricordati. Lo incitavano, inoltre, i costumi d'una cittadinanza corrotta, tormentata da due mali funesti e fra loro discordi, il lusso e l'avidità.”2 Pochi sanno che, prima di ricorrere alla violenza, Catilina avesse per ben tre volte tentato le vie legali del consolato ma che venne sempre bloccato dai brogli e dai trucchetti dei suoi avversari politici. Nel 65 a.C., dopo essere tornato dall’Africa, presentò la prima candidatura, la quale però venne respinta con il pretesto di essere stata presentata in ritardo e come se non bastasse, gli aristocratici, per metterlo definitivamente fuori gioco, convinsero Publio Clodio a denunciarlo per concussione per il suo governatorato in Africa. Tuttavia una volta processato venne immediatamente scagionato a verifica del fatto che, tutto quello che gli era stato imputato derivasse soltanto dalla mera volontà dei suoi avversari politici di estrometterlo dalla politica romana. L’assoluzione gli diede la possibilità di presentare nel 64 a.C. una nuova candidatura per il consolato del 63 a.C.. Tuttavia anche in questa occasione accadde che i suoi avversari politici non rimasero inermi. Catilina, Cicerone e Ibrida erano i nomi dei tre possibili consoli da eleggere Il 2 Sallustio, De coniuratione Catilinae, V,XV, pp. 21 . 6 pericolo era Catilina, pertanto Cicerone si accordò segretamente con Ibrida affinché i rispettivi elettori facessero convergere dei voti anche per l’avversario, in modo tale da estromettere del tutto Catilina. Il risultato di queste elezioni fu che Catilina arrivò terzo, dopo Ibdrida e Cicerone. Probabilmente tra coloro che votarono a sfavore di Catilina ci furono anche i suoi stessi sostenitori, Cesare e Crasso. Con il 63 a.C. Catilina presentò per la terza, e ultima, volta la candidatura in vista del consolato del 62 a.C.. Era isolato, abbandonato da tutti i suoi alleati e aveva soltanto l’appoggio della plebe, ma probabilmente questo non era sufficiente, dal momento che non valeva il voto procapite, ma che ognuna delle 193 centurie, in cui la popolazione romana era suddivisa, indipendentemente dal numero di membri, aveva un unico voto. Nelle elezioni del 63 a.C. Cicerone, console in carica, giocò subito una carta a suo favore, rimandò i comizi soltanto il giorno prima del voto, andando a sfavorire cosi tutte le masse contadine che, in vista del voto, si erano spostate dalle campagne alla città e che non potevano pertanto permettersi un soggiorno troppo prolungato a Roma. Il rischio, che poi si avverò, era quello che il giorno delle elezioni la maggior parte dei sostenitori di Catlina sarebbero già tornati nelle campagne, e ciò voleva dire voti in meno. Anche questa volta Catilina arrivò ultimo alle elezioni. A questo punto, la domanda che sorge spontanea è: “Per quale motivo Catilina spaventava così tanto gli aristocratici, da muoverli costantemente all’intervento?”. Pensare che il motivo fosse il suo “essere criminale” come sostenevano Cicerone e Sallustio risulterebbe errato, dal momento che, se fosse stato realmente così non avrebbe potuto percorrere il cursus honorum. Perlopiù con il restaurarsi della censura nel 70 a.C., magistratura che vigilava sulla moralità dei senatori, tra le varie espulsioni per “indegnità” la figura di Catilina non comparve. Pertanto si giunse alla conclusione che ciò che maggiormente spaventava gli oppositori politici era il suo stesso programma politico, sociale ed economico, che gli stessi Cesare e Crasso ritennero essere “troppo radicale”. Tra le proposte di legge che maggiormente hanno suscitato scalpore troviamo la lex Servilia, legge agraria emanata nel 64 a.C., su volontà di Catilina, dal tribuno Servio Rullo, legge nota in quanto Cicerone si scagliò contro essa con quattro orazioni, contenute nel De Lege Agraria. Tale legge, diversamente dalle leggi dei Gracchi, ribadiva l’intangibilità del diritto di proprietà e prevedeva la vasta ridistribuzione di terre ai nullatenenti. Gli obiettivi erano molteplici: garantire l’equa distribuzione delle risorse, rilanciare l’agricoltura italica che era stata fortemente impoverita dal latifondo, sfoltire i ranghi della plebe urbana che con il passare del tempo stavano notevolmente incrementando il fenomeno dell’inurbamento. La ridistribuzione delle terre sarebbe avvenuta attraverso il demanio dello Stato, il quale possedeva un gran numero di territori all’estero, frutto delle conquiste portate avanti negli anni, pertanto, vendendo le terre all’estero, lo Stato avrebbe potuto comperarne altrettante in Italia. La legge trovò subito una grandissima opposizione 7 da parte degli aristocratici e dei grandi latifondisti romani, in quanto quest’ultimi sfruttavano abusivamente le terre demaniali all’estero per farvi lavorare gli schiavi. Tuttavia il programma di Catilina prevedeva anche altro, come la cancellazione dei debiti e l’abrogazione delle leggi che disponevano l’arresto. Catilina si era sempre proclamato difensore dei poveri e degli oppressi, obiettivo primario del suo progetto politico era quello di riequilibrare il potere istituzionale detenuto dall’oligarchia aristocratica con quello della plebe, andando a ridimensionare la troppa influenza del ceto dei cavalieri. Per il conseguimento da parte di tutti della vita politica si chiedeva apertamente l’abolizione del privilegio ereditario, che troppo limitava le magistrature ad una stretta cerchia di famiglie. Si propose un nuovo bilanciamento del potere tra senato, magistrature e assemblee popolari. Tuttavia, per comprendere in pieno cosa successe internamente alle vicende che portarono all’insurrezione del 63 a.C., è necessario tornare indietro negli anni. Coloro che con le elezioni del 63 a.C. si erano staccati definitivamente da Catilina erano gli stessi che nel 65 a.C. gli si erano avvicinati, avendo visto nella sua persona quella di un uomo di mano, che gli sarebbe servito per i loro piani politici. “Catilina, molto probabilmente era stato indotto a entrare nella cospirazione dal fatto che in quel momento, paralizzato da un processo che non si sapeva come sarebbe andato a finire e che poteva stroncargli la carriera politica, non aveva altra strada per arrivare al potere. Quella del 65 a.C. è impropriamente chiamata prima congiura di Catilina”.3 Il 5 dicembre del 65 a.C. si tenne la prima riunione tra i tre uomini, affiancati da un seguito non indifferente, Gneo Pisone, Publio Autronio, Publio Silla, Cornelio Lentulo, Caio Cetego, Antonio Ibrida, Lucio Vergunteio e Publio Sittio Nocerino. Tutte persone che si ritroveranno anche nella vera e propria congiura del 63 a.C.. Da questa riunione si decise che alle calende di gennaio dell’anno venturo, durante la cerimonio del passaggio delle consegne fra i consoli, che per tradizione si teneva nel Campidoglio, una squadra alla guida di Catilina, spalleggiato da Pisone e Autronio, avrebbe assalito e ucciso i quattro consoli, quelli uscenti e quelli designati, e tutti coloro che erano ostili ai democratici. Da qui, Crasso sarebbe stato nominato dittatore, mentre Cesare ne sarebbe divenuto il vice con la carica del magister equitum, maestro di cavalleria, incarico che avrebbe avuto lo scopo di poter creare reparti scelti per poter fronteggiare il ritorno dall’ Africa di Pompeo. 3 M. Fini, Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta, Venezia, Marsilio Editori, 2016, pp. 73. 10 La domanda che sorge spontanea è: “Per quale motivo Cicerone, nonostante avesse ottenuto i pieni poteri, non abbia arrestato Catilina?”. Le motivazioni che spinsero Cicerone ad agire in questo modo, tutt’ora non sono certe, ma probabilmente questo temeva le conseguenze dell’arresto di Catilina e pertanto, forse, con quell’esortazione voleva apparire come colui che lo aveva spinto a questa decisione. Inoltre, arrestare Catilina, avrebbe voluto dire istituire un processo, nel quale, stando alla provocatio ad popolum, l’imputato avrebbe potuto appellarsi al popolo, al giudizio dei comizi centuriati. L’unica alternativa era quella di farlo arrestare e, senza alcun processo, farlo giustiziare. Per Catilina lasciare la città avrebbe voluto dire dichiarare in maniera esplicita la sua colpevolezza e fare un favore a Cicerone, ma d’altro canto, fallito il tentativo di assassinare il console, non vi era più la possibilità di insorgere. A questo punto non restava che riorganizzare l’esercito e le fila della congiura. Partito per l’Etruria, verso Manlio, avrebbe aspettato lì finché i compagni avessero dato il segnale necessario per insorgere, nel mentre alcuni congiurati guidati da Cetego, rimasti a Roma, avrebbero tentato il tutto per tutto il 17 dicembre, giorno d’inizio delle feste Saturnali. In occasione di tali feste, giunse in città una delegazione degli Allobrogi, per richiedere vendicazioni al popolo romano. Fu in questa occasione che Lentulo, congiurato di Catilina, fece l’errore di avvicinare a se gli Allobrogi, promettendo loro ricompense future. Questo gesto costò però molto ai congiurati, in quanto gli stessi Allobrogi erano stati avvicinati anche dal console Cicerone, che li portò a fare il doppio gioco, anche lui con grandi promesse. Come vennero scoperti i piani? Tutto si basò sul fatto che gli Allobrogi chiesero ai congiurati dei documenti scritti da poter riportare in patria, a testamento della loro collaborazione, documenti che però vennero immediatamente portati nelle mani di Cicerone, il quale, questa volta, non pensò due volte a condannarli a morte. I congiurati vennero portati uno per uno sul Mamertino, nei pressi del Campidoglio, dove vi era un luogo adibito alle esecuzioni. Fu cosi che Catilina, appreso quanto appena successo decise di lasciare Roma, per andare verso la morte. Tutto ciò che ci rimane di questo momento è la lettera che il congiurato scrisse all’amico Quinto Catulo : “ A QUINTO CATULO DA LUCIO CATILINA. Ho sperimentato per prova la tua lealtà. M’è stata di conforto nelle ore difficili e mi incoraggia a scriverti questa raccomandazione. Non ho preparato nessuna difesa per l’azione da me intrapresa; voglio inviarti una spiegazione ma non ho il minimo senso di colpa. In nome di Dio, constaterai un giorno che è la pura verità. Esasperato dale ingiustizie e dagli affronti, defraudato del frutto delle mie fatiche e dei miei sforzi, non essendo più in grado di mantenere la dignità del mio rango, come sempre, ho fatto apertamente mia la causa dei poveri - e non perché con la vendita dei miei beni, non sarei stato in grado di pagare i miei 11 debiti – ma perché vedevo insigniti di onori uomini che non ne erano degni e sentivo di essere messo in disparte per sospetti infondati. Per questo motivo, la situazione in cui mi trovo, il mio decoro e la speranza di salvare quel poco di dignità che mi resta m’hanno indotto a seguire questa via. Vorrei scriverti di più ma mi dicono che si sta preparando qualche atto di violenza contro di me. Ti raccomando Orestilla, l’affido alla tua amicizia. Difendila dalle offese, te lo chiedo in nome dei tuoi figli. Addio.” 9 Fingendo di recarsi a Marsiglia, nei pressi di Orbetello cambia direzione, per dirigersi verso Manlio. Giunto nel 63 a.C. presso l’accampamento di Fiesole, mentre a Roma veniva dichiarato “nemico dello stato”, riuscì ad allestire un esercito di cinquemila persone. Placcato dalle legioni governative, che avevano bloccato tutti i collegamenti tra Umbria, e presso Apuleia, poteva sperare soltanto in una fuga verso la Gallia. Il tentativo di fuga, seppur in parte, fallì e i congiurati si trovarono bloccati a Pistoia. Chiuso tra le legioni di Ibrida e quelle di Metello Celere, la battaglia fu l’ultima alternativa che gli si presentò. Nessuno tra i seguaci aveva cercato di fuggire. Nessuno aveva voltato le spalle al nemico. Catilina venne trovato lungi dai suoi fra i cadaveri dei nemici; respirava ancora un poco ma gli si leggeva nel volto la stessa espressione di indomita fierezza che aveva da vivo. Da Catilina alla fine della Repubblica Catilina ha rappresentato l’emblema di quella Repubblica in declino da anni, che però si concluderà definitivamente soltanto con il 31 a.C.. Come detto in precedenza, mentre a Roma si stava ordendo la fatale congiura, Pompeo si trovava in Africa; quest’ultimo sbarcò a Brindisi soltanto nel 62 a.C., l’anno successivo al misfatto. È da questo momento che Pompeo, non riconoscendogli il senato le varie conquiste e i meriti ottenuti fuori dalla patria, che si avvicinerà alla figura di Crasso e a quella emergente di Cesare. Da qui la nascita del cosiddetto primo triumvirato, il quale, differentemente a quello che si andrà delineando anni dopo, si presentava soltanto come un accordo esclusivamente segreto e privato, in base al quale: Cesare sarebbe stato eletto console per il 59 a.C.. Una volta eletto console fece votare due leggi agrarie che prevedevano la ridistribuzione di tutto l’agro pubblico ai veterani di Pompeo, fatta eccezione per i territori della Campania. Venne fatta approvare una lex Iulia de repetundis per i procedimenti di concussione. Alla fine del consolato, il tribuno della plebe Vatinio fece votare un provvedimento con il quale si attribuiva a Cesare per cinque anni il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illirico, ed essendo vacante il governo della Gallia Narbonense gli venne affidato anche quello, su richiesta di Pompeo. In assenza di Cesare, 9 Sallustio, De coniuratione Catilinae 35, 2012, pp. 28. 12 Crasso e Pompeo, approvarono la candidatura del tribuno della plebe Pulcro, ex patrizio. Tra i vari provvedimenti abbiamo: nessun magistrato, ad eccezione degli auguri e dei tribuni, aveva la possibilità di interrompere le assemblee pubbliche, riportando l’osservazione degli auspici, le distribuzioni di frumento ai cittadini romani residenti a Roma divennero gratuite e si stabilì che per tutti coloro che avessero condannato a morte un cittadino romano senza appellarsi al popolo, la sorte fosse l’esilio. Probabilmente questa riforma voleva proprio mirare a ciò che Cicerone anni prima aveva fatto nei confronti di congiurati di Catilina. Nel frattempo Cesare proseguì la sua campagna nelle Gallie, dove portò avanti campagne di conquista vittoriose, sia contro gli Svevi che contro Belgi, e dopo aver ottenuto la proroga del suo proconsolato e il conseguente rinnovo del triumvirato con gli accordi di Lucca nel 56 a.C., ripreso l’espansionismo, la conquista della Gallia si concluse con la presa di Alesia e la cattura del re Vergingetorige, nel 50 a.C.. Nel 53 a.C., con la battaglia di Carre contro i Parti, Crasso perse la vita, mentre a Roma, venuti meno quelli che erano i vincoli che avevano fino a quel momento legato Cesare e Pompeo, quest’ultimo inizierà sempre di più ad avvicinarsi a quegli esponenti ottimati anticesariani e nel 53 a.C., non essendo riusciti a designare i consoli, venne attribuito a Pompeo l’incarico di dittatore, per poi l’anno successivo, essere nominato console senza collega. Tra le varie decisioni prese da Pompeo vi era quella per cui fosse necessario che trascorressero cinque anni per poter passare da una magistratura a una promagistratura, decisione che andava a sfavore di Cesare.Iniziò così una dura lotta tra Cesare e i suoi avversari politici. Per ovviare a questo stato di crisi e tensioni, il tribuno della plebe Caio Scribonio Curione propose che venissero aboliti tutti i poteri straordinari che erano stati attribuiti rispettivamente a Cesare e Pompeo, tuttavia quello che venne decretato fu l’abolizione unilaterale dei poteri straordinari soltanto a Cesare e la proclamazione, da parte del senato, del senatus consultum ultimum, con in quale si conferiva Pompeo la difesa dello Stato. Il disdegno nei confronti dei suoi avversari politici portò Cesare, nella notte del 10 gennaio dei 49 a.C., a varcare il Rubicone, mossa che rappresentò l’inizio della guerra civile, che vide il contrasto tra Cesare, conquistatore della Gallia, e Pompeo, membro della fazione più tradizionalista e conservatrice del Senato. Nel frattempo Pompeo si era imbarcato verso l’Oriente. Cesare, ottenuto il consolato anche per il 48 a.C., avanzò verso la Tessaglia, dove Pompeo aveva posto il suo quartiere generale. Lo scontro decisivo si ebbe nel 48 a.C. a Farsalo, dove le truppe pompeiane vennero notevolmente sconfitte. Pompeo cercò rifugio in Egitto presso i figli di Tolomeo XII Aulete, dove però era in corso una contesa dinastica tra Tolomeo XIII e la sorella Cleopatra VII, pertanto, una volta sbarcato, venne fatto uccidere. Cesare a sua volta si recò in Egitto, con l’obiettivo di redimere le contese tra i fratelli e di garantire a Roma l’appoggio di un regno potente come quello d’Egitto, riconfermando 15 repubblicana. Ma cosa portò a questa definitiva rottura? Ottaviano, a seguito del fallimento di Antonio contro i Parti, aveva acconsentito a concedere arruolamenti di cittadini romani, a patto che risarcisse le perdite, non trascurabili, del precedente fallimento e a patto che si allontanasse dalla regina d’Egitto Cleopatra. Ottaviano inviò ad Antonio, guidati dalla sorella Ottavia, nonché moglie di Antonio, duemila uomini più, separatamente, ventimila legionari. Quella di Ottaviano fu però una vera e propria provocazione, che fece incappare Antonio, il quale aveva obbligato la moglie a tornarsene a Roma, e pertanto portò al ribaltarsi della situazione. Ottaviano da questa situazione risultava essere l’offeso, essendo stata oltraggiata Ottavia, sorella e donna romana, moglie legittima scacciata a causa di una donna orientale, Cleopatra. Noncurante di ciò Antonio celebrò la conquista dell’Armenia andando a confermare a Cleopatra il trono di Egitto. Nel 32 a.C., Ottaviano, dopo aver privato Antonio di tutti i suoi poteri intraprese una guerra che può essere definita come “la guerra dell’Occidente contro l’Oriente”. Lo scontro decisivo si ebbe nel Mar Ionio, nei pressi di Azio, sulle coste dell’Epiro; dopo una battaglia navale vinta da Ottaviano grazie ad Agrippa, Antonio e Cleopatra si rifugiarono in Egitto ma quando Ottaviano penetrò in Egitto e prese Alessandria entrambi gli amanti si suicidarono. Da qui l’Egitto venne dichiarato provincia romana. Con il 31 a.C. si chiude un capitolo fondamentale della storia di Roma e della storia antica, ovvero il capitolo repubblicano, da qui fino al 476 d.C., anno della sconfitta dell’impero Romano d’Occidente, Roma conoscerà attraverso un periodo di transizione coordinato da Augusto una nuova forma di governo, per il popolo romano, quella del principatus. BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA G. Geraci, A. Marcone, Storia Romana, Firenze, 2016 M. Fini, Catilina: ritratto di un uomo di rivolta, Venezia, 2016 G. Pontiggia, M.C. Grandi, Bibliotheca Latina. Storia e testi della letteratura latina, Milano, 2015. M. Mortarino, M. Reali, G.Turazza, Loci Scriptorum. Antologia modulare di testi in latino. Sallustio, Torino, 2012 www.capitolivm.it www.liceoberchet.edu.it Cicerone, In Catilinam I, traduzione di G. Pontiggia, M.C. Grandi Testa 2014. Sallustio, De coniuratione Catilinae, traduzione a cura di M. Mortarino Testa 2012. 16 Plutarco, Vite Parallele. Demostene e Cicerone. TESINA DI Aurora Lucaroni- matricola 321243 Scienze della Formazione Primaria Fondamenti di Storia Antica 2020/2021
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