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La Celestina - Fernando de Rojas, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Spagnola

analisi dell'opera e di alcuni capitoli

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 30/10/2023

puffa2001
puffa2001 🇮🇹

5

(5)

7 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La Celestina - Fernando de Rojas e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! LA CELESTINA E’ un rovesciamento del codice dell’amore cortese, con eroi e protagonisti degradati. L’opera si presta a molteplici livelli di lettura. Il protagonista di questo capolavoro castigliano del 1499 (scritto a Borgos) è il cavaliere nobile Callisto, un volto inedito che non corrisponde al cavaliere dedito al servizio d’amore che si incontrava nei romanzi di cavalleria o sentimentali, poiché la portata di quest’opera è ancora più esaltata dal confronto con i generi narrativi in voga dalla fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, che era ancora impegnata nella trasmissione di figure stilizzate, appartenenti al passato cavalleresco del mito, ancora presente con la sua funzione esemplare. Assieme a cavalieri come Leriano, imprigionato in una torre con sentinelle, custodi e catene, affianca Callisto, la figura di un amante degradato che non esita a rivolgersi ad una mezzana di nome Celestina, abile nella manipolazione, per poter concretizzare il suo desiderio amoroso, Melibea, usando intrighi ed armi poco leali. Callisto converte il suo amore in un intrigo, una trama ordita ai danni di Melibea. Con la storia d’amore tra i due anche lo spazio che accoglie il sentimento amoroso cambia profondamente perché la commedia è d’ambientazione urbana, quindi lo sfondo non saranno geografie percorse da scenari fantastici e allo stesso tempo indefiniti, non riceviamo dettagli specifici sul contesto d’azione dei personaggi, ma è ben delineata la realtà urbana. Ci spostiamo dalla corte allo spazio urbano, come ulteriore rottura delle convenzioni e degli schemi. Rispetto al romanzo di cavalleria e sentimentale, l’elemento allegorico- simbolico nella tragicommedia si dissolve completamente. L’amore resta argomento centrale ed il sentimento che definisce l’individuo ed il suo essere nella realtà, ma a questo sentimento se ne affiancano altri. –La prima edizione esce nel 1499, la seconda nel 1500/1501, la terza nel 1502, la definitiva, da 16 atti ai 21: si affaccia in un’età e sensibilità nuova, in una corrente rinascimentale, infatti si fa portatrice di nuove istanze sociali, culturali. –Sin dal genere adottato dall’autore mostra un distacco dalla tradizione, dal canone perché è un esempio di genere drammatico, quindi una commedia ma è atipica, presentando un’estensione debole, avendo due redazioni, una in 16 atti, l’altra in 21, quindi è estremamente corposa se pensata da rappresentare sulla scena, anche strutturalmente è costituita da lunghi monologhi che si rivelano poco adatti alla rappresentazione classica canonica. Più che come opera da rappresentare in scena era stata pensata come una rappresentazione di recitazione di una singola voce che ripercorreva tutti i suoi atti: nuovo elemento di complessità, di peculiarità specifica di quest’opera. L’edizione Princeps compare nel 1499 a Borgos, a questa altezza cronologica è nota come Commedia di Callisto y Menibea: ampia fortuna fino al 1634, in cui circoleranno ben 109 edizioni. “Commedia” o “Tragicommedia” viene definita con l’edizione del 1502, . Ma l’opera viene chiamata la Celestina perché ha attirato sempre di più l’attenzione dei lettori questa figura di mezzana, una donna, scaltra, astuta, furba e manipolatrice, ruffiana, fino a far coincidere l’opera stessa con il suo personaggio. Nel 1500 esce l’edizione a Toledo e nel 1501 a Siviglia: entrambe mostrano delle aggiunte significative rispetto alla prima, come dei testi sia in apertura che in chiusura dei 16 atti, che si convertiranno in 21 con l’edizione del 1502. In apertura viene inserita una lettera, composta dall’autore stesso, la cui identità viene svelata da un acrostico che si incontra successivamente: c’è un componimento in ottave che è un acrostico e, le iniziali di ciascun verso compongono una frase articolata, svelando l’identità dell’autore fino a quel momento anonimo; segue poi c’è un incipit e un argomento generale; in chiusura, invece, c’è un componimento in ottave di cui non è autore Fernando de Rojas, ma un correttore dell’opera, Alonso de Proaza, che completa questa sezione di chiusura di Toledo e Siviglia. Fernando de Rojas è autore solo di 15 su 16 atti, perché il 1 atto ci rivela di aver ritrovato un manoscritto, che l’ha colpito così tanto da Al successivo incontro tra le due donne, Melibea cederà completamente ed acconsentirà all’offerta amorosa di Callisto, e il primo incontro tra i due avviene nel XII atto, in cui si parlano attraverso un muro e successivamente si promettono un nuovo incontro. Avendo Calisto ottenuto il suo desiderio, e la Celestina il suo principale obiettivo, cioè di concretizzare l’amore tra i due, a quel punto i due servi Sempronio e Parmeno iniziano a meditare vendetta verso Celestina mossi dalla profonda duplice invidia verso il padrone per aver ottenuto quanto desiderava e, anche verso Celestina, che con le sue qualità e la sua professionalità ottiene quanto meditava. Meditando la vendetta si precipitano a casa di Celestina e la uccidono e, nello scappare via, in maniera rocambolesca e precipitosa, entrambi perdono la vita. Nel XIV atto avviene l’ultimo incontro e, anche definitivo tra Melibea e Callisto in cui si uniscono carnalmente, Callisto nell’andare via ha un incidente sulla scala e muore. Melibea devastata da questa perdita dell’amante, decide di suicidarsi gettandosi dalla torre della sua dimora. L’opera si conclude con un grande planctus del padre di Melibea. (Anche la Carcel de Amor termina con un pianto di Coleria madre di Leriano in seguito alla sua morte) *I cambiamenti significativi apportati dall’autore possono notarsi già dal fatto che i 5 nuovi atti vengono inseriti all’altezza del XIV atto, in cui Callisto congedandosi da Melibea dopo la notte trascorsa, non ha l’incidente dove precipita dalla scala (evento letto anche come simbolo di punizione per essere andato contro le regole, concesso ai piaceri ed ottenuto e concretizzando il desiderio erotico, descritto dal codice come inappagabile), quindi non ci sarà la morte tragica e casuale, ma gli incontri tra i due amanti si protrarranno per un mese e la morte di Callisto sarà dovuta da altri motivi e non alla casualità: nell’edizione del 1502 si fa strada un secondo intreccio con un nuovo personaggio, Centurio, (infatti i 5 nuovi atti sono stati nominati anche “Il trattato di Centurio”) che entra in scena assoldato dalle due compagne di Sempronio e Pàrmeno, rispettivamente Elisae ed Areusa, due delle donne al servizio di Celestina (essendo una ruffiana gestisce una sorta di “casa di appuntamenti”, bordello). Celestina, siccome sapeva che Parmeno era un po’ scettico, ricorrendo ad Areusa neutralizzerà la minaccia che Parmeno rappresentava, seducendolo. Le due ragazze, in questo secondo intreccio, si convincono che i responsabili della morte di Celestina siano Calisto e Melibea e, intendono vendicarsi facendosi aiutare dal sicario Centurio con i suoi scagnozzi, che doveva appunto assassinare Callisto Non sarà, però, effettivamente Centurio ad assassinare Callisto. È, quindi, importante questa aggiunta che rappresenta la più corposa e significativa dell’edizione del 1502. Altri episodi significativi inseriti sono un lungo monologo di Callisto nel XIV atto - un dialogo tra Callisto e la mamma di Melibea - un lungo dibattito tra i genitori di Melibea, la quale assiste alla contrarietà dei genitori verso il suo amore con Callisto - l’ultimo incontro tra i due nel XIX atto ➾ l’autore aggiunge questi elementi su richiesta dei suoi lettori. Prologo esteso, articolato e lungo, che prima di spiegare i motivi di questi interventi e nuovi atti, sviluppa ed articola una lunga trattazione che muove da una citazione del filosofo Eraclito ↠ una massima secondo cui nel mondo la natura delle cose è percorsa da un conflitto che le oppone tra loro, riferendosi a tutte le dimensioni della realtà: quella animale, naturale, al firmamento, ai mari, al clima. Tutto è attraversato da conflitti interni. Questa citazione l’aveva tratta da un’opera di Petrarca “De remedis utriusque fortunae”, uno dei suoi modelli e punti di riferimento. Ci sono citazioni illustri che fanno riferimento ad Aristotele, Lucano e a Plinio come fonti. Essendo che la lotta ed il contrasto sono argomento che interessa tutte le dimensioni della realtà, quest’opera non poteva sottrarsi alla legge di natura, diventando quindi anch’essa strumento di lite e generando contesa. L’autore, con questo, prol vuole mettere in luce sia la ricezione dell’opera stessa e le opinioni contrastanti che generò, sia illuminare i suoi significati interni. L’autore sottolinea che il contrasto nasca dalle singole interpretazioni dei lettori, che individuano nell’opera significati a molteplici livelli, che siano profondi o superficiali, sempre in base alle proprie volontà capacità interpretative, conoscitive Delle opinioni così discordanti tra loro: alcuni la ritenevano oscura, cioè ambigua, altri prolissa, o troppo lunga, o troppo breve ↠ ritagliarla su misura con così tante differenti opinioni sarebbe stato solo compito di Dio. Inoltre, se noi riunissimo dieci persone all’interno di uno stesso luogo e sottoponessimo loro questa commedia e tra di loro ci fosse una forte differenza di carattere, di predisposizione, come appunto accade, chi può escludere che ci sarà un conflitto, scontro, riguardo le tante maniere di interpretarla ed intenderla? (Riferimento agli interventi operati per le prime due edizioni cinquecentesche.) Anche il nome cambia, infatti nella Princeps avevamo Commedia di Callisto e Melibea, mentre si affermava che la commedia, essendo definita così perché aveva un inizio triste ed un lieto fine, non fosse adatta per questo titolo. L’autore spiega che fu quello del primo atto che la chiamò così e, quindi, Fernando de Rojas opta per una mediazione fra la commedia e tragedia chiamandola Tragicommedia. Inoltre, raccogliendo pareri ed opinioni discordanti, osservò dove più si inclinava la maggioranza: ci rivela il motivo dell’aggiunta dei 5 anni all’altezza del XIV, perché rispose alla richiesta dei lettori di ampliare e dilungare le vicende amorose dei due amanti e il processo e sviluppo del loro amore. Sighese estrema qualità, eleganza e fattura del contenuto e della forma, da cui si è spinto a produrne una continuazione); - intenzione didattica che viene esplicitata nei prologhi ed argomenti; - trasferire sulla scena ambientazioni, storie, temi che trovavano accoglienza in altri generi narrativi, come nella novella e, che per il loro intrinseco carattere drammatico venivano trasferiti sulla scena. La celestina accoglie temi e motivi del genere cavalleresco e sentimentale, rielaborandoli ed offrendo una lettura nuova, fornendone una parodia e rovesciandoli, però anche in essa riscontriamo la volontà di traferire sulla scena temi, motivi, trame presenti in altri generi narrativi; - legame con la contemporaneità : realtà più viva, vicina alla contemporaneità; - satira anticlericale; - riferimenti ad ambienti universitari : nella lettera che l’autore invia ad un suo amico, quando decide di dedicarsi al completamento dell’opera dopo la lettura del I atto che trova, Fernando de Rojas è uno studente. I modelli in termini più generali ed in maniera più ampia ed estesa sono Petrarca, le opere maggiori del genere cavalleresco e di quello sentimentale, il Filo d’Oxus di Leon Battista Alberti, il De Amore di Andrea Cappellano, il Libro de buen Amor di Juan Ruìz. Abbiamo prove del fatto che l’autore consulti anche delle opere da cui prelevi le sue citazioni come i Proverbi senechiani. ATTO PRIMO [Incontro Calisto e Melibea e gli eventi successivi] –descritto in maniera casuale: alcuni studiosi hanno ipotizzato che questa entrata in scena così diretta e sprovvista di antefatti, (perché da subito si ha questo incontro tra i due, di Calisto che si rivolge a Melibea), che questo manoscritto ritrovato da Fernando de Rojas fosse incompleto, che avesse perduto le carte relative ad un antefatto, introduzione e presentazione di questo incontro; è vero che abbiamo a disposizione un *argumento che fornisce delle coordinate di riferimento, e contestualizza, però si può ipotizzare che sia stato opera di interventi successivi per colmare un vuoto o una lacuna rappresentata dall’entrata in scena diretta dei due amanti *Incontro casuale, Calisto si ritrova nel giardino di Melibea, perché sta rincorrendo un falcone che è scappato via e si imbatte in lei, di cui da subito fu rapito da un forte sentimento amoroso nei suoi confronti e le rivolse la parola. Naturalmente riceve il rifiuto netto e sprezzante di Melibea e, fa ritorno presso la sua dimora, distrutto dal dolore; Sempronio, allora, per sollevarlo e consolarlo gli propone di rivolgersi all’intermediaria, alla scaltra anziana Celestina. C’è anche il riferimento a Parmeno in chiusura e, alla relazione intercorsa già tra lui e Celestina, perché la madre era una delle donne di Celestina, quindi essendo stato al suo servizio, la conosceva molto bene e, proverà a mettere in guarda Calisto. Traduzione e Spiegazione : In questo vedo, Melibea, la grandezza di Dio, nell’aver concesso alla natura il potere di dotarti di così perfetta bellezza e, di aver fatto a me indegno la grazia di incontrarti e in luogo così conveniente, propizio da poterti manifestare il mio segreto dolore. Senza dubbio, tale ricompensa è incomparabilmente maggiore del servizio, del sacrificio, della devozione e delle opere pie che io per raggiungere questo luogo ho offerto a Dio. Chi in questa vita ha visto mai un corpo di un uomo glorificato come adesso è il mio? Certamente i Santi in gloria che gioiscono della visione divina; questi non godono più di quanto io adesso stia godendo nel renderti omaggio, nel rispetto che io ti sto manifestando in questo momento; ma o triste, me infelice, in questo siamo differenti: che quelli solamente provano godimento puro, liberi dal timore di essere privati di una tale sorte felice/beatitudine, mentre io provo una gioia impura perché mi rallegro nel timore del penoso tormento che la tua assenza finirà col causarmi. Primo incontro con Calisto: egli è il degno rappresentante della ideologia cortese, un nobile cavaliere chiamato ad incarnare i valori propri dell’aristocrazia; ma qui da subito, si nota che tale modello viene aggredito, degradato e parodizzato, perché seppur vero che in questo frammento s’incontrano i punti cardini e norme del codice dell’amor cortese, espresse nella loro pienezza, come l’idealizzazione della donna, la distanza insanabile ed incolmabile del soggetto amante e l’oggetto amato, la passione amorosa (espressa da Calisto) che coincide col desiderio insoddisfatto, la norma della segretezza (secreto dolor), la sofferenza alimentata dallo stato di privazione. Egli si imbatte in Melibea ed in un incontro fortuito, il solo vederla genera in lui questa manifestazione di sentimenti impensabili, sproporzionati rispetto all’episodio concreto, all’esperienza dei due amanti (non siamo vicini a Leriano, di un amore nutrito da una conoscenza, un impossibile scambio, un tempo di nutrimento e relativa sofferenza). È un incontro istantaneo = ed in questa professione d’amore si percepisce questa carica parodica → Calisto si presenta subito come la parodia dell’amante cortese Cena 4: Rimprovero di Sempronio al suo padrone, che dice di riconoscere in Melibea una vera e propria divinità e, secondo Sempronio, è un reato ancora più grave degli abitanti di Sodoma, i quali volevano appunto accoppiarsi con angeli non conosciuti, invece Calisto riconoscendo la dama come Dio intende accoppiarsi con una divinità e, quindi il peccato, l’atto di blasfemia è ancora più grave. Questo genera il riso di Calisto, perché Sempronio nella battuta fa ragionamenti scorretti* e da qui nasce la comicità, la messa in ridicolo di Sempronio e di conseguenza c’è la risata di Calisto. *Arriva a delle conclusioni omettendo dei passaggi o dando per scontato cose fin qui non rivelate o esplicitate, perché Calisto fino a questo momento non ha ancora esplicitato il suo desiderio di unirsi carnalmente con Melibea, però Sempronio lo da per assodato perché sa bene che è quello il fine a cui mira il suo padrone Teoria della comicità di Freud: comprendere che aggredire una norma, attraverso l’effetto comico, implica la difesa del disvalore che stiamo criticando, ed il superamento stesso del valore attaccato. La comicità non è solo uno strumento o risorsa per generare riso, come voleva la tradizione della poetica Aristotelica, la quale sancisce la superiorità di chi ride sull’oggetto deriso: stabilisce che chi ride e colui o ciò che suscita il riso stiano tra loro in un rapporto di non-identificazione = io rido di qualcosa o qualcuno che si pone in una situazione di ridicolo, perché non mi identifico con quest’oggetto o con quest’evento. Per Aristotele la comicità è una risorsa per l’esclusiva provocazione del riso. Freud, invece, offre una lettura ben più complessa e stratificata; un classico della letteratura castigliana come la Celestina, si offre a una lettura più complessa della sua chiave comico-parodica, si rivelerebbe insufficiente una lettura che si limiti alla non identificazione tra chi ride e ciò che genera il riso. Freud, in “Il motto di spirito e la sua relazione col l’inconscio” del 1905, propone tre tipologie di comicità: comicità pura (effetto di non identificazione), Viz (motto di spirito) ed umorismo. Quest’ultimo è una realizzazione della provocazione del riso, in cui anziché escludersi, si combinano due elementi contrapposti: l’effetto di non identificazione* e l’identificazione tra chi ride o ciò che suscita il riso = formazione di compromesso, in cui la comicità* funge da semplice facciata, dietro cui si nasconde un contenuto represso, proibito, interdetto che dà luogo all’identificazione, al momento della complicità. Inoltre, la comicità è un processo psichico, localizzato nel preconscio-conscio, che comporta lo scaricare tramite la risata un risparmio di energia, che deriva dalla comparazione tra l’io e l’altro; quest’ultimo spende poca energia nelle prestazioni intellettuali, mentali e troppa nelle prestazioni fisiche. Questa teoria freudiana, quindi, non si discosta enormemente dalla comicità della tradizione Aristotelica, che segna uno scarto tra chi ride e chi è ridicolo, confermando la superiorità del primo sul secondo, cioè su un doppio livello di prestazioni fisico-mentali del primo sul secondo. La novità del modello del Viz è quella della formazione del compromesso, che rappresenta la chiave della complessità: secondo questo modello, nel Motto di Spirito è riconoscibile la tendenziosità, cioè un contenuto proibito, represso, taciuto, perché sconveniente; per poter affermare quel contenuto lo si fa emergere aggredendolo comicamente, facendolo oggetto di comicità, quindi la non identificazione diventa solo una facciata, copertura che consente al contenuto sconveniente di essere coperto. Questa particolare realizzazione di provocazione del riso vede in sé convivere due momenti: comico (grazie al quale nella comparazione con l’oggetto ridicolo, il soggetto non si identifica) e quello tendenzioso, che apre la comicità al contenuto proibito, l’adesione al contenuto represso. Quindi, dietro la formula del “non sono io”, affermiamo “si, sono io”, condividendo quel contenuto che, però, in superficie deve mostrarsi aggredito, perché sarebbe sconveniente, assolutamente trasgressivo e, quindi non può essere abbracciato e condiviso apertamente. →Tutto ciò può essere applicato alla risata che Callisto lascia scoppiare alla fine del rimprovero di Sempronio. L’affermazione di Callisto è assurda quando ci presenta Melibea nelle vesti di una divinità, perché nell’episodio biblico dei Sodomiti, fu commesso il peccato di voler unirsi carnalmente con degli angeli che mostravano fattezze umane, ed a differenza dei Sodomiti, Callisto riconosce che Melibea è Dio, quindi ne consegue che egli è ancora più blasfemo dei Sodomiti. Ma, Sempronio arriva al rimprovero commettendo degli errori logici: presuppone che Callisto voglia unirsi carnalmente con Melibea, ma ciò non è stato ancora espresso; l’altro errore che fa è che il codice dell’amore cortese lasciato illustrare da Calisto nel primo incontro, non presuppone l’identificazione della donna amata con Dio, ma è una deduzione di Sempronio, quindi dà prova di aver impiegato poca energia intellettuale: i suoi errori sono prevalentemente logici, essendo arrivato a delle conclusioni secondo dei presupposti che ha dato per certi, quindi ha prodotto ragionamenti sbagliati e, lo rendono oggetto di riso da parte di Calisto e di noi lettori che non ci identifichiamo, ma anzi prendendo le distanze da Sempronio. Noi lettori stiamo attuando il modello di comicità che presuppone la non identificazione e, che si ritrova sia nella teoria della poetica aristotelica, sia nella comicità freudiana. Applicando questo modello di comicità, noi lettori ci stiamo sentendo superiori rispetto a Sempronio, allontanandoci da lui; ma se a questo episodio collegassimo la formazione del compromesso, quindi il Viz, ci rendiamo conto che dietro la facciata di questa risata c’è un contenuto da nascondere, che non si può esprimere e deve essere taciuto, cioè il pensiero serio dietro ciò che ha detto Sempronio: pur commettendo errori di ragionamento, perché ha dato per sicuri dei presupposti in maniera autonoma, ma egli ha ben ragione nel pensare che il suo padrone voglia unirsi carnalmente con Melibea, quindi in questo si può ritrovare il contenuto represso, taciuto e sconveniente che infrangerebbe i codici morali, sociali e religiosi vigenti dell’epoca; si potrebbe pensare che Sempronio inviti Callisto a riconoscere la vera natura del suo sentimento per Melibea, un sentimento impuro, un desiderio che assolutamente non si concilia col pensarla e crederla una creatura divina, idealizzarla a tal punto da farne un essere di creatura divina. Quindi, in questo episodio emerge in tutta la sua ferocia l’aggressione e trasgressione nei confronti di quell’insieme di norme, precetti, atteggiamenti che l’élite aristocratica aveva creato per sublimare il desiderio amoroso e, staccarlo dalla sua natura, che gli appartiene e non gli può essere negata. Quindi il servizio da lei per un breve periodo da bambino, visto che sua madre lavorava insieme a lei; ma molto probabilmente Celestina si non ricorda di lui, sia perché il periodo a suo servizio fu molto breve, sia perché essendo trascorso molto tempo è cambiato con l’età. Viene fornita la prima descrizione di Celestina e le sue molteplici attività: Parmeno ci da le informazioni chiave sul lato della magia Celestina era cucitrice, profumiera, maestra nel preparare belletti e rifare verginità, ruffiana e un po’ fattucchiera. Il primo ufficio era una copertura per gli altri e col pretesto delle molte ragazze al suo servizio entravano nella sua casa per cucirsi e cucire camice. Nessuna giungeva senza lardo, frumento, farina, farina, boccale di vino e altre provviste che potevano derubare nelle case dei padroni. Era amica di *studenti e dispensieri e giovani ragazzi di chierici: a costoro vendeva il sangue innocente di quelle meschine ragazze che si giocavano con leggerezza, in vista del restauro che le prometteva… = descrizione del giro di prostituzione che gestiva Celestina, fa riferimento alla sua *clientela, a cui veniva venduta la verginità delle ragazze con la promessa di essere ripristinata; inoltre, era particolarmente abile in quest’attività e la sua impresa crebbe e per mezzo di quelle si metteva in contatto con le più riservate fino a condurre in porto il suo proposito. In casa sua, penitenti scalzi ed incappucciati entravano per piangere i loro peccati = nella satira anticlericale con il riferimento alla commedia umanistica italiana: esponenti del clero sono presi a bersaglio e ne vengono aggrediti satiricamente i vizi. Vengono poi esposti tutti i vari elementi che manipola da fattucchiera, come profumi, sofisticava benzoino, ambra, musco, tutte le sostanze naturali, gli estratti che poi venivano da lei manipolati lavorati per creare pozioni particolari = poquito hechicera. Questa descrizione e precisione di Parmeno nel descrivere gli uffici di Celestina intende rimarcare due aspetti, le competenze della donna, perché egli con queste parole ha l'obiettivo di porre in cattiva luce il personaggio di Celestina, ad accrescere questi tratti negativi del personaggio, per renderlo ancora più sgradevole al lettore, ma allo stesso tempo ci rivela anche la sua competenza, la sua più la professionalità: la capacità di maneggiare una quantità di sostanze, di elementi, di essenze, di pozioni per conseguire più disparati fini. In più ci sono anche degli elementi importanti che riportano proprio all'arte della magia, perché questi sono gli strumenti della Celestina fattucchiera, maga e, si potrebbe dire di Celestina demoniaca ⇨ oltre al serpente che utilizzava, aveva una cicatrice sul volto, suo elemento distintivo. In un’altra parte della casa, in un ripostiglio aveva invece le pozioni ed i rimedi per gli amori e per farsi volere bene: aveva tutta una serie di elementi come membrana di cuore di cervo, lingue di vipera, teste di quaglia, placenta di neonato, ed altre cose che sono altra dimostrazione dell’attività di creare pozioni dai poteri magici. Crolla la cosiddetta certezza che si era creata, scaturendo una condizione di smarrimento e dubbio, perché dopo questa assoluta precisione nella descrizione di tutte le arti e gli strumenti di Celestina, Parmeno getta un'ombra su tutto ciò, dicendoci che era tutto falso, era tutta una menzogna tessuta ad arte da Celestina, la cui più grande capacità era soprattutto quella di manipolare, di ingannare: quindi getta un dubbio e mette il lettore davanti ad una perplessità, tra l'altro irrisolvibile, perché poi, appunto, non si avranno mai nel corso dell’intera opera elementi per poter risolvere questo dilemma e per capire se Celestina era realmente una maga, una fattucchiera e queste sue arti magiche consistevano nelle sue abilità quindi nel suo ingegno, e nelle sue capacità di modificare, di manipolare gli eventi e di volgerli a suo favore, quindi di dominarli, o se le sue arti magiche erano arti particolari in cui l'intervento demoniaco aveva il suo ruolo determinante. Con questa descrizione di Parmeno, si ha l’esempio dei monologhi molto lunghi che dominano l’opera, quindi dei momenti e dialoghi altrettanto lunghi, di una sproporzione quasi consistente rispetto ai tempi propri della rappresentazione scenica. A questo punto, Calisto taglia corto e ringrazia Parmeno per averlo messo in guardia e raccontato ciò, ma spinge ad agire prima che questa si arrabbi, perché è in attesa da tempo. Inoltre, gli dice di non allarmarsi perché i suoi costumi e modi lo fanno essere il suo preferito tra tutti i servi, ma in un caso come questo, dal quale dipendono il suo bene e vita, deve prevenire agli avvenimenti; infine, Calisto dice a Parmeno di puntare al bene supremo, alla salvezza, ed in questa situazione è Celestina che può dargliela. Parmeno, sentendo Sempronio e Celestina confabulare, fa un ultimo tentativo provando a bloccare Calisto, ma non ci riesce. Il primo incontro tra Calisto e Celestina : Calisto si rivolge a Celestina con un tono solenne ed elevato, attraverso anche l’operazione di artifici retorici: la definisce “chiave della sua vita”, si proclama vivo proprio grazie alla sua visione ↠ rovesciamento di convenzioni e norme cortesi. Celestina emana rispettabilità e, in questo vi è del paradossale, avendo una cicatrice sul volto che rimanda al demoniaco; la vecchia donna viene riconosciuta come virtuosa, appare con tutte le sembianze dello strumento di beatitudine; addirittura Calisto afferma di desiderare baciare le sue mani, portatrici di salvezza, rimedi per la mia condizioni ed “infermità”, ed afferma di adorare la terra che lei calpesta da questo momento e, anche di volerla baciare in atto di omaggio nei suoi confronti. Il paradosso e l’assurdità di questo brano sta proprio nel presentare Celestina quasi come una santa. Lo scontro tra i due codici valoriali: da un lato, Calisto che è esponente di una cavalleria tramontata ed ormai priva di aderenza con la realtà che si sta conformando a nuovi valori; e dall’altra parte Celestina che si fa portatrice di tutti quei nuovi valori, quali la concretezza, l’operosità, il profitto, il denaro, il vero scopo e fine di tutto: va dritta al dunque. Ella, infatti, interrompe Calisto e apre la borsa, manifestando questa volontà di concretizzare il suo compito. –Successivamente, Celestina dialogherà con Parmeno e, cerca in qualche modo di rimuovere l’ostacolo incarnato da lui. L’uomo le dice chi è, ed ella lo riconosce ↠ viene descritto un piccolo flashback di quando i due vivevano sotto lo stesso tetto nei pressi del fiume. Celestina ricorda Claudina, la madre, che in realtà sarà colei che ha indirizzato Celestina alle arti magiche, quindi collegata anch’essa all’aspetto demoniaco. questa età nuova e moderna (siamo sulla soglia del 1500, con la maturazione dell’umanesimo e, dare ampio spazio e diffusione al Rinascimento) : le istanze di una classe mercantile-borghese caratterizzano l’epoca storica e, le ritroviamo espresse nelle contestazioni e rivendicazioni dei personaggi più umili; essendo dei contenuti nuovi e trasgressivi, che chiedono affermazione ma non ancora ottenuta, in quest’opera sono abusivamente collocati, l’espressione dei contenuti deve essere affidata a dei personaggi poco credibili e su un piano superficiale, in cui il lettore-spettatore istaura un rapporto di non-identificazione [ritratto dell’anziana mezzana intrecciato con il desiderio di esibizione] ATTO III, Cena III ~Invocazione del demonio, Plutón, il dio degli Inferi ↳ letta in duplice chiave: ricorre al demonio perché l’aiuti in questa impresa e nel raggiungimento del profitto da lei aspirato, che poi sarà ottenuto soltanto se Melibea cadrà nella sua trappola; in questa invocazione vediamo anche un ruolo attivo di Celestina che minaccia il demonio stesso, qualora questi non l’aiuti effettivamente a raggiungere il suo scopo. Seppur espressa da Celestina che è un personaggio umile, è ricca di numerosissimi appellativi, perifrasi descrittive dedicati a Plutone, il signore degli Inferi: l’invocazione, quindi, è avviata con un tono solenne ed elevato con descrizione di reminiscenza classica del sovrano infernale. Celestina parla in prima persona, definendosi come una delle più note clienti del demonio ↠ chiama in soccorso il demonio, con un tono “di ordine” = egli deve soddisfare una volontà precisa Traduzione e Spiegazione: Lo scongiura in nome della virtù e della forza di queste lettere vermiglie, tinte del sangue dell’uccello notturno con il quale sono state tracciate e realizzate (riferimento al dettaglio del veleno delle vipere = con esso fu realizzato l’olio con il quale intende ungere il filato, il suo espediente, attraverso cui Celestina entrerà in casa di Melibea, proponendole i filati da acquistare; è un mero pretesto per poi parlarle di Calisto e, chiederle la preghiera). Egli si vede soddisfare una volontà precisa, nel quale deve involversi nel filato, finché si presenti l’occasione opportuna che Melibea lo compri e, che attraverso di esso resti intrappolata in questa rete lanciata a questo scopo; in maniera tale che il suo cuore si addolcisca e, possa cedere e soddisfare la mia richiesta. Fatto tutto questo le potrà chiedere tutto ciò che vorrà, ma se non accorre velocemente l’avrà per nemica mortale ↳ forma un’esplicita minaccia al demonio stesso, si trasformerà in sua nemica acerrima ed elenca gli effetti che questa minaccia potrebbe conseguire: ferirà le sue carceri tristi ed oscure con la luce, si farà crudele ed accusatrice di tutte le sue continue menzogne, e con le sue aspre parole perseguiterò il suo orrido nome. E ancora confidando nel suo molto grande potere si dirigerà verso casa di Melibea con il filato, dove è sicura che lo porterà con sé avvolto. ATTO IV Monologo di Celestina Pensa e si fa delle domande: seppur avendo chiesto un aiuto trascendente e sovrannaturale, è profondamente dubbiosa, è abitata e percorsa da numerose perplessità e, questo rientra in un elemento caratteristico, una costante che si può estendere all’intera opera ↠ gli eventi della tragicommedia sono tutti frutto di una lenta, complessa, attenta preparazione e meditazione: si fanno oggetti di commento, di esame ed analisi puntuale all’interno della tragicommedia, sia una volta accaduti che mentre stanno accadendo; si offrono come oggetto di continua riflessione, vengono riepilogati, esaminati, interpretati, esaltati, derisi. È il topos della riflessione interiore sulle azioni umane = ragionare e meditare a lungo prima di agire Lo scopo di questi ragionamenti condivisi ed espressi è creare attesa intorno agli eventi che stanno per accadere e, allo stesso tempo, sfaccettano i personaggi, perché mettono in luce le loro debolezze, la loro dubbia razionalità, le loro dinamiche, i loro schemi mentali di ragionamento. Questo elemento interessa tutti i personaggi ed è come se ciascuno fosse giudice di sé stesso , costantemente impegnato in questa disamina del proprio operare, come se all’interno del personaggio ritrovassimo molteplici funzioni (quella drammatica affidata al coro: fare da contrappunto al personaggio, di commentare il suo agire; mentre qui viene incorporato dal personaggio stesso ed emerge in questi ragionamenti condivisi con gli spettatori). Fra sé e sé, Celestina prende in considerazioni gli avvertimenti fattile da Sempronio. {Elemento didattico-moralistico: (ammonire gli innamorati folli) questi brani di riflessione si pongono anche come momenti di ammonimento perché, come dice Celestina, quelle cose che non sono pensate e meditate, anche se alcune volte possono conseguire un buon risultato, comunemente producono effetti imprevisti; è lapidaria, affermando che cosicché la molta meditazione speculazione non produce mai un buon frutto, non manca mai di dare buoni frutti; *Sta riflettendo sull’eventualità di fallire, essere scoperta nel suo intento, quindi bloccata dai parenti di Melibea, e questo le comporterebbe una pena durissima, se non la vita ne uscirebbe mal ridotta con una fustigazione crudele; e se così fosse le sarebbero amare quelle cento monete, la meta di Celestina. Puntuale confutazione che Celestina assolve in solitudine: si commisera per la situazione in cui si è immessa, che per dimostrarsi coraggiosa, pone la sua vita in pericolo. Si chiede che ne sarà di lei, se questa storia la priverà del profitto, mentre l’insistervi non ne è privo di pericolo. Non sa cosa sia meglio fare, cosa sia meglio scegliere: andrà comunque o tornare indietro? Nell’audacia manifesta pericolo, nella codardia manifesta perdita. Qualsiasi cammino, strada rivela i suoi precipizi pericolosi e profondi. Se mi colgono in flagranza di reato, non scapperà di certo alla morte, se non alla gogna. Si preoccupa per la sua reputazione, per la sua immagine: quindi, di quello che si potrebbe pensare del suo “saber”, la sua “scienza”, la sua sapienza ed astuzia. Ma se non perseguisse nel suo compito, cosa potrebbe dire Sempronio? Cosa penserà di lei lo stesso Calisto, se il suo procedere non era che un inganno ai suoi danni, e che ha svelato l’insidia per avere maggior profitto per sé stessa, come una subdola doppiogiochista. Melibea al suo volere? Non è dato risolvere questa ambiguità di fondo.] –Questo primo frammento inizia con questo momento di allegria e gioia di Celestina per il traguardo conseguito ↠ la mezzana riconosce l’intervento del demonio, ed è grata e debitrice ad egli: è riuscito ad ammansire la donna, offrendole la possibilità di parlare, ed allontanando la madre di Melibea. Nuovamente ritorna “l’olio di serpente”, il quale ha predisposto tutto a proprio favore. Compaiono, successivamente, alcuni elementi di ambiguità circa la presenza demoniaca. Celestina, inoltre, riconosce la sua dote, la sua abilità, chiedendosi quante altre avrebbero sbagliato, proprio dove ella è riuscita a compiere il suo intento: riconosce la sua capacità di intervento immediato, di comprendere come agire in un determinato momento in base agli elementi che una data occasione gli fornisce operare in direzione di un suo personale successo ↠ questa è l’arte suprema di Celestina, quella di manipolare e dominare gli eventi (la accomuna all’arte magica, che con forze sovrannaturali domina e volge eventi a loro favore) ATTO XII, Cena 10 Celestina sta per morire. Ha ottenuto e conseguito il primo incontro tra i due amanti attraverso un muro e, quindi, ha rispettato l’impegno ed è ricompensata da Calisto per la prestazione offerta (con una collana). I due servi, a quel punto, sono mossi da un sentimento di fortissima invidia e, aggrediscono verbalmente Celestina, volendo derubarla della giusta ricompensa ottenuta. Celestina, allora, rivendica il proprio premio e ricompensa, perché frutto di un lavoro svolto con professionalità, impegno, fatica e, quindi, non avendo i due servi impiegato lo stesso impegno ed energia, non possono accampare pretese sul risultato del suo lavoro. In questo frammento che precede l’assassinio, rivolgendosi ai due servi, difende con forza il suo operato: riferendosi a Sempronio nello specifico, argomenta la sua tesi affermando che ella non ha chiesto niente (Calisto dona il giubbone a Sempronio, come una sorta di anticipo per l’offerta che gli ha prospettato di rivolgersi a Celestina per arrivare a Melibea); siamo tutti servi, siamo tutti dediti ad offrire un servizio, ed ognuno riceve ciò che merita: se ha ottenuto qualcosa, è perché per ben due volte ha messo a repentaglio la sua vita, usurato i suoi ferri in questo suo servizio rispetto a voi, ha speso molto più di loro. Rivendica ancora la professionalità, e la dedizione, lo studio ed impegno che ha impiegato nel suo percorso, cioè ciò che l’ha portata ad ottenere il suo sapere. Tutto è frutto del suo lavoro ed impegno, e non momento di divertimento come considerato da Parmeno e Sempronio, e per questo ai due non spetta la stessa ricompensa ↠ a questo punto, Celestina si rende conto che i due stanno per diventare una minaccia, e di fatto offre ai due una ricompensa concreta, donerà dei pantaloni di granato per ciascuno. –Questa rivendicazione di Celestina per la professionalità del proprio lavoro e della giusta ricompensa offre la presenza di un contenuto interdetto e serio: le sue parole riconducono ai valori della nuova etica sociale ↠ vengono sostituiti i valori dell’etica della nobiltà, quindi quelli di una virtù acquisita non per propri meriti, a dei valori come la competenza ed abilità applicata ad un determinato settore, quindi professionalità, lavoro, giusto profitto ⇢ sono i valori della nuova etica mercantile che si affacciano sullo sfondo storico, politico e sociale, ma che venendo appunto evocati da Celestina, per il tipo di personaggi che questa incarna, possono solamente essere percepiti come dei disvalori. – Il desiderio di esibizione è un contenuto nascosto e proibito che emerge attraverso la comicità che li veicola ⇢ va tracciato dietro quella infrazione e violazione della norma della segretezza, norma fondante del codice dell’amor cortese. ↳ La segretezza è necessaria, è ineludibile per preservare una virtù fondamentale, l’onore della dama e proteggerla dalle malelingue, che potrebbero macchiare l’amore, il fin amoris: esso presenta una valenza sociologica e una dimensione triangolare, perché nasce come un amore adultero tra una dama ed un cavaliere-vassallo e, vede realizzarsi di nascosto, alle spalle di un signore. Il desiderio di esibizione è un veicolo cui viene affidato il compito di rivendicare dei contenuti ancora più significativi L’infrazione della norma, con conseguente rivendicazione del contenuto proibito, appare a più riprese e lo fa secondo un climax in crescendo*. Non è tanto una peculiarità di Calisto, quindi non dell’esponente della classe aristocratica, ma di Parmeno: egli si fa portavoce di questo desiderio di esibizione e, quindi viola anche lui la norma della segretezza, essendo però ancora più ridicolo, perché in realtà trasgredisce un codice che non gli appartiene per condizione sociale. ∆ *Le manifestazioni del desiderio di esibizione sono le seguenti: - Atto VI Calisto riesce ad ottenere il cordone di Melibea, che la Celestina ha vilmente ottenuto e, manifesta il desiderio di uscire per strada e mostrare questo galardón ottenuto e condividere la gloria che questo oggetto gli sta procurando (naturalmente con l’inganno dell’escamotage del mal di denti). - ATTO VIII Cena II Parmeno, in seguito all’incontro carnale con Areusa, esplicita questo desiderio di condividere la gioia per il raggiungimento del desiderio, finalmente appagato. ∆ Discorso tra sé e sé per strada, riflette ed esterna al lettore queste sue riflessioni. I due amanti si sono appena salutati e, nello scambio tra i due che precede le riflessioni solitarie di Parmeno, si individua una parodia del genere “dell’alba”, della lirica provenzale: rappresentava il saluto furtivo che i due amanti si scambiavano all’alba, quindi quando ancora la luce del giorno non era apparsa ed erano ancora protetti dall’oscurità; si congedavano dopo la notte passata insieme, sempre per poter sfuggire agli occhi indiscreti. Iniziano le riflessioni solitarie: egli si attribuisce l’abilità di aver attratto a sé la buona sorte, di aver posseduto prestamente l’oggetto desiderato (ma egli è riuscito solo perché vi è Celestina dietro a tutto ciò) Queste riflessioni di Calisto hanno la funzione di ripercorrere la gioia e gli effetti dell’incontro vissuto la notte precedente, e consecutivamente l’insorgere di un dubbio topico; segue poi la risoluzione, che secondo Calisto risiede nel chiedere conferma ai suoi servi, i testimoni quasi giuridici che hanno la parola definitiva sull’accaduto. -Atto XIV Cena 3 Incontro tra i due senza alcun tipo di barriera o separazione. La Melibea presentataci in questo atto è completamente differente da quella presentataci la prima volta durante l’incontro con Celestina. Calisto la definisce “signora”, ma la donna, invece, si definisce sua serva, la sua prigioniera. La resa di Melibea ↠ arriva a capovolgere i ruoli: è lei che si proclama serva, vittima e, quindi il prigioniero è spostato alla figura femminile. Calisto fa credere di essere un degno interprete del codice cavalleresco. Melibea si sente ancora un po’ risentita: Melibea, infatti, dice a Calisto di godere di essere in sua presenza e di esserle vicino, senza cercare altro, perché le cose malfatte una volta commesse è più facile condannarle che emendarle e quindi, senza prendere qualcosa che dopo aver preso non può più riconsegnare. Calisto, allora, le risponde che se non sfrutta l’occasione, quindi se non appaga il suo piacere e desiderio potrebbe essere accusato di codardia: è tutto rovesciato. L’uomo le dice di aver desiderato questo tutta la sua vita, di aver nuotato in un mare di fuoco per averla: allora le dice che siccome per ottenere questa grazia ha speso tutta la sua vita, come potrebbe una volta concessa, respingerla? I due sono molto vicini, e di fatti Melibea gli dice proprio che sta parlando molto, ma le sue mani si stanno muovendo sul suo corpo, lo invita di fatti a fermarsi: lo richiama ai suoi doveri, e lei si proclama sua, ma lo fa “idealmente” perché Calisto non ha intenzione di godersi del bene ideale; lo invita ancora a non rubarle il dono più grande che la natura le ha donato. (Vi è un a caduta sapiente di linguaggio, di stile: si passa da uno stile con tono elevato ad una similitudine degradante, che paragona l’esperienza amorosa e l’oggetto amato, a pecore e bestiame.) Calisto, invece, l’avverte che potrebbe fermarsi, ma ricomincerebbe tutto daccapo nuovamente: ancora una volta l’aggressione al codice ↠ perché l’amante cortese è colui che è perennemente devoto alla sua dama, nel suo servizio non è previsto alcun dubbio o esitazione o tentennamento alcuno. L’uomo, infatti, conclude esplicando proprio di “aver messo le mani sulla sua preda”, vuole possedere la sua donna. Melibea ormai è vinta: è presa da Calisto, cede e, non può fare altro che pronunciare questo desidero, ma almeno se deve cedere vuole farlo privatamente ed invita la sua serva ad allontanarsene. ↛ Proprio in questa parte vi è il climax del desiderio di esibizione: torna la presenza del testimone ed il termine chiave gloria. Calisto, infatti, chiede perché dovrebbe allontanarsi Lucrezia, perché gli farebbe piacere che vi fossero testimoni di questa sua gloria. Melibea, invece, gli risponde che non vuole vi siano testimoni del suo “errore”, della sua colpa: se avesse saputo che l’uomo si sarebbe comportato in una maniera così smodata, non avrebbe affidato la sua persona alla crudele compagnia di lui. Ancora, una volta, vi è il termine conversazione, che richiama al contenuto proibito, in cui la parola è il fondamento di relazioni umane = è stata la parola ad ingannare Melibea, che infatti non vuole esserne tema della sua conversazione.
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