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La rivoluzione agricola e il suo ruolo nell'economia inglese: un'eredità irripetibile, Appunti di Politica Economica Internazionale

Il ruolo fondamentale dell'agricoltura nella rivoluzione industriale inglese, analizzando la rivoluzione agricola e i suoi effetti sull'economia e sulla crescita demografica. del caso dell'Inghilterra, che fu il primo paese a sperimentare una forte industrializzazione, e delle caratteristiche distintive della rivoluzione agricola, come l'aumento della produttività della terra e del lavoro, la trasformazione della struttura della proprietà terriera e la crescente importanza del mercato interno e finanziario.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 21/01/2022

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Scarica La rivoluzione agricola e il suo ruolo nell'economia inglese: un'eredità irripetibile e più Appunti in PDF di Politica Economica Internazionale solo su Docsity! La centralità dell’agricoltura nello sviluppo economico e nella crescita L’ignorata eredità africana e alcune delle esperienze agricole più significative del mondo CAPITOLO 3 3. Il ruolo dell’agricoltura nello sviluppo economico di alcuni paesi occidentali Agricoltura e Rivoluzione Industriale in Inghilterra: qualche utile riflessione Parlando del ruolo che l’agricoltura svolge nel processo di sviluppo economico, l’esempio più calzante è quello della rivoluzione industriale in Inghilterra, il primo paese al mondo che ha sperimentato una forte industrializzazione. Bisogna tenere però presente che le situazioni e i presupposti dell’Inghilterra del XVIII secolo sono irripetibili e quindi non possono costituire un modello incontestabile per i paesi in via di sviluppo. La Rivoluzione agricola inglese: caratteristiche distintive Il libro “The theory of economic growth” di Lewis sottolinea come non vi possa essere una rivoluzione industriale senza il presupposto di una rivoluzione agricola; la caratteristica distintiva della rivoluzione industriale di fine ‘700 è che essa ebbe inizio nel paese la cui produttività agricola era la più alta del mondo e che possedeva, quindi, già un sviluppato apparato industriale. La rivoluzione industriale non creò un’industria dal nulla, ma la trasformò dove già esisteva. Le migliorie agricole o aumentano i poteri produttivi del suolo o permettono di produrre con una minore quantità di lavoro; pertanto, per capire se realmente vi fu una rivoluzione agricola antecedente o contemporanea alla rivoluzione industriale, si cercò di stimare la produttività sia della terra sia del lavoro. Per quanto riguarda la produttività della terra, a causa della mancanza di dati certi, vi sono pareri discordanti: riguardo alle rese agricole abbiamo dati più specifici e ciò che ne risulta è che, a partire dal Settecento , esse ebbero un costante aumento. Qual è l’origine di questo miglioramento iniziato esclusivamente dopo il Settecento? Le motivazioni possono essere molteplici; un ruolo importante lo svolse l’introduzione nella coltivazione delle leguminose (piselli, fagioli, trifoglio): sulle radici di queste vi sono infatti dei batteri simbionti che consentono di trasformare l’azoto assorbito dall’aria in nitrati che fertilizzano il terreno. Queste innovazioni permisero di adottare anche in Inghilterra il metodo della rotazione. Altrettanto importanti sono i dati sull’allevamento del bestiame: le maggiori rese cerealicole e l’introduzione di nuove colture per il foraggio ebbero l’effetto di aumentare il numero di capi allevati e ciò si tradusse in una maggiore disponibilità di letame per la concimazione e di carne per il consumo, migliorando così la dieta della popolazione che, in quel periodo, conosceva un rapido incremento. Un ruolo non secondario nell’incremento della fertilità della terra fu svolto dalla cosiddetta “convertible husbandry”, che consisteva nell’adibire alternativamente la terra alla coltura e al pascolo: la terra veniva coltivata per 10 o 20 anni e, successivamente, adibita a pascolo per altri 10 anni. Il lungo periodo di pascolo consentiva di immagazzinare nella terra forti quantitativi di azoto organico, che si traduceva in elevate rese agricole. Ulteriori avanzamenti furono dovuti all’introduzione di nuovi strumenti agricoli o al miglioramento di quelli già esistenti; tuttavia non si deve pensare che questo processo sia stato repentino, al contrario richiese un lungo arco di tempo per dispiegare i suoi effetti. Se stimare la produttività della terra risulta difficile, ancora più complesso è misurare la produttività del lavoro; anche in questo caso è la mancanza di dati ad impedire un calcolo accurato, ma non mancano i lavori che hanno tentato di stimarne l’andamento. Bairoch, ad esempio, confrontò la produttività in diversi paesi europei nel 1840 e trovò che era considerevolmente più alta in Gran Bretagna. Le cause che portarono a questo incremento furono molteplici: innanzitutto cambiamenti nelle pratiche lavorative con l’introduzione di nuovi macchinari, anche se la meccanizzazione diventerà importante nell’agricoltura inglese solo dalla metà del XIX secolo; in secondo luogo una dieta migliore per i contadini e la sostituzione degli animali all’uomo; terzo, l’aumento delle dimensioni delle imprese agricole, che permise di incrementarne l’efficienza; e, infine, i cambiamenti nelle modalità di reclutamento della manodopera agricola. Su questi ultimi due punti si è concentrato il lavoro di Robert Allen, secondo il quale la crescita della produttività è un risultato dell’aumento delle dimensioni delle fattorie che, nel corso del XVIII secolo, aumentarono la loro superficie di circa il doppio. Tale aumento portò a una riduzione del numero di lavoratori impiegati per acro e a un maggiore uso di lavoratori salariati rispetto alle aziende più piccole, ancora a conduzione familiare. Le grandi fattorie poterono inoltre risparmiare nel pagamento dei salari grazie alla divisione del lavoro, che permetteva di impiegare braccianti con minore esperienza=> in Inghilterra la svolta decisiva nel campo agricolo si ebbe nel XVIII secolo e questa svolta precedette di poco e accompagnò poi la Rivoluzione Industriale durante il suo svolgimento, con un mutuo scambio di benefici. Gli aumenti della produzione e della produttività della terra non furono però gli unici elementi nel quadro delle trasformazioni agricole: un ruolo determinante ebbero anche le recinzioni e i conseguenti mutamenti che si determinarono sia nella strutturazione della proprietà della terra sia in campo sociale. Le recinzioni non furono un fenomeno peculiare del XVIII secolo, esse furono praticate già nel Medioevo e alle fine del XVII secolo era già state recintate circa il 70% delle terre coltivabili; ciò che colpisce è che, nell’arco di soli 40 anni, tra il 1760 e la fine delle guerre napoleoniche, fu recintato per atto del Parlamento circa il 20% delle terre. Le recinzioni precedenti nascevano infatti principalmente da accordi tra privati. Nel ‘700, invece, il ricorso del Parlamento testimonia che la materia aveva assunto un’importanza del tutto particolare. Michael Turner ha spiegato il fenomeno individuando due distinte sequenze temporali: le recinzioni attuate dopo il 1760 furono una risposta ai prezzi decrescenti dei prodotti agricoli, per cui i coltivatori, per ovviare alla diminuzione del reddito convertirono le terre coltivate in
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