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La ciociara TURCHETTA, Appunti di Letteratura

Appunti chiari e completi della spiegazione del libro "La ciociara" (Alberto Moravia) del professore G. Turchetta. Le lezioni risalgono all'anno 2019/2020, corso di "Letteratura e cultura nell'Italia contemporanea" primo semestre, facoltà di Mediazione Linguistica (UNIMI).

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 06/06/2020

claudia-casadei-1
claudia-casadei-1 🇮🇹

4.6

(45)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La ciociara TURCHETTA e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! La ciociara (1957) 
 ALBERTO MORAVIA L’amore molesto (1992) ELENA FERRANTE, film di Mario Martone (1995) Moravia iniziò a scrivere La ciociara alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1946-1947). La scritta del libro entrò in competizione con la scrittura di un altro romanzo: La romana. In questi due romanzi il narratore è una donna popolana ignorante, quindi non c’è la possibilità di confondere il narratore e lo scrittore, sia per questioni di sesso che di questioni di classe sociale. La romana rivela a Moravia una maggiore urgenza: la vicenda della romana è il racconto di come una donna è diventata una prostituta. La figura della narratrice, Adriana, rispetto al mondo in cui è vissuta e rispetto agli uomini che ha incontrato è moralmente la persona migliore al mondo. Moravia rappresenta un mondo corrotto e dominato dalla violenza e La romana diventa portatrice di un messaggio particolarmente urgente, ovvero l’accettazione della vita anche se violenta, soprattutto per quanto riguarda la violenza degli uomini nei confronti delle donne. Moravia fece una scelta molto femminista, insistendo sulla violenza di un mondo dominato dai maschi. I CONTATTI ROBUSTI TRA I DUE ROMANZI L’amore molesto è un libro dove la narratrice è intellettuale, che ha delle competenze, che assomiglia alla scrittrice (tutti i romanzi di Elena Ferrante hanno una narratrice che rimanda molto alla scrittrice), a differenza della protagonista de La ciociara. In entrambi in libri al centro c’è il dialogo tra due donne, per la una messa in discussione dell’identità femminile: la mamma e la figlia. In entrambi i libri vi sono due narratrici interne (la madre e la figlia) che non sono onniscienti: Cesira (La ciociara) che parla della figlia Rosetta e Delia (L’amore molesto) che parla della madre Amalia. Tutte e quattro sono narratrici di un racconto che presenta degli elementi problematici: il lettore non sa se quello che gli viene detto è la verità. Ne La ciociara, Cesira non perde mai l’occasione di dirci che non è in grado di narrare una storia complessa, è ignorante anche se in buona fede, ma portatrice di un atteggiamento discutibile. Cesira ci parla della questione del denaro: esso è corruzione e non è detto che ci aiuti a vivere (in guerra sono necessarie le “cose” non i “pezzi di carta”: il valore d’uso precede il valore di scambio (Marx). Il narratore è quindi interno, ignorante, inattendibile e portatore di valori discutibili.
 es. Cesira sottolinea che lei è stata contenta quando suo marito è morto e racconta come è riuscita a far marciare bene il negozio di alimentari truffando gli acquirenti —> preoccupazione materna verso in destino della figlia, atteggiamento morale condivisibile MA modi sbagliati. Ne L’amore molesto Delia indaga sulla morte della madre Amalia, che viene ritrovata morta annegata con il solo reggiseno addosso. Delia non crede alla polizia che chiude il caso dichiarando un annegamento nel corso di una nuotata. Tra Delia e Amalia c’è qualcosa in comune (anche fonicamente): vi è un rapporto estremamente conflittuale e carico emotivamente a causa di simmetria, vicinanza e possibile sovrapposizione delle due donne. Il giallo è dunque molto problematico anche dal punto di vista psicologico e Delia, indagando sulla morte della madre, non riconosce più la madre e di conseguenza neanche se stessa: la scoperta della vita della madre diventerà, per Delia, scoperta della propria vita. Entrambe le narratrici non sono dunque propriamente attendibili. 
 LA STRUTTURA DEL LIBRO Da un lato Moravia vuole renderci verosimile il narratore popolano e dall’altro vuole costruire una narrazione molto complessa. Il romanzo è molto ampio e Moravia deve trovare un equilibro tra la caratterizzazione della voce di Cesira e la complessità della storia narrata. Trova spazio una numerosissima serie di indicazioni con le quali Cesira spiega in che modo sta raccontando. 
 
 Il libro non ha molti stacchi: la modalità di narrazione di Cesira è fortemente orale. Anche gli interventi dialogati sono fisicamente integrati dalla pagina. Il flusso narrativo è continuo. Cesira racconta senza soluzione di continuità e pare rivolgersi ad un interlocutore perennemente presente. LA COSTRUZIONE DEL NARRATORE Vi sono 3 fasi non separate precisamente dal punto di vista cronologico nella narrativa moraviana:
 1. Esordio - metà degli anni 40 (Gli Indifferenti, 1929 - Agostino, 1942-43): narratore interno con focalizzazione esterna (punto di vista di qualcuno “che non sa e via via impara”). In Agostino il punto di vista del romanzo è quello di un ragazzino di 13 anni alla scoperta dell’adolescenza (scoperta della delle classi sociali, scoperta della sessualità, Agostino scopre anche che sua madre ha bisogno di un fidanzato…). La disubbidienza, 1948; Il conformista, 1951…
 2. Fine della Seconda Guerra Mondiale: La ciociara, 1957; Racconti romani, 1954. Narratore interno e popolano —> problema di competenze. La lingua non è colta, l’italiano utilizzato si avvicina al parlato e quindi al dialetto (la sintassi, la scelta del lessico, l’utilizzo dei modi di dire…). Alcuni critici però dicono riguardo a La ciociara “Questa puttana scrive come un filosofo esistenzialista”, perché Moravia non ha ancora costruito un sound del parlato vero e proprio. La spinta verso il parlato viene ribadita e perfezionata in seguito da numerosi elementi dialettali (“e…e…e…”). La ciociara non parla ciociaro, perché significherebbe scrivere un libro incomprensibile, ma romanesco. Moravia scrive i libri inetti di neorealismo, ovvero in cui l’intenzione della poetica (cinema e letteratura) è quella di riavvicinarsi al popolo. Nelle opere neorealiste in generale il popolo è il portatore di verità morale, MA Moravia non la pensa così, facendo con i suoi libri una chiara polemica dell’idealizzazione dei ceti popolari. Moravia infatti ci mostra un popolo furbacchione, ignorante, che frega il prossimo per sopravvivere. es. In uno dei racconti un uomo pensa di essere un tabù (non sapendo neanche cosa vuol dire) perché ogni volta che qualcuno ha cercato di fargli del male è morto. Un giorno però questa logica non funziona, si fa male e crede dunque di aver incontrato un tabù più forte di lui. 
 3. Ultimo periodo: Il disprezzo, 1954 (film omonimo di Jean-Luc xxx); La noia, 1960; L’attenzione, 1965: narratori-scrittori intellettuali. In apparenza il narratore è simile allo scrittore, ma il narratore non deve mai essere confuso con lo scrittore: anche questi personaggi mostrano dei tratti di inaffidabilità. Essi sono nevrotici, bugiardi, ossessionati, come Dino (protagonista de La noia) che è invaghito follemente di Cecilia, cercando di - La religione: Rosetta crede in maniera ingenua, Cesira è credente ma non è ingenua come Rosetta (es. pag 83: Cesira ricorda a Rosetta che il denaro è necessario e Rosetta le dice che la Madonna le ha aiutate. Cesira non osa contraddirla perché “la sapeva religiosa”). - La sessualità: Cesira antipatizza per la sessualità, Rosetta dopo lo stupro diventa quasi dipendente dal sesso e dagli uomini.
 Capitolo 1, pag. 7 o 14: Cesira dichiara di essere ostile al sesso, dice che le fa “quasi schifo”
 SIMMETRIA —> Capitolo 11, pag. 302 o 376: Rosetta ha già avuto una relazione con Clorindo, uomo truce, mentre ora sta con Rosario (figlio di Concetta). Rosetta risponde a Cesira riguardo i suoi “giochi sessuali”: “Sono stata con Rosario e abbiamo fatto l’amore e non domandarmi più quello che faccio, dove vado e con chi sto: faccio l’amore dove posso e con chi posso…”. Per la prima volta dopo la violenza subita Rosetta dice qualcosa di chiaro.
 Gioco dei nomi: un vero fetente che si chiama Rosario, una ragazza pura che si chiama Rosetta… Rosetta-Rosario —> somiglianza fonetica.
 pag. 27: Cesira cede alle avances di Giovanni ed è felice del piacere sessuale.
 
 Michele - Rosetta
 Moravia evita ogni rischio di patetismo, ogni rischio di facile immaginazione e di facile catarsi emotiva. Michele è l’eroe positivo difficile, scorbutico, antipatico. Rosetta è l’eroina pura, troppo pura, è la ragazza buona che diventa una “puttana”. Il messaggio di Moravia allude ad una certa positività dell’amore carnale, che evita i pericoli di una purezza astratta. Rosetta è di per sé un messaggio fortissimo contro la violenza dei maschi sulle donne e dall’altro lato finirà in parte paradossale a rappresentare la forza e la continuità della vita. Rosetta si rende conto che la violenza che ha subito le serve per ricordare l’assolutezza della vita e sa che è giusto vivere. Michele viene ammazzato dai nazisti, mentre Rosetta viene violentata dai liberatori —> assurdità dell’esistenza e della guerra in generale. Rosetta dopo lo stupro resta buona anche perché è puttana, o meglio proprio perché è puttana. Il suo sacrificio è simile a al sacrificio di Michele che non la guarda mente si lava: entrambi non sono capaci di fare del male agli altri e sono disposti a donare il proprio corpo e la propria vita in onore di un amore universale. Rosetta non è mai violenta, può amare anche perché paradossalmente è pura e rimane pure anche nella sua carnalità post-stupro. In vari momenti Rosetta sottolinea che l’amore per lei è diventato quasi una necessità: - Capitolo 10, pag. 290 o 361: Rosetta è alla sua prima relazione, con Clorindo. Cesira nota che Rosetta non solo si lascia toccare anche in pubblico, ma obbedisce anche a Clorindo che le dà degli ordini, chiamandola con un fischio come si fa con i cani. Cesira pensa che il cambiamento di Rosetta sia negativo, ma Rosetta non è d’accordo e Moravia è dalla sua parte. - Capitolo 11: Rosetta sta ormai con Rosario e dichiara alla madre di voler fare l’amore sempre.
 Rosetta è immagine di Cristo e del non credente Moravia. Michele è correlato al Michele de Gli Indifferenti. Questo Michele è un borghese, figlio di bottegai di provincia, può studiare ed è in rivolta nei confronti del capitalismo e del profitto. Moravia non eroicizza questo personaggio che è comunque positivo e che porta valori di cambiamento e di progresso, ma che morirà fuori scena, seppur salvi qualcun altro. La comparsa in scena di Michele è particolarmente sottotono (Capitolo 3, pag. 67 o 89): Filippo è assatanato perché sta preparando il banchetto e pregusta l’abbuffata, Michele arriva e Cesira non gli dà attenzione (Michele è mostrato quasi come un piccolo Leopardi rovinato dallo studio…). Solo nel Capitolo 4 Michele diventa protagonista. Michele e Rosetta sono opposti per quanto riguarda la religione. Michele viene disegnato volutamente in modo complesso e contraddittorio: è generoso, ma scorbutico, è carismatico, un po’ un leader, ma è antipatico, è colto, ha la forza di tenere le persone attaccate alle sue parole, ma è spesso duro e critica la gente in maniera esageratamente severa, a volte è umano, altre non tanto capace, senza esperienza. Cesira ammira Michele, ma ne prende anche le distanze. Gli atteggiamenti di Michele non sono tanto apprezzabili e anche la sua uscita di scena davanti al discorso del padre lo rende infantile, nevrotico, incazzoso, senza equilibrio. Alle volte si ha la sensazione che gli piaccia andare sempre contro alla gente, che lui la sa più lunga… Moravia costruisce un carattere complesso, contraddittorio, che deve creare un rapporto di non immedesimazione nel lettore. Il lettore è alle prese con qualcuno che deve fare una partita doppia, Michele serve a ricordare quanto è problematica la questione degli intellettuali nella società. Cesira nota che c’è una relazione tra l’antifascismo e l’anticlericalismo di Michele, che però si rivela non estraneo paradossalmente ad una vocazione religiosa: Michele confessa di aver pensato di farsi prete (pag. 108 o 138). Cesira ci spiega che i preti non si comportano secondo quello che la Chiesa e il Vangelo suggerirebbero e che Michele li odia proprio per questo, perché non sono “veri preti”. Per Cesira la religiosità di Michele è una religiosità “delusa”. La parabola del Vangelo Moravia mette al centro del romanzo una parabola evangelica, raccontata da Michele nella capanna, che verrà ricordata poi da Cesira alla fine del romanzo. Gli ascoltatori si aspettano una storia vivace e d’amore, ma Michele decide di narrare la parabola di Lazzaro, nella quale Gesù fa resuscitare Lazzaro dicendogli “Alzati e cammina!”. È paradossale che un antireligioso come Michele decida di narrare un passo del Vangelo, ma è proprio il racconto simbolo di rinascita, di forza vitale e allo stesso tempo di rivolta contro chi è immorale. Il messaggio di Michele è che bisogna “vivere” e davanti alle tragedie della guerra non continuare a pensare ai propri affari, ma cambiare del tutto morale.
 - Filippo: discorso sui furbi e sui fessi “Io vi dico questo” (Inizio di frase molto da vangelo) - Tommasino: fratello di Filippo, accumula, legato alla logica capitalistica, morirà di paura - Moravia vs logica capitalistica - Discorso sui furbi e sui fessi 2. I “personaggini" e la folla
 Moravia ha spiegato che i personaggi piccoli sono veri mentre i personaggi principali sono inventati, progettati, costruiti con un programma di significati. 3. Le famiglie “zoppe” di Moravia - La ciociara: Cesira è vedova - Gli Indifferenti: amante della madre che vuole andare a letto con la figlia - Agostino: mancanza del padre - La romana: madre vedova SPAZIO E TEMPO
 Il racconto di Cesira è semplice nel linguaggio e nella gestione della progressione narrativa. Vi sono dei raccontini dei personaggi secondari e le analessi sono poche e piuttosto limitate (analessi completive: di più all’inizio perché servono a chiarire gli antefatti), ma complessivamente il romanzo rispetta l’ordine della fabula, la narrazione è lineare in modo esibito. Il flusso della narrazione di Cesira è pseudo-orale, rappresentato dalle pagine piene del libro. Tempo lineare (la fabula corrisponde all’intreccio) ≠ La luna e i falò
 Cerchio di ritorno incasellato dentro ad un ritorno sostanziale (ring composition):
 Capitolo 1 e capitolo 11: Roma, agli estremi del libro. Capitolo 2 e capitolo 10: la casa di Concetta (pag. 54: “alle porte di Fondi”); Giuseppe e Rosario.
 I posti di Cesira e di Rosetta sono: 1. La casa a Roma; 2. La casa di Concetta; 3. La stalla degli sfollati (Sant’Eufebia, rappresentata molto dettagliatamente: fonde i raccontini scritti prima de La ciociara e la sua esperienza personale vissuta con la moglie Elsa Morante).
 es. Pag. 88: per quanto non confortevole come la casa romana è comunque “casa” per le due donne. La capanna-stalla viene in molti passi sacralizzata, perché è una specie di casa ritrovata.
 
 Lettura del libro - Cesira: “si sa”, “per così dire”—> riferimento a parole che cercano di essere adeguate alla realtà ma fanno fatica - “Eh!”, “Ah!”: molte interiezioni. Il libro incomincia con un’interiezione! - Ritratti dei personaggi ma limitati perché il narratore non deve diventare inverosimile - Situazione presentata immediatamente nelle prime righe - “la sapete la canzone?”: rimando ad un interlocutore (per ribadire in continuazione l’effetto di parlato) utilizzo della seconda persona plurale - “la ciocia”: sandali che assomigliano alle calighe romane, fermati da due fili di cuoio che salgono incrociandosi lungo la gamba. - Sintassi molto elementare costruita per giustapposizione di frasi attraverso il nesso più elementare di tutti, il nesso “e” - “disgrazia”: oscura allusione a ciò che il romanzo racconterà - Cesira poi si descrive: immagine fortemente stereotipata. Termini che rimandano alla sua robustezza, sanità, vitalità popolare in corrispondenza con l’immagine del popolo sano MA anche stereotipi. La sua immagine morale sarà poi più discutibile… - “cercine”: diadema di stracci utilizzato per portare pesi sulla testa - “trenta di tutto”: espressione popolaresca - “c’avevano”: uso del presentato “ci”, utilizzato nel parlato - Descrizioni eternamente approssimate nei contenuti e nella scelta del lessico (ripetizioni…) - “tanto bello”: giudizio estetico molto semplificato che avvicina il lettore al parlato - Cesira parla di casa sua e dell’ordine e della pulizia straordinarie della sua casetta, sottolineando dei valori che saranno messi in discussione dalla guerra. Cesira è preoccupata della pulizia, che però è un po’ fine a se stessa. L’apprezzamento della propria casa prepara al dolore dell’esilio —> la narrativa di guerra ci parla della distruzione della vita quotidiana, discorso sulla necessità di alcune cose e di inutilità di altre (es. il denaro è carta straccia). Cesira era molto brava ad andare a fare la spesa e a contrattare = sa fare i conti con la realtà. - Cesira, fin dalle prime pagine, ci dice che essendo una bella donna veniva spesso importunata —> allusioni a delle possibili violenze maschili. nostro stesso corpo.
 - “Mi accorsi per la prima volta”: grande motore narrativo, fatti che cambiano la nostra vita (prima volta = cambiamento)
 - pag. 126 - pag. 130: Cesira cerca disperatamente di proteggere la figlia dalle cose brutte della vita. - Cesira sa di avere tanti limiti, ma sa anche di avere il diritto e il dovere di parlare. - Cesira ci da dei dati ma all’inizio non è molto capace a contestualizzarli. - Cesira è una persona di una certa età che cambia consapevolmente (romanzo di formazione strano!) - Filippo dice a Cesira “Tua figlia qui sta sicura come in chiesa” —> allusione di Moravia allo stupro di Rosetta che avverrà proprio in una chiesa sconsacrata. - Cesira ha 35 anni —> età strategica. Cesira è nata nel 1908 e ha quasi l’età di Moravia che è nato nel 1907. La ciociara narra vicende che in parte Moravia ha vissuto. - Cesira traduce le parole perché sa che il lettore non conosce il ciociaro - Le cose erano “care e arrabbiate” - “bacherozzo” = scarafaggio - Polemica anticapitalistica —> polemica contro il denaro - Moravia utilizza le voci degli altri, i racconti del popolo per narrare alcune vicende - Cesira fa un uso modico del turpiloquio - Sintassi con dislocazione - La strategia narrativa: mentre il racconto di Cesira si sviluppa con una esibizione di naturalezza, Moravia attentamente continua nel corso della narrazione a far balenare episodi di violenza e di violenza contro le donne. 
 es. Capitolo 1, pag. 25 o 37: “Tutti parlavano dell’arrivo degli inglesi…” (FILM Le quattro giornate di Napoli). Scena dell’accappigliamento di due donne in cui il tragico diventa comico: Moravia maestro di grottesco (pirandellismo). Rosetta in seguito chiede alla madre se è vero che i paracadutisti compiono atti di violenza nei confronti delle donne e Cesira le risponde che non è vero, dopo aver cercato più volte di evitare l’argomento.
 es. Capitolo 2: la casa di Concetta e del marito Vincenzo con i figli. Concetta è la versione esagerata della bottegaia Cesira. La casa di Concetta è lercia e nella prima notte Cesira e Rosetta vengono massacrate dalle cimici. Cesira prende in giro Rosetta definendola “una ragazza di città”, minchionandola. Il contrasto tra Cesira e Rosetta parte dal diario materiale e finisce per toccare il tema delle violenze di guerra e di stupri. Pag. 47 o 64: “In quella casa tutto era schifoso…”. I figli di Concetta, Giuseppe e Rosario, soni stati in guerra, fanno borsa nera e rubano alla grande. Pag 49 o 66: “Ho detto che erano taciturni, ma quando parlavano rivelavano un carattere che mi piaceva proprio poco…” —> riferimento allo stupro di guerra. Cesira giustifica i “giovanotti” che stuprano le ragazze poiché “hanno il sangue caldo”. Concetta dirà che Rosetta nella sua casa “sta sicura come in chiesa”.
 
 es. Pag. 53 o 71: Scignozzo, un fascista, butta l’occhio su Rosetta e la prende per il mento e le fa una proposta di lavoro: essere serva in casa sua, ma Cesira si arrabbia con lui. Concetta cerca di convincere Cesira che la proposta è allettante, perché dai fascisti si sta bene, c’è da mangiare e verrebbe trattata bene. 
 
 es. Pag. 107-137 - Cesira decide di scappare dalla casa di Concetta, ma poi vi tornerà e Concetta dirà “Chi non muore si rivede!”
 - Capitolo 9, pag. 264 o 330: Cesira e Rosetta arrivano nella chiesa che sembra un luogo ospitale, anche se sporca e piena di oggetti rotti ed è come se ci fosse stato un terremoto.
 —> quadro storto in posizione asimmetrica della Madonna e del Bambino: rappresentazione dello storto, dello squilibrato, la realtà è disarmonica, atteggiamento critico tipico del Novecento. LIBRO Carlo Emilio Gadda, La disarmonia prestabilita. Pirandello: Moscarda, naso che pende; Mattia Pascal è strabico = occhio della Madonna che guarda verso l’altro (citazione di Moravia)… La disarmonia parte dalla religione —> Laicismo di Moravia (=laicismo pragmatico di Cesira).
 
 “Core” = voglia, intenzione
 
 Pag. 265 o 331: Cesira sente il bisogno di andare via, sente che qualcosa non va bene. Arrivano però dei soldati (uno è “scuro e butterato”) e Cesira capisce che la situazione si sta per aggravare. Scena dello stupro tragica, MA effetto curioso della “stretta dei testicoli”. Lo svenimento di Cesira fa si che i lettori non vedano la scena (bien séance ma anche scelta dettata dal periodo storico di Moravia). Moravia ha voluto intenzionalmente mettere fuori scena l’evento tragico. Pag. 266: Cesira si risveglia e capisce che la violenza su di lei non è avvenuta (Alternanza di Cesira che non vede e poi si accorge —> doloroso romanzo di formazione). 
 
 Pag. 268 o 335: Cesira incontra dei soldati francesi e grida per chiedere aiuto, ma loro la prendono per pazza e se ne vanno dicendo “Pacé, pacé” e così tira su la veste di Rosetta che sta ancora sanguinando. Davanti al gesto di Cesira i soldati capiscono ma scappano.
 
 Grande spregiudicatezza narrativa di Moravia nel rappresentare Rosetta immediatamente dopo lo stupro.
 
 Vagina di Rosetta = capretto —> agnello sacrificale.
 - Pag. 55 o 74: discorso sui “quattrini”: “I soldi sono i migliori amici dell’uomo” —> citazione fatta da Cesira che sarà ripetuta in modo identico da Filippo a pag. 96 o 124 - Frequenza elevata dei momenti in cui Cesira dice “E capii…” “E mi accorsi…” “Era la prima volta…”: prese di coscienza del personaggio.
 - L’arrivo degli alleati verrà visto come una liberazione che Cesira “sente fisicamente”, ma saranno proprio i liberatori a fare lo stupro a Rosetta. 
 - Cesira e Rosetta rimangono a bocca aperta davanti all’esercito americano che avanzava. Cesira si chiede come mai i tedeschi non attacchino durante la processione e così la donna capisce che i tedeschi hanno perso la guerra. Cesira, davanti alla potenza esibita dell’esercito americano si abbandona ad un riflessione sui cannoni e sulle armi, rendendosi conto che la guerra moderna è completamente diversa dalle guerre combattute in passato. Cesira immagina gli effetti dei cannoni e degli aeroplani e comincia a rallegrarsi quando sente le cannonate degli americani sui tedeschi, ma si rende poi conto che non è un bel modo per essere felice. In questo prendere consapevolezza della piega che sta prendendo la guerra, Cesira immagina qualcosa relativamente a Mussolini e Hitler: li immagina in uno stanzone con attorno tanti soldati nazisti e fascisti e immagina poi che arrivi una cannonata a distruggere e ad uccidere tutti (pag. 242 o 303). Cesira ora sa che la guerra sta girando dal lato giusto, ma poche pagine dopo succederà il fattaccio.
 - “Fregnacce” = stupidaggini
 - Cesira fa confusione tra due termini che sembrano sinonimi ma che non sono proprio sinonimi: “normale” e “naturale”. Normale è quello che succede a diurni, mentre naturale è quello che succede nella natura, ma in più di un’occasione Cesira rimane incantata e affascinata dal fatto che se la guerra cambia le cose, la natura resta la stessa. Cesira sottolinea la continuità indifferente della natura che indica la volontà della vita a continuare. “Io ero cambiata, ma la campagna era rimasta la stessa di sempre”: la vitalità della natura è insensata e questo è un valore positivo. Cesira ha la consapevolezza che la vita “ne vale la pena”. La riflessione sulla continuità della vita e sull’indifferenza positiva della natura è nelle pagine immediatamente precedenti allo stupro (pag. 261 o 328). Cesira e Rosetta si recano ad una sorgente in una grotta e Cesira sente emozioni profonde, sia perché era un posto che frequentava da bambina, sia perché constata il netto procedere della natura, indifferente alle azioni degli uomini. 
 - Cesira e il cibo: Cesira è diffidente nei confronti dell’entusiasmo che gli altri popolani nutrono nei confronti del cibo. Capitolo 3, pag. 69 o 91: grande banchetto in cui tutti mangiano e sono contenti, ma Cesira nota che proprio il fatto che si rallegrino per il cibo, sia segno di “essere popolani”. Mangiare tanto è simbolo di ricchezza momentanea: i ricchi non esibiscono più il cibo come status simbol, ma mostrano ad esempio automobili, case…
 - Che cosa vuol dire essere uomo? Cesira riflette sul fatto che esistono uomini e esistono bestie. Il tema è di grande attualità nell’immediato dopoguerra (Conferenza di Sartre, 1946: L’existentialisme est un humanisme; Vittorini: Uomini e no; Primo Levi: Se questo è un uomo), la domanda di fondo è sulla natura dell’umanità. Davanti alla guerra Cesira noterà che tutti i valori si sono sconvolti, tutto è sbagliato e proprio per questo la vita è importante, proprio come il canto di Rosetta durante il ritorno a Roma. 
 - “Cornuto” e “iettatore”: attenzione per il lessico
 - Pag. 254, fine del Capitolo 8, Michele viene portato via dai tedeschi, Rosetta spera che Michele la scampi, ma la mamma di Michele sa che è finita. Cesira annuncia di essere colpevole: volendo salvare Rosetta dalla confusione e dai pericoli.
 - Pag. 274 o 343, fine del Capitolo 9: Cesira afferma che Rosetta sia perfetta (MA è una “strana perfezione”), come lo era prima nella sua “purezza” ora è perfetta nella suo “essere prostituta”. Rosetta non ha mezze misure, non è come le persone “imperfette ed esperte”. Cesira ci sta dando alla sua maniera una laica lezione sulla moderazione —> figura di Moravia. Rosetta, portatrice di un messaggio ambiguo e allo stesso tempo di un messaggio forte, quello dell’assolutezza e della pienezza della vita.
 - Pag. 345: valore assoluto della vita confrontata con la morte. Rosetta parla poco, ma quando parla dice parole che pesano. Rosetta risponde a “Meglio i bombardamenti che i marocchini” con “Meglio i marocchini che i bombardamenti! Ormai i marocchini che cosa possono farmi di peggio di quello che mi hanno fatto: io però non voglio morire”.

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