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La commedia cinematografica: archetipi e tematiche, Dispense di Storia E Critica Del Cinema

La commedia cinematografica attraverso l'esame di archetipi e tematiche ricorrenti, come la donna vincitrice, la bisbetica domata e cenerentola. Il testo illustra come questi temi si sono evoluti nel corso del tempo, dalla commedia muta ai film hollywoodiani classici e fino alla commedia all'italiana. Vengono citati esempi di film significativi per ogni tema, come susanna, la bisbetica domata e sabrina.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 28/11/2019

MECNA
MECNA 🇮🇹

4.4

(19)

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Scarica La commedia cinematografica: archetipi e tematiche e più Dispense in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! / Elly 2019 Home ▶ I miei corsi ▶ STORIA E CRITICA DEL CINEMA ▶ UD 9 ▶ UD 9 LA COMMEDIA CINEMATOGRAFICA UD 9 LA COMMEDIA CINEMATOGRAFICA APPROFONDIMENTO Il topos della «donna vincitrice» e del «principe addormentato» Negli anni Trenta e Quaranta si distingue un’intera generazione di attrici specializzate nella commedia: Jean Arthur, Irene Dunne, Ginger Rogers, Rosalind Russell, Barbara Stanwyck. Come ci fa notare ancora Stanley Cavell, esse interpretano sullo schermo donne «che appaiono sicure di sé, scattanti, spesso aggressive, compensando così il bamboleggiamento o la regressione del maschio, disposto più che altro al gioco, se non addirittura al ruolo tradizionalmente passivo di sex object»[1]. In tali commedie, come facilmente intuibile, l’intraprendenza e l’attivismo della donna hanno quindi la meglio sul “torpore” dell’uomo: quest’ultimo, di solito troppo dedito al lavoro, o perso nelle sue astrazioni – tanto da smarrire il senso della vita – si piega alla fine, inevitabilmente e felicemente, al maggiore senso della vita della sua partner, più vitale e scaltra, la quale «riesce a sconvolgergli l’esistenza e, nello stesso tempo, a farlo crescere umanamente, rendendolo felice»[2]. I film che maggiormente esemplificano tale modello narrativo della «donna vincitrice» e del «principe addormentato» sono senza dubbio: Susanna (Bringing Up Baby; 1938) di Howard Hawks, L’ottava moglie di Barbablù (Bluebeard’s Eighth Wife; 1938) di Ernst Lubitsch, e Lady Eva (Lady Eve; 1941) di Preston Sturges (1898-1959). I protagonisti maschili di questi tre film – l’infelice paleontologo Cary Grant nel primo, il miliardario pluridivorziato Gary Cooper nel secondo, e il timido collezionista di rettili Henry Fonda nel terzo – vengono rispettivamente perseguitati da una scombinata ragazza dell’alta società (Katharine Hepburn), da un’aristocratica squattrinata (Claudette Colbert) e da un’avventuriera (Barbara Stanwyck), che in un modo o nell’altro li costringono infine a una resa incondizionata.   / CLICCA PER LEGGERE I COMMENTI AI VIDEO   Howard Hawks, Susanna (Bringing Up Baby; 1938)   Preston Sturges, Lady Eva (Lady Eve; 1941) Rientrano in tale tipologia di commedia anche quei casi in cui la donna, quasi come un regista-burattinaio , manovra gli altri personaggi (maschili), ordendo intrighi ai loro danni, e mettendo al corrente noi spettatori dei suoi trucchi. Il topos della «bisbetica domata» Talvolta, viceversa, nelle commedie hollywoodiane classiche si può verificare un positivo effetto moderatore da parte dell’uomo rispetto alle bizzarrie capricciose della donna, secondo uno schema tipico di alcune commedie di Shakespeare (in particolare, appunto, La bisbetica domata). A ben vedere tale modello narrativo lo si ritrova già in un prototipo di commedia quale Maschio e femmina (Male and Female; 1919) di Cecil B. DeMille, per poi riaffiorare, naturalmente, ne La bisbetica domata (The Taming of the Shrew; 1929) di Samuel Taylor, tratto appunto dall’omonima commedia di William Shakespeare. 0:00 0:00   / Basti pensare, a tal proposito, alle commedie sofisticate degli anni Trenta, e al loro stretto rapporto che, non a caso, esse intrattengono con la fiaba. Esemplare risulta una commedia di Ernst Lubitsch, Scrivimi fermo posta (The Shop Around the Corner; 1940)[3].   Ernst Lubitsch, Scrivimi fermo posta (The Shop Around the Corner; 1940) Frank Capra, con le sue commedie di grande successo, è uno dei cineasti più rappresentativi dell’America di Roosevelt, e i sogni nei suoi film si trasformano regolarmente in realtà, e senza bisogno di grandi sacrifici da parte dei personaggi, restando, questi ultimi, soltanto fermamente coerenti con i propri ideali. Le commedie di Capra presentano tutte un mondo fatto di persone incapaci, alla fine, di resistere di fronte a buona fede e altruismo, e i ricchi finiscono per essere anche disponibili a trascurare il loro interesse. È quanto accade, ad esempio, in È arrivata la felicità (Mr. Deeds Goes to Town; 1936), in Mister Smith va a Washington (Mr. Smith Goes to Washington; 1939), in Arriva John Doe (Meet John Doe; 1941), e perfino nel successivo La vita è meravigliosa (It’s a Wonderful Life; 1946). 0:00   / Frank Capra, Arriva John Doe (Meet John Doe; 1941), sequenza finale   Frank Capra, La vita è meravigliosa (It’s a Wonderful Life; 1946), sequenza finale La commedia come «spettacolo nello spettacolo» Nella commedia americana degli anni Trenta fu frequente il ricorso allo «spettacolo nello spettacolo»: in questi casi, il film raccontava il mondo del teatro o del cinema stesso. Ciò consentì una «moltiplicazione di filtri e di cornici e un ovvio distacco ironico»[4]. Hollywood poté quindi prendere in giro pretese, capricci e ampollosità dei divi teatrali: un caso emblematico lo si ha in Avventura a mezzanotte (It’s Love I’m After, 1937), diretto da Archie Mayo. Uno degli esempi più celebri di «spettacolo nello spettacolo» lo si ha però in una delle prime grandi commedie degli anni Trenta, Ventesimo secolo (Twentieth Century; 1934) di Howard Hawks, tratta da un testo ormai dimenticato di Charles B. Milholland. 0:00 0:00   / Howard Hawks, Ventesimo secolo (Twentieth Century; 1934) Tale filone culminò agli inizi degli anni Quaranta con due grandi commedie “metalinguistiche”: I dimenticati (Sullivan’s Travels; 1941), di Preston Sturges e Vogliamo vivere (To Be or Not To Be; 1942), di Ernst Lubitsch.   Preston Sturges, I dimenticati (Sullivan’s Travels; 1941). 0:00 0:00 0:00 / 2:36   / Mario Monicelli, I soliti ignoti (1958) Ma il recupero della commedia drammatica fu molto più evidente con La grande guerra (1959), sempre di Monicelli[9], il quale vi inserì con notevole impegno spettacolare un tema storico quale appunto la Prima guerra mondiale, arrivando a conquistare il Leone d’oro alla Mostra di Venezia. Mario Monicelli, La grande guerra (1959) 0:00 / 1:36 0:00 0:00   / Altra rivisitazione del recente passato nazionale la si ha in Tutti a casa (1960), di Luigi Comencini: in questo caso, a finire nel mirino della commedia, è la Seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo.   Luigi Comencini, Tutti a casa (1960) Il boom economico e gli anni contraddistinti dal fenomeno dell’emigrazione interna segnarono per l’Italia un’epoca di ulteriori trasformazioni, tutte prontamente registrate, appunto, dal genere commedia: come dimostrano due capolavori di Dino Risi[10], quali Una vita difficile (1961) e Il sorpasso (1962). 0:00 0:00 / 1:47 0:00   /   Dino Risi, Il sorpasso (1962) La commedia poteva talvolta criticare certi aspetti del costume assurdamente protetti da una legislazione ingiusta, come accadde con Divorzio all’italiana (1962) di Pietro Germi (1914-1974).   Pietro Germi, Divorzio all’italiana (1962) Di lì a poco, tuttavia, dopo il terremoto sociale del ’68 e, soprattutto, nel momento in cui l’Italia entrò negli anni del terrorismo, la commedia andò incontro a consistenti mutazioni, subendo un lento declino qualitativo. 0:00 / 1:13 0:00 0:00  
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