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La Comunicazione del Rischio: Percezione e Gestione del Rischio, Appunti di Psicologia Sociale

La comunicazione del rischio, una parte integrale della comunicazione pubblica. Il rischio è una parte naturale della vita e della società, ma la sua percezione e la sua comunicazione possono avere effetti diretti e indiretti sui nostri comportamenti. dell'importanza di capire come noi umani percepiamo il rischio, come questo può essere influenzato da fattori cognitivi e culturali, e come comunicare in modo adeguato il concetto di probabilità. Il documento anche discute i problemi di sovrastima e sottostima del rischio e come questi possono portare a falsi allarmi o esposizione inutile al rischio. Il documento conclude con la necessità di avere una comprensione profonda di come il rischio è percepito e comunicato in diverse culture e società per comunicare efficacemente e gestire il rischio in modo adeguato.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/12/2021

gaiaa799
gaiaa799 🇮🇹

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Scarica La Comunicazione del Rischio: Percezione e Gestione del Rischio e più Appunti in PDF di Psicologia Sociale solo su Docsity! 9/12/21 LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO - Comunicazione pubblica - Psicologia politica Comunicazione del rischio fa parte della comunicazione pubblica ma ha degli aspetti specifici sulla percezione del rischio. Argomento attuale in epoca di pandemia. Parlare di rischio alla popolazione in modo comprensibile è particolarmente importante. Sarà sempre più importante anche in futuro perché saremo sempre più esposti a cambiamenti climatici e quindi eventi pericolosi. È importante capire gli aspetti specifici della percezione del rischio e della sua comunicazione. Assunto: noi esseri umani siamo predisposti a percepire il rischio; abbiamo emozioni primarie che ci permettono di rispondere con grande rapidità con ciò che è minaccioso (minaccia sociale, reale,..), questo è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Questa predisposizione è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Noi siamo guidati da ciò che sanguina, non ciò da che è necessariamente negativo. Dobbiamo distinguere la negatività dalla minaccia: non necessariamente tutto ciò che è negativo è minaccioso. Ad esempio il rischio ambientale: capiamo che gli eventi climatici sono negativi ma non mettiamo in atto risposte adeguate perché non portano a un senso di minaccia. Il senso di minaccia è associato a eventi presenti, vicini, nel tempo e nello spazio, probabili, qualcosa che è molto vicino a noi e probabile (space e time laged?: disastro ambientale dislocato in là, nel tempo e nello spazio). Le cose stanno cambiando, le nuove generazioni stanno avvertendo più vicino il rischio ambientale. Siamo predisposti a reagire a una minaccia che è reale e realistica. Il nostro sistema cognitivo genera una risposta emotiva e comportamentale adeguata a minacce realistiche e presenti. Noi siamo anche esseri evoluti e riusciamo a reagire a minacce realistiche e anche a jacce simboliche (es economiche ad es i cinesi, sistemi valoriali e cultura). Ci attiviamo di fronte a queste minacce simboliche che però sono percepite vicine nel tempo e nello spazio, probabili, reali, tangibili anche se simboliche. La comunicazione del rischio deve concentrarsi per avvicinare nel tempo e nello spazio ciò che è minaccioso ma non viene percepito dagli esseri umani. Se vogliamo portare a comportamenti adeguati per la salute, dobbiamo far percepire il rischio (es malattie cardiovascolari per i giovani). La comunicazione del rischio è importante con temi legati alla salute. È importante anche i temi ambientali, economici, politici. È un tema trasversale a molti ambiti. Perché gli esperti di comunicazione devono occuparsene? Abbiamo un problema su due lati: - Abbiamo esperti che sono in grado di valutare il rischio oggettivo, reale ma lamentano una scarsa comprensione da parte del pubblico - Grande pubblico - Il tema della divulgazione (scientifica) è importante: non necessariamente sono abili nella comunicazione Gli esperti di comunicazione sono fondamentali per questo motivo, per fare da cuscinetto tra gli esperti in vari ambiti e il grande pubblico generalista che lamenta una mancanza di informazione, di info corretta, o data in una forma non trasparente e quindi non comprensibile. Questo gap porta anche a fenomeni sociali importanti (teorie cospirazioniste -> rispristino del senso di controllo con una teoria alternativa). Occuparsi di percezione del rischio e comunicazione è sempre più importante perché serve un cuscinetto. Spesso gli esperti hanno dovuto comunicare senza avere gli strumenti per farlo in modo efficace. Quando abbiamo una distorsione della percezione del rischio: - Problema sovrastima rischio -> falsi allarmi - Problema sottostima rischio -> esposizione al rischio Bisogna comprendere i processi che portano a comportarsi in un certo modo per evitare falsi allarmi. Ci sono stati periodi con una sovrastima grande con un impatto economico importante per i produttori di carne (anche quando non vi era rischio oggettivo). Anche la sovrastima porta a comportamenti dannose. Le persone recepiscono le informazioni in modo inadeguato, e poi si passano queste info senza un accertamento della fonte (diventano di seconda mano). Sottostima del rischio porta a un'esposizione del rischio. Se sottostimo il rischio mi espongo e questo fa aumentare il rischio. Sottostimo il rischio e metto in atto comportamenti che mi espongono al rischio. Non è solo un problema psicologico ma ci sono delle conseguenze importanti. Perché è importante occuparsi di comunicazione del rischio? Noi non apprendiamo solo per esperienza diretta (apprendimento condizionato) ma impariamo anche con la trasmissione culturale e ci condizioniamo socialmente (condizionamento sociale). Ci condizioniamo con apprendimento sociale, comunicando (come avviene con gli stereotipi). La percezione del rischio può essere appresa socialmente con la comunicazione e può essere comunicata, comunicare in modo adeguato è fondamentale. Il rischio è un concetto probabilistico: probabilità di incontrare un evento avverso (pericolo). L'evento è avverso, ma nel caso in cui accada e non comporta nessun danno, il rischio è zero, nel senso che non va a danneggiare nulla e nessuno. Ci sono eventi che non costituiscono rischio per l'uomo. R=pXD > dove R è il rischio, p è la probabilità e D è la gravità dell'esito negativo in caso di contatto con il pericolo (danno). Dobbiamo valutare: - Esito negativo (danni generali) - Probabilità che accada l’evento avverso Il rischio dipende da altri due fattori: - Esposizione -> La frana viene giù. Il problema sono le persone che costruiscono le case nelle vicinanze -> esposizione. Ci esponiamo ai rischi. - Vulnerabilità -> non ho strategie di adattamento al rischio Noi ci esponiamo ai rischi. Entrambe sono il risultato del comportamento umano. Le scienze hard valutano il concetto di rischio oggettivo che tiene conto del comportamento degli esseri umani, comportamento che è determinato dalla nostra percezione del rischio, non dal rischio oggettivo. Ci sono quindi 3 elementi psicologici: - 2 che dipendono dal comportamento dell'individuo (esposi; che dipende dalla percezione - Concetto probabilistico: quanto dobbiamo sapere di psicologia per comunicare in modo adeguato il concetto di probabilità -> dobbiamo avere competenze di psicologia sociale e cognitiva perché la probabilità è un concetto ostico per gli esseri umani ione e vulnerabilità) -> comportamento Quando passiamo dalla stima del rischio alla comunicazione del rischio, il concetto di probabilità deve essere visto anche da un punto di vista psicologico. L'esposizione e la vulnerabilità (quindi il nostro comportamento) dipende dalla nostra percezione del rischio (rischio soggettivo). È impossibile comprendere il comportamento degli esseri umani davanti al rischio e al pericolo senza adottare una prospettiva soggettiva. = Accettiamo con più fatalismo l'evento naturale che quello artificiale (viviamo in un ambiente naturale) = Euristica della disponibilità: ciò che è più eclatante è più disponibile, ciò che è più saliente è più probabile (viaggiare in aereo come più rischioso di andare in macchina) = Euristica affettiva: ci scuote e diventa saliente - Ritardo nelle conseguenze -> ci sono comportamenti che hanno esiti positivi e negativi immediati, altri hanno esiti molto ritardati; noi percepiamo quel comportamento come meno pericoloso perché gli esiti sono ritardati nel tempo; lo si vede anche nella differenza tra pandemia (immediato) e tema ambientale (lontano nel tempo); il nostro sistema cognitivo non è predisposto a percepire esiti che sono lontani/dislocati nel tempo e nello spazio; - Severità delle conseguenze -> confondiamo la gravità con la probabilità (sono cose indipendenti ma le percepiamo come associate fortemente): ciò che è grave è probabile; - Conoscenza -> expertise Il modello psicometrico è un modello primariamente cognitivo. Tuttavia recenti sviluppi hanno sottolineato l'importanza anche di aspetti emotivi e motivazionali. | modelli recenti, quindi, suggeriscono di esplorare non solo gli aspetti cognitivi ma anche la risposta affettiva degli individui davanti al rischio (es. paura, ansia) Ci sono anche emozioni associate (risposta emotiva). Pensiamo che ci sia prima una valutazione cognitiva: valuto il rischio e poi reagisco con paura se elevato e reagisco di conseguenza. Penso che l'emozione sia conseguente alla cognizione. La valutazione di tipo emotivo va a influenzare la percezione del rischio: ciò che ci attiva emotivamente è ciò che percepiamo come più rischioso e questo fa si che la risposta emotiva avvenga prima della percezione cognitiva: l'attivazione emotiva porta a reinterpretare alcune informazioni e la percezione di rischio è influenzata da queste sensazioni, prima ancora di una valutazione cognitiva. Quello che si sta facendo oggi è andare a valutare la valutazione cognitiva e gli effetti della risposta emotiva, che Slovic chiama euristica affettiva. Se provo paura percepisco maggiore rischio, se non provo paura percepisco meno rischio. La valutazione del rischio è successiva all'attivazione emotiva. Solution avversion: avversione alle soluzioni di rischio. Esistono ricerche che dimostrano come l'atteggiamento di fronte a soluzioni generino delle risposte negative negli individui per diversi motivi. Queste valutazioni negative delle soluzioni proposte fa si che le persone percepiscono meno il rischio (meccanismo poco funzionale). Fattori culturali cambiano moltissimo il profilo del rischio. In alcune culture alcuni eventi sono percepiti più o meno rischiosi di come li percepiamo nel nostro contesto culturale. È importante perché dice che non possiamo generalizzare e se vogliamo comunicare efficacemente rispetto un determinato rischio dobbiamo avere chiaro come quel rischio è percepito e quali sono i fattori alla base di quel rischio in quel contesto culturale, in quella società. - Le mappe cognitive risentono dei fattori culturali - Possiamo giostrare le mappe di rischio -> modificare i fattori e il profilo del rischio (dipende da una percezione del rischio percepita e comunicata culturalmente) LA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO La comunicazione del rischio e l'adeguatezza delle strategie di comunicazione e di gestione del rischio sono connesse al profilo specifico del rischio (Burns et al., 1990; Slovic, 1987). Profilo del rischio-> potenza del segnale e impatto sociale. Un evento anche catastrofico che produce molti morti può avere un impatto minore di un incidente meno grave ma inserito in un sistema non familiare. Quando abbiamo chiaro questo, possiamo declinarlo su alcune forme di comunicazione adeguate. Dobbiamo tenere a mente tre cose; il rischio deve essere: Accettabile -> è inutile comunicare ed enfatizzare il rischio se non diamo alle persone gli strumenti per superarlo, diventa non accettabile. Andiamo in freezing (ci congeliamo), non posso affrontarlo ed evitarlo e genera un senso di ansia e minaccia che non è affrontabile e quindi giro la faccia dall'altra parte; la comunicazione del rischio deve essere accompagnata da una comunicazione su come affrontarlo (altrimenti non posso accettarlo, è solo ansia); =» La comunicazione del rischio deve sempre essere commisurata al potere decisionale dell’interlocutore, in relazione alla gestione del rischio stesso (fini grandi solo con mezzi grandi). = La comunicazione del rischio deve essere accompagnata alle informazione sui mezzi utili ad evitare o fronteggiare il pericolo (come) > Freezing Percepibile -> il rischio deve essere percepito per avvertire la minaccia; non sempre gli individui vivono il rischio come qualcosa che ha a che fare con la loro esistenza e che ha a che fare con il loro contesto; ancorano la percezione a cosa percepiscono; alcuni rischi sono dislocati troppo in là nel tempo e nello spazio; Compren: le -> rischio come concetto probabilistico. Il rischio e la sua comunicazione deve essere compreso. Quando stimiamo il rischio mettiamo in atto un ragionamento induttivo (usiamo i dati empirici e facciamo una stima probabilistica); la teoria probabilistica è stata inventata in epoca cinquecentesca (ma il ragionamento induttivo è sempre esistito). Quando noi forniamo info in formato probabilistico stiamo chiedendo alle persone di applicare la teoria probabilistica, non facilitiamo un ragionamento induttivo “naturale”, perché non abbiamo alcuna esperienza con la probabilità ma abbiamo solo esperienza con la frequenza (ciò che vediamo). Quando parliamo di rischio dobbiamo fornire le informazioni in modo trasparente, ovvero in modo comprensibile: se le basiamo sulla frequenza è più probabile che gli individui mettano in atto un ragionamento induttivo corretto (facilitiamo il processo, info in formato trasparente). Ragionare in termini statistici è difficile anche per i statistici nella vita quotidiana (disponibilità di risorse). Il rischio è definito come una combinazione di probabilità associate agli esiti possibili, in una situazione pericolosa. La valutazione del rischio consiste nell'elaborazione di tali probabilità allo scopo di scegliere il comportamento più adeguato = Analfabetismo collettivo dovuto in parte ad info non trasparenti = Es Gran Bretagna nel ’95: la pillola anticoncezionale di terza generazione aumenta il rischio trombo-embolico del 100% -> manca un pezzo; già dire uno su 100 è più facile di dire 1% (approccio frequentista), ma manca anche il numero di partenza; 100% di quanti? Nel '95 c'è stato un grande aumento di aborti e di gravidanze indesiderate anche con adolescenti -> aumentare la percezione del rischio con la pillola ha portato a un tracollo dell’uso della pillola e un grande numero di aborti e gravidanze indesiderate; i numeri sono passati da 1 a 2. Fornire le info in modo non trasparente e in modo non comprensibile porta a grossi danni = Nontuttisanno farei calcoli, non sempre siamo nella condizione di farli = Effetti di rischio relativo possono portare a delle informazioni che sono totalmente ingannevoli = Esperimento di Tversky e Kanemah (base rate fallacy): dicono che la malattia x ha un'incidenza nella popolazione di 1/1000. Il test ha falsi positivi il 5%. se una persona è positiva al test, con quale probabilità ha contratto la malattia? Se il test è positivo hai il 95% che hai la malattia (100- falso positivo); in realtà la probabilità è 0,02 perché bisogna considerare che 1/1000 è malato. Le persone fanno una stima di probabilità senza minimamente tenere conto della probabilità di base. Le persone mettono in atto distorsioni che non tiene conto del teorema di Bayes (teorema formale che ci dice come ragionare in modo induttivo corretto). Ci dimentichiamo totalmente la probabilità, e alcuni pezzi di informazione. Non ragioniamo con la teoria probabilistica. = Dando le informazioni in modo frequestistico però il ragionamento migliora, le persone riescono a svolgere il ragionamento in modo corretto: donne con 10 su 1000 il cancro (990 no), di queste 10 facciamo il test e ci dice che è positivo, 1 test su 10 è un falso positivo, e gli altri 9 corretti -> 9+ 89 e ragioniamo in modo corretto; - Quandole informazioni vengono presentate sotto forma di frequenze piuttosto che di probabilità, gli individui ragionano induttivamente bene e commettono meno errori (Gigerenzer e colleghi, 1991) = Cosafare: - Insegnare il pensiero statistico in modo applicato a problemi reali (non a lanci di monete e dadi) - Promuovere l’uso di formati trasparenti di presentazione delle informazioni - Insegnare a riconoscere (e diffidare di) formati non trasparenti e a tradurli in formati trasparenti Take home message: le persone non ragionano secondo le regole della probabilità, si dimenticano la probabilità a priori dell'evento e ciò che facilita il ragionamento induttivo è l'approccio frequentista. Non dobbiamo confondere la percezione del rischio con la propensione al rischio: ci sono persone e ruppi che percepiscono correttamente il rischio ma si espongono (scelta comportamentale che può dipendere da altri fattori); capisco bene e valuto bene, ma lo faccio lo stesso (propensione al rischio). La percezione del rischio è la stima, poi io decido come comportarmi (ad esempio posso avere dei vantaggi secondari). Ci può essere: - un biasdi ottimismo ingiustificato (a me andrà bene) - vantaggi secondari (risparmio di tempo, energie, economico) - aumento dell’ locus of control -> io sento di poter gestire bene la situazione - fattori sociali - fattori culturali *Non pensiamo alla percezione del rischio e alla propensione solo come un fattore individuale, ma c'è sempre un'interazione con i fattori sociali (sia a livello organizzativo sa fattori culturali più ampi).
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