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La Comunicazione del rischio in emergenza, Sintesi del corso di Comunicazione di Massa

Questo testo ha riassunto i concetti chiave che si trovano all'interno del libro "la comunicazione del rischio per la salute e per l'ambiente". Fornisce i concetti chiavi applicabili alla comunicazione pubblica e privata da attuare durante le emergenze o nelle fasi di prevenzione.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 29/01/2022

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Scarica La Comunicazione del rischio in emergenza e più Sintesi del corso in PDF di Comunicazione di Massa solo su Docsity! Appunti comunicazione d’emergenza Sommario Concetti chiave del libro ............................................................................................................................................ 1 Parte prima – introduzione alla comunicazione del rischio ...................................................................................... 1 Capitolo 1 – Vivere nella società del rischio .......................................................................................................... 1 Capitolo 2 – Teoria della comunicazione del rischio ............................................................................................. 2 Parte seconda – La comunicazione del rischio nell’area pubblica............................................................................. 4 Capitolo 3 – Comunicare al pubblico ..................................................................................................................... 4 Capitolo 4 – Interagire con i mass media .............................................................................................................. 5 Parte terza – Ambiti operativi della comunicazione del rischio ................................................................................ 6 Capitolo 1 – Care comunication ............................................................................................................................ 6 Capitolo 2 – Crisis comunication ........................................................................................................................... 7 Capitolo 3 – consensum communication .............................................................................................................. 8 Conclusioni................................................................................................................................................................. 9 Concetti chiave del libro Parte prima – introduzione alla comunicazione del rischio Capitolo 1 – Vivere nella società del rischio • La nozione di rischio risale al Medioevo e si è sviluppata nell’ambito del gioco d’azzardo e delle assicurazioni marittime, per poi entrare nell’ambito della matematica statistica tra il Seicento e il Settecento, grazie allo sviluppo del calcolo delle probabilità. • Nella formulazione contemporanea più diffusa, sviluppata negli anni Settanta dalla risk analysis, l’entità di un rischio (R) può essere quantificata in termini probabilistici mediante la formula: R = P × D dove la pericolosità (P) è la probabilità che l’evento avverso si verifichi in un certo periodo di tempo, mentre (D) rappresenta l’entità del danno causato. • Nell’ambito delle minacce di origine naturale, l’entità del rischio si esprime con la formula: R = P × V × E dove la pericolosità (P) è la probabilità che, in una certa area e in un definito intervallo di tempo, si verifichi un evento calamitoso di una specifica intensità, la vulnerabilità (V) indica la predisposizione degli elementi esposti al pericolo, mentre l’esposizione (E) misura il valore degli elementi esposti al pericolo, sia in termini economici sia in termini di vite umane. • La comunicazione del rischio si è originariamente sviluppata per trasmettere al pubblico le valutazioni quantitative effettuate dagli esperti, ed è oggi considerata uno strumento essenziale nella gestione dei rischi. • L’impiego delle prime bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, alla fine della Seconda guerra mondiale, mostrò che la tecnologia nucleare aveva raggiunto il potere di causare devastazioni paragonabili a quelle delle grandi catastrofi naturali. • Alcuni degli scienziati che contribuirono alla costruzione della bomba atomica avvertirono di avere un’importante responsabilità sociale e, nell’intento di mettere in guardia l’umanità dai rischi della proliferazione nucleare, diedero vita a uno dei primi sforzi organizzati di comunicazione pubblica dei rischi di origine antropica. • Negli anni Cinquanta e Sessanta, l’eventualità di un conflitto atomico su larga scala divenne concreto e l’umanità si trovò a sperimentare, per la prima volta nella sua storia, il rischio dell’autodistruzione. • Nel 1976 un incidente in una fabbrica chimica di Meda, in Brianza, causò una fuga di diossina che investì il vicino comune di Seveso, generando un acceso dibattito pubblico sui pericoli delle attività industriali. • Nel 1982 la «Direttiva Seveso» (Direttiva 1982/501/CEE, recepita in Italia nel 1988) ha sancito l’obbligo di informare la popolazione e le autorità locali sui pericoli delle attività chimiche e industriali, trasformando così la comunicazione pubblica del rischio in un diritto. • Nel 1986 il sociologo Ulrich Beck, nel saggio La società del rischio, sostenne che le società contemporanee sono costrette a confrontarsi con minacce senza precedenti prodotte dall’industrializzazione: rischi globali, difficili da prevedere o quantificare, che, sfuggendo ai sensi, necessitano dell’expertise tecnico-scientifica per essere compresi e con conseguenze che possono estendersi alle generazioni future o addirittura portare alla distruzione della vita sul pianeta. • Nella società del rischio, la produzione della ricchezza è sistematicamente accompagnata dalla produzione di nuovi rischi che, essendo conseguenze di decisioni umane, a causa della loro iniqua distribuzione possono dare origine a controversie e conflitti sociali. • Il 26 aprile 1986 un grave incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, nell’ex Unione Sovietica, incrinò la fiducia nelle capacità di esperti e istituzioni di gestire i rischi del nucleare civile e offrì un esempio tangibile delle minacce globali nella società del rischio. • Le attività umane hanno alterato l’ambiente su scala globale, esercitando una profonda influenza su alcuni dei più importanti cicli biogeochimici del pianeta; si tratta di fenomeni così rilevanti da aver indotto alcuni scienziati a parlare di una nuova era geologica, l’Antropocene. • Rischi ambientali come la perdita di biodiversità, il riscaldamento globale e l’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili rappresentano una sfida epocale per i prossimi decenni. • Secondo l’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, se non ridurremo drasticamente le emissioni di gas serra con politiche di mitigazione efficaci, l’aumento della temperatura media globale supererà la soglia di sicurezza di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con impatti ambientali imprevedibili e potenzialmente catastrofici. • Sarà comunque necessario adottare strategie di adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, in parte inevitabili e già visibili in diverse regioni del pianeta: fusione dei ghiacci polari e montani, innalzamento del livello medio dei mari, intensificazione dei fenomeni meteorologici estremi (alluvioni, siccità, cicloni e ondate di calore). Capitolo 2 – Teoria della comunicazione del rischio • Nel modello deficitario della comunicazione del rischio, l’informazione fluisce in modo unidirezionale dagli esperti al pubblico attraverso i mass media; il deficit di alfabetizzazione scientifica del pubblico è considerato all’origine di una distorta percezione del rischio. Capitolo 4 – Interagire con i mass media • Nelle società democratiche contemporanee i mass media formano un’arena di discussione pubblica aperta a un numero crescente di stakeholder. • Mediante la selezione e la gerarchizzazione delle notizie, i mass media svolgono un ruolo attivo nel definire l’agenda setting, cioè gli argomenti principali del dibattito, diffondendo presso il pubblico le istanze delle istituzioni (funzione top-down) e dando voce alle esigenze del pubblico o di specifici gruppi di interesse (funzione bottom-up). • Nella comunicazione di massa, la rilevanza di un evento (o notiziabilità) è giudicata in base a fattori che possono suscitare l’interesse del pubblico di riferimento: fattori socioculturali (attualità, prossimità, aspettativa, violazione di norme condivise); fattori narrativi (presenza di protagonisti conosciuti o vittime identificabili, attribuzione di colpa, esistenza di un conflitto, inserimento in un filone preesistente, framing); fattori tecnici (disponibilità di immagini). • Poiché i mass media giudicano la rilevanza dei rischi in base a criteri di notiziabilità, la rappresentazione mediatica dei rischi non rispecchia le valutazioni degli esperti basate sulle stime della pericolosità e della gravità delle possibili conseguenze. • Il carattere discontinuo ed emergenziale della copertura mediatica riflette la funzione primaria del giornalismo, ovvero informare (e non educare) il pubblico sui temi di maggiore interesse e attualità. • Con il progressivo ampliamento dell’arena mediatica, il dibattito pubblico sui rischi ha assunto una valenza sociale e politica, e non è più esclusivo dominio di esperti e istituzioni ma si estende a un’ampia pluralità di stakeholder con interessi e obiettivi diversi. • Il rapporto tra esperti istituzionali e giornalisti è spesso mediato da uffici stampa che gestiscono le richieste di interviste e curano le attività di comunicazione esterna. • I mezzi più comuni per accedere ai mass media sono le interviste e il comunicato stampa, cioè un breve testo che ricalca la struttura di un articolo giornalistico: la notizia e le informazioni essenziali sono riportate nel primo paragrafo, mentre nei paragrafi successivi, in ordine di importanza decrescente, si trovano informazioni di contesto, approfondimenti e virgolettati di commento. • Ogni prodotto giornalistico è soggetto a rigidi vincoli produttivi decisi dalla redazione, che ha l’ultima parola sul prodotto finale. • Nella comunicazione pubblica del rischio occorre trovare un compromesso tra rigore e comprensibilità, completezza e brevità: lo scopo non è trasformare i cittadini in esperti bensì fornire loro le informazioni essenziali per fare scelte consapevoli e per proteggersi dai pericoli. • La disponibilità a rilasciare una dichiarazione o un’intervista è il modo migliore per tessere un’alleanza con i giornalisti e per avere voce nel dibattito pubblico sui rischi. • Radio e televisione sono i mass media più diffusi; la stampa generalista è letta soprattutto da un pubblico adulto e rappresenta un canale d’informazione privilegiato per le classi dirigenti; il web è forte crescita, raggiunge segmenti di pubblico dagli interessi diversificati ed è ormai la fonte principale per la ricerca proattiva di informazioni. • Per preparare un’intervista, stabilite due o tre messaggi più importanti in base al pubblico e agli obiettivi che volete raggiungere ed esercitatevi a esprimerli con frasi semplici e brevi; siate empatici verso le preoccupazioni del pubblico e offrite indicazioni concrete per proteggersi dal rischio. • I giornalisti non si considerano un megafono delle istituzioni; per favorire una relazione proficua, occorre rispettare ruoli e competenze reciproche: gli esperti conoscono meglio la materia, ma i giornalisti sanno come renderla interessante e comprensibile per il loro pubblico. • L’uso integrato delle piattaforme digitali (siti web, blog, social media) consente di raggiungere un pubblico sempre più vasto e di potenziare la comunicazione del rischio per diversi scopi, dalla promozione delle campagne di prevenzione alla gestione delle emergenze. • Sulle piattaforme digitali gli utenti possono essere sia fruitori che produttori di contenuti, facendo della comunicazione del rischio uno scambio orizzontale di informazioni tra la molteplicità di utenti che partecipano alla discussione sul rischio. • Le piattaforme digitali assumono un ruolo di rilievo nelle situazioni di emergenza, quando un numero crescente di persone si rivolge ai social media per cercare notizie, condividere emozioni o esperienze, diffondere contenuti, chiedere aiuto o offrire supporto alle popolazioni colpite. • È necessario includere le piattaforme digitali e i social media nelle attività di comunicazione del rischio, sia in tempo di pace, sviluppando strumenti e competenze per rafforzare la presenza e la reputazione online dell’istituzione, sia nella gestione delle emergenze, per diffondere informazioni verificate e per coordinare gli interventi di soccorso, anche con il contributo degli utenti. Parte terza – Ambiti operativi della comunicazione del rischio Capitolo 1 – Care comunication Si interpreti la seguente checklist come uno strumento strategico a supporto della pianificazione. Durante l’attività di comunicazione, al fine di ottenere la massima efficacia, si consiglia sempre di adottare un approccio flessibile, adattandosi all’evoluzione del contesto in cui si opera. Ricordate che la comunicazione del rischio offre principi, non ricette. Tipologie di cambiamento da attivare: • Le persone non sono consapevoli del rischio: occorre stimolare un cambiamento cognitivo. • Le persone sono consapevoli del rischio ma non fanno nulla per proteggersi o per evitare il comportamento dannoso: occorre stimolare un cambiamento d’azione. • Le persone si sono attivate ma non hanno ancora abbandonato le abitudini dannose: occorre stimolare un cambiamento comportamentale. • Gli individui e la collettività accettano il comportamento dannoso: occorre stimolare un cambiamento valoriale. Il marketing sociale e la teoria dello scambio • I benefici offerti dall’abbandono delle abitudini dannose sono chiari e desiderabili. • I costi (economici, psicologici, sociali, ecc.) richiesti dall’abbandono delle abitudini dannose sono sostenibili. • È stato fatto tutto il possibile per ridurre i costi e per rafforzare i benefici. • Lo scambio offerto è percepito come vantaggioso. • Il nuovo comportamento può essere facilmente messo in pratica e gode di approvazione sociale. • L’istituzione che promuove il cambiamento gode di credibilità e fiducia. • È stata fatta un’analisi del posizionamento rispetto alla concorrenza. Pianificare una campagna di prevenzione • È stata fatta un’analisi dello scenario di rischio nel contesto in cui si dovrà operare. • Gli obiettivi della campagna sono raggiungibili, verificabili e definiti in termini operativi. • La segmentazione del pubblico ha permesso di identificare e caratterizzare i target group. • Per ogni target group si è stabilito se si debba perseguire un cambiamento cognitivo, d’azione, comportamentale o valoriale. • Per ogni target group è stato elaborato un messaggio chiaro per evidenziare i vantaggi derivanti dal cambiamento proposto. • Il messaggio enfatizza anche i rimedi disponibili, mostra il comportamento da adottare, impiega testimonial appartenenti al target group, agisce a livello emotivo. • Sono stati individuati i canali di comunicazione più adatti per raggiungere ogni target group. • Sono stati predisposti sistemi di feedback e di valutazione della campagna. Capitolo 2 – Crisis comunication Si interpreti la seguente checklist come uno strumento strategico a supporto della pianificazione. Durante l’attività di comunicazione, al fine di ottenere la massima efficacia, si consiglia sempre di adottare un approccio flessibile, adattandosi all’evoluzione del contesto in cui si opera. Ricordate che la comunicazione del rischio offre principi, non ricette. La pianificazione in tempo di pace • Sono stati delineati i possibili scenari di rischio, compreso lo scenario peggiore. • È stato predisposto un piano di emergenza in grado di rispondere ai diversi scenari di rischio, condiviso con tutti gli attori che potrebbero essere coinvolti dall’emergenza e capace di tutelare anche i gruppi più vulnerabili. • È stata istituita un’unità di crisi con le competenze necessarie per valutare l’evolversi della crisi o dell’emergenza, predisporre contromisure adeguate a salvaguardia della sicurezza, stabilire la strategia di comunicazione, coordinarsi con gli altri soggetti coinvolti, prendere le decisioni operative, assicurare il supporto logistico, organizzativo e amministrativo. • Il portavoce designato gode di autorevolezza e fiducia, conosce in dettaglio il funzionamento istituzionale e gli aspetti tecnici essenziali del rischio, ha buone doti comunicative e sufficiente esperienza con i mass media. • Tutti i membri dell’unità di crisi sono stati addestrati alle funzioni che dovranno svolgere nell’emergenza e per ogni ruolo è stato individuato un sostituto. • È stata prevista una modalità di comunicazione interna per tenere aggiornato il personale dell’istituzione sugli sviluppi della situazione. • Nel piano di emergenza sono stati inclusi gli aspetti logistici e operativi per il funzionamento dell’unità di crisi: modalità di convocazione, sede di lavoro, strumenti di comunicazione, ecc. • È stato fatto ogni sforzo per promuovere le attività di informazione, formazione, educazione e addestramento affinché tutti i soggetti esposti al rischio sappiano come comportarsi durante l’emergenza. • Si è stabilito un coordinamento con le altre istituzioni coinvolte nella gestione dell’emergenza, rafforzato mediante esercitazioni periodiche. La comunicazione durante l’emergenza • Nella prima fase dell’emergenza, sono state raccolte le informazioni necessarie per dare risposta (anche parziale) ai seguenti bisogni informativi: 1) cosa è successo? 2) perché è successo? 3) cosa potrebbe accadere? 4) cosa sta facendo l’istituzione? 5) cosa possono fare i cittadini? • Le informazioni sono state comunicate con tempestività, ammettendo eventuali incertezze e assicurando nel contempo la massima disponibilità a condividere con il pubblico ulteriori informazioni non appena queste si renderanno disponibili.
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