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La Comunicazione Narrativa - Riassunto capitolo 2, Sintesi del corso di Semiotica

Riassunto del secondo capitolo del libro "la comunicazione narrativa" per l'esame di semiotica

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 11/05/2021

caterinag1
caterinag1 🇮🇹

4.3

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Scarica La Comunicazione Narrativa - Riassunto capitolo 2 e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica solo su Docsity! 1. IL DISCORSO 1.1 LA VOCE L’analisi di un discorso narrativo può essere organizzata sulla base di tre categorie: IL TEMPO, IL MODO E LA VOCE. LA VOCE ➔ insieme di attributi che caratterizza l’istanza narrativa, sussumendo tutto ciò che rirguarda le relazioni tra narratore e la storia da lui narrata. La voce informa di chi parla. La riflessione sul concetto di voce si collega con la “eteroglossia”, definita da BACHTIN come una pluralità di linguaggi di classe, genere o ideologia che entrano nel romanzo nella forma del dialogismo, generando una narrazione polifonica in relazione oppositiva con il monologismo epico. La voce narrante che racconta e trasmette gli esistenti, gli stati e gli eventi è definibile NARRATORE, e in ogni narrazione vi è almeno un narratore, posto allo stesso livello diegetico del narratario al quale si rivolge. La trasmissione narrativa inizia con un autore reale, ovvero la persona storica in carne ed ossa che crea il suo alter ego, una marschera o immagine di se stesso coincidente con l’autore implicito, il quale costituisce un narratore che si rivolge a un narratario. La presenza di un narratore inafidabile trascina il lettore in uno stato di incertezza cognitiva rispetto all’inidice di verità delle informazioni che gli vengono fornite, dandogli l’impressione che il narratore giochi con la sua capacità metarappresentazionale (es. Humbert Humbert in Lolita, 1955). Una conversazione costitutiva della narrativa letteraria stipula che entità introdotte nel discorso di un narratore anonimo in terza persona siano eo ipso aeutenticate come fatti finzionali, mentre quelle indotte nel discorso dai personaggi non lo sono. Si possono distinguere 3 tipi di autenticazione: 1) Autenticazione diadica: essa costituisce la struttura narrativa basilare, combinando il racconto in terza persona di un narratore anonimo e impersonale con i discorsi diretti dalle persone finzionali: mentre il discorso narratoriale in terza persona stabilisce il mondo finzionale e definisce ciò che è vero in esso, le affermazioni fatte nei discorsi dei personaggi sono vere solo se si conformano a quelle narratoriali. 2) Autenticazione graduata: si tratta di un modo narrativo più soggettivo, che per costituire la storyworld adotta il discorso delle persone finzionali. In questo alveo rientra la narrazione in prima persona, nella quale il narratore è personalizzato e le sue affermazioni perciò non possono avere una forza assoluta di autenticazione. 3) Uso improprio dell’autenticazione: nella fiction modernista e postmodernista prevale quella che si può definire “narrativa autocontradditoria”, dove l’invalidazione della forza autenticate dipende dall’introduzione di contraddizioni nel mondo finzionale. L’insieme dei rapporti che intercorrono tra il narratore e la storia narrata è sussumibile sotto la categoria di persona, e si usa generamente distinguere una narrazione in prima persona o eterodiegesi, anche se di recente è stata rivolta l’attenzione anche alla narrazione in seconda persona. Nelle narrazioni in prima e seconda persona, uno dei partecipanti allo storyworld è anche rispettivamente il mittente o il ricevente della narrazione. Nella narrazione in terza persona o eterodiegetica chi narra non è un personaggio delle situazioni e degli eventi che racconta, e il risultato è un’asimmetria: laddove le narrazioni omocomunicative possono contendere in varia misura passaggi in terza persona, le narrazioni etero-comunicative non possono contenere passaggi in prima o seconda persona. PRIMA PERSONA ➔ Il narratore si incarna in un individuo e la sua visione viene considerata soggettiva. SECONDA PERSONA ➔ può sembrare innaturale e le ragioni che la motivano possono essere molteplici, dal ricordo all’accusa e alla giustificazione, con il “tu” che diventa una sorta di alter ego del narratore e dialoga con esso. TERZA PERSONA ➔ la voce narrante può non solo avere accesso alla mente dei personaggi, ma vagare liberamente nello spazio e nel tempo ed essere simultaneamente presente in luoghi differenti. 1.2 IL MODO Come concetto letterario, il modo si riferisce ai differenti tipi di discorso o rappresentazione all’interno di un testo narrativo, metre in un’accettazione più specifica il termine indica la regolazione dell’informazione negativa, ossia il tipo e la quantità di informazioni comunicative di un testo, coprendo fenomeni come la distanza, la prospettiva e la focalizzazione. La dicotomia platonia tra mimesi e diegesi corrisponde a quella tra showing e telling, sviluppatasi tra fine Ottocento e inizio Novecento sulla scia di HENRY JAMES e PERCY LUBBOCK. Lo showing o diegesi, è un modo connotato dalla dettagliata resa scenica di situazioni ed eventi, e da una mediazione del narratore ridotta al minimo. Il telling è caratterizzato da una maggior mediazione del narratore e offre una resa in meno dettagliata di situazioni ed eventi. Se oggi la narratologia vuole espandersi in un campo di studi transmediale, in grado di rendere conto delle forme letterarie ma anche delle opere musicali, teatrali e filmiche ecc., oltre a mimesi e diegesi deve riconoscere una varietà ampia di modi: ▪ Modo testuale (o esterno) vs. interno = nel testuale il significato narrativo è codificato in segni materiali, mentre nel modo interno esso è immagazzinato nella memoria e fatto agire nel teatro mentale del ricordo, dell’immaginazione e del sogno. ▪ Modo autonomo vs. illustrativo (o ancillare) = nel modo autonomo il testo trasmette una storia che è indedita per il ricevente; nel modo illustrativo il testo racconta di nuovo e completa una storia, facendo affidamento sulla precedente conoscenza del plot da parte del ricevente. ▪ Modo ricettivo vs. partecipativo = nel modo ricettivo il destinatario non gioca un ruolo attivo negli eventi presentati dal testo, mentre nel modo partecipativo il plot non è completamente predefinito, per cui il destinatario diventa un personaggio attivo nella storia e attraverso questa capacità di azione contribuisce alla creazione dinamica del plot nel tempo reale della performance (videogames, teatro di improvvisazione). ▪ Modo determinato vs. indeterminato = nel modo determinato il testo specifica un numero di punti sulla traiettoria narrativa sufficiente a proettare uno script ragionevole definito. Nel modo indeterminato sono solo uno o due punti di specificati, e sta all’interprete immaginare le curve virtuali che attraversano queste coordinate. ▪ Modo letterale vs. meraforico = laddove la narrazione letterale soddisfa pienamente la definizione di narratività, il modo meraforico uso solo alcune di queste caratteristiche e consente di capire molte delle contemporanee estensioni del termine “narrazione” senza II. Codice referenziale: per connettere lo storyworld con corpora accettati di conoscenza. III. Codice seico: per organizzare i suoi personaggi e i suoi dettagli caratterizzanti. IV. Codice simbolico: per collegare il testo a più ampie strutture di significazione. V. Codice ermeneutico: per seguire lo sviluppo testuale della suspence narrativa. Il narratorio deve essere distinto tanto dal lettore reale quanto dal lettore implicito: il narratario costituisce l’uditorio del narratore e in quanto tale è inscritto nel testo, mentre il lettore implicito costituisce l’uditorio dell’autore implicito, e può essere dedotto dall’insieme del testo. Applicando al narratario la distinzione nascosto/palese/assente già applicata al narratore, esso può variare lungo una scala che va dalla totale assenza di caratterizzazione, in quanto non è rappresentato da un personaggio alla piena caratterizzazione. Le riflessioni relative agli effetti della letteratura sull’audience risalgono all’antichità classica, dove persino filosofie ostili alla letteratura si sono basate sul presupposto che la letteratura influisce profondamente sui lettori. Per ARISTOTELE la tragedia è un’imitazione di un’azione seria, completa, con una certa estensione; eseguita con un linguaggio adorno distintamente nelle sue parti per ciascuna delle forme che impiega. La SUSPENCE è un effetto che risulta dall’immersione temporale e affettica del lettore in una narrazione e descrive il suo desiderio di conoscere i risultati. Essa può definirsi un’emozione che deriva dall’attesa circa lo svolgimento o l’esito di un’azione. La suspence deriva quindi di qualsiasi strategia consenta la proiezione di percorsi narrativi possibili, e nello stesso tempo restringa l’orizzonte delle possibilità, come il presagio, la perversione e la prolessi, tecniche a cui per esempio fanno ricorso generi come le detective story. 1.5 FORMATTARE CiO’ CHE SI COMUNICA La narratività è da un lato la qualità di essere narrativo, l’insieme delle proprietà che caratterizzano il racconto e lo distinguono dal non-racconto, dall’altro è l’insieme delle peculiarità che rendono un racconto, per così dire, più o meno narrativo. Ogni narrazione rappresenta un serie di situazioni ed eventi, dove per evento si intente un cambiamento si stato che si manifesta nel discorso narrativo attraverso un enunciato di processo. Già Aristotele nella Poetica aveva evidenziato il fatto che gli eventi narrativi sono correlati tra loro al fine di formare una serie che egli chiama mythos, termine corrisponde a “plot” o “intreccio”; più recentemente, riflettendo sul modo in cui stati ed eventi debbano essere distribuiti per ottenere una narrazione. È il plot l’elemento principale di una narrazione? Collocandosi all’origine di questa vexata quaestio, Aristotele riconosceva una priorità logica all’intreccio, interpretando il mythos come la più importante fra tutte le parti che costituiscono il racconto. Sono stati fatti molti tentativi di classificazione dei plot in base ad affinità strutturali o tematiche. Gli intrecci possono essere euforici o disforici, esterni o interni, semplici o complessi, epici ecc. La definizione del plot come prodotto del conflitto tra i vari mondi privati dei personaggi e il reale stato delle cose nel mondo narrativo, ovvero il mondo testuale reale (TAW), a opinione della Ryan conduce una nuova tipologia del plot flaggata a seconda delle dinamiche specifiche del conflitto: • Conflitto tra i differenti domini del mondo privato di un singolo personaggio; • Conflitto tra TAW e il mondo privato di un personaggio, che può produrre un plot di ricerca; • Conflitto tra i doveri di un personaggio e TAW, che crea una situazione di difficoltà morale; • Conflitti e incoerenze tra il sistema di conoscenze dei personaggi e il TAW, che può condurre a deficit di informazione e generare plot che comportano errori, enigmi, inganni. In senso puramente morfologico si possono invece classificare: • Il contro-plot, ovvero un insieme unificato di azioni dirette a un risultato opposto a quello che guida le azioni del plot principale; • Il doppio plot, ossia un intreccio che comporta due azioni simultanee di uguale sistanza; • Il sub plot, cioè un insieme unificato di azioni coincidente con il plot principale ma ad esso subordinato; • La multi-plot narrative, ossia una narrazione che segue i destini paralleli di un’ampia costellazione di personaggi, ritagliando una slice of life nella vicenda dello storyworld. 1.6 QUANTIFICARE CIO’ CHE SI COMUNICA Se è vero che “l’opera d’arte è il modello finito di un mondo infinito”, allora è in questa relazione tra finito e l’infinito che si apre la grande questione della delimitazione e dei confini dell’opera; preliminarmente appare necessario definire con precisione, nelle sue forme e funzioni, ciò che sta accadendo al testo ma testo non è. Il termine PARATESTO designa tutti quegli elementi che contornano e prolungano un testo per presentarlo o meglio per renderlo presente, cioè per assicurare la sua presenza nel mondo, la sua ricezione e il suo consumo. Elementi pretestuali importanti sono l’esergo, che indica un mottoo citazione all’inizio del testo, e la dedica. Mentre la dedica a un personaggio pubblico o privato è un pratica risalente almeno al mondo latino. In generale il termine INCIPIT designa il segmento narrativo che avvia il processo di cambiamento in un plot o in un’azione. Evidentemente è l’inizio a proiettare la narrazione in avanti: così nell’incipit di quasi tutte le narrazioni si potrebbe ravvisare un desiderio, spesso in uno stadio embrionale, altre volte già così intenso che risulta assolutamente necessario cambiare status quo, muoversi, passare all’azione. Si possono definire 3 tipi differenti di Incipit: 1) INCIPIT NARRATIVI, categoria estremamente ampia che presenta al proprio interno varie modalità di entrata nella storia, le quali in particolare di concretizzano in alcuni topoi come la nascita, la partenza e l’arrivo, la scoperta e l’attesa. 2) INCIPIT DESCRITTIVI, a loro volta classificabili in relazione all’oggetto della descrizione. Molti incipit del romanzo realista con narratore onniscente presentando descrizioni topografiche che procedono in generale al particolare, descrizioni en approche, le quali conducono lo sguardo del lettore in una prospettiva di avvicinamento, come potrebbe avvenire nello zoom di una macchina da presa. 3) INCIPIT COMMENTATIVI, all’interno dei quali è possibile una sorta sottoclassificazione a seconda del tipo di discorso presentato: la digressione iniziale può infatti focalizzarsi su ciò che sarà narrato o sulla narrazione. A questo proposito si possono reperire cinque principali funzioni dell’incipit: 1. Funzione codificante, ovvero iniziare il testo situando l’opera all’intertesto rappresentato dalla storia del genere romanzesco; 2. Funzione seduttiva, ossia fornire una strategia di orientamento del lettore, nonché una strategia di seduzione che mira a mantenere la comuncazione producendo un effetto di desiderio; 3. Funzione tematica, consistente nel presentare gli argomenti del testo; 4. Funzione informatica, ossia fornire un’informazione che può essere referenziale in quanto rinvia necessariamente a ciò che è fuori dal testo, a un sapere comune all’autore e al lettore, oppure costitutiva, focalizzandosi invece sugli elementi dell’universo finzionale; 5. Funzione drammatica, ossia mettere in movimento la storia entrando più o meno direttamente nell’azione. In base alla velocità generale di entrata nello storyworld, si possono individuare quattro diversi tipi di incipit: 1. Incipit statico = ovvero una forma di apertura informativa, di preparazione alla sotira che in genere si realizza nella modalità descrittiva. 2. Incipit progressivo = che comporta un ingresso diretto nella storia, quasi al limite dell’incipit dinamico, sebbene non manchino elementi informativi sotto forma di indizi. 3. Incipit dinamico = identificabile grosso modo con un incipit in media res che si apre su un evento decisivo creando una drammatizzazione immediata, sebbene presenti ancora un elementi informativi. 4. Incipit sosprensivo = che si caratterizza come sospensione assoluta dall’inizio e della narrazione stessa, presentando un inizio che non può essere percepito in quanto tale, e sovvertendo così ogni categoria logica dell’opera letteraria. Per costruire una narrazione ci si può avvalere dell’incastonatura, intesa come la combinazione di sequenze narrative tale che una sequenza sia posta all’internodi un’altra. Le funzioni dell’incastonatura sono: • Drammatica o esplicativa, in una narrazione l’incastonata che spiega o influenza il corso della narrazione di incastonatura; • Tematica, che sfrutta le differenze o le analogie tra le due narrazioni; • Meccanica o gratuita, che implica una relazione poco significativa tra le due narrazioni. 1.7 EFFETTI SPECIALI La nozione di effetto di realtà è stata introdotta da ROLAND BARTHES nell’osservare come nei racconti realistici di trovino dettagli descrittivi che non sembrano avere necessità logica o estetica. Gli effetti sono connotatori esemplari del reale e la loro presenza massiccia è tipica del racconto realistico. Pertanto ciò che il lettore di romanzi realistici considerata come una riproduzione di “cose reali” non è altro che un effetto retorico associato a un enere specifico. Tra quelli che definiamo effetti speciali, mutando l’espressione dell’estetica del cinema, va senz’altro annoverato qualcosa che sia all’opposto dell’effet de réel, cioè la metalessi, che per la retorica antica
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