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la comunicazione narrativa - riassunto dettagliato, Sintesi del corso di Semiotica

la comunicazione narrativa Calabre semiotica, riassunto IULM

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

Caricato il 02/12/2016

serena_damian
serena_damian 🇮🇹

4.6

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Scarica la comunicazione narrativa - riassunto dettagliato e più Sintesi del corso in PDF di Semiotica solo su Docsity! 1 La comunicazione narrativa – dalla letteratura alla quotidianità di Stefano Calabrese. 1. Storytelling 1.1 Homo narrans Le narrazioni iniziarono ad essere indagate fra gli anni ‘60/’70 grazie alla cosiddetta “Scuola di Parigi” (Ro land Barthes, Todorov, Genette), il primo fine: identificare le unità minimali di qualsiasi narrazione e trovare una grammatica universale del racconto. Si misero a punto una serie di strumenti di analisi essenziali per classificare 1) la posizione del narratore all’interno della storia, 2) il rapporto tempo della storia narrativa e tempo del discorso che lo narra, 3) i punti di vista attraverso cui una storia è narrata. Questo catalogare le caratteristiche delle narrazioni, portò però ad un’inevitabile conseguenza: la somiglianza di tutte le narrazioni. Negli anni ’90 lo studio delle pratiche narrative imbocca una nuova strada grazie agli apporti del cognitivismo e delle neuroscienze grazie a David Herman. I cognitivisti si sono resi conto che la nostra mente dall’infanzia si fonda sulla connessione crono causale di episodi, sulla correlazione di eventi come cause-effetti. I neuroscienziati hanno cominciato a fotografare con tecniche di imaging il modo in cui classifichiamo qualcosa, sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivante da esperienze simili registrate nella memoria. Ogni nuova esperienza viene valutata sulla base della sua conformità o difformità rispetto ad uno schema pregresso. A partire dai 3 anni, la mente inizia ad accumulare informazioni ed ad elaborare una narrazione. Elabora uno stile di storytelling. In questa fase di globalizzazione stiamo perdendo i vecchi orizzonti di d’attesa e stiamo resettando la nostra mente su nuovi schemi narrativi. Siamo immersi nella narratività, non solo quella classica (romanzi, libri etc..) ma anche una narratività più moderna, viva sia in politica, sia nel marketing (pubblicità, packaging etc..). la svolta narrativa, “narrative turn”, databile intorno alla metà degli anni 90, ha contraddistinto aree del sapere o dell’esistenza quotidiana tradizionalmente anarrative come politica e marketing  più incisivo processo di narrativizzazione. Ogni narrazione è un processo orientato di trasformazione, progettualità e cambiamento, le grandi marche internazionali hanno assunto il ruolo di programmatori narrativi. Si prende il consumatore e lo si porta a uno stadio successivo di soddisfacimento grazie al ruolo dell’aiutante, cioè l’azienda stessa. Lo storytelling funge da vettore dell’ideologia del cambiamento, forma discorsiva di un’organizzazione mutante. 1.2 La nuova frontiera degli studi sulle pratiche narrative: schema e script. La TEORIA DELLO SCHEMA o FRAME(sinonimo di schema) si basa sulla convinzione che ogni nostra esperienza venga compresa sulla base di un confronto con un modello stereotipico, derivato da esperienze simili registrate nella memoria: ogni nuova esperienza verrebbe valutata sulla base della conformità/difformità rispetto a uno schema pregresso. Grazie allo schema ci si crea un orizzonte d’attese. Questo sistema di attese si forma gradualmente a partire dai tre anni. Il bambino di età inferiore non è in grado di crearsi degli schemata, accumula solo una serie di informazioni episodiche, ha un eccesso di memoria nell’ordine della sintassi (ipermnesia) ma una mancanza di memoria nell’ordine della semantica (amnesia). Solo attraverso una lenta comparazione cognitiva tra ciò che gli accade e la memoria di ciò che gli è accaduto quel bambino apprenderà a leggere ogni situazione, a immaginarne, narrarne, simularne altre. Uno schema è solo un’etichetta che noi apponiamo a porzioni dinamiche di esistenza: altrettanto importante è la capacità di codificare quello che avviene entro questi schemata astratti, che i neuro scienziati chiamano scripts. Esempio: fare la spesa, è uno schema, mentre prendere il carrello, recarsi alle casse, pagare, sono gli scripts. Gli scripts vengono anche detti microsceneggiature, si riferiscono a processi dinamici, costituiscono l’articolazione sintattica, senza il primo non si comprende nulla, senza il secondo non accade nulla. Gli scripts possono essere: situazionali, riguardanti situazioni quotidiane, personali: riguardanti i ruoli in senso gofmanniano, come l’uomo geloso, il corteggiatore, strumentali: microazioni necessarie per pervenire a uno scopo. Come ad esempio accendere una sigaretta, l’auto… tutto si articola secondo una sintassi di gesti e azioni radicati nella tradizione culturale di uno spazio sociale. Tutto si costruisce attraverso le ascisse e le ordinate rappresentata da schemata e script. Cognitivisti e neuro scienziati hanno classificato in 7 componenti il nucleo essenziale di qualsiasi narrazione: 1. il setting, cioè l’ambientazione spazio-contestuale 2. il fattore causale, che induce una trasformazione iniziale del setting 3. la risposta interna, cioè la motivazione dell’attore nel reagire a tale trasformazione 4. l’obiettivo, il desiderio da parte dell’attore di ripristinare (ridefinire) il setting iniziale 5. l’intenzione, da cui si genera tale obiettivo 6. un’azione consequenziale 7. una reazione Si comprende meglio un testo che conferma tale story schema. Si comprende meglio il testo in misura direttamente proporzionale al numero di connessioni causali. Secondo studi più approfonditi si è scoperto che la memoria semantica (schemata) viene elaborata dall’emisfero destro, mentre la sequenzialità degli eventi viene elaborata dall’emisfero sinistro (scripts). Il bambino ha difficolta di comprensione narrativa perché manca di memoria semantica (se non ricorda alcune cose è perché non può classificarle, il bambino si perde nei zig-zag di una sequenza senza schema). Raccontare qualcosa non significa solo connettere un particolare accadimento a uno schema di riferimento ma anche inserirlo in una catena processuale che ci permetterà di predire gli eventi futuri. Come abbiamo detto si creano orizzonti di attesa. Menakhem Perry ha identificato numerosi schemata cognitivi cui il lettore ricorre e talora scarta nel processo di fruizione. 2 È stato anche sostenuto che le narrazioni letterarie si distinguerebbero perché contrastano con una sfida rinnovatrice gli schemata più ordinari. Dalla discrepanza tra schemata e scripts attesi dal lettore ne deriva l’umorismo. Salvatore Attardo ha formulato la teoria del comico: si ha effetto umoristico quando un testo descrive una situazione che si rivela compatibile simultaneamente con due schemata o scripts opposti. Oggi sono i processi stessi di globalizzazione a rendere indispensabile la visione bifocale, è una modalità cognitiva necessaria all’accettazione di altre culture. Viviamo nella narratività perfusa e la pubblicità ne è testimone. L’interpretazione di uno spot varia da persona a persona, dipende dai riferimenti culturali che si possiedono, dai quali poi si risalirà ad uno schema ed ai relativi scripts (spot “coppia di coniugi dormiente/sonno rigeneratore dopo una notte di sesso” e spot su Canal+ The closet. Si ricorre alla logica dell’antifrasi e dell’ironia. Il set è una camera da letto coniugale. Il post-it ricorda alla giovane che dovrebbe essere schiava di un uomo forte (Jane è infatti il nome della partner di Trazan). L’uomo desidera che la donna veda in lui un coraggioso protettore. Di quale schema si tratta? “coppia dormiente”? e lo script? La pubblicità della Diesel ha un contesto SOCIO-AMBIENTALE discrepante: schema 1 luogo classico della grande civiltà italiana, schema 2 volatili tropicali: fluorescente policromia. Lo spot di Canal+ ha invece lo schema  “fuga da inseguitori armati”, nella seconda parte lo schema è “infedeltà coniugale”. Abbiamo poi 2 script: 1. La storia di un marito che scopre l’amante della moglie, 2. La storia di un amante che inventa la storia implausibile di una fuga da uomini armati. 1.3 Forme primarie. Esistono caratteristiche esterne e formali sulle quali possiamo dire che qualcosa è narrativo ed altro no? Numerose ed opposte le risposte da parte degli studiosi. 1. Monika Fludernik e Hayden White l’uomo osserva il mondo in forma narrativa per potergli assegnare un ordine un’esplicabilità razionale che se no non possiederebbe. Qui non ci sono oggettivamente narrazione, ma soggettivamente pensieri narrativi. Per Fludernik lo storytelling comunica un’esperienza filtrata dalla coscienza individuale, sono i destinatari a costruire attivamente i testi nei termini del loro allineamento con i propri parametri cognitivi. Per White i processi di narrativizzazione consistono nel dare forma narrativa a un resoconto aneddotico o storico con lo scopo di facilitare la comprensione dei fenomeni. Ogni resoconto storico, per White, è storificazione, la trasformazione del materiale storico in racconto. Se i lettori sono in difficoltà, cercano delle strategie per recuperare testi illeggibili come narrativi. 2. Lo storico Carlo Ginzburg si oppone al pensiero di White. Se fosse così, non esiterebbe oggettività storica, la forbice tra verità e finzione si stringerebbe. Gli studiosi di letteratura sono convinti che sia cruciale per le narrazioni avere uno specifico contenuto, in particolare l’esistenza di un conflitto tra desideri, in modo tale che un evento possa avere valenze multifunzionali. Il termine “architesto” può essere usato come sinonimo di “genere” ma è DIVERSO: è l’insieme delle categorie generali o trascendenti cui appartiene ogni singolo testo, di cui il genere è solo una categoria (tipi di testo, di discorso, modi d’enunciazione, generi letterari…) FOLKATALE Ci si riferisce all’insieme delle tradizioni popolari trasmesse oralmente e relative ad una determinata area geografica o popolazione. L’emittente di una narrazione folklorica, può introdurre modifiche che entreranno a far parte del patrimonio folklorico solo se risultano coerenti con il sistema culturale della comunità. Quando si arretra nel tempo cercando l’origine delle pratiche narrative è inevitabile cadere nell’analisi delle narrazioni folkoristiche (folklore, dall’inglese folk = “popolo” e lore = “sapere”, “dottrina”, “credenza”). Lo storytelling arcaico folkoristico funziona come una sequenza rituale, qualcosa che protegge l’uomo dalle aggressioni ambientali e insieme gli fornisce uno strumento di auto consolidamento identitario: raccontare significa esistere, esserci malgrado e contro le avversità del contesto sociale e naturale. La natura problem solving delle pratiche narrative difformi quali miti, fiabe, canti, leggende eroiche e storie locali consisterebbero nel tentativo di spiegare fenomeni cosmici come l’alternarsi del giorno e della notte o i cicli stagionali. Per svolgere queste funzioni apotropaiche, lo storytelling arcaico ha sviluppato delle caratteristiche ricorrenti, studiate da Axel Olrik; esse sono: (come se si trattasse delle sequenze di un rito) 1. Legge dell’apertura e della chiusura: il racconto non comincia mai con un’azione improvvisa e non ci conclude di colpo. Si procede da uno stato di quiete a uno di mobilitazione ed infine si ripristina uno stato di quiete provvisorio. 2. Legge della ripetizione: poche le descrizioni, si ricorre a ripetizioni sia di elementi narrativi, sia di intere sequenze 3. Legge dei due personaggi sulla scena: solo due personaggi che interloquiscono, il terzo è sempre in silenzio (se presente). 4. Legge della contrapposizione binaria: spesso in scena il vecchio e il giovane, il buono ed il cattivo, il grande ed il piccolo … 5. Legge dei gemelli: se i protagonisti sono gemelli allora sono descritti come deboli e piccoli: hansel e gretel, romolo e remo. 5 inseriscono all’interno di testi più ampi, tra cui i sermones dei predicatori. L’agiografia è una delle prime forme con cui si manifesta la letteratura romanza (langue d’oil: Séquence de Sainte Eulalie, Vie de Saint Alexis). Favorita dalla Chiesa, essa è uno dei generi più diffusi nei paesi cristiani. In Italia il genere fiorisce con il testo di Jacopo Varazze del XIII secolo “Legenda aurea”, ma ben più ampio il corpus della biografia di S. Francesco d’Assisi. Nel 500 si sviluppa un’agiografia scientifica, basata sull’attenta ricostruzione delle vite dei santi e destinata al popolo grazie al diffondersi della stampa.  Leggenda: etim.  Dal lat. Legenda “cose da leggere”. Sviluppatasi in contesti in cui predomina l’oralità, la leggenda è un racconto relativo a una persona, a un luogo, un evento straordinario come se avesse un fondamento reale. La leggenda è rivolta alla collettività. Possiamo distingue due tipi di leggenda:  Leggenda sacra è l’agiografia [vedi sopra]. La leggenda sacra si collega anche con il concetto di imitatio. Il santo imita la vita di Gesù (imitatio Christi), il fedele la vita del santo. L’imitatio Christi può avere un duplice volto narrativo:  La passio: ovvero l’imitare la morte di Cristo. Sequenza di Sant’Eulalia  La vita: ovvero l’imitare la sua esistenza. Vita di Sant’Alessio. La leggenda sacra perde la sua validità alla fine del Medioevo, quando con la riforma protestante, Lutero pone i santi tra gli abusi anti-cristiani, in quanto ogni vero cristiano è agli stesso un santo.  Saga: [detta anche leggenda profana] si tratta di leggende non più sacre ma storiche o eroiche. Tre i tipi di leggende:  Saghe islandesi: racconti relativi ai colonizzatori dell’Islanda (a partire dal X secolo), storie di singole persone inserite in un contesto familiare  Saghe dei re: narrazioni di personaggi regali visti però in un’ottica familiare  Saghe del tempo antico: tempi precedenti alla colonizzazione islandese. Saghe condizionate dal concetto di famiglia e dal vincolo di sangue. Non essendo considerate delle vere opere letterarie, non vengono attribuite ad un determinato autore. La leggenda profana ha incontrato due ostacoli che hanno poi portato alla sua estinzione: l’affermazione del cristianesimo, la formazione di unità nazionali e di Stati-Nazione. Nella modernità la saga si è manifestata con Zola del ciclo Les Rougon-Macquart  Leggenda metropolitana: termine coniato da Brunvard è un sottogenere della leggenda, nata in tempi moderni (anche per l’emergere di internet e televisione). Sono definite come storie mai accadute ma raccontate come vere. Sono storie raccontate in forma anonima e circolano informalmente in contesti conversazionali, su molteplici temi come assassini, violenze, scandali, contaminazioni di cibo, commercio illegale di organi...  La parabola: è un aneddoto che vuole essere inteso come metafora di un aspetto della vita morale o spirituale. Le più famose sono sicuramente quelle messe in bocca a Gesù nella narrazione evangelica, dette parabole prototipiche. Le parabole si trovano anche in altri ambiti tra cui la filosofia e la letteratura. La parabola si avvicina al tipo allegoria e favola. Si distingue dalla prima perché è orientata ad un fine morale e spirituale e dalla seconda perché i personaggi sono umani. 2. Dimensione temporale:  Gli annali: si tratta di testi in cui si registrano eventi reali e degni di nota ordinati cronologicamente secondo l’anno solare. Nell’antichità e nel medioevo erano liste pure senza spiegazioni prive di intreccio e di un soggetto centrale, mentre nella modernità sono organizzati attorno ad un argomento singolo e omogeno. 3. Dimensione spaziale:  Narrazione odeporica: il viaggio è un’esperienza che scaturisce da un atto di straniamento o da un allontanamento dall’universo familiare per proiettarsi nell’aldilà e ridefinire la propria identità. Il viaggio ha fornito materiali narrativi sin dall’antichità legandosi a molteplici figure mitiche (Odisseo, Sinbad, Giona). Si devono distinguere però:  I travelogue: resoconti di viaggio o reportage o documentario di viaggio. Si tratta di un viaggio non funzionale, effettuato realmente. Il Milione di Marco Polo. Nonostante ciò Genette sottolinea come in realtà si crei sempre un plot di viaggio all’interno del resoconto. C’è sempre una mediazione narrativa. Inoltre, questo genere può essere mescolato con descrizioni, costruzioni di immagini relative a paesi e popoli, esposizioni ed elementi cosiddetti “apodemici”. In genere narratore e viaggiatore coincidono, quindi la narrazione è in prima persona. Spesso includono statistiche, consigli, fotografie o illustrazioni… l’intenzione è quindi quella di informare, istruire o intrattenere.  La letteratura odeporica: storie finzionali relative ai viaggi, narrate in prima o in terza persona. Viaggi verso mondi lontani, alternativi, persino fantastici od interiori (La divina commedia di Dante). 6 4. Dimensione etico-percettistica  La favola: è una narrazione breve in prosa o in versi che contiene un insegnamento morale come commento iniziale (promito) o come commento finale (epimito). I protagonisti sono spesso animali con virtù e vizi umani. Nata come racconto orale debutta in letteratura nel I secolo d.C. con Fedro. È fondata per intero su intenzioni etico-didascaliche spesso condensate in un’affermazione proverbiale a fine della storia; peculiarità, questa, che la distingue dalla fiaba, nella quale la dimensione morale è per lo più assente: la favola è endoforica, perché vuole portare il lettore a riflettere sulla realtà umana mascherata dietro l’allegoria zoomorfica sacrificando gli elementi descrittivi che potrebbero ostacolare la concentrazione sull’impegno morale, la fiaba è esoforica, perché vuole allontanare l’uomo da se stesso. La favola è prolettica, ossia volta al futuro, e didascalica in grado di orientare l’intelligenza pratica degli uomini. La morale di una favola può essere: paradigmatica, quando enuncia in forma impersonale una regolarità esistenziale, parenetica se è presente un’esortazione al lettore, sarcastica qualora venga criticata una specifica categoria di individui. Secondo David Lee Rubin esiste una forma generale di favola che subisce poi delle distinzioni strutturali e funzionali:  Deduzione la favola presenta astrazioni personificate che devono essere applicate all’esperienza concreta  Induzione  la favola mostra un esempio per indicare una categoria di individui  Analogia sottolinea la somiglianza della dissomiglianza nella forma: o Intergenerica  connette uomini e animali, vegetali e minerali o Intragenerica lega personaggi dello stesso genere ma in situazioni totalmente diverse tanto che la relazione deve essere indovinata Il genere della favola viene fatto risalire allo scrittore greco Esopo (VI sec. a.C) ma si pensa sia provenuta in origine dall’area assiro-babilonese. La favola esopica si configura come un breve racconto in prosa che presenta un cronotopo generico, personaggi stilizzati, un’azione compiuta e un commento di carattere morale. Fedro che ha introdotto la favola esopica nella letteratura latina l’ha spostata dalla prosa al verso e incentrata a livello tematico sulla protesta degli umili contro i potenti. Con Fedro la favola manifesta ambizioni letterarie, sia perché nei prologhi ai cinque libri di favole vengono orgogliosamente sostenute l’eleganza del verso (il senario giambico) e la brevitas, sia perché la finalità didattico-morale si unisce ad intenti satirici. Nel 600 la favola trova il suo massimo esponente in Jean de la Fontaine il quale amplifica la rappresentazione psicologica dei personaggi, così gli animali impartiscono lezioni di vita. In epoca moderna son da ricordarsi favole come: Animal Farm di G. Orwell e Storia di una gabbianella e il gatto di Luis Sepulveda. 2. Il discorso 2.1 La voce. La voce “informa su chi parla”, deve quindi essere distinta dalla focalizzazione, dalla prospettiva e dal punto di vista che offrono informazioni su “chi vede”. Volendo classificare le voci si potrebbe elaborare una scala triadica in cui dal polo negativo della pura mimesi, ovvero di una storia non narrata o narrata in modo minimale secondo molteplici forme, si giunge al polo positivo della pura diegesi, quando il narratore parla con la propria voce, dà interpretazione e valutazione, palesandosi in quanto tale, passando attraverso il polo intermedio della narrazione nascosta (si sente una voce ma il narratore rimane nascosto nell’ombra. [dibattito sull’eteroglossia: Bachtin polifonia romanzesca, forma del dialogismo vs Franco Moretti polifonia epica). La voce narrante è definibile narratore, in ogni narrazione vi è almeno un narratore. Genette chiama il livello della storia “diegetico” e il livello del discorso “extra-diegetico”. IL NARRATORE quindi può essere: 1. Extradiegetico: ovvero esterno od onnisciente, racconta le vicende senza prenderne parte. 2. Intradiegetico: ovvero interno, un narratore che racconta la vicenda, un personaggio che narra. 3. Metadiegetico: livello meta- , confine labile tra interno ed esterno. Un narratore che parla di narratori che parlano. Altro aspetto importante del narratore è L’ATTENDIBILITÀ. Esistono narratori: La trasmissione della narrativa inizia con un autore reale, ovvero la persona storica in carne ed ossa che crea un suo alter ego. Il concetto di narratore è assai problematico perché rischia di divenire piuttosto nebuloso, essendo svuotato di ogni caratteristica antropomorfica. Il narratore attendibile e colui che parla o agisce in armonia con le norme dell’opera, inattendibile è quello che non lo fa. Alcuni teorici hanno proposto di introdurre una nuova categoria quella del “narratore assente” per spiegare la narrazione nel modo impersonale. Ryan, una studiosa, ha proposto tre FUNZIONI DEL NARRATORE: 1. Funzione creativa: che consiste nel dare forma alla storia attraverso l’uso di tecniche narrative attendibili sospetti Più o meno sospetti Provoca disorientamento nel lettore, che si trova di fronte a miscugli di sincerità e falsità. 7 2. Funzione trasmissiva: ovvero l’atto di trasmettere qualcosa in una determinata forma di narrazione (orale e scritta) 3. Funzione testimoniale: afferma la verità della storia. Una delle prerogative più importanti di un narratore è la finzione di autenticazione, termine coniato da Lubomìr Dolezel per designare la trasformazione di un’entità possibile in un’entità funzionale grazie al potere performativo dell’istanza narratoriale, cioè al suo potere di costruire un mondo. Tre i tipi di AUTENTICAZIONE: 1. Autenticazione diadica: il racconto è in terza persona, vi è un narratore anonimo e impersonale. Il racconto si mescola con discorsi diretti delle persone finzionali. Es: Don Quijote. 2. Autenticazione graduata: un modo narrativo più soggettivo che per costruire lo storyworld adotta il discorso delle persone finzionali. In questo alveo rientra la narrazione in 1° persona ma anche in 3° soggettivizzata come in Madame Bovary. 3. Uso improprio dell’autenticazione: nella fiction modernista e post modernista prevale quella che si può definire narrativa auto contraddittoria, dove l’invalidazione della forza autenticante dipende dall’introduzione di contraddizioni nel mondo finzionale. Altro fenomeno della narrazione è la “DENARRAZIONE”: si verifica quando il narratore nega e afferma la medesima cosa nel testo. Ci si scontra con una serie di affermazioni che si negano reciprocamente senza alcuna possibilità di risoluzione. L’insieme dei rapporti che intercorrono tra il narratore e la storia narrata è sussumibile sotto la CATEGORIA DI PERSONA: 1. Narrazione in I persona o omo diegesi: il narratore si incarna in un individuo e la sua visione viene considerata soggettiva. In alcune narrazioni in prima persona il narratore può riferirsi ad alcune fasi della sua storia passata usando pronomi “tu” o “egli” (Coscienza di Zeno, Io non ho paura). Nella narrazione in prima persona o omodiegetica, si distingue tra un io narratore ed un io narrato. Un’ulteriore variante della prima persona è l’io testimoniale, quando viene adottato l’info si limita ai sentimenti e ai pensieri di un narratore che è un personaggio secondario. Il testimone è focalizzatore interno, autorizzato a narrare soltanto ciò che può sapere e scoprire. 2. Narrazione in II persona: può sembrare innaturale e le ragioni che la motivano possono essere molteplici. Il “tu” diventa una sorta di alter ego. La you narrative può essere omodiegetica ed etero diegetica. 3. Narrazione in III persona o etero diegetico: la voce narrante può non solo avere accesso alla mente dei personaggi, ma vagare liberamente nel tempo e nello spazio ed essere simultaneamente presente in luoghi differenti. Se è una voce anonima è eguagliata alla voce della verità 4. Narrazioni in I persona plurale: we narratives, come Le vergini suicide, 1993. Il parlante è membro individuale di un gruppo che fa affermazioni riguardo le azioni collettive 5. They narrative 6. Narrazioni con il si impersonale, con un effetto evidentemente spersonalizzante 2.2 Il modo Il modo si riferisce ai differenti tipi di discorso o rappresentazione all’interno di un testo narrativo (la narrazione, il resoconto, la descrizione, il commento), mentre in un’accezione più specifica il termine indica la regolazione dell’informazione narrativa. La più influente interpretazione del modo viene dalla Poetica aristotelica: dopo aver definito la poesia come imitazione, Aristotele afferma che le imitazioni possono essere differenziate secondo tre criteri: mezzo, oggetto e modo. Platone distingue: 1. narrazione semplice (hample diegesis), in cui il poeta parla a proprio nome, senza fingersi qualcun altro, 2. narrazione per mimesis, il poeta parla attraverso i personaggi 3. narrazione in forma mista, combina le forme precedenti Platone preferisce la narrazione pura e discredita la rappresentazione per imitazione. Egli sostiene che l’arte mimetica, essendo solo copia di una copia, è priva di consistenza ontologica. Questa distinzione viene neutralizzata da Aristotele che considera mimesis e diegesis due modi alternativi di imitazione. Nel corso dei secoli IL CONCETTO DI MIMESIS è più o meno accettato:  Medioevo: la mimesis ha un’importanza relativa in quanto l’arte è considerata un’impronta del mondo invisibile  Rinascimento: la mimesis è la via più diretta verso la bellezza  ‘700 neoclassicismo: concetto centrale della teoria estetica  ‘800: rifiuto della concezione mimetica dell’arte  ‘900: posizione antimimetica La dicotomia platonica tra mimesi e diegesi corrisponde a quella moderna tra SHOWING e TELLING. Lo showing o mimesi è un modo connotato dalla dettagliata resa scenica di situazioni ed eventi, e da una mediazione del narratore 10 sul quale possono incontrarsi emittente e ricevente di un messaggio. Il movimento del lettore attraverso il testo è regolato da 5 codici: 1. Codice proairetico per organizzare le azioni descritte 2. Codice referenziale (o culturale o gnomico) per connettere lo storyworld con corpora accettati di conoscenza 3. Codice semico per organizzare i suoi personaggi ed i dettagli caratterizzanti 4. Codice simbolico per collegare il testo a più ampie strutture di significazione 5. Codice ermeneutico per seguire lo sviluppo testuale della suspense È possibile aggiungere un 6° codice il metacodic, per mezzo del quale il testo segnala, il lettore tramite la cultura capisce quali codici siano appropriati per un testo dato. È solo a partire dagli anni ’70 che si sono sviluppati approcci reader- oriented sul contributo del lettore al significato di un testo. La lettura è vista come una serie dinamica di processi ermeneutici in cui sono colmati gli spazi vuoti lasciati nel testo e narratore e lettore intrattengono rapporti di cooperazione interpretativa. Oggi l’approccio cognitivista sottolinea il ruolo attivo dei lettori. Il termine “narratario” coniato dalla narratologia strutturalista, designa il destinatario al quale il narratore racconta la sua storia. In quanto costruzione testuale il narratario deve essere distinto tanto dal lettore reale quanto dal lettore implicito; il narratario infatti costituisce l’uditorio del narratore e in quanto tale è inscritto nel testo. La categoria di distanza è stata riferita anche al narratario con l’individuazione di 5 differenti tipi di relazione: 1. Narratore e narratario sono vicini l’uno all’altro ma lontani dai personaggi 2. Narratore è lontano dai personaggi al contrario del narratario 3. Narratore e personaggi sono vicini tra loro al contrario del narratario 4. Tutti e tre sono vicini 5. Tutti e tre sono lontani, il narratore non simpatetico scrive di personaggi non simpatetici. Una data distanza può variare. Il narratario può cambiare nel corso del testo, nel senso che può rimanere colpito e influenzato dalla narrazione, e può anche esser sostituito da un altro individuo ma può anche accadere che il narratore perda le tracce del suo narratario e trovi difficoltà a decidere chi è esattamente. Invece nel Decameron i narratari diventano, ciascuno a suo turno, dei narratori. La serie di aspettative e presupposizioni condivise dei lettori rispetto ad un’opera può variare nel tempo (caso di Madame Bovary). Le riflessioni relative agli EFFETTI DELLA LETTERATURA SULL’AUDIENCE. La letteratura influisce sul lettore, può scatenare fenomeni di empatie e di emulazione, patologie romanzesche come la Wertherfieber e suicidi dettati dalla trama dello stesso. Tali riflessioni trovano origini nella CATARSI (purificazione). Nozione attraverso cui Aristotele nella poetica descrive gli effetti della tragedia sullo spettatore: secondo lui la tragedia è: «imitazione di un'azione seria e compiuta in se stessa, che abbia una certa ampiezza, un linguaggio ornato in proporzione diversa a seconda delle diverse parti, si svolga a mezzo di personaggi che agiscano sulla scena, e non che narrino, e infine produca, mediante casi di pietà o di terrore, la purificazione di tali passioni» Il suo significato sarebbe quello di un senso di sollievo congiunto al piacere, ma scevro di ogni connotazione morale; probabilmente i drammi offrivano alla comunità in forme socialmente accettabili l’opportunità di dare sfogo a sentimenti che gli individui dovevano reprimere in quanto troppo pericolosi dal punto di vista sociale. Per esempio cannibalismo, incesto, matricidio, suicidio… permettono di identificarsi in maniera innocua con ogni genere di impulso presente nel suo intimo. Diversamente dalla catarsi, la SUSPENSE è un effetto che risulta dall’immersione temporale ed affettiva del lettore in una narrazione e descrive il suo desiderio di conoscerne i risultati. La suspense deriva quindi da qualsiasi strategia consenta la proiezione di percorsi narrativi possibili, e nello stesso tempo restringa l’orizzonte delle possibilità, come presagio, previsione e la prolessi, tecniche a cui fanno massiccio ricorso generi come la detective story, i ghotic novel, o gli horror di Stephen King. L’intensità della suspense si innalza quando una situazione ci consente di tracciare il futuro i risultati divergente ma ragionevolmente calcolabili e il suo momento apicale si ha quando le possbilità narrative sono ridotte a una biforcazione in termini di successo/fallimento. Alcuni scrittori 800eschi si sono dimostrati abili nella gestione della suspense, anche a causa di specifiche circostanze editoriali: opere su riviste. Erano obbligati a terminare ogni “puntata” con una nota di suspense (cliffhanger: gancio che crea nello spettatore aspettative riguardo alla puntata successiva). 2.5 Formattare ciò che si comunica. Ogni narrazione rappresenta una serie di situazioni ed eventi dove per evento si intende un cambiamento di stato che si manifesta nel discorso narrativo attraverso un enunciato di processo. Gli eventi sono correlati fra loro al fine di formare una serie che Aristotele chiamo myhtos, corrispondente a plot o intreccio. Todorov ha affermato che le narrazioni seguono una traiettoria in cui da un iniziale stato di equilibrio, attraverso una fase di non equilibrio, si perviene ad un punto finale dove l’equilibrio è restaurato; si tratta del principio di trasformazione narrativa. Inizio e fine entrano in un rapporto di “uguale-ma-diverso”. La storia è costituita dagli eventi e dagli esistenti, dove gli eventi possono presentarsi 11 sotto forma di azione quando il cambiamento e causato da un agente, di avvenimento quando non è causato da un agente. Marie Laure Ryan ha tracciato una distinzione tripartita fra AVVENIMENTI(happenings), AZIONI (actions) E MOVIMENTI (moves). Le azioni si orientano deliberatamente verso un obiettivo e sono caratterizzate da un agente volontario umano o antropomorfo, gli avvenimenti sono quelli che capitano accidentalmente e i movimenti sono azioni finalizzate alla soluzione di un conflitto con alto rischio di fallimento, attirando su di se il focus dell’interesse narrativo. (La metamorfosi di Kafka: Gregor Samsa si trasforma in insetto, questo è un avvenimento, il fatto che Gregor usi la bocca per aprire la camera da letto è un’azione, mentre il tentativo (fallito) di comunicare è un movimento). Per essere narrato un testo richiede di essere inserito in un format che lo organizzi, coincidente con IL PLOT. Malgrado il suo significato apparentemente semplice (“intreccio”, “trama”), il plot è uno dei termini più elusivi della teoria narrativa. Il plot viene a coincidere con il myhtos (“la combinazione degli incidenti che avvengono o delle cose che vengono realizzate all’interno della storia”). Aristotele lo distingue dal logos  l’argomento, costituito dall’imitazione delle azioni del mondo reale. Il plot sarebbe un racconto degli eventi che ne privilegia la CAUSALITA’, la story è un racconto basato sulla cronologia. È il plot l’elemento principale di una narrazione? Aristotele diede priorità logica all’intreccio. La trama è una costante di tutte le narrazioni scritte e orali. Nel senso che senza un minimo di plot, esse sarebbero del tutto incomprensibili. Sono stati fatti molti tentativi di classificazione dei plot in base ad affinità strutturali o tematiche. Gli intrecci possono essere euforici (le cose mutano per il meglio) o disforici (le cose mutano in peggio), esterni (basati su eventi ed esperienze esteriori), interni (basati su sentimenti e moti interiori), semplici (privi di peripezie) o complessi, epici (episodici, a maglia larga) o drammatici (strettamente coesi) e così via… anche Aristotele aveva distinto fra intrecci FORTUNATI e FATALI, a seconda del miglioramento/peggioramento della situazione del protagonista. A opinione della Ryan la definizione di plot come prodotto del conflitto tra i vari mondi privati dei personaggi e il reale stato delle cose nel mondo narrativo, ovvero il mondo testuale reale (TAW-textual actual world) conduce a una nuova tipologia del plot flaggata a seconda delle dinamiche del conflitto: 1. Conflitto tra i differenti domini del mondo privato di un personaggio (per esempio tra il suo sistema di desideri e il suo sistema di doveri morali) 2. Conflitto tra il TAW e il mondo privato di un personaggio, che può produrre un plot di ricerca 3. Conflitto tra i doveri di un personaggio e il TAW, che crea una situazione di difficoltà morale 4. Conflitti e incoerenze tra il sistema di conoscenze dei personaggi e il TAW, che può condurre a deficit di informazione e generare plot che comportano errori, enigmi, inganni In senso puramente morfologico si possono invece identificare il 1) contro plot, ovvero un insieme unificato di azioni dirette a un risultato opposto a quello che guida le azioni del plot principali (le azioni e gli scopi dell’antagonista sono di fatto un contro plot) 2) il doppio plot, ossia un intreccio che comporta due azioni simultanee (di più o meno) uguale importanza; 3) il sub-plot vale a dire un insieme unificato di azioni coincidente con il plot principale ma ad esso subordinato; 4) la multi plot narrative, ossia una narrazione che segue i destini paralleli di un’ampia costellazione di personaggi, ritagliando slice of life nella vicenda dello storyworld Es. soap opera televisive. 2.6 Quantificare ciò che si comunica Ciò che sta accanto al testo ma testo non è si chiama paratesto. Il termine paratesto designa tutti quegli elementi che contornano e prolungano un testo per presentarlo o meglio per renderlo presente, per garantire la sua ricezione ed il suo consumo. Apparterrebbero al paratesto titoli, intertitoli, epigrafi, dediche, prefazioni, postfazione, note, copertina… Genette, inoltre, introduce la formula paratesto = peritesto + epitesto, dove il peritesto è ciò che è contenuto nel libro, (titolo, prefazione, premessa, note) mentre l’epitesto è ciò sta all’esterno del libro (interviste e conversazioni). Il termine paratesto è divenuto di ampio uso in anni recenti, ma la critica di oggi si focalizza più che altro sullo studio del peritesto. Vi è una particolare attenzione per i TITOLI. La funzione del titolo è innanzitutto identificare e designare l’opera, anche se a volte questa funzione non viene svolta perché vi sono casi di omonimia. Nel romanzo contemporaneo si assiste in linea di massima a un abbandono dei tradizionali titoli attanziali, in cui ad essere centrale è il nome del personaggio, dall’Orlando Furioso a Madame Bovary e ad una preferenza per titoli evenemenziali [che riguarda gli eventi, gli accadimenti] in cui al centro è l’evento che accade (ti prendo e ti porto via di Ammaniti). Altri elementi peritestuali importanti sono: l’ESERGO, che indica un motto od una citazione all’inizio del testo e la DEDICA. Mentre la dedica ad un personaggio pubblico o privato è una pratica risalente almeno al mondo latino, i primi eserghi sono attestati a partire dal ‘600, per poi affermarsi nel ‘7-‘800. L’EPIGRAFE può commentare o chiarire l’intero testo. Può essere un gesto dettato dal desiderio di integrare l’opera all’interno di una tradizione culturale. I trailer e i titoli di testa e di coda possono essere considerati elementi paratestuali. A teatro quegli elementi che segnalano cambiamenti di scena e di atto come il sipario, la musica… Aristotele nella Poetica imponeva che ogni rappresentazione avesse un inizio, un mezzo ed una fine, la retorica antica aveva stabilito una serie di regole per l’inizio del discorso, l’EXORDIUM. “Incipit liber…” la cui funzione era designare la soglia ingressiva di un testo e al tempo stesso presentarlo attraverso l’indicazione sull’argomento del libro, del nome dell’autore, del suo luogo di provenienza. È l’inizio a proiettare la narrazione in avanti: così negli incipit di quasi tutte le narrazioni si potrebbe ravvisare un desiderio, spesso in uno stato embrionale, altre volte già così intenso, che risulta necessario cambiare lo status quo, muoversi, passare all’azione. 12 Apertura passaggi strategici che si realizzano fra paratesto e testo a partire dell’elemento più esterno, il titolo incipit zona di ingresso nella finzione vera e propria attacco le prime parole del testo In una tipologia generale degli incipit, si possono riconoscere tre forme principali: 1. Incipit narrativi: categoria ampia che presenta al proprio interno varie modalità di entrata nella storia, le quali si concretizzano in alcuni topoi come la nascita, la partenza e l’arrivo, la scoperta e l’attesa, il risveglio e l’incontro; 2. Incipit descrittivi: descrizione topografiche che procedono dal generale al particolare, (descrizioni en approche) conducono lo sguardo del lettore in una prospettiva di avvicinamento. 3. Incipit commentativi: è possibile una sotto classificazione a seconda del discorso del tipo presentato: la digressione iniziale può infatti focalizzarsi su ciò che sarà narrato o sulla narrazione. L’incipit rappresenta il luogo strategico in cui avviene la presa di contatto fra i due poli della comunicazione, il mittente e il destinatario. 5 PRINCIPALI FUNZIONI DELL’INCIPIT: 1. Funzione codificante: iniziare il testo situando l’opera nell’intertesto rappresentato dalla storia del genere romanzesco 2. Funzione seduttiva: fornire una strategia di orientamento del lettore, nonché una strategia di seduzione che mira a mantenere la comunicazione producendo un effetto di desiderio; 3. Funzione tematica: consistente nel rappresentare gli argomenti del testo 4. Funzione informativa: fornire un’informazione che può essere referenziale in quanto rinvia a ciò che è detto fuori dal testo, a un sapere comune. 5. Funzione drammatica: mettere in movimento la storia entrando più o meno direttamente nell’azione. Per quanto riguarda le modalità di inizio, una classica tipologia è l’incipit IN MEDIAS RES, un modo di cominciare una narrazione con situazioni ed eventi importanti già avviati, piuttosto che con quelli che sono temporalmente i primi, modalità definita AB OVO. A queste due modalità se ne può aggiungere una terza “INIZIARE DALLA FINE”, solitamente dalla morte del personaggio – detective stories. In base alla velocità di entrata nello story world si possono individuare 4 diversi tipi di incipit: 1. Incipit statico: forma di apertura informativa, di preparazione alla storia che in genere si realizza in modalità descrittiva 2. Incipit progressivo: ingresso diretto nella storia, quasi al limite del dinamico, sebbene non manchino elementi informativi sotto forma di indizi; 3. Incipit dinamico: identificabile con un incipit in medias res che si apre su un evento decisivo creando una drammatizzazione immediata 4. Incipit sospensivo: sospensione assoluta dell’inizio e della narrazione stessa, presentando un inizio che non può percepito in quanto tale, e sovvertendo così ogni categoria logica dell’opera letteraria. La FINE o EXPLICIT è il segmento conclusivo di un plot o di un’azione, nel quale vengono inseriti chiarimenti per la comprensione degli eventi da cui essa consegue. Importante distinguere la fine o epilogo dalla chiusura narrativa che si riferisce alla soddisfazione delle aspettative e alla risposta alle domande sollevate lungo il corso di ogni narrazione; la chiusura narrativa coincide, insomma con la sensazione che un racconto o una sequenza narrativa siano giunti ad una fine, creando nel destinatario un’impressione di compiutezza. Una narrazione può concludersi senza una chiusura, “a finale aperto” come nella narrativa modernista e post-modernista. Solo alcune narrazioni raggiungono uno stato di completezza nella loro veste definitiva in quanto non tutte riescono a risolvere le instabilità che hanno creato. Ogni narrazione inizierebbe con un desiderio che è anche un desiderio della fine e dell’appagamento, ma l’appagamento deve essere differito in modo che possiamo comprenderne il rapporto con le origini e il desiderio stesso. La fine porterebbe dunque con sé una sorta di illuminazione retrospettiva che dà senso al tutto. Molte opere come quella di Samuel Beckett - Waiting for Godot mostrano il paradosso di attendere qualcosa che deve avvenire e che è già passato. Una delle caratteristiche del romanzo post moderno è lo smarrimento delle funzioni proprie di inizio e di epilogo. Per costruire una narrazione ci si può avvalere dell’INCASTONATURA o EMBEDDING, intesa come la combinazione di sequenze narrative tale che una sequenza sia posta all’interno di un’altra. Si possono dividere le narrazioni incastonate in due tipi in base alla loro estensione: 1. In alcune opere, come il Decameron di Boccaccio o I racconti di Canterbury di Chaucer, una storia relativamente esigua che funge da cornice crea una situazione drammatica entro la quale i personaggi narrano una serie di storie che costruisce la maggior parte dell’opera. 2. In altre opere, una prolungata narrazione primaria è interrotta da una storia più corta raccontata da un personaggio ad un altro come la parabola Vor dem Gesetz incastonata in Der Prozess di Kafka oppure La favola latina di Amore e Psiche inserita al centro del romanzo L’asino d’oro di Apuleio. 15 1. Vision avec: dall’interno della mente di un personaggio 2. Vision par derriere: dal punto di vista di un narratore onnisciente 3. Vision du dehors: simile a quella di una telecamera E TODOROV, il quale ha distinto il: 1. Narratore che sa più del personaggio N>P 2. Narratore che sa quanto il personaggio N=P 3. Narratore che sa meno del personaggio N< P Il MODELLO GENETTIANO trae ispirazione da questi modelli ma crea una nuova teoria della focalizzazione, sviluppata su tre punti. 1. Focalizzazione zero o racconto non focalizzato: racconto classico o tradizionale, si verifica quando vi è un narratore onnisciente che conosce tutto della storia e ne sa più dei personaggi della storia. Egli vede dall’alto, muovendosi nel tempo (con analessi e prolessi) e nello spazio. Un narratore che palesa la propria presenza nel testo. Es. Manzoni nei promessi sposi. 2. Focalizzazione interna: il punto di vista è quello di un personaggio, per cui il narratore dice solo quello che vede e sa il personaggio in questione, il quale funzione come focalizzatore della storia. Un modo di rappresentazione tipico di molti testi narrativi del ‘900. Uno dei mezzi più interessanti con cui il narratore può creare una focalizzazione interna è il mind style, l’uso narratoriale del linguaggio è insomma orientato a imitare il modo implicito la mente di un personaggio. Tre sottocategorie di focalizzazione interna:  Focalizzazione interna fissa: adotta il punto di vista di un solo personaggio per tutta la durata della storia. Es: io non ho paura di Niccolo Ammaniti, dove il punto di vista è sempre di Michele Amitrano, il protagonista, anche se si crea una sfasatura tra io narrante ed io narrato.  Focalizzazione interna variabile: si trova nelle narrazioni che impiegano più di un riflettore. Si tratta del tipo di focalizzazione preferito dal romanzo contemporaneo, in quanto consente di “vedere di più”.  Focalizzazione interna multipla: si verifica quando lo stesso evento viene narrato più volte ma attraverso un riflettore diverso. Si trova per lo più nei romanzi epistolari. 3. Focalizzazione esterna: il punto di vista è quello di un narratore esterno nascosto che ne sa meno dei personaggi, i quali agiscono dinanzi a noi senza che siamo mai ammessi a conoscere i pensieri e sentimenti degli stessi. Nel caso di focalizzazione esterna, il focalizzatore è situato sì nella diegesi ma al di fuori di ogni personaggio. Jahn ha sostenuto che la focalizzazione è un mezzo per aprire un’immaginaria finestra su uno storyworld. La focalizzazione IPOTETICA, si riferisce alle ipotesi formulate dal narratore e dal personaggio riguardo a ciò che potrebbe o avrebbe potuto essere visto o percepito. Consiste nell’assegnare la costruzione di mondi possibili a un ipotetico osservatore (testimone) e si manifesta in forme diverse, la più conosciuta è la tecnica dell’osservatore virtuale. C’è anche la focalizzazione IPOTETICA DIRETTA → esplicito riferimento a un testimone. 2)focalizzazione ipotetica indiretta → costituita implicitamente (condizionali controfattuali). Focalizzazione può subire alterazioni secondo la dupice modalità della parallissi e del suo contrario, la paralessi. Parallissi: omissione laterale, consiste nell'omettere una informazione relativa a fatti accaduti nel periodo di tempo coperto dal racconto. Parallessi: dare un'informazione maggiore di quella che ci si aspetterebbe in base al codice di focalizzazione che governa un dato racconto. Può presentarsi in due modi, a seconda che l’eccesso di informazioni consista in un'incursione nella coscienza di un personaggio durante un racconto condotto in focalizzazione esterna o a seconda che l'eccesso di informazioni si abbia quando in un racconto di focalizzazione interna, si dà un'informazione sui pensieri di un personaggio diverso dal personaggio focale o su un evento che costui non può vedere. 3.3.Tempo e narrazione Bergson sottolinea connessione tra tempo e coscienza interiore (già anticipato da Agostino) → tempo non è riducibile a una successione di istanti identici in un ordine progressivo lineare, perché esso è soprattutto durata e simultaneità che annulla le differenze tra passato, presente e futuro. In una narrazione nulla resta immune al tempo. Il primo che analizza la relazione tra tempo e narrazione è Muller (1968), che distingue tra tempo del discorso (tempo occorrente per la rappresentazione di situazioni ed eventi; misurato in parole e pagine e in ore impiegate per la lettura) e tempo della storia (periodo di tempo coperto dagli accadimenti rappresentati; è astrazione e va analizzato in relazione al racconto). ANACRONIA: 16 Tradizione letteraria occidentale è caratterizzata da anacronie (Inizio in medias res dell'Iliade, che costringe Omero a tornare indietro nel tempo). Anacronia può avere funzione completiva (segmento testuale finalizzato a colmare lacuna anteriore o posteriore del racconto) o funzione ripetitiva (racconto torna sui propri passi entrando in ridondanza con se stesso, per modificare un fatto già avvenuto, rendendo significante quanto in precedenza non lo era.) In base al rapporto tra il loro contenuto narrativo e quello della storia principale, le anacronie possono manifestarsi nella forma di anacronia omodiegetica (fondata sulla medesima linea d'azione del racconto principale) o anacronia eterodiegetica (contenuto narrativo diverso da quello del racconto primo). Un'anacronia può andare più o meno lontano dal momento presente. Portata dell'anacronia: distanza temporale dal momento della storia in cui racconto si è interrotto. Ampiezza dell'anacronia: durata temporale dell'anacronia. Principali forme di anacronia: •analessi → detto anche flashback o anacronia per retrospezione, evocazione di uno o più fatti accaduti prima del momento presente o del momento in cui narrazione viene interrotta per far posto all'analessi. Si verifica quando eventi che accadono nell'ordine ABC, sono narrati nell'ordine ACB per esempio. In base alla portata e all’ampiezza, si può distinguere tra 1)analessi interna: punto di portata e punto di ampiezza dell'anacronia sono posteriori all'inizio del racconto primo e sua ampiezza è inclusa nell'ampiezza del racconto primo. 2)analessi esterna: punto di portata e punto di ampiezza sono entrambe anteriori al punto di inizio del racconto primo, e la sua ampiezza globale non interseca quella del racconto primo. 3)analessi mista: anacronia ha punto di portata anteriore e punto d'ampiezza posteriore al punto di inizio del racconto primo, e la sua ampiezza interseca in parte quella del racconto primo. •prolessi → detta anche flashforward o anacronia per anticipazione, anticipazione di uno o più fatti che accadranno dopo il momento presente o il momento in cui la narrazione cronologica viene interrotta per far posto alla prolessi. Eventi nell'ordine ABC vengono narrati nell'ordine ACB. Si può parlare di: 1)prolessi interna: punto di portata e punto di ampiezza sono compresi tra punto iniziale e punto finale del racconto primo. 2)prolessi esterna: punto di portata e punto di ampiezza sono posteriori al punto finale del racconto primo. 3)mista: punto di portata precede il punto finale del racconto primo, mentre il suo punto d'ampiezza lo segue. Prolessi è meno comune dell'analessi. Finalizzata ad alimentare le passioni d'attesa, suspense, spesso negli horror. •sillessi → “il prendere insieme” raggruppamento di situazioni ed eventi governato non da principio cronologico ma da parentela tematica, spaziale o d'altro genere. •acronia → caratteristica tipica di un evento che risulta privo di ogni connessione temporale con altri eventi, un accadimento senza data. Altre due aree per le relazioni temporali: Durata: indica quanto tempo e frasi e pagine l'autore impiega per raccontare un fatto. Variazioni di essa possono essere usate per mostrare quali eventi narrativi siano più importanti rispetto ad altri. Scena narrata brevemente < scena narrata diffusamente. Tempo della storia può essere specificato, mentre quello del discorso è più difficile da misurare. Isocronia: uguaglianza della durata della storia e del discorso. Impossibile, non esiste Anisocronia: variazione della velocità narrativa, ovvero accelerazione o rallentamento sull'asse del tempo secondo cinque principali modalità: •Ellissi → “mancanza” destinatario del messaggio costretto a tentare di ricostruire significato di un enunciato o attendere che esso sia chiarito dopo (ambiguità). Ellissi temporale → tecnica narrativa che consiste nel tacere fatti avvenuti in un determinato arco cronologico, perciò tempo del racconto è inferiore rispetto a tempo della storia, mentre ritmo narrativo subisce accelerazione. 1)ellissi esplicita: indicazione del lasso di tempo eliso. 2)ellissi implicita: presenza non è dichiarata ed è inferibile solo dal lettore. •Sommario →o panorama o riassunto, quando un testo narrativo breve corrisponde a un tempo narrato relativamente lungo. Nel cinema si chiama montage-sequence, serie di rapide inquadrature che mostrano aspetti selezionati di un evento. Es. calendari che si sfogliano •Scena → quando vi è una qualche equivalenza tra un segmento del racconto e il narrato che esso rappresenta, come nel dialogo. La scena appartiene allo showing, mentre il sommario al telling. Il romanzo modernista è in questo caso più filmico, anche se è sbagliato dire che sia cambiato per influsso del cinema. •Estensione → tempo del racconto è più lungo del tempo della storia. Tipico delle narrazioni novecentesche, soprattutto film. Resa attraverso slow motion nel cinema. Nel romanzo → parole possono essere ripetute o parafrasate. 17 •Pausa → una parte del tempo narrativo corrisponde a un arresto del tempo della storia, il racconto si ferma. Dovuta per esempio a una descrizione. Quasi impossibile nelle narrazioni filmiche → in questo caso usato il “quadro fisso”. La frequenza narrativa riguarda le relazioni di ripetizione tra numero di volte in cui si presume che eventi siano accaduti nello storyworld e il numero di volte in cui essi sono narrati. Si può distinguere tra: •racconto singolativo: raccontare una volta sola quanto è avvenuto una sola volta •racconto singolativo multiplo: raccontare N volte quanto è accaduto N volte. •Racconto ripetitivo: raccontare N volte quanto è avvenuto una volta sola. •Racconto iterativo: raccontare una volta sola quanto è avvenuto N volte. Flaubert in Madame Bovary usa iterazione per sottolineare monotonia della vita di Emma. Distinzione tra tempo della storia e tempo del racconto. Tempo grammaticale → anacronie segnalate per mezzo di cambiamenti di indicatori temporali. Nell'universo finzionale i verbi spesso non hanno valore deittico, mentre nella conversazione quotidiana si. Narrazione finzionale spesso presenta tempo passato definibile come “preterito epico” → passato non deittico, perciò epico, funzione: mettere in primo piano la finzionalità del testo non la sua collocazione temporale. Preterito epico connota situazioni come immaginarie, perchè passato esiste solo per individui reali, e quelli della fiction sono senza tempo e accadono solo nel presente immaginario dei personaggi. Weinrich propone la distinzione tra 2 categorie differenti e complementari di universi testuali: •Universo commentato → tempi: presente, passato prossimo, futuro. Forme: dialogo, poesia lirica, dramma, saggio critico, promemoria politico, relazione scientifica. Collega mittente e destinatario in modo diretto a ciò che viene descritto. •Universo narrato → tempi: perfetto o preterito, imperfetto e piuchheperfetto. Comprende i molteplici generi del racconto verbale e NO collegamento di mittente e destinatario a ciò che viene descritto. → Weinrich distingue i tempi narrativi dai tempi commentativi. Si può aggiungere anche l’ •Universo descrittivo → discorso fluttuante, legato alla narrazione (con verbi all’imperfetto), con elementi commentativi (verbi al presente). TEMPO DELLA NARRAZIONE: tempo della produzione del racconto e delle sue strategie comunicative. Il livello del discorso è suddivisibile in “narrazione” e “testo”. 4 tipi di narrazione: •Ulteriore: racconto al passato. Frequente. •Anteriore: racconto predittivo e profetico. •Simultanea: racconto al presente contemporaneo all'azione. •Intercalata: narrazione situata tra i momenti dell'azione. Romanzi epistolari e diari. 3.4Cronotopi La parola cronotopo significa spazio-tempo Cronotopicità delle immagini letterarie fu identificata da Lessing (→ oggetti nello spazio possono essere descritti solo attraverso sequenze temporali). Per Bachtin cronotopo vuol dire “inscindibilità dello spazio e del tempo”, il loro condizionamento reciproco nelle opere letterarie. Tempo dà senso e misura allo spazio. Cronotopi sono dotati di stabilità tipologica: modelli narrativi distinti, in grado di differenziare i generi letterari. Tempo d'avventura → spazio geografico non specifico e non determinante. Romanzi di formazione → al contrario qui si assiste a autentica evoluzione interiore. 20 A partire da questo momento il termine NOVELLA (diminutivo dell’aggettivo latino novus, nuovo) indica una narrazione in prosa per lo più breve estensione, incentrata solitamente su un evento inusuale e straordinario. Peculiarità dell'opera è la netta distinzione diegetica tra autore, narratore e personaggi, nel senso che autore e narratori si pongono in maniera speculare su un livello extradiegetico. La novella conosce una nuova stagione feconda a partire dalla fine del settecento in Germania. Wieland distingue la novella sia dal romanzo, sia dalla fiaba, trattandosi di un racconto che non viene ambientato in paesaggi di pura fantasia né in regioni utopistiche bensì nel mondo concreto e reale. A partire da Goethe la novella tedesca si configura quindi come forma della crisi, genere narrativo traumatico che minaccia dall'interno le unità organizzate, e ciò ne trasforma la struttura: essa diviene un racconto di media lunghezza con una forte tendenza al tragico, in cui l'ostacolo esteriore appare sintomo di un conflitto interiore. In contrapposizione a una forma essenzialmente teologica, la novella tedesca si configura come racconto di un disordine che non si lascia integrare in uno schema finalistico ma assegna al caso un peso assai maggiore rispetto al romanzo. L’accaduto straordinario coincide con l’arbitrio del caso, con il trionfo di una contingenza non controllabile da parte del soggetto. Mentre in Inghilterra e in Francia si afferma il romanzo, in Germania prospera la novella. Perché? Alcuni studiosi ritengono che con la sua tendenza verso l'atipico e il locale forse la novella risultava più confacente alla frammentazione politica e geografica della Germania rispetto al genere romanzo, forma legata alla realtà politica dello stato nazionale. Il successo della novella sarebbe la conseguenza di un ritardo nella genesi dello Stato nazionale tedesco. Il narrativo italiano non coinciderebbe infatti con il romanzo, ma si esprimerebbe attraverso le due forme peculiari della novella e del romanzo cavalleresco. La nascita del romazo italiano si verificherebbe solo dopo una svolta drastica nella coscienza letteraria nazionale. Slokovkij fornisce una ricca serie di osservazioni critiche sottolineando ad esempio come molte novelle siano lo sviluppo di una metafora, un calembour o un'espressione popolare, e individuando alcuni procedimenti compositivi, quali quello “a gradini” (accumulo di motivi che allontana lo scioglimento dell'intreccio), “ad anello” (la linea della narrazione, dopo lunghe peripezie, si chiude con la soluzione dell'equivoco iniziale), a “infilzamento” (le novelle non si collocano al l'interno di una cornice ma lungo una sequenza che le ordina un dopo l'altra, tenute insieme dal protagonista del racconto principale. Edgar Alla Poe sosteneva che la forma narrativa breve deve suscitare un effetto costante sul lettore, dall'inizio alla fine, e pertanto deve poter essere letta in una sola seduta impegnando il lettore per non più di un'ora, evidenzia un accumulo di forza narrativa nel finale, peculiarità che distinguerebbe la novella dal romanzo, fondato sulla tecnica del rallentamento e della saldatura di materiale eterogeneo, per cui il suo explicit è un punto di indebolimento e non di rafforzamento. Di diverso avviso Lukàcs, secondo cui il romanzo tende a rappresentare una totalità degli oggetti, una totalità delle relazioni umane e dei comportamenti nel seno della società borghese, mentre la novella muore dal singolo caso, e, nell'estensione immanente della raffigurazione, resta ferma ad esso. Meletinskij ha sottolineato che la novella, come il romanzo, è rivolta alla vita privata, ma non mira alla riproduzione totale di essa, tralasciando la descrizione delle emozioni dell’eroe e dei suoi conflitti interiori. A questo punto, però, il destino della novella va distinto per quanto possibile da quello del racconto, con cui si designa una narrazione breve affermatasi nell'ottocento. In inglese il termine TALE si riferisce per lo più ad un racconto di tradizione orale, con contenuti prevalentemente irreali, fantastici e allegorici, mentre SHORT STORY, si riferisce a soggetti realistici, legati al presente e alla quotidianità (più o meno come NOVEL); quanto all'Italia, va ricordato che il termine “novella”, prevale lungo su racconto, sino agli anni trenta del 900. Il primo racconto moderno viene considerato Rip Van Winkle di Irving, cui spetta il merito di aver saputo fondere elementi fantastici della tradizione popolare con l'ambientazione realistica: è grazie a lui se la Short Story viene considerata un genere tipicamente americano. In America prende forma il racconto che da voce agli emarginati, anche perché ne è protagonista non l’eroe ma l’uomo semplice. Una forte accelerazione alla produzione di short stories fu determinata dall’allargamento del pubblico dei lettori e dalla diffusione delle riviste, che verso la metà dell'ottocento conobbero un notevole incremento sia negli Usa sia in Gb. Quanto alla morfologia e ai modelli tematici, va detto che la cornice, rivelatasi essenziale per la novella, scompare nel racconto ma non senza lasciare tracce: essa progressivamente si scompone in altre componenti o per così dire si interiorizza, nel senso che il singolo racconto non costituisce una forma chiusa ma si collega ad altri, cosicché ogni segmento narrativo è una microstruttura che si articola entro una macrostruttura. Sul piano del contenuto alcuni ritengono tratti distintivi della short stoy l'adesione al quotidiano e il carattere realistico, mentre per altri essa è espressione di percezioni soggettive e momentanee che le conferiscono una qualità misteriosa, quasi visionaria. L'unico vero tratto distintivo del racconto appare la brevitas, e proprio su questa base appare possibile mantenere una distinzione tra racconto e romanzo, se non altro perchè la SHORTNESS comporta un coinvolgimento del lettore e richiede un grado di attenzione al dettaglio superiore rispetto al romanzo, e paragonabile in un certo senso a quello richiesto dalla poesia. La brevitas sarà più facilmente realizzabile se il racconto si incentra su una temporalità e una spazialità ristrette, su un unico tema, su un solo punto di vista o su una situazione- limite. 4.2. Comunicare la realtà: il romanzo. E' nel XII secolo che il termine romanzo, nato in relazione all'ambito linguistico, passa a designare a un componimento letterario in lingua volgare in opposizione a un componimento latino. Il termine inglese che si usa per indicare il genere è indicativo: NOVEL, indica letteralmente ciò che si rapporta alle news, le info giornalistiche quotidiane, quindi designa una narrazione che si finge veritiera. Il romanzo si può definire un testo finzionale in prosa narrativa, fondato sulla rappresentazione di personaggi ed eventi che vanno a costituire un particolare storyworld, e caratterizzato di solito da un'estensione ampia. Il carattere distintivo del romanzo è il fatto di raccontare una storia, una funzione affabulatrice che crea un mondo finzionale tendente a trasformarsi in realtà, o comunque a costituirsi come mondo possibile che funziona secondo regole proprie. Il romanzo è stato a lungo trascurato anche dagli studiosi, mantenendo per secoli uno statuto marginale: così Aristotele nella Poetica non parla esplicitamente di romanzo, benché distingua tra modi di 21 rappresentazione differenti e due livelli di eticità, dalla cui intersezione si ricavano tragedia, commedia, epopea e parodia; quest'ultima categoria indicherebbe un componimento narrativo dal contenuto basso, ordinario, perfino ridicolo. Il romanzo si presenta come un genere eteroclito e polimorfo: una costruzione polifonica, nel senso che il romanzo si configurerebbe come una stratificazione di lingue e stili che rispecchia la varietà del contesto storico e sociale. Da un punto di vista storico, dal XVIII secolo, gli intrecci romanzeschi cercano di inglobare porzioni sempre più estese di realtà. I romanzi sono microchip che riducono la complessità del mondo quotidiano sia attraverso intrecci chiusi e piramidali in cui la retrospezione ha valenze esplicative, sia attraverso una onniscienza che con i naturalisti attinge il mito di uno sguardo meticolosamente neutrale, sia attraverso una retorica narrativa che si appella al lettore per favorire la sua proiezione in un'esistenza ipotetica. Tra il Settecento e i primi vent'anni del Novecento l'intreccio romanzesco attraversa tre fasi di inglobamento. I FASE: All'inizio si assiste a una fase di equilibrio tra l'individuo e il contesto storico. Contrariamente all'eroe dell'epos, privo di dimensioni latenti o virtuali, i personaggi sperimentano il divergere dei valori dai fatti trovandosi sospesi tra le cause e i fini, la realtà della storia e l'utopia del desiderio. È questa l'epoca di massima applicazione, a livello narrativo, del compromesso. Il romanzo europeo tra sette e ottocento si fonda quasi sempre su un conflitto tra l'identità oggettivamente assegnata dagli altri e quella soggettivamente fatta propria dal personaggio: il processo di formazione ha termine allorché alla fine del testo s'instaura un rapporto simmetrico tra realtà soggettiva e realtà oggettiva, quando ciò che è vero dentro corrisponde a ciò che è vero fuori. In ogni caso, i romanzi affermano come attraverso ambienti familiari cogenti e inadeguati la socializzazione primaria induca a interiorizzare un mondo come il mondo e soffochi le attitudini più profonde degli individui, ed è un segnale ottimistico che lo stallo sia di breve momento. I sociologi Berger e Luckmann sono stati tra i primi a mostrare come le prose di finzione siano un documento di quella conoscenza retorica che costituisce patrimonio comune dell'individuo nella realtà quotidiana, e a riprova di ciò essi hanno ricordato non solo la puntuale presenza nei romanzi moderni di contesti familiari imperiosi ma anche il ricorso al tema del viaggio, grazie al quale l'eroe acquisisce un nuovo apparato legittimamente che struttura le sue interpretazioni morali e la sua condotta di routine. È in questo il territorio di nuove stipulazioni sociale che si attua la socializzazione secondaria del protagonista, cioè la sua Bildung. Il ROMANZO STORICO tende a un controllo del presente attraverso un riassetto narrativo del passato, cercando ambientazioni in genere medievali. I romanzi storici ambiscono a una mediazione tra la coscienza dell'uomo e della realtà, l'intenzione di agire e l'esito dell'azione, l'individuo e lo stato, la famiglia e il macroaggregato sociale. Se la prassi del romanziere storico è totalizzante e integrativa laddove mette a contatto individuo e società. Il romanzo di FORMAZIONE o Bildungsroman nelle varie tradizioni nazionali risulta fondato da un lato su un principio di classificazione in base al quale si mette in luce l'esito del processo di maturazione, cioè la metamorfosi di un personaggio che da adolescente diviene adulto, secondo un preciso corrispondersi della fine del racconto con il fine dell'azione narrata; dall'altro su un “principio di trasformazione” che fa della giovinezza un valore in sé, quasi il supporto organico della mobilità sociale. Il tema prescelto è sempre quello dell'amore: nel primo caso il romanzo narra a storia di un matrimonio, nel secondo di un adulterio. Come nel romanzo storico, anche nel romanzo di Formazione il problema affrontato è di natura eminentemente sintattica: si tratta di integrare l'individuo nell''insieme sociale, di inglobare l'azione del singolo negli eventi collettivi. II FASE: La seconda fase del romanzo moderno evidenzia una drammatica smentita dei desideri e della volontà del personaggio, messi in ombra dal rilievo assunto di volta in volta dagli automatismi genealogici e da pressioni sociali divenute intollerabili. Inaugurata da Balzac che nel 1842 le affida la definizione di Comedie humaine, la nuova morfologia narrativa vuole fare “concorrenza all’anagrafe” nel presupposto che l’appartenenza sociale determini l’ideologia e la conformazione fisica il carattere. Per Balzac, la società diventa la verità globale, una struttura dinanzi alla quale si può solo essere vincitori o vinti, capaci di avvantaggiarsi di un determinismo sociale che si conosce alla perfezione oppure vittime del medesimo determinismo per ignoranza o passione. Nella genesi della Comédie agiscono due forze uguali e contrarie. Da un lato troviamo la ricerca analitica, Dettagli” o massa e ammasso dei materiali, nella convinzione che soltanto i dettagli costituiranno d'ora innanzi il merito delle opere chiamate impropriamente romanzi. Dall'altro la tesaurizzazione dei dettagli prelude a un'opera gigantesca, la cui esistenza può essere garantita solo da un'opposta tendenza alla sintesi unitaria attraverso cui, il romanziere fonderà una scienza naturale della società. Gli urti minacciosi degli eventi collettivi, la spinta logorante alla polverizzazione delle vecchie comunità organiche, il disincanto che inquina gli scopi dell'agire e travolge i dogmi della ragion pratica illuministica, costringono i romanzieri a rafforzare la CAPIENZA degli intrecci. Il ROMANZO DI FORMAZIONE si fondava su fatti quotidiani che tendevano a mostrare un mondo a misura dell'individuo: il caso si trasformava positivamente in destino, e le prove cui doveva sottostare il personaggio erano episodi che corrispondevano alle sue possibilità soggettiva. Al contrario, ora la prova non è un'occasione ma un ostacolo, esili fantasmi che trasformano i ricordi in profezie, il presente in passato, il familiare in estraneo, il senso della fine in una ossessione dell'origine. Tale mutamento spiega l’apparente paradosso secondo cui l’apice del cosiddetto “realismo mimetico” coincide cronologicamente con il diffondersi dell’horror tale (Poe). La crescente urbanizzazione, cui corrispondono un lieve decremento del tasso di analfabetismo e insieme un momentaneo peggioramento degli stili di vita, sembra dare ragione a chi vede nel romanzo popolare un principio di comprensione del Novum storico e un modo per vincere l'opprimente timore che ne scaturisce. 22 III FASE: Il romanzo entra in una terza fase in cui l'interiorità del personaggio sembra essere l'unico terreno dell'azione, un terreno talmente ampio e labirintici da inibire non solo le coercizioni del destino storico, ma l'agire stesso del personaggio. In epoca decadente egli dilata i propri confini e le proprie competenze intellettuali tanto quanto smarrisce ogni capacità di incidere sul reale. L'arco cronologico 1835-1875 è una fase di mutamento economico politico in cui si assiste allo sviluppo dello Stato-Nazione, con in mezzo i moti rivoluzionari del 1848, in cui si descrivono i processi di smarrimento dei caratteri borghesi originari, benché a scomparire sia innanzitutto la capacità del romanzo di accatastare, classificare, mettere in riga i materiali del mondo quotidiano. Tendenza all'introversione del personaggio e lento decostruirsi dell'intreccio sono i tratti morfologici che contraddistinguono in tutta Europa questa terza fase, una volta declinato il progetto positivistico di una descrizione della realtà sociale come se fosse una realtà naturale. Ogni personaggio ha alle spalle un antenato e ogni fatto un archetipo, ed è naturale che l'intreccio sia costituito da prolissi, interminabili flashback. Ma la forza dell'analisi psicologica dissolve in un'indefinita anteriorità ciò che sembrava un primum e invita a rappresentare i fatti come sequenze rette dai principi onirici della simultaneità e della contiguità. Il primo principio impedisce all'evento di concludersi: di qui l'incompiutezza dei romanzi fin de siècle. Il secondo principio – che ostacola le leggi di gerarchizzazione e di causalità – destituisce i fatti di ogni motivazione, occulta le cause e favorisce l'emergere esorbitante del dettaglio. Oggetto del narrare è ormai il nulla. Le funzioni antropologiche del romanzo moderno giungono al termine del loro lungo viaggio: se infatti le ultime cattedrali romanzesche della modernità vengono innalzate negli anni venti del novecento, esse sono ancora edificate con quei frammenti dei grands recit ottocenteschi che non potrebbero sopravvivere alle trasformazioni sociali seguite al primo conflitto mondiale, per la semplice ragione che non sono più in grado di ridurre la complessità di un extratesto fattosi eccessivamente labirintico, ineleggibile, inespugnabile. È questo il romanzo modernista, che rinnova dalle fondamenta le convenzioni della narratività ottocentesca ed esibisce un radicale scetticismo epistemologico: a differenza delle narrazioni onniscienti di età vittoriana, la fiction modernista solitamente veicola spiegazioni del mondo percepito attraverso una focalizzazione individuale e anzi opta per l'adozione di molteplici punti di vista. Tra gli anni sessanta e settanta si verifica una coupure sostanziale che segna il passaggio al postmodernismo, innescato dalla logica del tardo capitalismo: il postmoderno sarebbe una conseguenza dell'incremento della domanda di simbolizzazione, dell'affermazione di una cultura del simulacro che prende in vita una società in cui il valore di scambio si è talmente generalizzato da cancellare la stessa memoria dei valori d'uso. Il ROMANZO POSTMODERNO nasce alla fine degli anni trenta, e ciò perché il romanzo ottocentesco aveva raggiunto una perfezione morfologica talmente elevata da giustificare il largo anticipo delle operazioni di rinnovo e restauro. Le caratteristiche morfologiche sono almeno due: 1. il ricorso al Double Coding, ossia l'utilizzo di un doppio registro con ibridazione di due o più stili formali, attraverso procedimenti tipici quali la citazione, l'allusione, il pastiche e la parodia. 2. la METANARRATIVITA', ovvero un profondo squilibrio tra storia e discorso a vantaggio del discorso, il quale tende a uccidere la storia. La eutrofizzazione patologica del discorso, che vuole rendere palese la natura finzionale del testo, a sua volta genera conseguenze come la riduzione del plot a uno schematico concatenarsi di azioni. Dopo il 1980 il romanzo postmoderno è arrivato alla fine della sua prolificità, e viene sostituito dal romanzo contemporaneo o global novel, il quale presenta una serie di caratteristiche morfologiche che a loro volta rispecchiano peculiarità salienti del mondo contemporaneo. 1. Multilocalità: grazie all'avvento di internet e al libero spostamento di merci, informazioni e persone, l'individuo non è più legato a un concetto di nazionalità, per cui i luoghi diventano multietnici e si assiste a una proliferazione dei non-luoghi. 2. Detemporalizzazione: il passato deve essere inibito perché non influenzi il futuro, mentre il fututo va anticipato a un presente che si dilata, trasformandosi in un tempo virtuale in cui vige la regola della simultaneità. 3. Individualismo: se la modernità ha cercato di ingabbiare l'individuo in un ordine sociale, la globalizzazione capovolge questa logica rinunciando a forme di difesa dal disordine allo scopo di valorizzare la libertà del singolo. 4. Forte trazione aneddotica: la storia prende di nuovo il sopravvento sul discorso 5. Prevalenza della focalizzazione multipla interna, cioè il narratore osserva le cose dall'interno ma secondo prospettive differenziate, che fanno vedere di più e meglio le cose. 6. Declino del format descrittivo e distribuzione della descrizione della narrazione. 4.3 Comunicare l’io Poiché la genesi dell'idea stessa di Io è del tutto consustanziale alla modernità e alla nascita della psicologia, la prima manifestazione storica di uno storytelling incentrata sul singolo individuo è la biografia, che prende origine nel IV sec. Ac. E appare nella modernità con la Vita di Plutarco nel 1863. In genere le caratteristiche fondamentali sono considerate tre: una biografia consiste in un testo scritto, rappresenta la vita di una persona reale, tale rappresentazione si realizza nella modalità del discorso fattuale, cioè deve essere intesa come vera. Eguale accordo si ha nell'affermare che le biografie tendono ad affrontare il loro oggetto di discorso retrospettivamente e a organizzare il contenuto secondo una coerente struttura causale. La relazione del personaggio (nel testo) con il modello (referente fuori testo) è certamente prima una relazione di identità, poi soprattutto di somiglianza. Nella biografia è la somiglianza che deve costituire l'identità, nell’autobiografia è l'identità che costruisce la somiglianza. L'identità è il punto di partenza dell'autobiografia; la somiglianza l'impossibile orizzonte della biografia. Va comunque riconosciuta la natura anfibia e contraddittoria del 25 una suddivisione del genere fantastico in visionario, con elementi sovrannaturali come mostri, fantasmi, e Mentale, doe il sovrannaturale si realizza in una dimensione interiore. Il fantastico comunica la non-realtà muovendosi nei comparti alti della finzione narrativa e rivolgendosi a un pubblico colto, adulto poco disposto all'abbandono dell'onirico. Ora, il grande alter ego del romanzo prima, e del fantastico poi, è la fiaba, uno dei format narrativi più arcaici. La fiaba è una narrazione breve in prosa, di origine popolare o letteraria, priva delle intenzioni etico didascaliche della favola e il testo può assumere dimensioni ampie nelle rielaborazioni letterarie, essere in versi e non prevedere personaggi o azioni contrari alla logica comune. Propp, elabora una teoria ritualista secondo cui le origini ancestrali della fiaba vanno ricercate nel Paleolitico superiore, cioè nello stadio primitivo dell'economia della caccia e di raccolta e in particolare nei riti di passaggio e iniziazione. Propp ipotizza che nel momento dell'iniziazione, gli anziani raccontassero ai giovani quello che stava loro succedendo, ma in forma mitica. La sua storia come prodotto artistico inizierebbe nel momento di trapasso dalla società dei clan, basata sulla caccia, alle prime comunità basate sull'agricoltura, quando cioè i riti di iniziazione cadono in disuso. Holbek formula delle tesi in cui gli elementi simbolici fiabeschi rinviino a conflitti affettivi e psicologici reali, riguardanti sia il narratore sia il suo uditorio, secondo alcune fondamentali regole di trasformazione. 1. Dissociazione (Split): nelle fiabe gli elementi conflittuali di un personaggio vengono distribuiti tra più figure, e la dissociazione può assumere forme particolari. 2. Particolarizzazione: un aspetto peculiare di un personaggio o fenomeno diventa simbolo autonomo. 3. Proiezione: i sentimenti e le reazioni del protagonista sono presentati come fenomeni che avvengono nel mondo circostante. 4. Esternalizzazione: le qualità morali sono espresse sotto forma di attributi fisici o per mezzo di azioni o oggetti. 5. Iperbole: l'intensità del sentimento è espressa tramite l'esagerazione di ciò che lo provoca 6. Quantificazione: la qualità viene espressa come quantità, e un essere o un avvenimento impressionante viene moltiplicato in genere per tre. 7. Contrazione: le evoluzioni spazio-temporali non sono descritte gradualmente, bensì contratte in modo da apparire istantanee. Da un punto di vista morfologico, nel genere fiabesco l'ordine temporale risulta lineare in quanto la fabula tende a coincidere con il plot. Weinrich ha notato che in nessun racconto veniamo trasportati così lontano dalla situazione quotidiana e dal tempo reale come nella fiaba, e per questo motivo il genere fiabesco indica con maggior evidenza di qualsiasi altro tipo di narrazione il limite tra il mondo narrato e il mondo quotidiano. Lo storyworld fiabesco è costituito da un mondo immobile e senza tempo, in cui la realtà è cancellata, i confini tra entità diverse revocati, e tutto confluisce in tutto attraverso incantesimi e prodigi. Lo spazio sopporta piccole dosi di realtà. È solo alla fine del seicento che si assiste in Francia a una straordinaria fioritura del genere, in particolare nel 1697 quando vengono pubblicati i “Racconti” di Perrault, mentre uno stimolo decisivo per o sviluppo del genere appare dalla traduzione in francese delle “Mille e una notte”. Nel 7-800 la fiaba prospera soprattutto in Germania, dove il genere tende però a sovrapporsi alla novella, tanto che viene delineata una linea di demarcazione tra novella, che si svolge nel mondo concreto e reale che ci circonda, e fiaba, la quale riunirebbe le tendenze della natura umana, quella per la naturalezza e quella per il prodigio. La Fiaba trova tuttavia la sua forma canonica nelle “Fiabe per bambini” dei fratelli Grimm, in cui essi riprendono antichi racconti della tradizione popolare germanica. In Italia l'opera dei Grimm suscita interesse senza tuttavia sollecitare immediatamente operazioni analoghe sul materiale narrativo tradizionale. Tra 800-900 la fiaba sembra andare incontro a un inesorabile declino: spesso accade infatti che“la fiaba non si rivela più come unità narrativa determinata; accade piuttosto che figure o singole sequenze narrative siano tolte dal loro contesto originario, e proposte in combinazioni nuove e sorprendenti in altre situazioni.” (Richter, 1995) Così tra 8-900 il fiabesco si incarna in forme letterarie ibride, basti pensare a Pinocchio o al Piccolo Principe, o a testi contaminati con il fantasy come “Il signore degli Anelli”. In altri termini la fiaba è andata allontanandosi dal mielieu letterario per avvicinarsi a media quali il cinema e i comics. Se la fiaba arretra nel tempo e affonda le radici nella preistoria dell'uomo per comunicarci la non-realtà, la FANTASCIENZA è assai più recente e rappresenta un genere finzionale caratterizzato da mondi immaginari e alternativi, che ha come tema fondamentale l'impatto della scienza e/o della tecnologia sulla società. Molte rappresentazioni critiche considerano il Gothic Novel una forma ante litteram del genere fantascientifico. La fantascienza si può inquadrare in un paradosso: “più verosimile e familiare è l'implausibile, più contingente e implausibile diviene il familiare.” In questa fase si tende ad enfatizzare il processo tecnologico secondo una visione generalmente positiva circa le innovazioni e il cambiamento sociale, mentre sul finire degli anni cinquanta la science fiction tende a incupirsi, muovendosi verso visioni distopiche che aprono la strada all'orientamento new Wave, nato dal 1964, quando lo scrittore Moorcock assunse la direzione della rivista di fantascienza britannica “New Worlds”, trasformandola nel punto di raccolta delle tendenze più sperimentali. La New Wave è caratterizzata da un alto grado di sperimentazione, sia nella forma sia nei contenuti. Tale corrente rigetta l’intero nucleo dei temi propri sino a quel momento della fantascienza tradizionale, e in particolare non vuole più rappresentare l'outer space, ovvero lo spazio esterno, ma l'Inter space, ossia quello interno, gli abissi della mente umana. In questi anni si registra il boom dei film di fantascienza si pensi a Star Wars (George Lucas), Blade Runner, terminator. Il romanzo attuale ha però determinato una drastica recessione della science fiction: il passaggio incrociato dall'implausibile al reale 26 e dall'attuale l virtuale determinato dal diffondersi del digitale è il vero killer del genere fantascientifico. La plausibilità degli storyworld è ciò che ha distinto, e tuttora distingue, la fantascienza dal fantasy nell'ambito dell'antirealismo. L'origine del fantasy si può far risalire al Romanticismo e alla sua attrazione per le fantasie pastorali, gli elementi eroici, mitici ed esotici. A partire dall’inizio del 900 il fantasy viene codificato come genere letterario e si diffonde nel nuovo medium del cinema. Tale versatilità rende il fantasy un genere difficilmente classificabile: non ha convenzioni stabilite, il suo soggetto può variare dalla magia all'applicazione finzionale della teoria quantistica e all'assedio di una città da parte dei vampiri, ha una istintiva vocazione all'intermedialità e a una massiccia contaminazione dei generi. Nondimeno, una delle caratteristiche fondamentali della fiction fantasy è data dalla costruzione di un dettagliato mondo finzionale, dove spesso la ricerca o il viaggio servono per strutturare la narrazione come una serie di incontri e conflitti che consentono l'esplorazione dello storyworld e l'avanzamento dell'intreccio. Il mondo che compare nel fantasy costituisce una dimensione completamente avulsa dalla realtà, oppure ancora può implicare movimenti tra realtà differenti che esistono simultaneamente. Così, p.es. Il Signore degli anelli dedica centinaia di pagine a delineare la Terra di mezzo, con descrizioni dettagliate ecc. Se i mondi finzionali fantasy funzionano come risorse pressoché inesauribili di storytelling, in un'industria che si mantiene molto proficua dal punto di vista economico, particolarmente efficace è risultato il connubio tra fantasy e videogame. 4.5 Narrazioni colorate: il rosa, il giallo, il nero. ROSA: così definito perché il colore femminile, per cui designa: “una narrativa che si definisce attraverso una separazione sessuale, circoscrivendo un territorio da cui il maschile è escluso: poiché gli autori sono spesso donne e in generale l'intreccio è costruito dal punto di vista delle donne. Il rosa è un genere trasmediale, essenzialmente finalizzato al divertimento e all'evasione, che travalica la letteratura per passare in altri media, trasformandosi anche in un particolare trattamento delle notizie. In genere si mette in relazione l'affermazione del romanzo rosa con lo sviluppo della società industriale tra 7-800, quando l'amore diviene una delle tante merci disponibili nel catalogo industrialista dei bisogni. Per soddisfare questi bisogni è stato creato il lieto fine. Si può ravvisare in esso una parentela con la fiaba e in particolare con la vicenda di Cenerentola. Il rosa italiano trova una prima manifestazione nelle opere di Carolina Invernizio, ma si codifica solo con Liala. Nel gioco dei colori, in Italia il giallo e il rosa sono pressoché coevi: nel 1929 escono i quattro libri polizieschi che inaugurano la celeberrima collana Mondadori, nel 1931 esce sempre per Mondadori Signorsì, il primo romanzo di Liala. Il rosa rimane a lungo ai margini e la sua affermazione è guardata con sospetto, in quanto vi si ravvisa una forma di evasione potenzialmente trasgressiva per le giovani menti femminili e una morfologia assai ingenua, sintetizzabile in sette elementi; 1. Il romanzo rosa narra una storia d'amore e da ciò deriva il suo successo di massa. 2. La sua sequenza narrativa standard si attesta sulla triade incontro-ostacolo-unione, con un effetto ritardante che assegna ampio spazio agli ostacoli, mentre l'happy end viene liquidato sbrigativamente. 3. Il romanzo rosa prevede nel proprio codice una serie perché infinita di varianti delle componenti narrative 4. È un prodotto narrativo la cui lettura non richiede sforzi cognitivi né competenze specifiche, anche perchè risente della tendenza alla ripetitività e serializzazione tipiche del sistema comunicativo contemporaneo. 5. L'intreccio propone una serie di episodi disposti per lo più in ordine cronologico, talora con il ricorso a limitati flashback 6. C'è una massiccia presenza di stereotipi, cliché e modelli comportamentali che privilegiano l'omogeneizzazione. 7. Il romanzo rosa fa uso di un linguaggio piatto e disadorno che subordina ogni pretesa letteraria all'efficacia e all'effetto: citazioni e allusioni colte sono limite per non ostacolare una lettura cursoria, a livello sintattico prevale la paratassi, il discorso indiretto viene per lo più evitato e si assiste a un sostanziale equilibrio tra sequenze descrittive e dialogiche. GIALLO: Più complessa, nobile e produttiva l'area denominabile genericamente “gialla”, passabile di trasformarsi in noir e rappresentata dalla science fiction, cioè storie riguardanti il tentativo di un investigatore di risolvere un crimine e consegnare alla giustizia criminale. Nella detective story si assiste al prevalere della modalità epistemica, nel senso che alla base sussiste uno squilibrio conoscitivo tra le persone finzionali in quanto nello storyworld è accaduto qualcosa che i suoi abitanti ignorano o su cui nutrono credenze errate. Se Ruthford ha distinto tre fasi dell'enigma (la formulazione, l'intensificazione attraverso una serie di risposte parziali, e la soluzione), Todorov ha identificato i due aspetti della detective fiction, l'inchiesta e il crimine, rispettivamente con l'intreccio e la fabula, e pertanto definisce tale forma come racconto per l'eccellenza, in quanto la sua struttura classica mette a nudo la struttura di tutta la narrativa in almeno tre modi: 1. Il romanzo a enigma, ovvero il poliziesco classico nel quale le due storie coesistono separatamente 2. Il romanzo Nero, affermatosi dopo la II guerra mondiale, nel quale le due vicende si fondono, azione e narrazione coincidono e la storia del crimine viene soppressa a favore della storia dell'inchiesta. 3. Il romanzo a Suspense, risultante dalla fusione delle due forme precedenti e divisibile a propria volta in due sottogeneri, la storia del “detective vulnerabile” e la “storia del detective sospetto”, dove il personaggio principale è nello stesso tempo il detective, il colpevole agli occhi della polizia, e la vittima potenziale dei veri assassini. Tale tipologia appare però troppo generica. Si possono invece classificare cinque sottogeneri della detective fiction: 27 1. Detective fiction classica, in cui il crimine è presentato come una sorta di puzzle da risolvere attraverso una catena di interrogativi. 2. Detective fiction hard-boiled, un sottogenere nato nella letteratura americana dove l'investigatore lotta contro le forze criminali che infestano la città, enfatizzando l'eroismo, la perseveranza e la moralità del protagonista, mentre vengono introdotti anche i temi del sesso e della violenza, che porteranno poi tale forma a dissolversi nella spy story e nel thriller. 3. Detective fiction police procedural, dove l'accento viene posto sulle procedure delle indagini; in luogo di un solo investigatore, protagonista è una vera propria agency collettiva, una squadra di agenti che indaga e risolve i casi in modo corale. 4. Detective fiction femminista, che usa le convenzioni di genere come spunto critico nei confronti di una società di tipo patriarcale. 5. Detective Fiction metafisica, che accentua le caratteristiche del genere presentando il testo stesso come un mistero da risolvere, dove l'intreccio manipola le relazioni temporali e causali senza stabilire una base a partire dalla quale si possano organizzare i segmenti narrativi in un insieme coerente. Stefano Tani ha sostenuto che la detective fiction hard-boiled si forma contrapponendosi dialetticamente al principio automatizzato di costruzione del Whodunit, cui essa sostituisce il principio costruttivo opposto dell'inseguimento unito a un'enfasi tematica sulle implicazioni sociali ed esistenziali dell'ambiente metropolitano. Quando dalla detective fiction passiamo al cosiddetto horror, il giallo si tinge di nero, soprattutto per l'ingovernabile varietà delle forme che esso assume e per la sua vocazione cross-mediale. La narrativa horror non si fonda su un insieme ricorrente di temi, ma sulla capacità di creare atmosfere: “L'unico criterio per stabilire se si tratta realmente di un'opera fantastica è semplicemente questo: se in essa viene risvegliata o no nel lettore una viva sensazione di paura e di contatto con mondi e poteri sconosciuti; un indefinibile atteggiamento di trepido ascolto, come per il battito di ali misteriose e per il raschiare di forme ed entità estranee lungo i confini del mondo conosciuto.” (Lovecraft) Stephen King ha assegnato all’horror un ruolo formativo nel processo di evoluzione della facoltà immaginativa: “è proprio in queste tane, in simili rifugi che ci lecchiamo le ferite e ci prepariamo per la prossima battaglia nel mondo reale; il nostro bisogno di luoghi del genere non scema mai, ma esso è particolarmente prezioso per il potenziale lettore che attraversa quei vulnerabili anni in cui si realizza l’evoluzione dell’immaginazione del fanciullo a quella più sofisticata dell’adulto. Quando l’immaginazione creativa muta”. 5. Forme contemporanee 5.1 Il predominio dell’intertestualità Secondo Genette l'intertestualità è solo una delle cinque tipologie che può assumere la intra-testualità. Segnatamente egli definisce: 1. Intertestualità la presenza effettiva di un testo in un altro testo, secondo una gamma di esplicitazione che va dall’allusione alla citazione; 2. Paratestualità tutte le relazioni che il testo letterario instaura con l'insieme degli elementi che lo circondano. 3. Metatestualità la relazione critica in base alla quale un testo diventa oggetto di commento o interpretazione da parte di un secondo testo, detto metatesto. 4. Ipertestualità la relazione che unisce un testo anteriore, detto ipertesto, a un testo posteriore, detto ipertesto, secondo la duplice modalità della trasformazione semplice o diretta. 5. Architestualità a relazione che un testo intrattiene con le diverse tipologie di generi discorsivi, retorici e stilistici, relazione mediata soprattutto dalla nozione di genere letterario e dunque soggetta a fluttuazioni storiche. Se la teoria intertestuale di G. è focalizzata sul rapporto tra i testi, l'interpretazione formulata da Bloom è incentrata invece sulla relazione tra i singoli scrittori e la tradizione letteraria, perchè ogni autore vive in un rapporto conflittuale con gli autori che l'hanno preceduto, in particolare con quelle figure influenti che costituiscono il canone della letteratura. La relazione intertestuale può essere colta anche in relazione ai generi letterari, e in tal caso vanno identificate e distinte: 1. le Relazioni Intrageneriche, ossia ogni forma di semplice riproduzione di un modello generico in diversi testi, come avviene per esempio nella cosiddetta “paraletteratura”, dove ogni collana diviene popolare e viene identificata per la reiterazione delle medesime strutture formali. 2. le relazioni intergeneriche, vale a dire ogni rapporto di variazione e trasormazione di un modello generico e i testi, p.es. Don Chisciotte. 3. le Relazioni Extrageneriche, ovvero ogni rapporto dialettico tra i generi letterari e singoli testi che sia il risultato dell'interazione con il più ampio contesto culturale, p.es. La memorialistica, sottogenere del romanzo neo realista La letteratura, il cinema, la televisione e i new media, sembrano essersi messi ormai al servizio della intertestualità, intesa sia come procedimento retorico-discorsivo che si sviluppa su estensioni testuali limitate come citazioni, allusioni, cliché o stereotipi, sia come procedimento culturale più esteso e totalizzante, in forma di parodia, pastiche ecc. 30 Montaggio: permette di manipolare spazio e tempo. Operazione più importanteMontaggio scena → si dispongono singole inquadrature nell'ordine narrativo previsto dalla sceneggiatura. Tipo di passaggio da una scena all'altra ci fa capire meglio il modo in cui leggere la storia. Piano-sequenza → modulazione di una sequenza, cioè di un segmento narrativo autonomo, attraverso una sola inquadratura generalmente lunga). Cinema ha ricevuto influenza da parte della letteratura e letteratura è stata influenzata da cinema. Soprattutto sul piano immaginario, delle tecniche narrative, del repertorio di vicende e personaggi (effetto rebound). Molti romanzi hanno subito la trasposizione filmica. Tre tipi di adattamento di romanzo al film: •adattamento + fedelmente possibile all'opera di partenza. •Adattamento in relazione alle scene chiave del testo letterario. •Adattamento che elabora una sceneggiatura originale a partire da alcuni elementi del testo ispiratore. Le possibili strategie di adattamento sono invece identificabili nell’addizione, sottrazione, espansione, condensazione, variazione, spostamento, ricorso o meno alla voce narrante o voice over. Voice over → testo orale che accompagna testo audiovisivo, provenendo da uno spazio-tempo diverso rispetto a quello della diegesi. (voce extradiegetica) Voice off → fuori campo. Voce narrante è in 1° o in 3° persona e può istaurare con le immagini un rapporto di: •ridondanza (immagini e parole dicono le stesse cose) •complementarità (immagini e parole forniscono elementi che si completano a vicenda) •contrasto (immagini e parole forniscono dati contrastanti). Film di cassetta ha doppia linea di plot: una ideal-romantica e l'altra orientata all'azione. Violazioni dell'ordine temporale residuali, limitate a brevi flashback che mostrano x es l'infanzia dei personaggi. Cinema d’autore ha narrazioni non-convenzionali. Presentano risistemazione temporale e risulta a volte impossibile distinguere fabula da intreccio. •Cinema diegetico (o narrativo). Predomina l'impressione di realtà e la narrazione, storia oggettiva che si svolge da sé sotto gli occhi di uno spettatore passivo, NO lavoro di comprensione e interpretazione, tessuto narrativo non problematico, visione del tempo lineare e convenzionale. •Cinema spettacolare (o d'avanguardia). Narrazione riflessiva, destrutturazione del tempo e tessitura di un racconto non più trasparente. Autonomia dell'immagine rispetto a flusso narrativo. Induce lo spettatore a interrogarsi sul significato e a produrre in lui un breakdown narrativo, cioè l’interruzione dei consueti schemi cognitivi e percettivi. TELEVISIONE: trasmette in diretta come radio, diffusione domestica, appartenenza dei sistemi produttivi allo Stato in regime di monopolio, possibilità di creare media-events. La televisione è proteiforme e intrattiene relazioni con gli latri media. Televisione implica le capacità previsionali dello spettatore, felice perchè può indovinare ciò che accadrà, assapora il ritorno dell'identico, mascherato e fasciato di novità superficiali. Serialità televisiva → costante ritorno dell'identico. SERIE TELEVISIVE: •ipernarrazione → fiction presentano molte linee narrative. •Iponarrazione → ci si attiene a una maggiore semplicità nell'andamento narrativo della serie. Televisione americana → ipernarrazione. Molti registi di serial sono registi cinematografici. 4 modi della fiction: 31 •racconto vero e proprio •intrattenimento •informazione •cultura-educazione. Ultime stagioni televisive: riscossa dei format di fiction rispetto a format di intrattenimento. Innesto → si prende una caratteristica di un genere e la si innesta su un programma riconducibile a un altro genere. Adattamento → un programma viene riadattato a un contenuto differente, spesso con intento satirico (Striscia la Notizia). Ibridazione → due generi concorrono in modo identico a costruirne uno nuovo. Si differenzia in: •docu-drama: documentario + drama. •Docu-soap: tenta di inquadrare quotidiano con espedienti narrativi. •Docu-fiction: fiction+ documentario. “televisione della memoria”. •Infotainment: informazione+ intrattenimento (Verissimo). Serial esoforico → segmentazione della narrazione in puntate che vengono fatte uscire in sequenza con lasso di tempo intercorrente tra una puntata e l'altra. Ogni puntata è parte di una narrazione che continua, non si conclude fino alla fine della serie. Deve mantenere interesse dell'audience attraverso le pause: dà priorità all'enigma rispetto alla soluzione fino alla puntata conclusiva. Complicazioni, colpi di scena, equivoci. Pause tra puntate rendono necessarie ripetizioni per ricordare all'audience a che punto era rimasta → o sequenza iniziale, prima dei titoli, che ripete ultimi eventi della storia, oppure (come nelle soap) personaggi discutono riguardo accadimenti dell'ultimo episodio. •Soap opera → serial aperto, Nord-america, mondo degli affari e alta borghesia. Si diffonde anche in Italia. •Telenovela → serial chiuso, sudamerica, mondo coloniale. CARATTERISTICHE: 1.Temporalità → in tutte e due casi temporalità chiusa, endoforicotemporalità ricorsiva, tempo sembra non scorrere fuori dalla ciclicità degli episodi, che sono strutturati più o meno allo stesso modo. esoforicovettoriale: tempo scorre in avanti accompagnando il tempo vissuto dello spettatore, tempo va avanti puntata dopo puntata e tende a un finale risolutivo (Elisa di Rivombrosa). 2.Attore o personaggio → esoforico narrabile: si verifica un suo sviluppo e una sua trasformazione potenzialmente infiniti. Endoforico attore è una funzione dell’azione e trasformazioni del narrato. 3.Elasticità → sia endoforico che esoforico devono essere elastici, struttura narrativa pensata per proseguire nel tempo, alto grado di potenzialità narrative. 4.Riconoscibilità → prevedibilità che le renda necessarie al pubblico. Esoforico il prevedibile è dato dalla mancanza di chiusura della storia e piacere consiste nel vedere in che modo essa non si chiude. endoforicoa essere in tensione è la prevedibilità dell'andamento della serie e la disseminazione lungo il percorso di programmi narrativi secondari, che ritardano il compimento della vicenda. 5.Dialettica tra verticale e orizzontale → serial esoforico prevale linea “orizzontale”, si crea un dinamismo interno alle strutture narrative che determina trasformazioni nei personaggi episodio dopo episodio. Endoforico prevale linea verticale, rappresentata da plot del singolo episodio. 6.Passioni → endoforico passione del protagonista è funzione narrativa della serie stessa. Esoforico passione dell'eroe è mutevole e più che una passione univoca, si parla di una predisposizione passionale che fungerà da punti di riferimento per tutte le evoluzioni successive. Oscillazioni patemiche. Forme seriali di lunga durata solitamente sono un mix di entrambi i tipi → flexi-narrative. 5.4 Le pratiche narrative dopo il digitale Blog: siti internet aggiornati e gestiti da una persona o un ente, dove vengono riversati pensieri, opinioni, considerazioni disposti in ordine inverso rispetto a quello cronologico → dal più recente al più vecchio. 32 Nel web i collegamenti non sono necessariamente reciproci. Frequentemente i blog ospitano la life-story di un individuo → criterio di irripetibilità. Fiction interattiva → narrazione digitale in cui è l'utente a comandare il personaggio e a deliberare. Forma di fiction interattiva per antonomasia → videogioco. VIDEOGIOCO. 4 tipi: •coin-up: giochi da sala. •Giochi per personal computer. •Giochi per console domestica. •Giochi per dispositivi portatili. (…). Nei giochi digitali il mondo ludico non è una creazione collettiva ma è definito da una serie di regole e parametri determinati dal game designer. I personaggi possono essere gli avatar, personaggi più o meno personalizzabili che il giocatore può interpretare durante le sessioni di gioco e i NPC (acronimo di Non-Playing Character , “personaggio non giocante”), personaggi gestiti da un sistema di calcolo. Il primo aspetto è assolutamente l’interattività  débrayagecambiamento di stato in cui il giocatore passa a un non-io e non-ora che lo trasforma in un individuo del mondo videoludico. 4 modi di interattività: 1. i. cognitiva stimola una risposta psicologica ed emotiva legata al contenuto che permane nella mente 2. i. funzionale le dinamiche di fruizione del game design sono più importanti del contenuto esperito 3. i. esplicitarispondenza da parte del fruitore alle regole esplicite del gioco 4. meta-interattività esperienza interattiva esterna a un singolo testo
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