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La concezione del tempo da Sant'Agostino a Nietzsche, Dispense di Filosofia

Il tempo come "distensio animi" di Sant'Agostino; il tempo della scienza e della vita di Bergson; l'uomo come essere temporale di Heidegger; l'eterno ritorno dell'uguale di Nietzsche.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 01/07/2024

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Scarica La concezione del tempo da Sant'Agostino a Nietzsche e più Dispense in PDF di Filosofia solo su Docsity! IL TEMPO, DA SANT’AGOSTINO A NIETZSCHE Il tempo è una presenza inalienabile nella nostra esistenza. Eppure, malgrado coscienti della sua esistenza, non siamo in grado di definirlo, come Sant’Agostino ha scritto nel “De Civitate Dei”: interrogandosi su cosa sia il tempo, risponde in modo singolare affermando “se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so”. Tuttavia, è innegabile la presenza del passato e del futuro, coordinate temporali. Infatti, scrive “senza nulla che passi non esisterebbe un tempo passato e, senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo presente”. Infatti, l’unica cosa su cui hanno concordato i vari filosofi che si sono interrogati sul tempo, proponendone concezioni lineari o circolari, è la sua connessione con il divenire, tanto che il primo grande filosofo ad aver riflettuto sul tempo, Platone, lo ha definito “l’immagine mobile dell’eternità”. Questo divenire è poi stato inteso come divenire lineare dalla filosofia cristiana, divenire della coscienza da Bergson; divenire dei progetti da Heidegger e divenire ciclico da Nietzsche, che riprende la visione greca seppur dando un maggior valore all’istante. La concezione del tempo bergsoniana riecheggia quella di Sant’Agostino, per cui il tempo è una “distentio animae”, una dimensione dell’anima. Bergson, infatti, condanna il cosiddetto “tempo della scienza”, che deriva da una confusione tra durata ed estensione, una sovrapposizione del concetto di tempo con quello di spazio. Il tempo della scienza è infatti spazializzato e si caratterizza per essere quantitativo, reversibile e omogeneo. Egli lo paragona ad una collana in cui gli istanti temporali sono rappresentati da perle tutte uguali, che seguono l’una all’altra. Ma questo, afferma, non è il tempo della vita, che non si fonda sull’idea dell’identità, ma su quella di diversità perché “un giorno d’allegrezza pieno” vissuto da un garzoncello scherzoso nell’attesa della domenica è diverso da quello percepito da una vecchierella consapevole del fatto che “tristezza e noia recheran l’ore”. Il vero tempo, il tempo della coscienza, è qualitativo, irreversibile e eterogeneo; il tempo è, come con un’immagine allegorica spiega Bergson, un gomitolo di lana. Man mano che esso si ingrandisce, il singolo filo che lo compone non sparisce, ma viene racchiuso dal filo che a esso si aggiunge. Ciò significa che tutti i momenti, seppur tra loro qualitativamente differenti, non escludono quelli precedenti, ma li conservano in sé, come il filo del gomitolo. Da qui la celebre frase di Bergson “coscienza significa memoria”: la coscienza è memoria perché il passato esiste in noi, esiste come ricordo quando è consapevole o come traccia quando è inconsapevole. Tuttavia, noi non siamo totalmente determinati dal nostro passato poiché esso, come il gomitolo, si raccoglie nel nostro presente. Noi siamo passato, ma anche futuro, che si scrive nel presente.
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