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La Concorrenza Sleale, Dispense di Diritto Commerciale

Riassunto Capitolo sulla Concorrenza sleale del Campobasso

Tipologia: Dispense

2016/2017

In vendita dal 15/06/2017

saraunina2
saraunina2 🇮🇹

5

(2)

3 documenti

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Scarica La Concorrenza Sleale e più Dispense in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! Concorrenza sleale Libertà di concorrenza e disciplina della concorrenza sleale Pluralità di imprenditori che offrono beni e servizi identici o similari, che sono in competizione fra loro che offrono beni o servizi identici o similari, che sono in competizione fra loro per conquistare il potenziale pubblico dei consumatori e conseguire il maggior successo economico. Ampia libertà di azione, la competizione può essere anche rude e pesante ed il danno che un imprenditore subisce a causa della sottrazione della clientela da parte dei concorrenti non è danno ingiusto e risarcibile. E’ necessario però che la competizione fra imprenditori si svolga in modo corretto e leale, tant’è vero che sono state previste regole di comportamento che devono essere osservate nello svolgimento della concorrenza, al fine di impedire “colpi bassi” e vittorie truffaldine. Tale necessità si è sostanziata nella distinzione fra comportamenti leali, perciò leciti e consentiti dall’ ordinamento e comportamenti all’ opposto sleali perciò illeciti e vietati. Il codice di commercio del 1882 non conteneva specifiche disposizioni al riguardo e tale vuoto venne colmato dalla giurisprudenza applicando la disciplina generale dell’ illecito civile. I comportamenti concorrenziali giudicati riprovevoli erano sanzionati come atti illeciti. Invece nel sistema attuale è stata prevista proprio la disciplina della concorrenza sleale (artt. 2598-2601) che recepisce la corrispondete normativa dettata dall’ art. 10-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale del 1883. I principi di tale disciplina sono: • Nello svolgimento della competizione fra imprenditor concorrenti è vietato servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai “principi della correttezza professionale” (art. 2598, n.3). I fatti, gli atti e i comportamenti che violano tale regola (es. atti di confusione, atti di denigrazione, atti di vanteria) sono atti di concorrenza sleale (cd. Illecito concorrenziale). • NB. Tale atti sono repressi e sanzionati anche se compiuti senza dolo o colpa (art 2600 I comma). Inoltre sono sanzionati anche se non hanno arrecato un danno ai concorrenti, basta infatti, il cosiddetto danno potenziale, vale a dire che l’ atto sia idoneo a danneggiare l’ altrui azienda. Tanto è necessario e sufficiente perché scattino le sanzioni tipiche dell’ inibitoria alla continuazione degli atti di concorrenza sleale e della rimozione degli effetti prodotti, salvo il diritto al risarcimento dei danni in presenza dell’ elemento psicologico (dolo o colpa) e di un danno patrimoniale attuale (art. 2600). La concorrenza sleale ed illecito civile presentano, quindi, istituti che posti a raffronto presentano nel contempo affinità e divergenze. La funzione è la stessa ovvero prevenire e reprimere atti suscettibili di arrecare un danno ingiusto, ma con gli adattamenti imposti dalla specificità del tipo di illecito che si vuole reprimere (illecito concorrenziale). Specificità che determinano non trascurabili differenze di disciplina. 1. La repressione degli atti di concorrenza sleale è svincolata dal ricorrere dell’ elemento soggettivo del dolo o della colpa; 2. È svincolata dalla presenza di un danno patrimoniale attuale, almeno se inteso nel senso tradizionale e proprio fissato dall’ art. 2043: 3. E’ attuata attraverso sanzioni tipiche (inibitoria e rimozione), che non si esauriscono nel risarcimento dei danni. Si tratta in definitiva di una disciplina speciale rispetto a quella generale dell’ illecito civile. Il fine di tale tutela è quella di garantire il corretto funzionamento del mercato e garantire che non vengano falsati gli elementi di valutazione e di giudizio del pubblico e che quindi non vengano ingannati i destinatari finali della produzione: i consumatori. Infatti, necessario ma al tempo stesso sufficiente perché un atto configuri concorrenza sleale è l’ idoneità dello stesso a danneggiare i concorrenti. Quindi anche l’ atto che non arreca nessun pregiudizio ai consumatori o se questi (per avventura) ne traggono un vantaggio può essere un atto di concorrenza sleale. Un esempio tipico sono le vendite sottocosto finalizzate all’ annientamento dei concorrenti ( dumping) pacificamente inquadrate fra gli atti di concorrenza sleale. NB. Va evidenziata la circostanza che i legittimati a reagire contro gli atti di concorrenza sleale sono gli imprenditori concorrenti e le loro associazioni di categoria, non invece il singolo consumatore o le relative associazioni. Ciò vuol dire che l’ interesse del consumatore è si tutelato dalla discipline della concorrenza sleale, ma solo in modo mediato e riflesso. Il sistema della concorrenza sleale non può perciò essere deputato ad assolvere una diretta funzione protettiva dei consumatori. Ambito di applicazione della disciplina della concorrenza sleale La disciplina della concorrenza sleale regola i rapporti di coesistenza sul mercato fra gli imprenditori concorrenti. La sua applicazione postula perciò il ricorso di un duplice presupposto : a. La qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere (direttamente o indirettamente) l’ atto di concorrenza vietato, sia del soggetto che ne subisce le conseguenze; b. L’ esistenza di un rapporto di concorrenza economica fra i medesimi. Per contro chi è leso nella propria attività d’impresa da altro soggetto che non è imprenditore né suo concorrente potrà avvalersi della disciplina meno favorevole e generale dell’ illecito civile. Vanno fatte delle puntualizzazioni: • Che il soggetto passivo dell’ atto di concorrenza sleale possa essere solo un imprenditore è fuori contestazione, invece qualche incertezza è sulla necessità che debba esserlo anche l’ autore (diretto o indiretto9 del comportamento sleale. Art. 2598 “compie atti di concorrenza sleale chiunque…” La dottrina e la giurisprudenza prevalenti propendono per un’ interpretazione restrittiva di tale formula, anche perché cosi viene garantita una fondamentale esigenza di parità di trattamento, dato che non si saprebbe davvero ravvisare la giustificazione di una tutela privilegiata dell’ imprenditore nei confronti di tutti i consociati. • È certo poi che l’ imprenditore risponde a titolo di concorrenza sleale non solo per gli atti da lui direttamente compiuti, ma anche per quelli posti in essere da altri (ausiliari autonomi e subordinati) nel suo interesse e su sua istigazione o specifico incarico. Infatti l’ art 2598 n.3 prevede che l’ atto di concorrenza sleale può essere compiuto anche indirettamente. Il secondo presupposto di applicabilità è come detto l’ esistenza di un rapporto di concorrenza fra gli imprenditori e di concorrenza prossima o effettiva. Soggetto attivo e soggetto passivo devono cioè offrire nello stesso ambito di mercato beni o servizi che siano destinati a soddisfare, anche in via succedanea, lo stesso bisogno dei consumatori o bisogni similari o complementari. Un ulteriore passo avanti è stato estendere alla disciplina della concorrenza sleale ai rapporti fra operatori che agiscono a livelli economici diversi: produttore-rivenditore, grossista-dettagliante. Necessario, ma al tempo stesso sufficiente è “ che il risultato ultimo di entrambe le attività incida sulla stessa categoria di consumatori”. Gli atti di concorrenza sleale. Le fattispecie tipiche L’ art. 2598 cc, individua due ampie fattispecie tipiche: a. Atti di confusione b. Gli atti di denigrazione e l’ appropriazione di pregi altrui c. Regola generale di chiusura disponendo che costituisce atto di concorrenza sleale “ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’ altrui azienda”. La previsione legislativa di atti tipici di concorrenza sleale risponde alla finalità pratica di restringere i margini di incertezza e discrezionalità insiti nella repressione fondata sull’ applicazione elastica della clausola generale di chiusura. Atti di confusione E’ un atto di concorrenza sleale ogni atto idoneo a creare confusione con i prodotti o con l’ attività di un concorrente. E’ lecito attrarre a sé l’ altrui clientela, ma non è lecito farlo avvalendosi di mezzi che possono trarre in inganno il pubblico sulla provenienza dei prodotti e sull’ identità personale dell’ imprenditore. Questi mezzi sono sleali in quanto sfruttano il successo sul mercato conquistato dai concorrenti, generando equivoci e possibile sviamento dell’ altrui clientela. Il legislatore ne individua espressamente due: 1. L’ uso di nomi o di segni distintivi “idonei a produrre confusione con i nomi o segni distintivi legittimamente usati dagli altri” imprenditori concorrenti. 2. L’ imitazione servile dei prodotti di un concorrente. E’ tale la pedissequa riproduzione delle forme esteriori dei prodotti altrui (es. involucro, confezione), attuata in modo da indurre il pubblico a supporre che i due prodotti – originale e imitato- provengono dalla stessa impresa 3. Ogni Altro mezzo idoneo a creare confusione con i prodotti o con l’ attività di un concorrente. ( es. imitazione mezzi pubblicitari, dei listini, dei cataloghi. Atti di denigrazione e appropriazione dei pregi altrui • I primi consistono nel diffondere “notizie e apprezzamenti su prodotti e sull’ attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito” • L’ appropriazione di pregi dei prodotti o dell’ impresa di un concorrente Entrambe le fattispecie hanno la finalità di falsare gli elementi di valutazione comparativa del pubblico (consumatori e altri imprenditori), attraverso comunicazioni indirizzate a terzi e in primo luogo avvalendosi dell’ arma della pubblicità. Con la denigrazione si tende a mettere in cattiva luce i concorrenti danneggiando la reputazione commerciale; con la vanteria si tende invece ad incrementare artificiosamente il proprio prestigio attribuendo ai propri prodotti o alla propria attività pregi e qualità che in realtà appartengono a uno o più concorrenti. Diverse sono le pratiche riconducibili nello schema della concorrenza sleale per denigrazione: 1. Le denunzie al pubblico di pratiche concorrenziali illecite da parte di concorrenti specifici o divulgazione di notizie che possono screditare la reputazione commerciale del concorrente 2. La pubblicità iperbolica, si tende ad accreditare l’ idea che il proprio prodotto sia il solo a possedere specifiche qualità o determinati pregi, che invece vengono negati ai prodotti dei concorrenti. (lecito è il puffing, generica e innocua affermazione di superiorità dei prodotti).
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