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LA CONCORRENZA SLEALE, Sintesi del corso di Diritto Commerciale

Spiegazione della concorrenza sleale

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 03/05/2020

diana_di_marcantonio
diana_di_marcantonio 🇮🇹

4.6

(17)

61 documenti

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Scarica LA CONCORRENZA SLEALE e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! LA CONCORRENZA SLEALE Concorrenza è competizione tra più imprenditori e quindi libera concorrenza è anche libera competizione. L’attuazione della concorrenza, e cioè l’esercizio dell’attività che il danno provoca, è un diritto dell’imprenditore e trova quindi applicazione il principio QUI IURE SUO UTITUR NEMINEM LAEDIT. Se la competizione è una gara, come ogni gara, richiede regole per il suo svolgimento. La disciplina antitrust può considerarsi una regola del giuoco concorrenziale, non l’unica però. In via generale, anche nel campo del genericamente lecito il comportamento del singolo non è svincolato da ogni norma. Libertà non è arbitrio. La legge impone il rispetto della buona fede, l’uso della normale diligenza, il rispetto delle regole della correttezza e della lealtà. Queste norme di costume si riassumono nella formula correttezza professionale. Una concorrenza sleale, ossia attuata senza il rispetto di queste norme, è un comportamento antigiuridico in quanto contrasta con le convinzioni e il costume della categoria professionale. In sede internazionale la repressione della concorrenza sleale è attuata in base all’articolo 10 introdotto con una revisione nel 1990 alla Convenzione internazionale stipulata a Parigi nel 1883. Nel diritto interno invece le norme riguardanti la concorrenza sleale sono poste agli artt 2598 (atti di concorrenza sleale) - 2601 del Codice civile. VARI ATTI DI CONCORRENZA SLALE: La legge fa seguire all’indicazione di categorie specifiche di atti di concorrenza sleale un criterio generale. 1) Una prima categoria specifica è quella degli atti di concorrenza sleale per confusione, in cui la NON conformità alla correttezza professionale dipende dal fatto che si sfrutta l’affermazione sul mercato di altre imprese concorrente, tendendo a confondersi con questa sia mediante l’uso di nomi o di segni distintivi da essa legittimamente usati, sia mediante imitazione servile dei suoi prodotti ossia la riproduzione pedissequa (gli elementi e caratteri sostanziali ma anche formali). Naturalmente l’articolo 2598 precisa che sono fatte salve le disposizioni che riguardano la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto in quanto la disciplina della concorrenza sleale e le discipline dei segni distintivi sono collegate dal punto di vista pratico (es. la violazione di un brevetto rileva sia dal punto di vista della contraffazione del brevetto che da quello della concorrenza sleale). La tutela dell’articolo è accordata quando i segni distintivi, rispetto ai quali l’imprenditore non ha un diritto di esclusività, siano da lui legittimamente usati e quindi è esclusa tutela a favore di colui che a sua volta usi i segni distintivi altrui o confondibili con quelli altrui compiendo a sua volta un atto di concorrenza sleale (di secondo grado). 2) Altra categoria specifica è quella degli atti di concorrenza sleale per denigrazione, in cui la non conformità alla correttezza professionale dipende dalla diffusione di notizie o apprezzamenti sull’attività di un concorrente, atti a determinarne il discredito. Nel sistema del codice non è richiesto che le notizie siano falsi: deve ritenersi perciò che anche la diffusione di notizie rispondenti a verità possa costituire atto di concorrenza sleale, purchè queste notizie siano idonei a determinarne il discredito. La legge esige che queste notizie siano dirette alla generalità e cioè a una serie indeterminata di persone. Se la diffusione di notizie avviene da parte del consumatore o in sede scientifica non si è in presenza di un atto di concorrenza sleale. 3) La terza categoria specifica è quella degli atti di concorrenza sleale per sottrazione, in cui l’imprenditore si appropria dei pregi dei prodotti o della impresa concorrente. La legge ha riguardo al fatto che l’imprenditore fa apparire nella pubblicità dei prodotti o nella presentazione al pubblico della sua impresa meriti e riconoscimenti che invece sono propri dei prodotti dell’impresa concorrente. Al di fuori di queste categorie, la legge dispone che compie atti di concorrenza sleale chiunque “si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”: sulla base di tale CRITERIO GENERALE, sono normalmente considerati atti di concorrenza sleale lo storno dei dipendenti e il boicottaggio dell’impresa. Occorre dire che l’atto di concorrenza sleale è un atto di concorrenza e pertanto deve inserirsi nei rapporti di competizione con gli altri imprenditori. Non costituiscono quindi atti di concorrenza sleale gli atteggiamenti dell’imprenditore che non sono inerenti alla competizione ma all’organizzazione interna della propria impresa e ciò anche quando con essi si violino norme amministrative come ad es. quando l’imprenditore si sottrare al pagamento delle imposte e dei tributi. Ne deriva che soggetto attivo dell’atto di concorrenza sleale può essere solo un imprenditore in quanto facendo la legge riferimento alla correttezza professionale non sarebbe configurabile tale ipotesi nei confronti di un non imprenditore. Inoltre, occorre un rapporto di concorrenza effettiva o di concorrenza prossima: se manca un rapporto di concorrenza, manca l’atto di concorrenza e quindi la possibilità stessa di un atto di concorrenza sleale. Rispetto all’atto di concorrenza sleale assume rilievo il mezzo attraverso il quale questo fine viene a essere realizzato. La legge espressamente enuncia questo principio, avendo riferimento ai mezzi contrari ai principi della correttezza professionale. Possiamo quindi dire in generale che si considera concorrenza sleale ogni atto del concorrente che tenti di alterare la competizione volgendola a proprio vantaggio non in base alla propria capacità organizzativa ma avvalendosi della capacità organizzativa altrui. Occorre, pertanto, anche l’idoneità del mezzo che va valutata sulla base della capacità di danneggiare l’altrui azienda. LA REPRESSIONE DELLA CONCORRENZA SLEALE Si attua principalmente mediante la inibizione degli atti di concorrenza e mediante l’eliminazione dei mezzi che consentono di realizzarli (sequestro). L’azione è consentita per il solo fatto che vi sia stato un atto di concorrenza sleale a prescindere dal verificarsi di un danno attuale e concreto e, legittimati all’azione stessa sono gli imprenditori concorrenti per i quali sussiste l’interesse ad agire e le associazioni professionali che siano stati pregiudicati dall’atto di concorrenza sleale.
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