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La cornice: procedimenti esecutivi ed evoluzione tipologica, M. L. Papini, Sintesi del corso di Tecniche Artistiche

Descrizione delle tecniche e dell'uso delle cornici dall'antichità sino all'età contemporanea

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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mariarossi225
mariarossi225 🇮🇹

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Scarica La cornice: procedimenti esecutivi ed evoluzione tipologica, M. L. Papini e più Sintesi del corso in PDF di Tecniche Artistiche solo su Docsity! LA CORNICE: procedimenti esecutivi ed evoluzione tipologica L’ANTICHITA’ 1.1. Alle origini della cornice La cornice nasce dalla necessità di delimitare un’immagine in rapporto a ciò che la circonda e quindi evidenziarla rispetto allo spazio in cui è inserita. In epoca antica avveniva con una bordura e le prime incorniciature sono semplici linee, incise o dipinte. La Stele di Kavit, dell’età del bronzo, 2000 a.c. è tra le più antiche e l’immagine è in un quadrato i cui lati sono due linee parallele incise nella pietra. Si vede quindi nei rilievi su pietra, su stele funerarie, intorno a soggetti o iscrizioni. Dipinte sono nella pittura murale egizia, cretese, sulla ceramica dipinta per suddividere scene o parti. Ci sono anche incorniciature che prendono a modello strutture architettoniche del tempio come frontone, trabeazione, pilastri, colonne, soprattutto nei margini di stele e in questo caso si vuole delimitare un’area sacra distinta dall’ambiente intorno. Questo tipo è presente anche nel mondo romano anche per suggerire piani di profondità, ma ci sono anche esempi in cui gli elementi arch. sono scolpiti a tutto tondo come nel “Dipinto di ragazza con offerte” del Cairo in cui un’edicola incornicia il ritratto. Quindi inizialmente all’origine della cornice (dipinta, scolpita o incisa e contestuale alla raffigurazione) ci sono forme geometriche semplici e strutture arch. essenziali. 1.2. La cornice a otto punte In Grecia nel IV a.c. è testimoniato l’uso di vere cornici, cioè oggetti autonomi e materialmente separati dall’immagine inquadrata, legata alla fioritura della pittura su tavola e all’uso del grande formato che non permetteva più l’uso di una sola asse per il dipinto. La cornice racchiude le varie assi della tavola, le lega entro un bordo intorno. Quindi nasce dall’esigenza di un sostegno tecnico al supporto del dipinto. Purtroppo questi sono andati persi e le conosciamo dalle cornici di epoca romana, note dalle riproduzioni di pittura murale. Il più antico tipo è quella a otto punte ovvero 4 assi di legno, con fessure per incastrarsi nei 4 angoli del quadrato e visto che le assi sporgono oltre il punto di connessura, la cornice ha 8 terminazioni libere. Abbiamo esempi a Roma e Pompei dove sono dipinti quadretti con cornici, appesi con una piccola corda che passa negli angoli superiori appesa ad un gancio. Due ante di legno laterali potevano essere presenti per coprire o meno il dipinto e ripararlo da luce, polvere, urti, affini alle ante delle finestre. Una vera è stata trovata in Egitto romano, in legno, a liste scanalate con angoli calettati e fissati con chiodi, per un dipinto di divinità di II-III d.c. In quelle più elaborate ci può essere un’intelaiatura interna in legno per ingrandire lo spessore. C’è anche un tipo più semplice, rettangolare o quadrata senza estremi sporgenti, con assi più larghe e dipinte o a stucco con chiodini o borchie, evidenziando il ruolo decorativo rispetto al dipinto. Oltre all’uso privato, anche per quadri trionfali dipinti, per facilitarne il trasporto. 1.3 Le cornici dei ritratti del Fayum Nell’Egitto romano si producono questi ritratti da I-III d.c., su un supporto ligneo a tempera o encausto, a volte su tela, con funzione rituale-funeraria legata alla mummificazione, eseguiti dal modello vivente e poi applicati sulla mummia sul viso. Molti sono rinvenuti con cornici singolari e uniformi: taglio rettangolare, smussate agli angoli, prive del lato sotto e per questo dette a ferro di cavallo. La base è lignea con decorazione a bassorilievo in stucco con decori geometrici o naturalistici (tralci di vite con uva) lungo tutto il bordo senza interruzioni, e forse erano dorate. Potevano unirsi al ritratto sia applicate sopra il supporto del dipinto o incastrate alla tavola con dei regoli all’interno della cornice e in ogni caso tenevano unite le varie assi e sottolineavano il ritratto del defunto. Una volta sulla faccia del defunto il ritratto era fasciato ma in modo da restare a vista e il lato senza cornice era infilato tra le fasce all’altezza del collo come in continuità col corpo. Quindi il quarto lato manca perché sarebbe da impaccio per la fasciatura e avrebbe isolato il viso. 1.4. La cornice tonda Molto usata in epoca romana, deriva dall’imago clipeata cioè l’immagine sullo scudo di antenati o importanti personaggi pubblici, come ricorda Plinio, con significato virile e marziale. Il bordo degli scudi diventa la parte più decorata configurandosi come vera cornice tonda mentre il centro solo uno sfondo. La cornice è curvilinea, con profilo modanato, decorata con elementi vegetali a ghirlanda di foglie intrecciate o ovuli e da pitture pompeiane sappiamo che le immagini clipeate erano appese tra gli intecolumni di case private o pubbliche, e vista la sua origine acquisto un significato onorifico e verso l’apoteosi. IL MEDIOEVO 2.1. Riquadrature e prime cornici medievali: le icone Elemento di continuità col mondo romano sono tra IV-V le incorniciature dei dittici consolari o di altro soggetto tipo apoteosi imperiali, caccia, miti, in avorio, doppie, unite da cerniere con cornice semplice con bordo stretto e piatto ricavato dallo stesso massello in avorio. A volte è decorato con motivi classici tipo kymation o vegetali oppure con arco che inquadra i personaggi, derivato dalle incorniciature ad edicola antiche. Presenti nell’arte bizantina tra IV-VII con il diffondersi del culto dell’immagine sacra per le icone, concepite come teofanie, che spesso si diceva non fatte da mano umana e a cui si attribuivano poteri miracolosi, tanto che la visione del fedele lo poneva in contatto con la divinità. Così la cornice serve per delimitare il soggetto anche dall’ambiente circostante, come confine tra umano e divino e come protezione fisica quando l’icona è oggetto di devozione. Le cornici, giunte da icone integre, erano con 4 assi lignee scanalate internamente e la tavola si infilava dentro le guide ed era fissata ad incastro e a volte ulteriormente fissata con chiodi, di cui la più antica è Cristo in piedi, Monte Sinai, VI-VII. Inizialmente sono a profilo unico, tagliate ad angolo retto, dipinte in genere di rosso e una striscia rossa è anche sulla tavola, al margine, per collegare dipinto e cornice in un passe-partout. Spesso ci sono iscrizioni che richiamano il soggetto. Le icone, disposte o appoggiate su un piano, o appese con cornici infilate in asole, erano per chiese, case, celle di conventi, botteghe. In occidente con papa Gregorio Magno si da importanza comunicativa e didattica all’immagine, diventando patrimonio della chiesa mentre in oriente l’iconoclastia dall’VIII porta artisti bizantini in Italia. Tra le icone più antiche italiane la “Vergine in trono con bambino tra due angeli” di VIII in s. Maria in Trastevere con cornice in legno, rossa, iscrizione in nero, rettangolare terminante a gola diritta sul lato rivolto verso il dipinto, incassata alla tavola con scanalatura interna ai 4 regoli perché le tre assi erano connesse a semplice gradinatura e non a incastro. La tavola fu progettata per avere una cornice perché le assi sono coperte da teli di canapa che non rivestono del tutto le tavole ma lasciano libero il margine esterno per le guide scavate nei regoli. Anche qui il bordo interno è dipinto con riga nera e bianca come raccordo e il carattere dell’iscrizione, titulus, indica che cornice e pittura sono contemporanee e legate. Inoltre rinvenuti segni di altri chiodi che servivano per fissare un velo per riparare l’immagine, legato al culto imperiale e alla teofania. Sappiamo inoltre che Gregorio IV volle il quadro sull’altare, posizione nuova che avrà conseguenze nei secoli per il quadro d’altare. Le icone possono avere anche una cornice con bordi fatti da liste di legno applicate sulla tavola e dipinte del colore di fondo della tavola, spesso oro, molto larghi e dipinti con santi o episodi del ritrattato. Visto il ruolo importante di queste icone, le cornici dovevano proteggerle bene e dall’XI sono rivestite in metallo prezioso, lamine d’oro o argento come la “Madonna di Nicopeia” di XII a Venezia con lamine e figure smaltate. 2.2. La cornice dell’icona della Madonna Avvocata in s. Maria in Aracoeli a Roma Datata tra XII-XIII molto venerata, prima in un tabernacolo, ora sull’altare maggiore. La cornice ancora originale è particolare: la tavola è appoggiata in una scatola o cassetta in legno il cui bordo aderisce ai margini della tavola e protegge l’immagine che può essere rivolta verso l’interno quindi con doppia La cornice arch. gotica sopravvive per il XV nella pala d’altare come in quella a Firenze del 1423 di Gentile da Fabriano “Adorazione dei magi” per la famiglia Strozzi con la suddivisione in arcate con pilastri a colonnine, cuspidi trilobate decorate con motivi del gotico fiorito e una predella come basamento. C’è però un nuovo rapporto tra cornice e dipinto e non sono più complementari perché lo spazio interno è un’unica scena e non segue la divisione dei tre archi tradizionale. Forme nuove e nuova funzione della cornice sono il riflesso delle innovazioni nel campo della pittura in particolare le tecniche prospettiche. 3.1.1. La tipologia La raffigurazione unitaria dello spazio pittorico dettata dalla prospettiva e il taglio quadrato o rettangolare del dipinto mutano la forma della cornice rinascimentale che recupera dall’antico i motivi compositivi e decorativi. La cornice a edicola, fiorentina, appartiene al genere arch. ma abbandona le forme gotiche acquistando quelle classiche: su un basamento sono poggiati pilastri scanalati con capitelli, architrave con arco o timpano e dal XV con girali o palmette e poi paraste lesene con grottesche o figure. La predella è intagliata con i motivi delle lesene o dipinta e usata per scrivere autore, data, nome dei committenti. Gli elementi arch. possono essere applicati sulla tavola o essere una struttura autonoma in cui era collocato il dipinto. La cornice a tabernacolo è più piccola, rettangolare, con il lato corto come base quindi è verticale con timpano. Quella a edicola era più grande e per le pale d’altare e arredo di stuodioli, mentre l’altra usata come altarolo, ancona propiziatoria in atri, camere, chiostri con la funzione dei dittici medievali per il culto privato. 3.1.2. La funzione La prospettiva influisce anche sulla funzione della cornice perché la superficie del dipinto è vista come finestra aperta, sfondamento della superficie e dava profondità. Identificando il quadro come finestra si presupponeva anche una parete su cui immaginare l’apertura e da qui nasce la consuetudine di appoggiare il dipinto a parete e la cornice diventa parte della costruzione prospettica, l’intelaiatura lignea della finestra. Quella ad edicola è usata come primo piano dell’immagine pittorica per accentuare la profondità e dividendo spazio del dipinto e quello circostante. L’uso della cornice si lega al fenomeno percettivo di figura-sfondo, agendo come figura che si sovrappone al dipinto e lo spazio pittorico diventa sfondo, percepito come se continuasse al di la della cornice, che diventa elemento simbolico-percettivo. Nella pala gotica la cornice è unita al dipinto e con la pittura è un unicum; quella rinascimentale è in relazione con lo spazio raffigurato ed esterno. 3.2. Diffusione della cornice a edicola Si diffondono da Firenze in altre regioni. 3.2.1. Siena Qui si elabora un tipo di cornice a tabernacolo con la predellina con iscrizione dorata, lesene a treccia e cimasa semitonda con archetti gotici. Qui c’è anche una cornice più semplice con un solo arco a tutto sesto, liscio o decorato ma sottile con uno o due profili, sia per pale d’altare sia per ancone piccole. 3.2.2. Venezia Le forme tardo gotiche persistono oltre la metà del XV, in particolare a Venezia, centro importante per la cornice di tipo gotico che si evolve nelle forme complesse del gotico europeo per la presenza qui di intagliatori nordici. Impulso nuovo il “Trittico di san Zeno” di Mantegna che introduce una nuova cornice ad edicola rinascimentale. La pala poggia su un’alta predella, divisa in 3 da colonne con capitello composito e sormontata da architrave e timpano. Presentano un decoro a intaglio con girali classici, in legno dorato e alcune parti in azzurro. Impalcatura della cornice in legno di pioppo. Relazione tra dipinto e cornice qui è perfetta e coordinata, e la cornice imita un portico a 4 colonne diventando tutt’uno col dipinto e diventa una finestra prospettica. E’ Donatello a Padova con gli studi di profondità e di arch. antica che media tra la cultura fiorentina e Mantegna e i rapporti con Bellini ed è in un suo polittico che gli elementi arch. gotici diventano classici. Tuttavia i cambiamenti sono sempre graduali e si cerca di rimodernare più che rivoluzionare anche per la difficoltà ad abbandonare i canoni tradizionali, come in Vivarini. L’esempio più vicino al Mantegna per l’unità tra dipinto, cornice e parete la si ha nel trittico dei Frari di Bellini in cui un arco antico della cornice imposta in modo nuovo lo spazio interno. 3.3. Il tondo Creazione toscana rinascimentale è la cornice rotonda, contemporanea a quella a edicola. Il tondo già presente in passato, ora è visto come desco da parto, un vassoio dipinto con immagini religiose su entrambi i lati, donato alla nascita di un bimbo e la forma circolare ora diventa elemento autonomo con una sua cornice. La cornice è lavorata a intaglio e decorata con motivi vegetali e ovuli sempre più naturalistici con festoni di frutta, fogliame ad intrecci e di solito ci sono vari profili, di cui la fascia centrale è quella decorata, e viene colorata e dorata. Un es. è “Madonna della Melagrana” di Botticelli la cui cornice dorata ha un motivo di giglio su fondo azzurro. Anche per il tondo c’è una relazione tra spazialità del dipinto, della parete e cornice ed entra nella questione prospettica diventando un oblò imperniando la figurazione nel punto centrico. Essendo priva di angoli non tende verso nessun punto e non si presta a paesaggi o scene ma per temi religiosi e per questo si pone come confine netto che isola il dipinto. Nella “Madonna con bambino” di Botticelli è il soggetto al centro che risalta, isolato dal bordo ligneo e la composizione è ancora su piani verticali e orizzontali che si incontra al centro e la cornice contribuisce alla scansione con rossette poste in corrispondenza degli assi. Discostando dal centro le figure si impone movimento alla composizione come nel tondo Doni e la dinamicità è esaltata anche dalla cornice di Baccio da Montelupo in legno di pero decorata con racemi vegetali e piccole teste, che non corrispondono agli assi ma esalta la circolarità. Le teste sono piccole e quindi lo spettatore deve fare un doppio moto visivo e con questo espediente si ottiene una sequenza cinetica preparatoria al movimento dei piani, esaltata anche dalla posizione delle teste, rivolte verso lo spazio prospicente il dipinto che rivelano, se tiriamo delle rette, il cono ottico bruneschelliano e forse è intervenuto lo stesso Michelangelo nella progettazioe della cornice, così inerente al dipinto. 3.4. Il retablo catalano in Sardegna Si diffonde qui nel XV. Durante il ‘300 la pittura fu solo di importazione ma poi si diffonde una linea autonoma del retablo sardo. Il retablo è una grande pala d’altare lignea con vari pannelli con una struttura arch. adeguata allo spazio cui era destinata. Le tavole che lo compongono sono incastonate in incorniciature intagliate e dorate con pilastrini, pinnacoli, nicchiette, archi e c’è un ordine gerarchico per le raffigurazioni pittoriche: lo scomparto superiore è per la trinità o crocifissione, quello in basso all’intitolazione. La pala è riquadrata per tre lati da una larga cornice obliqua che in alto ha una tettoia a spioventi che sono i polvaroli che riparano il dipinto. Sono molto decorate queste cornici con profeti e santi, decori geometrici, clipei, arabeschi, e c’è anche una predella spartita in casas. 3.5. Progetto ed esecuzione della cornice: artisti e artigiani Tra XIV e XV c’è un legame forte tra quadro e cornice per lo stesso supporto ligneo, riferimento percettivi, relazione tra spazialità del quadro e dell’ambiente circostante e per questo pensiamo che il pittore potesse realizzare o progettare la cornice, soprattutto in età medievale quando la cornice è ricavata dalla stessa tavola del dipinto. Poi la cornice viene applicata prima della pittura e visto che tavola e cornice ricevevano la stessa preparazione l’artista poteva intervenire su entrambe. Come per cornice della “Vergine delle rocce” di Leonardo, commissionata a Giacomo del Maino, dorata da Leonardo. Ma anche Bellini curava le cornici dei suoi dipinti. Poteva anche essere solo suo il progetto coordinando i fattori nel rapporto tra cornice e dipinto, e si vede nel tipo a edicola e tondo. A volte questa situazione emerge dai contratti di commissione delle opere, come per Lotto o Ercole de Roberti, il cui intagliatore doveva seguire disegno e colori del pittore. Gli artisti si interessavano alla cornice, la studiavano in relazione al dipinto e si accordavano con l’artigiano intervenendo anche nei ritocchi finali. Contemporaneamente si specifica la figura dell’intagliatore nel XV. Già nel medioevo c’erano corporazioni di magistri lignaminis per la costruzione di navi, mobili, statuaria, impalcature per lavori di pittura e la preparazione di tavole dei pittori. Più tardi si sviluppa il ramo specifico dei corniciai, in particolare a Siena, Firenze e Venezia in botteghe. Soprattutto Siena fu considerata terra di intagliatori e anche a Firenze l’Arte dei Legnaioli era tra le più numerose nel ‘300 comprendente lavoratori di legname, bottai, segatori, intagliatori, intarsiatori e dal 1450 si delinea una scuola di intaglio sotto la guida di Francesco di Giovanni di Matteo. C’erano anche strade dedicate a quest’arte. Per le opere monumentali il lavoro non era eseguito in bottega ma ci si recava sul luogo con aiuti e arnesi. Contratto, acquisto e scelta del legname spettavano al maestro. Le cornici erano in legno di castagno, pioppo o noce e tra XV-XVI anche legni teneri come il tiglio per intagli più complessi. A Venezia è nel 1335 che si crea la corporazione di artigiani detti marangon de soaza che dovevano produrre e vendere cornici, che però raggiungono la fioritura grazie all’intagiador, corporazione dal XIV. Pale d’altare e ancone erano fatte da dinastie di artigiani tra i più specializzati, tra cui spiccava la bottega dei Moranzone, stimati come artisti. IL CINQUECENTO 4.1. La cornice architettonica e la pala d’altare: nuovi orientamenti e diffusione La cornice arch. a edicola a fine ‘400 cambia dimensioni e tipologia. Grazie all’influsso dell’arch. michelangiolesca compaiono elementi come volute, frontoni spezzati, mensole e vista la presenza di dipinti molto grandi per le chiese anche le cornici diventano sempre più grandi diventando opere di arch. fondendosi con la struttura delle cappelle come “L’Assunzione della Vergine” di Tiziano a Venezia con la cornice di Sansovino. Cornici imponenti nell’architettura di due pale di Parma di Girolamo Mazzola e Correggio, a forma di arco classicheggiante con pilastri e colonne scanalati, trabeazione con foglie d’acanto, virgulti, rosoni, cherubini, palmette, conchiglie e vasi su colonne. A Bologna invece la “S. Cecilia” di Raffaello ha una cornice di Marchesi di Formigine, priva di elementi arch. con 4 liste uguali, sormontata da una cuspide con girali e volute e su un alto basamento a tre piani, decorata tutta con racemi vegetali. A Cremona nel periodo manierista si diffonde una cornice da altare merito dei Campi dove sono rielaborati elementi classici. In Piemonte una cornice sormontata da cimase intagliate e colonne scolpite ispirate ai motivi arch. lombardi di Bramante e Antonio Amadeo dalla certosa di Pavia. A Roma una ripresa di riferimenti all’età classica. 4.2. La cornice architettonica e l’ambiente privato: dal tipo a edicola a quello a cassetta Con la diffusione di dipinti in ambienti laici, si diffonde una cornice adatta a case e studioli perdendo però riferimenti all’arch, la predella scompare e c’è una semplice base o mensola, l’architrave si alleggerisce e scompaiono pilastri e colonne, arrivando al tipo a edicola con semplice architrave e base. C’è poi un bordo con 4 assi intagliato e decorato e questa cornice interna ha una fascia centrale per la decorazione vegetale ed esternamente profilata da due bacchette. Il bordo interno si emancipa dagli elementi arch. e genera una cornice a 4 lati uguali, la cornice a cassetta, che rimarrà il modello base. E’ piatta e uniforme nel profilo, non ha dislivelli tra decoro e bordi laterali, ogni lista è divisa in 3 fasce, di cui quella centrale è detta fascia di riposo per la decorazione principale. In questi due casi i motivi sono classici come girali, viticci, medaglioni, testine per la centrale, dentelli, foglie e kymation per le laterali. In quella centrale ci possono essere cesure con rosette, teste o stemmi. Quando la cornice è intagliata, viene dorata con la foglia d’oro. Quella a cassetta può anche non essere intagliata e quindi viene decorata a basso rilievo con la tecnica a pastiglia nella fascia al dipinto ma allo stile ufficiale e il disegno rispecchiava lo stile del mobilio dell’ambiente. Si diffusero manuale con disegni di mobili e arredi per suggerire agli artisti i modelli. Lo stile si diffuse in Europa e in Italia (gradualmente e con adattamento locale), dove alla cornice barocca si affianca il modello francese che evitava il tipo a grande intaglio scultoreo per uno più raffinato ed uniforme, sottolineando il legame col mobilio e ponendo la cornice tra gli oggetti di arredamento. 5.5. Il rococò: la cornice e l’arredo Si diffonde in Francia sotto Luigi XV nel XVIII, deriva da rocaille cioè luogo sassoso ovvero una decorazione allora in voga basata sull’uso di conchiglie e materiali multicolori. Non fu l’arte della monarchia come il barocco ma dell’aristocrazia e alta borghesia nei loro hotels e petites maisons, cabinets e ai colori solenni come bruno, porpora e oro sono sostituiti i colori pastello. In Italia attecchì molto per il risalto delle arti minori e si diffondono stucchi, rivestimenti in legno, incisioni di ornamenti e cornici, scenografie, mobilio, vasellame e porcellane. La cornice rococò qui ha liste sottili con decoro leggero e raffinato con tralci, fiorellini, conchiglie che danno un leggero movimento. Negli angoli nodi decorativi più sporgenti. Inizialmente l’ornamento è sovrapposto alla cornice mentre poi inflessioni, compressioni plastiche, andamento curvilineo sono le stesse linee strutturali della cornice e riecheggiano nell’ambiente circostante e nel mobilio, con un grande uso dello stucco, malleabile e che creava forme particolari, e di molti più colori. 5.6. La cornice a lacca Emerge la tecnica della lacca cinese che deriva dall’imitazione di una tecnica cinese importata in Europa dai mercanti del Nord. La lacca originale era ricavata dalla resina di una pianta, era distesa in velature anche in anni e si ottiene una materia compatta, dura e spessa che poteva essere intagliata. La lacca europea, in francese detta vernis Martin, era rapida e simile alla pittura su tavola. Nel 1720 padre Filippo Bonanni pubblicò “Trattato sopra la vernice detta cinese” dove spiega la ricetta, con gomma copale, pece greca, olio cotto e spaltro, e la lavorazione. Si preferiva un legno tenero, si levigava la superficie su cui si stendeva un velo di pastiglia che rivestiva l’oggetto totalmente. Essiccato, era lisciato con carta vetrata o agata. Poi si decorava: si stendeva la tinta del fondo e si dipingevano a tempera i motivi, essiccati, il laccatore iniziava a verniciare ripassando con tanti passaggi l’oggetto facendo asciugare ogni strato con un effetto finale molto lucido. I temi erano vegetali, e nella cimasa dove ci sono anche animali, uccelli, paesaggi. Usati anche motivi orientaleggianti, temi esotici o alla cinese come pagode, cinesi, donne con ombrellini. A volte erano a rilievo con la pastiglia e poi dorati. Versione più economica, nota come lacca povera, prevedeva i motivi non dipinti sulla cornice ma incollando ritagli di stampe che erano poi verniciate per sembrare dipinte, tra cui vedute di Venezia. 5.7. Doratura e argentatura Il sistema più diffuso di rivestimento tra XVII-XVIII fu la doratura a guazzo, a missione e a mecca, questa nuova, di origine cinese, in uso proprio in questo periodo. Si applica, come il sistema della foglia d’oro, l’argento in foglia su bolo giallo o nero, sopra si stende una vernice gialla trasparente detta mecca e il giallo si otteneva da zafferano, mirra, aloe. Si hanno anche cornici rivestite direttamente in argento. 5.8. La cornice Canaletto Fu uno dei pochi es. di produzione originale e di portata internazionale in Italia nel XVIII perché il mercato era dominato dai tipi francesi. Ha aste molto sottili, sagomate e intagliate a bassissimo rilievo, il centro della lista ha cartelle lisce, agli angoli rametti di fiori. Ha una forma lineare, essenziale e sobria nei decori in linea con l’ambiente francese. Ci sono anche a volte inseriti pezzi di specchio che si collega con le cornici per specchiere tipiche di Venezia e si adatta alla pittura di veduta con i pezzi che accentuavano la vibrazione luminosa. Non è ideato dall’artista ma dalla produzione artigianale veneziana. 5.9. La cornice a passe-partout Di forma quadrata o rettangolare con incluso sempre un dipinto tondo o ovale e i margini di passaggio tra le due forme sono il passe-partout in legno da cui deriva il nome. Diffusa nelle botteghe granducali toscane e nelle quadrerie romane, adattabile a qualsiasi dipinto. Il suo uso corrisponde a una tendenza nuova nelle collezioni private ‘700esche di incorniciare tutte le opere con lo stesso tipo di cornice per uniformare la collezione. Per i dipinti più antichi si sostituiva la vecchia cornice con una alla moda il relazione agli arredi. In Italia nel periodo diffusa questa e quella Salvator Rosa. Da metà XVIII si diffonde la fabbricazione su scala pre industriale della cornice con profili creati con stampi e realizzati a metro, tagliati e messi assieme. Inoltre ora si aggiunge il vetro davanti al dipinto che conferma la funzione protettiva della cornice ora usata per tenere insieme vetro e dipinto. OTTOCENTO E NOVECENTO 6.1. La cornice e gli stili storici Da fine XVIII fino al XIX la cornice segue le sorti del recupero degli stili storici, e sopravvive solo la ricerca di uniformità stilistica con l’ambiente. La cornice riflette il mutamento di gusto mentre un rinnovamento di funzione solo a fine ‘800. Il recupero della cultura classica conseguenza degli scavi e della fioritura del mercato antiquario, produce tra ‘700 e ‘800 uno stile internazionale che coinvolge tutti i settori artistici che si adeguano al nuovo gusto e vengono prodotti arredi e oggetti in stile impero. Il gusto neoclassico impone disegni sobri, simmetria in reazione al rococò e le 4 assi della cornice tornano ad essere rette ed uguali, il decoro solo sul margine interno o esterno e i motivi sono arch. tipo ovuli, kymation o elementi egizi. Il profilo è sporgente in avanti e viene dorata. Si usano anche marmo, tartaruga, riporti in bronzo dorato che ripetono i decori del mobilio. A inizio XIX in pieno romanticismo si diffonde la cornice neo-gotica che rielabora i caratteri dell’arch. medievale e a volte ci sono anche figurazioni simboliche che alludono al dipinto. Molto usata dai pittori simbolisti che usano il polittico per dividere il tema in sequenze come Moreau. In Inghilterra i preraffaelliti recuperano la cornice a edicola rinascimentale in concordanza ai soggetti dipinti (temi storici, religiosi o letterari di medioevo e rinascimento). Sulla cornici iscrizioni e suddivideva il soggetto in dipinto e predella. Nell’800 recuperate anche i tipi Luigi XIII, XIV, XV in cui però vengono mescolati vari elementi senza rigore storico, usando calchi in gesso e non intagli in legno. Furono usate dalla scuola di Barbizon e dai Salons. 6.2. Dagli impressionisti ai divisionisti Gli impressionisti usarono le cornici dorate che però non si adattavano perché la doratura alterava i toni così sperimentano due soluzioni: usare cornici semplici, prive di dorature e decori, di un colore coordinato con il dipinto; oppure usare una cornice bianca che consentiva gli accostamenti, e fu quella che colpì i critici perché nuova. Usate anche cornici colorate già nel 1870, seguendo la teoria della complementarità dei colori di Chevreul e l’uso del colore passò anche alle pareti delle sale di esposizione dal 1880 sostituendosi al rosso pompeiano ufficiale. Queste cornice sono andate per lo più perse eccetto quella gialla di “Citrons, poires et raisins” di van Gogh. Gli impressionisti si chiedono anche che tipo di modanatura dare e lo sappiamo dagli appunti di Degas che di da due tipi: una con una sagoma convessa nota come crete de coq, l’altra con sezione quadrata e mossa da modanature scanalate. Queste cornici furono usate anche dai divisionisti tra cui Seurat, che inizialmente usò il bordo bianco poi cornici colorate, con il colore steso sulla cornice a piccole pennellate secondo la tecnica puntinista e questo passaggio si vede nella tela “Le modelle” del 1888 dove nello studio dell’artista ci sono quadri con cornici bianche e altre colorate. Prima colorava il bordo della tela e poi sopra poneva la cornice con lo stesso colore (per sopperire alle ombre della cornice) basandosi sempre sui contrasti cromatici come in “Il circo” con cornice blu, nel dipinto solo per i contorni delle figure. Con Seurat la cornice ha la funzione di contraltare cromatico e isolante rispetto allo spazio, c’è un rapporto simbolico-decorativo e cromo-luministico tra quadro e cornice e l’artista crea direttamente la cornice. 6.3. Il nuovo stile A fine ‘800 non si seguono più gli stili storici ma il movimento moderno cioè liberty, jugendstil, art nouveau, opposto all’accademismo e all’eclettismo ‘800eschi. Cornici “moderne” già nel 1860 da pittori legati al movimento arts&crafts di Morris. Rossetti ideò una cornice con una stretta modanatura con sottili motivi cannelés scolpiti, la doratura lascia visibili le venature del legno, il profilo è piatto e assicura continuità tra quadro e parete. Whistler usa invece larghe fasce piatte per aumentare le dimensioni del quadro, aggiungendo anche parti dipinte e decori orientali presenti anche nel quadro, legando quadro e cornice. Guimard in Francia crea cornici con linee e motivi che rimandano alle sue produzioni di arredo urbano con tratti morbidi, eleganti e continui con elementi naturali. Negli USA i Mathews creano cornici ornate complementari ai loro dipinti dall’organizzazione produttiva Furniture shop, attiva dal 1906-20. La cornice in questo periodo si rinnova nella struttura e decoro e rientra nell’ambito dell’ideazione artistica. 6.4. La cornice d’artista A fine XIX la cornice torna a essere considerata parte integrante del quadro. Come i simbolisti che usano scritte e simboli sulla cornice, i Nabi in Francia usano motivi simbolici in armonia col dipinto. Frequenti come Whistler gli interventi pittorici sulla cornice con una indefinitezza del limite tra soggetto e cornice come nel “Bacio” di Klimt. Munch realizza cornici con fitti linee spezzate e figure e scritte i cui motivi simbolici rimandano a implicazioni psicologiche. Il rapporto unico tra dipinto e cornice non consente più di evidenziare linee e caratteri comuni perché ogni opera è un unicum, eccetto per la funzione di cui si rintraccia una tendenza generale: si cerca di vedere la cornice non come finestra ma come espansione del dipinto con elementi simbolici complementari, proseguimento della pittura, bordi piatti. 6.5. La negazione della cornice finestra Concetto nato nel rinascimento e la cornice diventava il primo piano, la figura, mentre il dipinto lo sfondo. Questo concetto nell’800 ha il suo apice perché con la cornice si interrompe il contorno dell’oggetto raffigurato sottolineando il carattere accidentale del confine e la funzione di figura finestra della cornice. A fine secolo i pittori iniziano a determinare il bordo esterno del dipinto e intervengono sulla cornice che si configurava non come primo piano davanti al dipinto ma come proseguimento del dipinto. Nel ‘900 la concezione dello spazio del dipinto fu condizionata dal cubismo con la fine della concezione spaziale rinascimentale per la moltiplicazione dei punti di vista, il dissolvimento dell’oggetto, ecc.. Al quadro finestra si sostituisce il quadro come superficie continua, come campo di forze, anche grazie alla pittura non figurativa e la pittura libera i contorni dalla cornice, a fare di essi il confine esterno del dipinto più che quello interno della cornice. La cornice si adegua alla nuova funzione e diventa una striscia sottile o contorno. Espansioni della pittura sulla cornice nelle opere di Delaunay, Severini, Balla, Braque, poi Picasso, Klee, Mondrian, Picabia. Nelle correnti dada e surrealista la cornice è assunta tra i temi della pittura trasferendo la questione dal piano visivo a concettuale diventando strumento espressivo come in “Coppia con la testa piena di nuvole” di Dalì dove le teste sono bordate da una cornice (finestra sull’inconscio) o in “French windows” di Duchamp dove una finestra ha vetri oscurati e che si limita a incorniciare il proprio buio. A volte poi, intesa come limite della pittura viene abolita con l’arte concettuale, povera, le installazioni dove decade il ponte tra spazio rappresentato e in cui l’opera è inserita perché questi si identificano. Si vede nello spazialismo di Fontana o nella Land art in cui l’arte conquista uno spazio e si dilatano i confini dell’opera a interi
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