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LA CORTE COSTITUZIONALE - Dispensa - Diritto Costituzionale, Sintesi del corso di Diritto Costituzionale

Dispensa per il corso di Diritto Costituzionale riguardante lA CORTE COSTITUZIONALE

Tipologia: Sintesi del corso

2011/2012
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Caricato il 15/03/2012

sharon91
sharon91 🇮🇹

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Scarica LA CORTE COSTITUZIONALE - Dispensa - Diritto Costituzionale e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! LA CORTE COSTITUZIONALE Il carattere rigido di una costituzione richiede che le sue norme vengano garantite contro le possibili variazioni operate dal legislatore ordinario. In un regime di costituzione rigida infatti il legislatore incontra dei precisi limiti, sappiamo invece che le costituzioni flessibili possono essere modificate anche da una legge ordinaria. Quindi le costituzioni rigide prevedono degli strumenti medianti i quali è possibile controllare la legittimità costituzionale delle leggi al fine di togliere efficacia a quelle che risultino in contrasto con una disposizione costituzionale. Nel nostro ordinamento è stato creato un organo ad hoc: corte costituzionale ( art. 134 a 137). Compiti: - giudizio su controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi o degli atti aventi forza di legge -giudizio su conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le Regioni. -giudizio su accuse promosse contro il presidente della repubblica -giudizio su ammissibilità di un referendum abrogativo Composizione: è composta in modo differente a seconda della differente tipologia di giudizio su cui deve pronunciarsi. In caso di controversie su legittimità costituzionale delle leggi,su conflitti di attribuzione e su ammissibilità del referendum abrogativo : la corte è composta da 15 giudici nominati per un 1/3 dal presidente della repubblica( rientrano negli atti formalmente e sostanzialmente presidenziali il suo decreto deve essere controfirmato da presidente del consiglio), 1/3 dal parlamento in seduta comune con scrutinio segreto e per 1/3 dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative. Invece per i giudici sulle accuse rivolte al presidente della repubblica : la composizione ordinaria viene integrata con l’aggiunta di 16 membri-giudici aggregati tratti a sorte tra cittadini aventi requisiti per l’eleggibilità a senatore. I giudici ordinari sono nominati per 9 anni, che decorrono dal giorno del giuramento e non possono essere nuovamente nominati; esiste solo un’eccezione, una prorogatio speciale quando vi il mandato scade durante un giudizio in corso, in quel caso il collegio giudicante sarà composto sia dai giudici scaduti ma legittimati dalla prorogatio sia dai nuovi nominati. Giuramento di osservare la costituzione e le leggi nelle mani del presidente della repubblica alla presenza dei presidenti delle camere. Le sedute sono pubbliche, ma il presidente può disporre che si svolgano a porte chiuse quando rischio sicurezza stato; le decisioni sono prese in camera di consiglio da i giudici presenti a tutte le udienze in cui si è svolto il giudizio e vengono prese con maggioranza voti; in caso di parità prevale quella del presidente. Requisiti dei giudici costituzionali: sono scelti tra magistrati delle giurisdizioni superiori,ordinaria, amministrativa; fra professori universitari in materie giuridiche e tra avvocati con almeno 20 anni di esercizio professionale. L’ufficio di giudice della corte è incompatibile con qualsiasi atra attività, quindi né membro del parlamento né consigliere regionale, né esercizio professione avvocato o ogni carica e ufficio indicati per legge; non possono essere candidati alle elezioni né politiche né amministrative e divieto di svolgere attività inerente ad associazione o partito politico ( se uno già iscritto si richiede solo di non partecipare ad esso). Giudici costituzionali assistiti da una serie di garanzie: -non possono essere rimossi o sospesi da ufficio se non con decisione della corte per sopravvenuta incapacità fisica o gravi mancanze nell’esercizio delle funzioni -quando sono in carica godono delle guarentigie previste per art.68 per i membri delle camere -non sono sindacabili né possono essere perseguiti per opinioni espresse e dei voti espressi nelle loro funzioni -spetta alla corte accertare l’esistenza dei requisiti soggettivi di ammissione dei propri componenti -giudici ordinari hanno una retribuzione mensile non inferiore a quella del più alto magistrato di giurisdizione ordinaria ed è determinata per legge. Presidente Corte ruolo importante, eletto a maggioranza assoluta dalla corte ( dopo la seconda votazione in cui non si raggiunge maggioranza assoluta si procede con il ballottaggio tra i due candidati più votati- in caso di parità eletto il più anziano di carica o se no il più anziano di età). Rimane in carica per 3 anni ed è rieleggibile, tenendo sempre presente la scadenza dall’ufficio del giudice. Suoi compiti: rappresenta la corte,la convoca, presiede le sedute, sovraintende le attività delle commissioni ed esercita latri poteri attribuitigli dalla legge o dai regolamenti. Nella deliberazione delle ordinanze vota per ultimo; in caso di parità prevale il voto del presidente, se da un punto di vista formale sembrerebbe un primus inter pares sotto il profilo sostanziale assume una posizione di preminenza, non assoluto ma cmq sufficiente per consentire di svolgere il ruolo di impulso e coordinamento dei lavori della corte, pur cmq rispettando il principio di collegialità. GIUDIZI SULLA LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELLE LEGGI O ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE Vizi di legittimità: -vizi formali : quando una legge è approvata dal Parlamento violando una delle norme del procedimento di formazione delle legge contenuta nella costituzione o secondo un procedimento diverso da quello prescritto. Es norma risulta viziata formalmente qualora non fosse sottoposta dalle camere all’esame della commissione legislativa competente per materia o votasse una proposta senza che prima venga approvata articolo per articolo; oppure se si approvasse una legge elettorale con procedimento decentrato e non procedimento ordinario. -vizio materiale: quando una norma contenuta in una legge ordinaria o in un atto ad essa equiparato è in contrasto con una norma costituzionale o con un principio costituzionale o quando l’organo che ha emanato la legge non era competente secondo la ripartizione delle competenze legislative presente nella costituzione. Rientra dunque nel vizio materiale anche eventuale incompetenza dell’organo ad emettere atto, es: distinzioni atti propri regioni e quelli dello stato. Atti soggetti a sindacato di legittimità: -leggi ordinarie dello stato e delle regioni e le leggi di trento e di bolzano -leggi di revisione costituzionale sotto sia il profilo di legittimità formale che quello di legittimità sostanziale ( non tutto può essere oggetto di revisione costituzionale!) -atti aventi forza di legge dello stato, ovvero decreti legge e decreti legislativi. Non sono compresi , nella categoria degli atti sottoponibili al giudizio della Corte i regolamenti nella convinzione che essendo fonti secondarie, subordinati alla legge, non possono direttamente apportare alcuna violazione alla costituzione. Sono stati esclusi anche gli atti normativi dell’ Unione europea perché sebbene sono atti aventi forza di legge non sono per autonomia che distingue i singoli stati da quello comunitario, atti aventi forza di legge dello stato. Vi rientrano, invece, sia le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, sia gli atti normativi comunitari per il tramite della legge di attuazione dei Trattati. Per ciò che attiene al referendum abrogativo esistono dei dubbi che riguardano non tanto la natura dell’atto, quanto i vizi che la Corte sarebbe chiamata a sindacare, posto che la stessa Corte interviene in via preventiva, in sede di giudizio di ammissibilità. Si tratterebbe qui, allora di vizi diversi e connessi o all’eventuale violazione delle regole procedimentali che disciplinano il ricorso al referendum o alla situazione normativa che si determina a seguito dell’effetto abrogante dell’istituto, la quale potrebbe presentare dei profili di illegittimità costituzionale. Nel primo caso, tuttavia, va ricordato che l’Ufficio centrale per il referendum ed il Presidente della Repubblica hanno già il compito di accertare l’avvenuto rispetto delle regole procedimentali, mentre nel secondo caso, risulta assai problematica l’individuazione puntuale dei profili di illegittimità dei quali la Corte si vedrebbe investita e, soprattutto, non è chiaro se, in questa ipotesi, ad essere sottoposto alla Corte dovrebbe essere l’atto conclusivo del procedimento referendario o non piuttosto la disciplina normativa di quella determinata materia, così come risultata amputata dall’effetto abrogante del referendum stesso. Per ciò che attiene alle leggi di esecuzione dei trattati internazionali , il problema nasce dal fatto che si ritiene che esse dono dotate di una particolare forza di resistenza passiva, nel senso che si ritiene che esse non possano essere abrogate da un’altra legge successiva, proprio per la connessione che le lega al trattato internazionali, i cui effetti nell’ordinamento interno potrebbero esser fatti cessare, in tutto o in parte, solo attraverso un’azione internazionale dello Stato diretta alla denuncia del trattato stesso. Di qui l’interrogativo circa la loro sottoponibilità o meno al controllo di legittimità della Corte, che potrebbe provocarne la caducazione totale o parziale, qualora il contenuto del trattato, cui la legge dà esecuzione, risultasse in contrasto con la Costituzione. Sempre in ordine rispetto da parte del legislatore regionale dei limiti che la Costituzione pone alla potestà legislativa delle Regioni. Questa è una forma di controllo di legittimità di tipo preventivi: esso precede, cioè, la promulgazione e l’entrata in vigore della legge regionale. Oltre che dallo Stato una legge regionale può essere impugnata da un’altra Regione, la quale ritenga tale legge invasiva della propria competenza costituzionale garantita; l’impugnazione va promossa, previa deliberazione della Giunta, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge e dà luogo, pertanto ad un controllo successivo. Sul versante regionale, legittimato a promuovere l’impugnazione di una legge dello Stato è il Presidente della Regione, sulla base di un’apposita deliberazione adottata dalla Giunta entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge. L’impugnazione da parte delle Regioni di una legge statale si basa sull’invasione della propria sfera di competenza costituzionalmente garantita. L’esame della questione da parte della Corte Una volta scaduto il termine di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rinvio sulla Gazzetta Ufficiale per la Costituzione per la costituzione delle parti e indipendentemente dal fatto che tale costituzione sia o meno avvenuta, ha inizio il processo di costituzionalità davanti alla Corte. L’esame della questione deve attenersi trattamento ai termini ei quali essa è stata posta dall’ordinanza di rinvio. Tale esame inizia con una valutazione della rilevanza della questione per la decisione del processo “a quo”. Il giudizio di rilevanza, come si è visto, è riservato al giudice comune, sì che l’intervento della Corte deve limitarsi ad accertare l’esistenza di una motivazione. In caso di esito negativo di questo primo tipo di valutazione operato dalla Corte, essa adotterà una pronuncia di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza e, senza entrare nel merito della questione di legittimità costituzionale, rinvierà gli atti al giudice “a quo” (ordinanza di inammissibilità). Sempre con ordinanza, la Corte rinvia gli atti al giudice “a quo”, nel caso on cui ritenga la questione di legittimità costituzionale manifestatamene infondata (ordinanza di manifesta infondatezza): siamo anche in questo caso, di fronte ad una valutazione preliminare. Nell’ipotesi opposta, viceversa, la Corte dovrà valutare se i dubbi di legittimità costituzionale espressi nell’ordinanza di rinvio, e non ritenuti manifestatamene infondati, siano tali da portare o meno ad una dichiarazione di incostituzionalità della norma impugnata.La decisione della questione avviene in Camera di Consiglio, ma può essere preceduta da un’udienza pubblica. La Corte giudica in via definitiva con sentenza, mentre tutti gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza. Le modalità di conclusione del processo costituzionale: in via incidentale Le sentenze della Corte si compongono di tre parti: in fatto, vengono riassunti i termini della questione, ed esposte le posizioni espresse nalla parti che si eventualmente costituite in diritto, la Corte prende posizione sia in ordine alla rilevanza della questione prposta, sia in ordine alla sua fondatezza o meno dispositivo, la Corte sintetizza il contenuto della sua decisione e possono essere: sentenze di accoglimento, che recano nel dispositivo la dichiarazione di incostituzionalità della norme impugnate. Producono l’annullamento delle norme dichiarate incostituzionale. La dichiarazione di incostituzionalità ha effetti “erga omnes”. La portata di tali effetti riguarda i rapporti giuridici successivi alla sentenza di accoglimento che non siano giuridicamente esauriti, (tale retroattività incontra tuttavia un limite, dunque, nei cosiddetti rapporti giuridici esauriti). Un altro limite “mobile” alla retroattività delle sentenze di accoglimento è venuto affermandosi in una recente giurisprudenza della Corte, là dove essa ha deciso di disporre in ordine agli effetti temporali delle sue pronunce, stabilendo direttamente il momento da cui dovessero prodursi (sentenze di incostituzionalità sopravvenuta). Come per gli effetti retroattivi, così anche per quelli futuri la Corte ha messo a punto una serie di meccanismi decisori che consentono di differire nel tempo le conseguenze connesse all’accertamento dell’incostituzionalità della legge impugnata. Si pensi alle sentenze di rigetto precario o di incostituzionalità provvisoria, con le quali la Corte accerta l’incostituzionalità della legge, ma, in virtù della transitorietà della disciplina normativa sottoposta a giudizio, rinvia ad un momento successivo la declaratoria di incostituzionalità della medesima. Si pensi, ancora, alle cosiddette, sentenze di incostituzionalità differita, che sono invece delle sentenze di accoglimento, con le quali la Corte dichiara l’incostituzionalità della legge, me, contestualmente, decide di rinviarne gli effetti ad un “dies a quo”, futuro, che, in certi casi, viene lasciato indeterminato, in latri viene puntualmente determinato dalla stessa Corte. Sentenze di rigetto, che recano nel dispositivo la dichiarazione dell’infondatezza dei dubbi di costituzionalità espressi nell’ordinanza di rinvio. Gli effetti si riverberano essenzialmente nei confronti del processo “a quo”: il giudice di quel processo dovrà adottare la sua decisione applicando le norme di legge in relazione alle quali la Corte ha dichiarato infondatezza. Ed ovviamente le stesse norme potranno continuare ad essere applicare da latri giudici comuni, nonché dagli organi amministrativi. Il rigetto di una questione di legittimità costituzionale non esclude che la stessa possa essere riproposta alla Corte, accompagnata da diverse motivazioni e, che possa andare incontro ad un esito diverso. Entrambe vengono depositate presso la cancelleria della stessa Corte, e il dispositivo delle sentenze di accoglimento viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Sentenze di accoglimento e di rigetto non esauriscono la tipologia delle decisioni della Corte Costituzionale. Quest’ultima ha, infatti, messo a punto una apparato di strumenti decisori assai più articolato e complesso, che le ha permesso di impostare un rapporto con i soggetti istituzionali destinatati delle sue pronunce meno schematico di quello che il solo ricorso ai tipi di sentenze sin qui esaminati le avrebbero consentito: introduzione delle sentenze interpretative, con esse la Corte valuta la conformità delle norme desumibili rispetto alla Costituzione, sì che su queste e non sulle disposizioni scritte operano gli effetti della pronuncia adottata. Esistono sentenze interpretative di accoglimento con cui ad essere dichiarata incostituzionale è una certa interpretazione delle disposizione; sentenze interpretative di rigetto, che consente la sopravvivenza della disposizione impugnata, ma anche alla sua apllicazione dell’interpretazione datane dalla Corte; sentenze additive, ablative e sostitutive. Le sentenze di accoglimento possono essere: additive, con cui la Corte dichiara la incostituzionalità della disposizione impugnata “nella parte in cui non prevede” un qualche cosa che invece dovrebbe prevedere; l’effetto sarà quello di estendere la portata normativa della disposizione impugnata, cioè aggiungono qualcosa a ciò che è scritto, ablative, con cui la Corte dichiara l’incostituzionalità della disposizione impugnata nella parte in cui prevede un qualche cosa che non dovrebbe prevedere; l’effetto sarà quello di eliminare dalla disposizione impugnata la parte ritenuta incostituzionale dalla Corte,lasciandone in vita la parte restante, cioè riducono l’ambito di applicazione della disposizione legislativa; sostitutive, con cui la Corte dichiara l’incostituzionalità della disposizione impugnata nella parte in cui prevede un qualche cosa anziché un’alta; L’effetto sarà quello di imporre al giudice comune l’applicazione della norma individuata dalla Corte in sostituzione di quella dichiarata illegittima, cioè si giunge a sostituire taluno dei suoi termini normativi. Sentenze-delega e sentenze di incostituzionalità differita. Con le sentenze-delega, infatti, la Corte nel motivare la propria decisione, si preoccupa di indicare al legislatore quali dovrebbero essere, le linee generali della normativa della materia in oggetto. Con le sentenze di incostituzionalità,la Corte, nel riconoscere l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate, ne fa salva tuttavia, la applicazione, in attesa di un intervento riformatore del legislatore, chiamato ad intervenire in attuazione di precise indicazioni, direttamente fornite dall’organo di giustizia costituzionale. la conclusione del processo in via principale. Assai più semplice, sotto il profilo dei possibili strumenti utilizzabili, risulta la conclusione del processo in via principale. Esso può portare o ad una sentenza di rigetto o ad una dichiarazione di incostituzionalità della legge regionale, o della legge statale impugnata. Nel caso in cui la Corte adotti una sentenza di accoglimento, l’effetto sarà quello di impedire la promulgazione e quindi l’entrata in vigore della legge regionale o provinciale, o quello di determinare l’annullamento della legge statale impugnata. Nel caso in cui la Corte adotti, invece, una sentenza di rigetto, l’effetto sarà quello di consentire la promulgazione e l’entrata in vigore della legge regionale, o quello di consentire l’ulteriore applicazione della legge statale. Un altro effetto delle pronunce della Corte, in sede di decisione del processo in via principale, è quello di definire implicitamente l’ambito materiale delle competenze normative tra Stato e Regioni in ordine alle singole questioni chele vengono prospettate, sempre ovviamente alla luce dei criteri generali fissati dalla Costituzione. Il giudizio sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato. La seconda funzione che l’art. 134 Cost. attribuisce alla Corte Costituzionale, attiene alla risoluzione dei conflitti di attribuzione che possono verificarsi tra i poteri dello Stato, tra Stato e Regioni e tra Regioni e Regioni. Il conflitto di attribuzione è una controversia con la quale si rivendica come proprio un compito che altri rivendicano come proprio. Con riferimento al conflitto tra i poteri dello Stato, l’art. 137 della legge 87/1953 pone due principi fondamentali: essi possono sorgere solo tra “organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono” ed hanno ad oggetto “ la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali”. Da questo derivano alcuni problemi: individuazione dei soggetti legittimati a sollevare il conflitto davanti alla Corte. Non vi è mai stato dubbio sul fatto che legittimati ad adire la Corte fossero non solo gli organi che impersonano i tre tradizionali poteri dello Stato (Parlamento, Governo e giudici), ma anche gli organi che abbiamo ricompreso nella categoria degli organi costituzionali (Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale stessa). A questi la Corte ha successivamente assimilato quegli organi che, pur non appartenendo allo Stato-apparato, ma essendo esterni ad esso, sono tuttavia titolari di “funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite, concorrenti con quelle attribuite a poteri ed organi statali in senso proprio” (in particolare la questione riguardava il comitato promotore del referendum). L’art. 134 Cost. e l’art 137 della legge 87/1953 escludono che il conflitto tra organi appartenenti allo stesso potere non può essere portato davanti alla Corte. Nella sentenza 7/1996, la Corte ha riconosciuto la legittimazione dei singoli Ministri a sollevare il conflitto di attribuzione nell’ipotesi di contestazione di una mozione di sfiducia individuale. In questa ipotesi, infatti, è l’atto contestato, secondo la Corte, che distingue ed isola la responsabilità individuale del Ministro, sì che non gioca più l’argomento relativo alla collegialità governativa, né l’argomento della necessaria attribuzione di specifiche competenze da parte della Costituzione al soggetto ricorrente (argomento che aveva già consentito alla Corte di riconoscere la legittimazione individuale del Ministro di Grazia e Giustizia) Con ordinanza 226/1995, la stessa Corte ha. Invece, negato la stessa legittimazione al Garante per la radiodiffusione e l’editoria, sulla base di un duplice ordine di motivazioni (la natura ordinaria e non costituzionale della fonte attributiva dei poteri al Garante e l’impossibilità di poter riferire in via definitiva la volontà di uno dei poteri dello Stato. Interpretazione di ciò che dovesse intendersi per organi “competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono”. Col tempo ha finito per prevalere un’interpretazione estensiva e non formalistica dell’inciso, sulla base della quale l’individuazione degli organi abilitati a sollevare il conflitto va fatta caso per caso, alla luce delle norme costituzionali che disciplinano le caratteristiche organizzative del potere cui essi appartengono. Così la Corte ha riconosciuto, in alcuni casi, la legittimazione al ricorso per conflitto di attribuzione a ciascuna Camera del Parlamento, alle commissioni d’inchiesta parlamentari; così la stessa legittimazione è stata riconosciuta ad ogni singolo organo giurisdizionale. Definizione dei comportamenti suscettibili di dare origine al conflitto. Anche a questo problema si è data una soluzione non restrittiva: si ritengono
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