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La coscienza di Zeno di Italo Svevo, Dispense di Italiano

La vita e l'opera di Italo Svevo, con particolare attenzione al romanzo La coscienza di Zeno. Viene descritto il protagonista, un inetto che non riesce ad adattarsi alla società moderna, e la sua lotta interiore tra coscienza e inconscio. Il romanzo è influenzato dalla psicanalisi freudiana e dallo stile narrativo di James Joyce. Viene inoltre evidenziata la tendenza di Svevo a mescolare elementi culturali eterogenei.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 26/08/2022

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carmelo-gulino 🇮🇹

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89 documenti

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Scarica La coscienza di Zeno di Italo Svevo e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! ITALO SVEVO Vita Svevo nasce a Trieste nel 1861. Questa città al momento dell’unità d’Italia faceva parte dell’impero Austro- Ungarico, dunque è un crocevia di culture. In Svevo, infatti, si nota la tendenza a mescolare elementi culturali eterogenei, tedeschi, italiani ed ebraici, essendo di origini ebraiche (la sua è una cultura mitteleuropea). Lo stesso nome Italo Svevo è in realtà uno pseudonimo (il suo vero nome è Ettore Schmitz), che deriva dalla sua volontà di sentirsi da una parte italiano (Italo) e dall’altra tedesco (Svevo, dall’omonima dinastia tedesca). Da ragazzo va egli stesso in Germania per imparare il tedesco ed ampliare la sua cultura. Sposa una sua cugina, il cui padre aveva un’industria di vernici per navi, dove Svevo stesso lavora come rappresentante. Prima di partire per un viaggio a Londra per via della sua professione, a Trieste studia inglese dallo scrittore James Joyce, uno dei più grandi autori del ‘900, con il quale nascerà una profonda amicizia e influenzerà Svevo nello stile narrativo (basato sul flusso di coscienza). Tornato da Londra, vive la Prima Guerra Mondiale, che includerà anche all’interno della storia di Zeno, nell’ultimo capitolo. Riguardo la guerra, Svevo non ne prende le parti, ma la considera “utile” poiché gli permette di dedicarsi alla sua passione della letteratura, non dovendo lavorando. Muore per un incidente stradale. Pensiero È molto associabile a Pirandello: operano nello stesso periodo, vivono la prima Guerra Mondiale, il fascismo, e il decadentismo e la crisi di coscienza vissuta dal soggetto. Come in Pirandello, nel romanzo non vi è più un narratore onnisciente, che interviene sicuro e commenta la storia, ma è interno e racconta la storia in modo frammentato, poiché frammentata e disgregata è la realtà (come hanno dimostrato la psicanalisi e la relatività einsteiniana). In Svevo si sente molto di più l’influenza della psicanalisi. La coscienza di Zeno TRAMA Il protagonista è Zeno Cosini, un ragazzo orfano di madre che vive col padre. Alla base del rapporto col padre vi è il complesso di Edipo freudiano (questo è uno dei tanti elementi riresi dallo scienziato), secondo cui il figlio vede il padre come un rivale e vuole “ucciderlo”. Nel caso di Zeno, il padre l’avrebbe voluto forte, determinato, sicuro, secondo l’ideologia borghese, ma il ragazzo è tutt’altro: frequenta l’università cambiando facoltà di continuo, è un inconcludente. Il senso di delusione del padre nei suoi confronti pesa moltissimi a Zeno, il quale prova rimorso per averlo deluso e nel contempo si difende dai suoi rimproverai indisponendosi, senza relazionarsi con lui. Ad un certo punto, Zeno decide di voler diventare un uomo d’affari, ed incontra il banchiere Giovanni Malfenti, il quale ha quattro figlie. Con un altro rimando a Freud, i nomi delle figlie iniziano tutte con la lettera A, segno che sono l’origine di tutto come la A è la prima dell’alfabeto. Zeno si innamora di Ada, la più bella delle quattro, ma che non ricambia, ed invece si fidanza e sposa con Guido, amico di Zeno e suo perfetto opposto, molto disinvolto, brillante, allegro. Questa delusione lo porta a ripiegare su Augusta, la più brutta delle quattro sorelle. Tuttavia, il matrimonio di Ada non è felice, poiché Guido si rivela un imbroglione, e fa una serie di affari sbagliati arrivando in bancarotta. Guido addirittura inscena un finto suicidio ingerendo il barbiturico Veronal, ma ne prende troppo e muore davvero. L’INETTO È l’emblema del romanzo psicologico novecentesco. Il protagonista, Zeno, è un “inetto”, una persona incapace di disporsi in maniera adeguata nei confronti della vita, incapace di affrontare la lotta per la vita di cui aveva parlato Darwin. L’inetto diventerà la figura centrale di tutte le forme d’arte del ‘900, poiché l’inettitudine è una condizione emblematica dell’uomo di questo secolo: le sue certezze sono crollate con la fine del positivismo, l’industrializzazione l’ha reso alienato, ed incapace di vivere in società. L’inetto non ha sposato i nuovi valori borghesi, ovvero l’avidità, l’essere senza scrupoli, ma vive ancora secondo gli ideali del passato, come l’onestà e la lealtà, e per questo viene emarginato ed è vittima dell’ipocrisia, della malvagità, dell’arroganza della gente senza sapersi difendere. Tuttavia, essendo rimasto legato ai valori del passato, ha mantenuto una simbiosi con la natura, mentre la società moderna si era ormai “trasferita” dalla natura alla città, industrializzata, moderna, fatta di macchine. Essendo rimasti legati anch’essi ai valori del passato e dedicandosi ad un’attività considerata “senza senso”, priva di guadagni, anche gli artisti nel ‘900 sono degli “inetti”. Infatti, oltre ad essere inetti tutti i personaggi dei tre romanzi di Svevo (Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno), sono inetti anche i personaggi di Pirandello (primi fra tutti Mattia Pascal e Vitangelo Moscarda). Tuttavia, sia Moscarda che Zeno sono l’evoluzione dell’inetto, sono pseudo-inetti. Entrambi hanno capito come funziona davvero la società e dunque hanno capito qual è la vera chiave per non farsi dominare da essa, ovvero negare la propria identità (Moscarda si chiude nell’ospizio immergendosi nella natura). LA COSCIENZA E L’INCONSCIO Il titolo stesso è significativo: il vero protagonista non è Zeno, ma la sua coscienza, il suo inconscio. Riprendendo in pieno la psicanalisi freudiana, infatti, Zeno si comporterà proprio obbedendo molte volte al proprio inconscio e non alla propria volontà, compiendo determinate azioni piuttosto che altre. Per esempio, quando si descrive la morte di Guido, a dare il Veronal a quest’ultimo è proprio Zeno, che sbaglia e dà a Guido una dose superiore. Svevo, però, lascia tutto nel dubbio: non descrive in modo chiaro se Zeno volutamente abbia consegnato a Guido una dose eccessiva così da ucciderlo e vendicarsi di avergli sottratto Ada, oppure se fosse un errore non voluto. Ciò che vuole mettere in evidenza Svevo è proprio il fatto che l’inconscio molte volte subentra e guida le azioni senza che ce ne accorgiamo. Un altro di questi atti mancati è quello del funerale sbagliato: prima di recarsi al funerale di Guido Zeno sbriga delle commissioni, a causa delle quali non solo arriva in ritardo ma anche sbaglia funerale. Ancora una volta a guidare Zeno è l’inconscio: egli sbaglia funerale poiché in realtà inconsciamente non vuole partecipare davvero al funerale di Guido. TECNICA NARRATIVA La storia non è narrata secondo la fabula in modo cronologico, ma secondo l’intreccio (mescolando passato, presente e futuro) ed è organizzata in temi. Alla prefazione seguono otto capitoli ognuno con un tema. Per curare dei problemi psicosomatici, tra cui il fumo, nella prefazione Zeno va dal suo psicanalista, il dottor S, che gli suggerisce di scrivere una sorta di autobiografia, per affrontare i suoi problemi rivivendoli (quindi in pieno il metodo psicanalitico): gli otto capitoli seguono momenti fondamentali della vita di Zeno. Tuttavia, nell’ultimo capitolo Zeno ci rinuncia: capisce che questo metodo della psicanalisi non funziona come terapia e non riesce a risolvere nessuno dei suoi problemi. Abbandona la cura dello psicanalista e si reca da un dottore tradizionale per provar cure tradizionali, che però risultano vane anch’esse. Il narratore della storia è interno ed è usato moltissimo il monologo interiore: il pensiero di Zeno irrompe nel discorso ed inizia a parlare facendo salti temporali, usando parole non organizzate, come ad entrare nella sua testa. Svevo, comunque, riesce abilmente a costruire una cornice attorno a cui il monologo si muove. Tutto il romanzo gioca sulle scelte giuste e sbagliate: quello che sembra uno sbaglio, al contrario è la cosa giusta, e quello che sembra giusto è un errore. Il narratore gioca molto sul dire e non dire, ricostruisce le vicende in modo ingannevole, secondo ciò che egli stesso vuole dire per mandare il lettore in confusione. La vita è inquinata alle radici È il passo conclusivo del romanzo (all’interno del capitolo Psicanalisi).
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