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Crisi Economica e Rise del Fascismo: Fattori Strutturali e Stato Fascista, Appunti di Storia

La crisi economica degli anni '20 e la sua relazione con il rise del fascismo in italia e germania. Dei fattori strutturali, tra cui sovrapproduzione e saturazione di mercati interno e internazionale, e l'intervento dello stato per risolvere la crisi. Inoltre, viene esplorato il nuovo ruolo dello stato fascista e la costruzione dello stato totalitario, con l'identificazione tra stato e partito, e il tentativo di penetrare nella società civile.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 15/06/2019

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francesca-ricco-1 🇮🇹

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Scarica Crisi Economica e Rise del Fascismo: Fattori Strutturali e Stato Fascista e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! CRISI DEL ’29: Premesse: situazione degli Stati Uniti nel primo dopo guerra: gli Stati Uniti avevano avuto un ruolo fondamentale nella vittoria riportata da Francia Inghilterra e Italia nel corso della Grande Guerra, non avevano avuto nessun ampliamento territoriale, però da questa guerra erano usciti come la più grande potenze economica. Il vecchio continente, sia l’Inghilterra, la Germania non ricoprivano più questo ruolo egemone nel contesto dell’economia internazionale. Questo primato in ambito economico, nel dopoguerra lo ricoprono gli Stati Uniti. Crisi economica per tutti i paesi europei coinvolti nel conflitto. Gli Stati Uniti avevano fatto la guerra in un altro continente, non avevano avuto ripercussioni, la guerra non aveva comportato problemi all’interno degli Stati Uniti. Questi sono gli anni cosiddetti “RUGGENTI”, spiegati nel film come “Il Grande Gatsby”. Accanto a questi elementi positivi, elementi di fragilità della situazione degli Stati Uniti: gli Stati Uniti innanzitutto erano fortemente creditori nei confronti dei paesi alleati, per oltre 10 miliardi di dollari. Questo aveva però potato, in questo periodo, il reddito nazionale, aumenta e raddoppia rispetto al periodo prebellico, e questo causa problemi di inflazione crisi nel vecchio continente, mentre gli Stati Uniti immuni da tutto ciò. Periodo del BOOM ECONOMICO, ANNI RUGGENTI per gli Stati Uniti, crescita di tutti i settori, dall’agricoltura (il grano americano era molto richiesto anche dalla stessa Europa che stentava a riprendere e aveva bisogno di grandi quantità di rifornimento), dell’industria, il settore terziario, legato alle relazioni internazionali (perfino l’industria Ford intraprese dei trattati con l’unione sovietica), si sviluppa il sistema della catena di montaggio, e quindi un aumento ulteriore della produttività, e diffusione del benessere, perché aumentano i ceti medi: anche l’operaio, seppur a rate, può acquistare dei beni a cui prima non poteva certo permettersi, tipo la macchina, ma anche elettrodomestici (periodo in cui il lavoro femminile domestico è facilito dalla novità di elettrodomestici). Questo boom economico, porta alla scelta dei vari governi che si succedono fino al ’29, TUTTI GOVERNI REPUBBLICANI, scelta di misure liberistiche, libertà di iniziativa, lo stato non ha bisogno di intervenire. Questa situazione è stata poi definita, in seguito, “CAPITALISMO SELVAGGIO”: non c’era nessun impedimento anche alla creazione di trust o di cartelli, piena libertà di iniziativa agli imprenditori, ai commercianti anche nel settore della finanza. Questa libertà di iniziativa, non riguarda anche le relazioni internazionali di tipo economico: all’isolazionismo detto prima corrisponde la scelta di applicare dazi doganali nei confronti dei prodotti esteri (come quelli europei), per facilitare lo sviluppo del mercato interno e della produzione interna. E quindi all’interno degli Stati Uniti, capitalismo selvaggio, mentre nei confronti dell’estero la situazione è diversa: lo stato interviene con misure protezionistiche. Questo fu un ostacolo per la ripresa dei paesi europei, dal momento che gli Stati Uniti impose questi dazi doganali. In campo economico, bisogna ricordare anche un’altra iniziativa: il periodo degli anni ruggenti, corrisponde al periodo del PROIBIZIONISMO: politica adottata dai governi repubblicani, dopo il dopo guerra che vietava la vendita e il commercio degli alcolici, ma in realtà il proibizionismo comportò la diffusione della vendita sottobanco alla borsa nera e alla produzione di alcolici controllata da associazioni dei famosi gangster. Molti gangster come Al Capone, legati a filo doppio alla mafia siciliana. In realtà ci fu un colossale giro d’affari interamente gestito dalla criminalità organizzata che si diffuse largamente. Questo fatto, si amplifica ulteriormente con un fattore non più economico, ma sociale, cioè la diffusione di una mentalità perbenista, borghese che teme la diffusione negli Stati Uniti di ideologie e di persone che diffondono tali ideologie di stampo comunista. C’è quella che viene chiamata “RED SCARE” (“La paura del rosso”), cioè, con l’arrivo di immigrati dai paesi europei, si diffondano tanti aspetti negativi: politicamente ideali marxisti comunisti e anarchici, ma anche consuetudini come quello del bere, e quindi consuetudini che avrebbero fatto perdere i buoni costumi e le buone consuetudini del popolo americano. Si temeva in questo periodo che venisse corrotta la popolazione, attraverso il continuo arrivo di popolazioni e di classi disagiade, e tutto questo avrebbe corrotto la purezza dei costumi e l’identità nazionale del popolo americano. A tale riguardo si parla di SACCO E VANZETTI, due emigrati italiani che erano andati negli Stati Uniti per far fortuna, ed erano anarchici. Vengono incriminati di aver commesso una rapina ad una banca, ma soprattutto di aver sparato e ucciso delle persone nel corso delle rovine. Si creò un castello accusatorio nei loro confronti che li portò dritti alla sedia elettrica. Si capì che in realtà non erano stati loro (ma questo dopo) e vennero ufficialmente nobilitati. Ma questo accanimento portò all’adozione di misure molto restrittive nei confronti anche dell’immigrazione: se fino a quel momento porte aperte da parte degli Stati Uniti, adesso c’è questa stretta. Una politica repubblicana di conservazione, non moderata, piuttosto transigente. In questo periodo riprendono le azioni contro i NERI, e andò a colpire gli ebrei, che andavano a minare la purezza della stirpe americana bianca. E quindi anni ruggenti, ma aspetto positivo: nel dopoguerra danno il voto alle donne e anche il modo di vestire delle donne riflettono questi cambiamenti. La politica dei vari governi repubblicani non è, egualitaria, assolutamente progressista, ma è piuttosto reazionaria: cominciamo a vedere in Europa i primi esempi di Welfare, invece gli Stati Uniti, non sviluppano NESSUNA forma di assistenza pubblica, di welfare, per gli infortuni per i disoccupati, di sostegno pensionistico. E questa è un’altra cosa che provocherà alla fine una diversificazione tra gli abbienti e coloro che invece vedono i propri salari, redditi rimanere fissi, non aumentare e avere poi delle spese da affrontare in prima persona. Se io non ho uno stato che mi assiste, il mio reddito pro capite diminuisce: si viene lentamente e inesorabilmente un sempre maggiore distacco tra pochi ceti abbienti e molti classi sociali con un reddito basso. Queste 1 masse di lavoratori con redditi a malapena sufficienti non vanno più a comperare beni di consumo, perdita del potere d’acquisto dei ceti popolari. Lo stato non ha questa politica di welfare, e questa è una pecca ulteriore della scelta dei governi repubblicani. C’è anche chiusura da parte di questi governi statunitensi nei confronti dei sindacati, non c’è lo sviluppo di un movimento sindacale che si ritrova nel vecchio continente. POLITICA FISCALE: politica soprattutto basata sulla tassazione indiretta, quindi sui generi di consumi e quindi non tassazione progressiva sul reddito che sarebbe stata più equa, e quindi si andava a colpire più la classe più disagiade. Questo provocherà un lento cambiamento della situazione, con tassazione indiretta. CAUSE DELLA CRISI DEL ’29: i fattori della crisi si possono suddividere in fattori congiunturali e fattori strutturali: strutturali quelli che derivano dalla struttura economica del tempo degli Stati Uniti e quindi quelli che hanno anche radici più profonde, propri della situazione economica-sociale degli Stati Uniti degli anni ’20; i fattori congiunturali invece intendiamo quelli contingenti, non strutturali, non costituitivi, quelli che avvengono improvvisamente in un determinato settore dell’economia e quindi il fattore congiunturale sarà dovuto alla crisi della borsa di Wall Street. FATTORI STRUTTURALI: secondo gli economisti che hanno studiato questa crisi, i fattori strutturali sono riconducibili ad una crisi di sovrapproduzione intervenuta sia nell’agricoltura, nell’industria e nel commercio, una crisi di sovrapproduzione dovuta alla saturazione sia del mercato interno (non c’è più una grande richiesta negli Stati Uniti dei prodotti dell’industria piuttosto che dell’agricoltura, dovuta anche al fatto che mancando un supporto un sostegno da parte dei governi riguardo la situazione dei ceti popolari, porta queste masse a non avere più un grande potere d’acquisto e quindi se prima si erano lanciati in spese rateali per comprare beni di consumo, magari durevoli) e anche del mercato internazionale (intorno al ’27-28 l’Europa ormai era uscita dalla grande situazione immediata del dopoguerra, finalmente le industrie europee avevano ampliato i propri ritmi: tenendo conto il protezionismo, si va a creare un circolo vizioso: e quindi anche gli europei comprano da marche europee come la Citroen) e si parla quindi di crisi di sovrapproduzione, che avrà comunque delle ripercussioni anche sui fattori congiunturali: i fattori congiunturali riguardano la situazione del mercato borsistico. Crisi del ’29 crisi soprattutto strutturale. Parlare di crollo di Wall Street significa soffermarsi su una causa che è congiunturale, da cui dipenderà la Grande Recessione. Leggere a pag. 188 “i problemi strutturali dell’economia americana”. Alla fine degli anni ’20 tutto questo comincia a provocare delle conseguenze piuttosto problematiche; si inizia una crisi di SOVRAPPRODUZIONE, che riguarda sia i generi industriali che quelli dell’agricoltura. Gli Stati Uniti in varie occasioni erano i principali esportatori di grano, di mais, nei confronti dei Paesi europei. Ma dall’altro lato, c’è un eccesso di offerta e un rallentamento della domanda, sia sul mercato interno che sul mercato estero. Nel frattempo, questa crisi già iniziata prima ancora del ’29, solo nella data del “giovedì nero” porterà al crollo della borsa di Wall Street. Fattore congiunturale alla crisi finanziaria: (vedere a pag. 188 il concetto di “borsa”) la borsa è il luogo dove si svolge il mercato, la compravendita di titoli e azioni. La borsa è una sorta di mercato di titoli e azioni quotate in borsa. Un’azienda, quando si sente abbastanza solida, che per fare nuovi investimento ha bisogno di denaro, e questo denaro, lo chiede agli azionisti. Quindi, si decide di chiedere a soggetti estranei all’azienda, denaro liquido che si trasforma in azioni e queste possono salire, rimanere costanti, o scendere. Al valore dei titoli corrispondeva l’effettiva produttività dell’azienda. Al tempo, nel periodo degli anni ruggenti, la borsa di Wall Street era diventata la più importante a livello mondiale, ma non solo: il comperare titoli e azioni in borsa si era molto diffuso tra i ceti medi. Moltissimi ceti medi investono in borsa, ma non i propri risparmi, ma quello che non hanno, cioè si specula. Perché tutti gli anni ’20, grazie al boom industriale statunitense, tutte le aziende che si erano quotate in borsa avevano visto i propri titoli crescere per almeno 5/6 anni. Il fenomeno andava a gonfie vele, non c’era del resto nessun controllo da parte dello stato sull’effettiva corrispondenza del valore dei titoli, e le coperture dell’azienda stessa, e quindi chiunque poteva comprare questi titoli. Molti lo facevano acquistando i titoli tramite dei mediatori, i quali dicevano: tu non hai soldi a sufficienza per acquistare mille azioni della Cirio ad esempio, tu non li hai, ne hai solo 500? Io faccio in modo di comprarti questi titoli, facendo leva sulle banche, si compravano le azioni “a riporto”, cioè si sarebbero auto pagate con l’aumento del valore dei titoli, quindi questo punto paghi quello che non avevi pagato prima e ti resta un margine. Significava speculare sul sicuro aumento dei titoli a breve termine. A questo punto il gioco speculativo aveva funzionato e funzionò per molti anni. (SPECULAZIONE FINANZIARIA). Si comprava senza disporre di adeguati mezzi monetari, e si credeva che la crescita avrebbe garantito anche un margine di guadagno. Oltre ad innescare un processo di indebitamento collettivo, la corsa alla speculazione borsistica stornava i capitali da altre destinazioni. Inoltre, i governi repubblicani degli anni ’20 non avevano posto alcun limite alle attività speculative in borse. Nel ’29 tutti questi nodi vengono al pettine, ma sarà il crollo della borsa di Wall Street quando alcuni imprenditori cominciano a capire che c’era un’inversione di tendenza, e che era finito il periodo d’oro e quindi cominciano a ritirare i loro titoli. Si diffonde, nell’arco di poche settimane, si diffonde il panico, perché se succede ai grandi azionisti. Nel “giovedì 2 opportuno. Questo era stato portato avanti in Unione Sovietica) né minimo (che si ispirava ad un modello occidentale, e quindi uno stato che non interviene assolutamente nel mercato e nell’economia, uno stato che non controlla, tantomeno dirige. È il modello di stato liberale, che comporta l’esaltazione della libertà di iniziativa e del liberismo; è inutile che lo stato intervenga nell’economia). Keynes sostiene un nuovo ruolo dello stato: uno stato che media, che non vuole sostituirsi all’iniziativa privata, ma la controlla, per evitare che possa giungere al capitalismo selvaggio, uno stato che regolamenta le attività economiche. È la fine del liberismo assoluto, per l’interesse della collettività e società. Altra cosa: è Keynes a sostenere la modalità, per arrivare a questo nuovo capitalismo, sia la teoria dell’aumento della spesa pubblica attraverso il deficit spending, senza credere più nella tesi del bilancio in pareggio (tesi sostenuta dagli economisti della scuola liberista). La spesa pubblica poteva essere utilizzata per promuovere il potere d’acquisto delle famiglie, per far ripartire il ciclo del consumo (gli economisti classici volevano fornire sussidi all’aumento della produttività) e quindi Keynes vuole ripartire dal basso. Altre cose da ricordare: 1) risultati del New Deal in campo economico: purtroppo, fino al ’41 circa l’economia statunitense non riesce a superare la grande depressione, ancora milioni restano i disoccupati e quindi queste misure non riuscirono ad incidere nell’economia. I provvedimenti del New Deal spesso trovarono una forte opposizione in senato, e anche da parte della stessa corte costituzionale, quindi per Roosevelt non fu sempre facile. America meridionale: (vedere sintesi a pag. 206); la crisi riguarda tutto il continente americano e anche il vecchio continente. A seguire il modello nel New Deal non ci sarà praticamente nessuno, neppure la stessa Inghilterra, in cui si prenderanno dei provvedimenti abbastanza vicini a quelli prospettati da Keynes. Dal punto di vista politico, inoltre, le ripercussioni della crisi internazionale, vanno ad intaccare anche la politica. Tra le premesse della seconda guerra mondiale, c’è anche la crisi del ’29, perché porta ad inasprimento dei rapporti tra gli stati. Soprattutto, in molti stati Europei, tra cui la Germania e l’Italia tra gli effetti a livello politico, bisogna ricordare l’ascesa progressiva di movimenti politici autoritari di destra, anti-democratici, anti-liberali. Anche l’Europa dell’est, anche Spagna e Portogallo. Quindi, dopo il ’29 gli unici paesi del vecchio continente che restano fedeli agli ideali liberali saranno solamente l’Inghilterra e la Francia che avevano tradizione plurisecolari di democrazia e liberalismo. La crisi economica va a creare non solo tensioni tra gli stati, ma anche a livello politico all’interno degli stati occidentali. SITUAZIONE DEL DOPOGUERRA IN ITALIA: dalla vittoria mutilata al biennio rosso: il primo problema che viene affrontato nel corso delle trattative di pace, di fronte alle altre potenze, fu la questione dei nostri confini. L’effetto fu quello che la nostra delegazione scelse di tornarsene a casa. Nasce il mito della vittoria mutilata, di cui si fece portavoce d’Annunzio: d’Annunzio aveva infuocato le piazze nelle radiose giornate di Maggio e ottiene consensi soprattutto nel movimento dei reduci, delusi dopo la guerra: hanno problemi occupazionali, disoccupazione, inflazione, e quindi perdita del potere d’acquisto anche per chi il lavoro l’aveva. Preoccupazione dei ceti medi che temono un processo di proletarizzazione della piccola-media borghesia. D’Annunzio, non si limita a criticare con discorsi retorici dal balcone il comportamento del governo, ma il mito della vittoria mutilata lo fa con uno funzione critica nei confronti di Orlando e Sonnino cercando di diffondere la propaganda anti-liberale, e quindi nazionalista. Decide di occupare Fiume: reduci che avevano aderito al nazionalismo e anche alcuni reparti dell’esercito che preferirono ammutinarsi e seguirlo in questa impresa. E in effetti, inizia un periodo di reggenza di D’Annunzio a Fiume, la “reggenza del Carnaro”. Da Fiume aumentano i proclami: siamo riusciti noi nazionalisti a prendere Fiume, cosa che il governo, con le sue misure diplomatiche, non è riuscito a fare (leggere box di pag. 210). Questa azione di D’Annunzio porta a tendenze reazioni, anti parlamentarie QUESTA crisi politica testimonia la crisi del sistema liberale: in Italia si tengono nuove elezioni politiche perché in precedenza c’erano stati governi di coalizione, in cui varie forze politiche dovevano affrontare il problema della guerra, ma finita la guerra nuove elezioni con un nuovo sistema elettorale: nel periodo giolittiano era legato al sistema maggioritario e uninominale; nel ’19 la riforma elettorale approvazione di un sistema elettorale proporzionale: è quello che rispecchia più fedelmente quelli che sono i voti, le dichiarazioni di voto e rispecchia più fedelmente il pensiero politico dell’elettorato; e quindi anche i partiti minori venivano rappresentati. Questo sistema rende però più difficile la governabilità perché inevitabilmente a questo punto, deve portare alla costruzione di coalizioni. ELEZIONI DEL ’19: vedono la partecipazione dei precedenti partiti (liberale, socialista, nazionalisti) e un nuovo partiti, il PARTITO POPOLARE ITALIANO: quello che non era riuscito al movimento cattolico prima, riesce adesso grazie all’abolizione totale del non-expedit da parte del pontefice, con Don Luigi Sturzo: è un partito che si definì aconfessionale, cioè non accettava minimamente le interferenze, né tantomeno la guida della chiesa cattolica, partito laico come tutti gli altri; voleva essere un partito di massa, interclassista che sarebbe dovuto essere supportato da ampi strati della società (ecco perché scelse di chiamarsi popolare); un partito che metteva tra i punti del programma il suffragio universale rivolto anche alle donne; riforme in campo agrario, perché lui si proponeva come 5 partito di massa, in alternativa però a quello socialistica: se il partito socialista trovava soprattutto consensi tra gli operai, il partito popolare si rivolgeva ai contadini, prospettando una riforma agraria, e quindi migliorare la condizione di vita dei contadini anche siciliani. I risultati delle elezioni del ’19: grande successo dei due partiti di massa, perché il partito socialista ottenne il 32% di voti, e divenne il primo partito politico in Italia (ecco perché dal ’19 al ’20 saranno poi definiti dagli storici biennio rosso, perché questo risultato intimorisce e preoccupa i nazionalisti, i sostenitori di un governo forte, stanno per andare al potere i socialisti), mentre il partito popolare italiano 20%. Si parlò di una “caporetto liberale”, cioè una sconfitta della vecchia classe politica dirigente. Ciò nonostante, si formò un nuovo Parlamento che rispettava questi schieramenti, ma il governo, deciso dal re, non tenne presente questi risultati, perché diede l’incarico a NITTI uomo del governo liberale. (Vedere programma di San Babila). Nel ’19, i popolari hanno un centinaio di deputati in Parlamento e 130 fossero addirittura i deputati socialisti. Nel dopoguerra in Italia a prevalere sono i socialisti massimalisti che in questo periodo ritenevano che la rivoluzione fosse mai imminente, ma non andavano oltre queste previsioni, non si davano da fare per attuarla concretamente, ne parlavano e basta. Malgrado tutto ciò, popolari e socialisti non si alleano, e resta una maggioranza liberale al governo. In questo stesso periodo, nel ’19, a Milano, zona Piazza San Sepolcro, Benito Mussolini organizza quelli che vengono da lui chiamati “fasci italiani nazionali di combattimento”. Si rivolge questo nuovo movimento politico, che si autodefinì un “antipartito”, antiliberale, contro i socialisti, contro i popolari (e quindi contro i due nuovi partiti di massa e il nuovo partito cattolico). Mussolini era direttore del “Popolo d’Italia” e aveva sostenuto la reggenza del Carnaro e quindi la conquista di Fiume da parte dei legionari di D’Annunzio. Il programma di San Sepolcro trova adesioni in una ristrettissima minoranza della popolazione, soprattutto al Nord, e soprattutto tra i reduci degli ex combattenti e quindi piccola borghesia urbana, e quindi anche i giovani. Contenuti del programma di San Sepolcro: questo programma verrà in buona parte messo in soffitta da Mussolini, perché lo cambierà in corso d’opera pur di arrivare al potere. Prevede elementi innovativi ed elementi di carattere illiberale: innovativi perché i fasci volevano essere un’alternativa a tutti i partiti, ma soprattutto a quello di massa, ai socialisti, e quindi: 1) suffragio universale a tutti (anche alle donne), e questo è un punto democratico, 2) Repubblica al posto della monarchia, 3) riforma fiscale contro i ceti che si erano arricchiti durante il periodo della guerra, imposta progressiva sul reddito, 4) riduzione dell’orario lavorativo (come la CGIL del tempo) [addirittura nel programma si accennava alla possibilità di creare nelle fabbriche forme cogestione, potere decisionale dati ai lavoratori delle singole imprese, 5) riferimenti anticlericali contro l’egemonia della chiesa cattolica nel settore dell’istruzione a favore di uno stato laico. E quindi gli inizi sono buoni, ma poi cambia. Accanto a questi, anche spunti di carattere nazionalistico: richiamo alla costituzione di una propria forza armata. Accanto a questi inizieranno da parte dei fasci e delle camice nere, i primi episodi di violenza (nazionalismo, politica aggressiva). “LA NOSTRA DOTTRINA E’ IL FATTO”, slogan di Mussolini che si rifaceva a Sorel, di cui conosceva bene le teorie: c’è un’ispirazione anti razionalistica, quello che conta sono le azioni e i fatti. Conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalitari e illegaritari. Noi fascisti non abbiamo dottrine precostituite, la nostra dottrina è il fatto! Resta quindi un movimento elitario. Il termine “fasci” (218) Alle elezioni del ’19 il movimento dei fasci non ottiene nemmeno un deputato. BIENNIO ROSSO, TRA IL ’19 E IL ’20: Anche l’Italia, come altri stati, c’è un periodo definito poi biennio rosso, di rivendicazioni di carattere sociale ed economico. Questo fenomeno riguarda sia le campagne che le città. Nelle campagne il biennio rosso significa a Nord soprattutto rivendicazioni di carattere contrattuali portate avanti dalle leghe rosse e bianche diffuse tra i contadini: rivendicazioni che trovano spesso successo, ad esempio contratti che non avevano soltanto la durata di poche settimane o mesi, e quindi organizzazioni sindacali che anche tra i contadini si rafforzano, ottenendo, grazie ai sindacati, risultati spesso positivi. Questo provoca nei possidenti, inasprimento, nei confronti di queste rivendicazioni. Al sud invece, nelle campagne, i sindacati non sono forti come al nord, e questo causa occupazione delle terre da parte dei contadini. Ovviamente qui non sono seguiti dai sindacati e questo trova sbarramento e questo provoca ancora più preoccupazioni da parte dei proprietari terrieri. Tutte questi tentativi di occupazioni vengono puniti e considerati reato. Il fenomeno quindi si esaurisce in questo biennio. Nelle città nel ’19 periodo di inflazione, disoccupazione e altro (tutto quello detto prima), difficoltà, crisi nella nostra economia, e quindi rivendicazioni salariali da parte dei lavoratori dell’industria. Aumenta il numero degli operai iscritti ai sindacati. CGIL era su posizioni riformiste. Nelle città gli scioperi si susseguivano frequentemente e il più famoso, e l’ultimo, fu uno sciopero indetto dalla FIOM (lavoratori dell’ambito metalmeccanico), che faceva parte della CGIL. Gli industriali di questo settore decidono di reagire a questa ondata di scioperi, in modo drastico, con la dichiarazione della serrata dei cancelli delle fabbriche: quando lo sciopero finisce, troverai il cancello sbarrato. Venne effettuata una minaccia di serrata, non sappiamo nei particolari chi l’adottò perché significava una perdita anche per l’industria. Sta di fatto che 6 la proclamazione della serrata ebbe come risultato non previsto dalla FIOM, l’occupazione da parte di alcuni lavoratori legati ad una nuova corrente del partito socialista guidata da Gramsci e Bordiga, questi lavoratori del settore metalmeccanico decisero di occupare le fabbriche (settembre del ’20). L’iniziativa dell’occupazione delle fabbriche non venne presa dalla FIOM, che guardò a questo fatto prendendone le distanze, ma prospettata da politici (Gramsci e Bordiga che era una corrente del socialismo massimalista ma che si stava distaccando dal partito perché Gramsci e Bordiga sostenevano che anche in Italia si poteva concretizzare la rivoluzione in modo simile a quello fatto in Unione Sovietica). Gramsci, Bordiga fonderanno il nuovo partito comunista italiano. All’inizio erano ancora all’interno del partito socialista, ma si identificavano come ORDINE NUOVO, che si richiamava al modello sovietico. Bisognava occupare le fabbriche e creare degli organismi simili ai soviet, i CONSIGLI DI FABBRICA: (PAG.212) commissioni composte dai rappresentati dei dipendenti di un’azienda; i loro membri erano eletti da tutti i lavoratori, compresi i non iscritti al sindacato, e i loro compiti spaziavano dalla contrattazione su alcuni aspetti del processo produttivo alla vigilanza sull’applicazione delle leggi in materia di diritti dei lavoratori. L’occupazione delle fabbriche (questi erano dotati anche di armi, anche se non ci furono episodi di violenza), nel triangolo industriale: in queste settimane i lavoratori che occupavano erano senza paga, restarono isolati dagli altri settori dell’industria. Questo non avvenne se non in pochissimi casi, perché sapevano che non concordavano e avevano paura di perdere il lavoro; inoltre non arrivavano più dall’estero le commesse e quelli che volevano far funzionare da soli le aziende non riuscivano, perché mancavano tutti coloro che dovevano far funzionare. Tutto questo provocò il fallimento di questa occupazione delle fabbriche, anche perché nel frattempo, al governo, era tornato per il suo ultimo e quinto ministero, GIOLITTI: ovviamente (’20-’21) affronta la situazione come sempre, senza far intervenire militarmente le truppe, cercando invece la mediazione: inizia trattative. Il fenomeno si esaurisce con delle promesse mai realizzate da parte del governo di miglioramenti sindacali. Per tutti questi motivi l’occupazione delle fabbriche si esaurisce con un nulla di fatto. Preoccupati adesso sono anche gli industriali. Altre iniziative di Giolitti in politica estera: concluse il trattato di Rapallo con un compromesso con la nascente Iugoslavia la questione di Fiume: Fiume città libera, né italiana né Iugoslava. E quindi Giolitti fa intervenire l’esercito perché costringe D’Annunzio e i suoi ad andarsene. L’Italia ottenne tutta l’Istria e la città di Zara. La Dalmazia continua ad essere assegnata alla Iugoslavia. Non ottiene Fiume. Cerca inoltre, senza riuscirgli di introdurre delle riforme come l’imposizione dell’obbligo della nominatività dei titoli azionari o riforma fiscale progressiva sul reddito, e quindi iniziative di carattere sociale-economico contro chi aveva fatto nel periodo della guerra (pesce cani) ricchezza. Queste iniziative non vennero portate a termine, anche se lui avrebbe voluto, perché sentiva l’esigenza di equità sociale in Italia. Purtroppo Giolitti fu il primo uomo di governo a legalizzare il movimento dei fasci, perché si pensava che si poteva legalizzare il movimento dei fascisti per riportare l’ordine e frenare l’avanzata sia del partito socialista che del partito popolare. Lui pensava che si poteva strategicamente utilizzare le squadre fasciste per rafforza il partito liberale. Da questo momenti in poi, dal ’21, avremo quello che gli storici hanno definito “BIENNIO NERO” tra ’21 e ’22, ascesa del fascismo al potere. Si apre dopo l’occupazione di fabbriche con un fatto che viene giustamente messo in rilievo: l’assalto fascista al municipio di Bologna: in precedenza c’erano state da parte delle camice nere varie azioni eversive soprattutto nelle campagne (pag. 217 “Lo squadrismo fascista”). L’episodio culminante fu l’assalto del municipio di Bologna, dove si era appena insediata una giunta socialista (Bologna, Emilia Rogna, Toscana avevano visto un’ascesa del partito socialista), e per impedire questo arrivano le camice nere, che vogliono occupare e assalire il municipio di Bologna, per smantellare la giunta. Ovviamente dall’interno del palazzo i socialisti rispondono, ci sono dei morti anche tra gli assalitori (e quindi visti da Mussolini come degli eroi che avevano sacrificato la propria vita), ma anche azioni di ritorsione, con l’Eccidio di palazzo di Accurzio. Si nota mancanza di intervento da parte delle autorità. C’era Giolitti, che avrebbe dovuto mantenere l’ordine; si parla proprio di una “tacita connivenza” da parte dei singoli prefetti e delle autorità governative, dovuta alla persuasione che in fondo il fenomeno fascista, il fenomeno delle camice nere era circoscrivibile, era anzi sfruttabile/strumentalizzabile per rafforzare l’autorità statale contro le tendenze socialista, contro l’avanzata delle tendenze di sinistra. Faceva comodo servirsi degli squadristi che mettevano a tacere l’opposizione, le cooperative, le leghe, a livello locale (soprattutto nell’Italia centro-settentrionale) perché andava a garantire il mantenimento dell’ordine dell’autorità liberale (era in funzione anti-socialista e quindi lui andava a favorire ciò). Questi si erano armati di proprie truppe/milizie, non era una forza politica che accettava completamente le istituzioni parlamentari, si sottovalutò questo. Il programma del movimento dei fasci giocava sull’ambivalenza di formule, era un movimento piuttosto ambiguo sotto il profilo ideologico; quindi, certi punti del programma, volevano strappare consensi nello stesso elettorale che in precedenza era vicino ai socialisti, e quindi ambiguità di questo antipartito, “bivalenza di formule”. A questo punto siamo intorno al ’21, ed è necessario ricordare un fatto: nel ’21 ci sono 3 fatti a breve intervallo l’uno dall’altro: 1) Congresso di Livorno del principio socialista: Gramsci, Bordiga, Togliatti, Tasca che costituiscono il partito comunista italiano e si staccano dal partito socialista. Questo fatto preoccupa e indebolisce il partito socialista, perché questi si erano staccati dal partito e dall’altro preoccupa anche ulteriormente la classe dirigente italiana e anche, non solo gli agrari, ma tutti i possedimenti e gli industriali. Il fascismo, da fenomeno che riguardava soprattutto le campagne, che erano sostenuto dagli agrari, si diffonde ulteriormente e trova ulteriori finanziamenti anche dagli 7 nuovo Parlamento con una stragrande maggioranza di fascisti. 356 seggi a fascisti e ai loro sostenitori del listone, su 535 totali. Dopo questo risultato, in Parlamento, ci fu un unico deputato che osò dire che il risultato elettorale non era valido, Giacomo Matteotti, fondatore del PSU, che ebbe il coraggio di dirlo pubblicamente, perché ottenuto con violenze e minacce: dopo pochi giorni Matteotti sparisce. Il suo cadavere verrà ritrovato dopo alcuni giorni, ed era stato un omicidio politico. Giacomo Matteotti si scoprì chi erano stati gli esecutori dell’omicidio ed erano degli squadristi/ fascisti, ma per quanto interrogati, non rivelarono mai se questo omicidio avesse come mandante Mussolini. L’omicidio Matteotti segna una svolta, cioè la fine definitiva dello stato liberale in Italia. A questo punto, inizia a crearsi indignazione, si esce da quello stato di apatia ed indifferenza, si accorgono dell’errore compiuto, e prendono posizione: ci sarà un moto di indignazione spontaneo dell’opinione pubblica nazionale si cui si faranno portavoce tramite i mass media della stampa dell’epoca (La Stampa, il Corriere della Sera), si fanno portavoce di questo moto che avrebbe dovuto portare il governo di coalizione a dimettersi. C’è questo ultimo tentativo, però questo non si tradusse in iniziative politiche concrete. Molti intellettuali tra cui Benedetto Croce che avevano ritenuto che il fascismo potesse essere ricondotto nell’ambito delle istituzioni, ne comprende finalmente la vera natura e si dissocia: dopo il ’25 scriverà il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”. Anche per far credere che comunque in Italia non c’era un regime dittatoriale Croce continuerà a manifestare la sua avversione al fascismo; diverso invece per altri intellettuali che saranno costretti al confine come Levi, o uomini politici costretti al confine o uccisi, quando la loro manifestazione diventava politica. Questo manifesto era successivo al “Manifesto degli intellettuali fascisti”. (Gentili sarà il rappresentante del fascismo). L’omicidio Matteotti provoca una spaccatura: perché molti intendono dissociarsi con il governo, tra questi molti popolari, uomini di varia tendenza, i quali operano una scelta molto discutibile, secessione dell’Aventino (in ricordo di un episodio della storia romana): la secessione significa che liberali, esponenti del partito popolare, sociale, più partiti di minoranza, non vogliono più entrare in Parlamento, dimostrando così la loro protesta contro il governo. Nobile la secessione dal punto di vista morale, ma con effetti negativi sotto il profilo politico e pratico, perché non c’è più opposizione in Parlamento, l’andarsene via significa da una parte indignazione, ma non produce nessun effetto concreto sulla politica. Gli unici che furono contrari e che non operarono questa scelta furono gli esponenti del partito comunista, ma erano pochi in Parlamento e quindi non potevano costituire una vera e propria opposizione. Il fascismo quindi va avanti non soltanto per la forza del proprio movimento ma anche grazie la debolezza di quelle forze che avrebbero dovuto opporsi. A parte i comunisti, tutti gli altri schieramenti politici del tempo fanno parte di questa scelta. E il re? come aveva conferito l’incarico a Mussolini nel ’22, avrebbe dovuto toglierlo. Invece prende tempo, non fa trapelare nulla del suo pensiero, aspetta che la situazione si calmi da sola. Passano alcune settimane, continuarono le violenze fasciste, e l’azione del re fu di mantenere tutte le cose come stavano. Molti dell’Aventino avevano scelto la secessione perché rimandavano al re la responsabilità di togliere l’incarico (in questo periodo la Prassi Parlamentare viene meno). Crisi delle istituzioni politiche dello stato italiano e il re continua a comportarsi come se nulla fosse successo, e non lo convoca. 3 gennaio del 1925: Mussolini, sicuro ormai della situazione, va di fronte al Parlamento e tenne un discorso. Da questo discorso, secondo gli storici, si passa dal fascismo al governo (era un governo di coalizione), al fascismo che diventa un vero e proprio regime e comincia a costituire un regime non solo autoritario, ma un regime che lo stesso Mussolini definirà TOTALITARIO: un regime che si differenzia alle dittature del passato per alcune sue caratteristiche. Pag. 250 documento 3: nel ’22 “Discorso del Bivacco”, quando Mussolini dice, di fronte ai parlamentari “avrei potuto trasformare questa camera in un bivacco di manipoli” cioè in uno strumento per mantenere il mio potere, ma non l’ho fatto, almeno per ora. Dice che l’avrebbe già potuta utilizzare la sua forza per destabilizzare il potere. Lui sta negando le azioni delle camice nere; “violenza che non può essere espulsa dalla storia”, una violenza giustificata. “Violenza intelligente cavalleresca” e legittima l’uso della violenza, “risolutiva e chirurgica”; alla riga 27 frase importante che segna lo spartiacque di questi due periodi del fascismo, fino alla fine della seconda Guerra Mondiale circa: ammette in modo spudorato che lui solo si assume ogni responsabilità sotto il profilo politico, morale, storico di tutto quanto è avvenuto (e quindi ammette anche l’omicidio Matteotti), e questo è un qualcosa di inaudito, ma sapeva di poterlo fare ormai. Quello che si nota una spudoratezza, “se il fascismo è stata un’associazione a delinquere, io ammetto di esserne stato il capo”. Lui sta ammettendo che nel momento in cui loro se ne sono andati, adesso agirà lui e l’unica soluzione è la forza (fa riferimento al fatto che lui aveva preso posizione nei confronti di quei singoli “ras” che avevano compiuto azioni di violenza senza il beneplacito del governo; “Il fascismo, governo e partito”: tra partito fascista e governo dello stato italiano da questo momento in poi ci sarà una sempre più forte identificazione, questo porterà alla formazione del PARTITO UNICO, come in precedenza era successo in Russia. Nell’ultima parte del discorso sono indicati valori a cui si appella per giustificare l’uso della violenza: l’Italia vuole la pace, la calma laboriosa; il fascismo ora ha compiuto una scelta: viene meno l’aspetto eversivo e pseudo rivoluzionario che fino a questo momento aveva mantenuto e mantiene soltanto la facciata di rispettabilità: noi garantiamo ordine e pace all’interno della società italiana. Gli agrari e gli industriali, oltre che molti esponenti della piccola borghesia, sosterranno questo progetto. Altro termine fondamentale è “Amor di patria”; questi ideali dovrebbero nobilitare l’azione del fascismo. 10 COSTRUZIONE DELLO STATO FASCISTA: Questo fu l’obiettivo del nuovo regime fascista: a livello politico abbiamo una sempre maggiore compenetrazione tra l’istituzione del partito nazional fascista e gli organi dello stato. già nel periodo precedente abbiamo 1) la costituzione della milizia volontaria per la sicurezza nazionale che era stato un modo per legalizzare gli squadristi; 2) costituzione del gran consiglio del fascismo che comincia ad avere attività di controllo sullo stesso potere legislativo. Da questo momento saranno elaborate delle leggi, chiamate da MUSSOLINI LEGGI FASCISTISSIME, che non doveva essere soltanto politica (identificazione sempre più stretta tra il fascismo e lo stato), ma che doveva anche essere un’opera di fascistizzazione nei confronti della società civile, attraverso non solo repressione, ma anche propaganda. (L’organizzazione del consenso, non soltanto, la repressione del dissenso). Questa è una differenza di fondo tra un regime totalitario e i precedenti regimi dittatoriali del passato. Perché? Perché ormai siamo in una società di massa in cui bisogna, per restare al potere, anche avere il consenso da parte delle masse, e questo lo si poteva fare solo attraverso la propaganda; si condiziona la mente e non ci sono alternative possibili (proprio attraverso la filosofia riservato solo ai giovani liceali che facevano questa scelta, lo studio del latino e della filosofia in alcuni casi è uno spiraglio che si apre per opporsi ad un regime di questo tipo. Leggere alcuni classici e pagine di filosofia, poteva essere al tempo un modo per formare contro il fascismo le menti). Come principale ideologo c’è Alfredo Rocco e la riforma del codice penale che ovviamente reintroduce la pena di morte, dopo che, durante il periodo della sinistra storica era stata proprio l’Italia a toglierla dal proprio codice, ma ora viene reintrodotta (codice Rocco), e accanto ad essa, la restrizione della libertà di associazione, fine della libertà di sciopero (a livello politico e sindacale) ad eccezione di quella fascista e la pena del “confino”, cioè intellettuali, dissidenti antifascisti potevano avere questa pena, cioè andare in località isolate come Eboli, e in alcune isole e gli si impediva ogni possibilità di contatto con altri, è una pena alternativa al carcere (esilio forzato). Molti dissidenti scelsero la via dell’esilio all’estero, perché costretti. 1 riforma: Mussolini diventa capo del governo: prima era “Presidente del consiglio dei ministri” e faceva riferimento a delle istituzioni parlamentari, ma adesso verrà meno il principio basilare di uno stato di diritto, della separazione dei poteri; è il potere esecutivo che si rafforza e viene meno l’autonomia del potere legislativo. Il capo del governo ha anche il potere legislativo (i famosi “decreti legge”, che smantelleranno dall’interno la costituzione cioè lo statuto albertino che aveva garantito comunque uno stato liberale e la prassi parlamentare; lo statuto era infatti una carta flessibile e non rigida, quindi in un governo come quello fascista. Ad esempio nello statuto c’era il principio della separazione del potere, ma questo viene cancellato con nuove norme). Il parlamento viene privato del suo potere. Quello che differenzia il regime fascista da quello nazista e comunista, è il fatto che Mussolini resterà sempre il “Duce”, il capo del governo, e non si sostituirà mai alla figura del re, che resterà per tutto il periodo. Ecco perché Vittorio Emanuele III viene considerato il principale responsabile di tutto. INOLTRE, Mussolini, per quanto riguarda l’esecutivo, si assumerà l’incarico degli esteri e degli interni e quindi non c’è diversificazione delle cariche. Il capo del governo diventa quindi responsabile, come era previsto nello statuto, solo nei confronti del re. 2) riforma amministrativa: ulteriore accentramento amministrativo, con la sostituzione dei podestà ai sindaci. I sindaci erano diventati di nomina elettiva, mentre i prefetti di nomina governativa, ma questo non stava certamente bene al governo fascista, e quindi i sindaci sostituiti dai podestà, che erano degli uomini di partito, fascisti fedeli a Mussolini. Ovviamente a livello di province restavano i prefetti, ma anche quelli scelti tra i fascisti. 3) aumentano le funzioni riservate al partito che diventa strumento di controllo e propaganda. Il partito fascista diventerà un vero e proprio ministero della cultura popolare; in realtà era un modo del regime fascista di controllare anche qui i mass media del tempo. 3) i sindacati: siamo sempre nel ’26, e sono da considerare parallele: abbiamo da un lato, per quanto riguarda i sindacati, una graduale abolizione di tutti i sindacati ad eccezione di quelli fascisti, e quindi lotta contro la CGIL (che raggruppava tutti i lavoratori); viene stretto dalla confindustria, un patto, patto di Palazzo Vidoni tra esponenti della confindustria e i fascisti. La confindustria riconobbe come controparte legittima soltanto i sindacati di categoria del fascismo. In automatico la CGIL è costretta a sciogliersi. Importante un documento programmatico fatto da Rocco e Gentile, e dà inizio al CORPORATIVISMO FASCISTA. Nel ’26 costituisce il partito unico, abolendo il pluralismo politico, e diventa Mussolini capo di governo e capo di stato. Questo porta alla repressione del dissenso, si ristabilisce la pena di morte, e carcere per i dissidenti politici. Viene creato un nuovo tribunale “per la sicurezza della patria”, ma in realtà era un tribunale che riguardava soltanto i reati politici, aver fatto propaganda contro il fascismo, OVRA, che indica una sorta di polizia segreta volta alla ricerca degli antifascisti. Accanto, nelle leggi fascistissime altri provvedimenti: campo economico, contro l’azione dei sindacati: la confindustria riconosce come validi i sindacati di categoria fascisti e questo porterà di fatto allo scioglimento della CGIL. Nel’27, c’è un documento programmatico, elaborato da Gentile e Rocco, chiamata “CARTA DEL LAVORO”: documento interessante perché detta le linee (non ha funzione applicativa, solo teorica) della nuova politica economica fascista; il fascismo si propone di seguire una terza via alternativa (una è quella del capitalismo, l’altra era stata quella socialista e sovietica): la terza via proposta dal fascismo è chiamata CORPORATIVISMO: (pag. 225, vedere glossario) il corporativismo riprende dal passato questa idea, rinascita di associazione di mestiere, diversificate per categoria e ogni corporazione comprende insieme sia i datori di lavoro che i lavoratori: ovviamente non essendoci 11 più né partiti né sindacati oltre quelli fascisti, queste corporazioni hanno come rappresentanti soltanto fascisti. Quindi, all’interno di ogni singola corporazione, quando venivano discussi i problemi di lavoro, c’era ovviamente un’egemonia da parte degli imprenditori nei confronti dei lavoratori. Anche i lavoratori rappresentati erano comunque fascisti. Quindi questo sistema era solo ispirato ai valori dell’interclassismo. Pace sociale tra datori e lavoratori, interclassismo, via ai conflitti tra i proprietari e i lavoratori. Inoltre, altra cosa importante, oltre questo falso interclassismo, è dato dal fatto che le corporazioni dovevano prendere decisioni rispettando non gli interessi di categoria, perché il fine ultimo del sistema corporativo era dato dal primato degli interessi della nazione, della patria, dello stato, rispetto anche agli interessi delle singole categorie. Quindi, tutte le decisioni dovevano essere effettuate nel superiore interesse della collettività della patria. Ecco perché la carta del lavoro è programmatica, perché alla fine non si conclude con nulla di fatto, anche perché non si costituirono immediatamente delle corporazioni, ma in anni successivi, senza che poi rivestissero un ruolo centrale nell’economia italiana. Il corporativismo, resta, almeno tra i propositi, una terza via applicabile, con il fine del benessere dello stato. (Gentile, neoidealista, trova supporto nella concezione politica hegeliana alla base dello stato fascista, nel rapporto uomo-stato di Hegel). Libertà di stampa: è attuata concretamente, pur mantenendo una falsa libertà di stampa, cioè: vengono mantenute tutte le principali testate nazionali (come ad esempio il Corriere della Sera, la Stampa), quindi non è come Lenin che blocca completamente tutti i giornali di opposizione e c’è soltanto la PRAVDA, che faceva trapelare soltanto ciò che voleva. Prima di dedicarsi all’attività politica, Mussolini, da maestro elementare era diventato un giornalista, il direttore dell’”Avanti”, quindi conosceva bene il sistema: Mussolini mantiene la testata e cambia la redazione e quindi mette come caporedattori uomini fedeli al proprio partito; inoltre venivano mandati quotidianamente dal governo dei dispacci chiamati “VELINE”, che erano le notizie che il governo far pubblicare in prima pagina, mentre notizie di cronaca nera, non si trovavano assolutamente le incursioni di violenza fasciste, ma soltanto ciò che serviva per elogiare il regime. Scompaiono molto spesso anche qualsiasi omicidio (che continuavano ad essere), perché si voleva dare l’idea che con il fascismo in Italia non ci fossero più problemi di ordine pubblico. L’ultima misura importantissima, l’ultima delle leggi fascistissime, è del ’28 ed è una nuova RIFORMA ELETTORALE: Dopo tutte queste leggi e la costituzione del partito unico, non aveva più senso la precedente legge, di stampo maggioritario. Il regime sente il bisogno di passare ad un sistema elettorale sostanzialmente PLEBISCITARIO: il gran consiglio del fascismo che era subentrato ormai al Parlamento (che non esisteva più), era incaricato di stilare un’unica lista ovviamente composta unicamente da fedeli fascisti, un unico listone e di conseguenza non si poteva scegliere, era già espressa una graduatoria di preferenze sempre dall’alto. Andando alle urne i cittadini potevano scegliere tra due possibilità: una scheda che si distingueva dall’altro bianca perché era tricolore. La scheda bianca significava votare no, e quindi essere un antifascista, e venivi subito scoperto perché se sceglievi la scheda bianca venivi subito notato, perché la scheda tricolore era votare a favore del listone unico. E quindi si veniva subito individuati; grande fu l’affluenza durante le elezioni del ’29, e a supportare il consenso della popolazione al nuovo regime, ci sono anche i “patti lateranensi”. Mussolini sarà definito dal pontefice un uomo “della provvidenza”, perché aveva posto fine alla questione romana. Grande fu il successo dei fascisti durante l’elezione del ‘29: il 98% dei voti, ci fu il massimo consenso al regime fascista. (Mussolini dopo il ’29 perde consensi per la crisi economica, dopo le leggi razziali che non troveranno consenso né dalla Chiesa né da alcune persone della popolazione, e alla fine con l’entrata in guerra dell’Italia) PATTI DEL LATERANO: Il consenso lo si era ottenuto grazie al fatto che si erano stretti i rapporti con la chiesa cattolica, e a tal proposito: la Chiesa ha da sempre ricoperto in Italia un ruolo non soltanto spirituale, ma ha influenzato anche le scelte politiche. Mussolini prese posizioni nei confronti del partito popolare, Sturzo sceglie la via dell’esilio perché era malgradito anche nei confronti della chiesa e Pio XI. Mussolini nel programma aveva rinunciato al suo anti-clericalismo e aveva intrapreso già da tempo una politica di buoni rapporti con l’istituzione della Chiesa cattolica. Mussolini, abilmente, vuole riprendere i rapporti stato-chiesa. Una serie di colloqui portano ad una commissione mista, che elabora il testo dei patti Lateranensi. È un accordo bilaterale che sostituisce la legge “delle guarentigie”. Ecco perché venne definito Mussolini da Pio XI, “l’uomo della provvidenza” e quindi si influenzò l’opinione pubblica dato che la maggioranza della popolazione era cattolica. I patti si distinguono in 3 trattati: 1) trattato internazionale: perché riconosce la piena sovranità dello stato pontificio anche se circoscritto all’area del Vaticano, c’è un riconoscimento ufficiale da parte dello stato fascista, e anche il Vaticano riconosce ufficialmente lo stato italiano (questo in precedenza non c’era stato); RECIPROCO RICONOSCIMENTO DELLA SOVRANITA’ POLITICA E TERRITORIALE; inoltre c’è una convenzione finanziaria per la quale lo stato italiano, riconosceva un’importante indennità finanziaria a tutti quei territori espropriati in precedenti, e quindi un risarcimento economico (la chiesa era stata privata in passato di molti territori e lo stato dà quindi un’indennità finanziaria in cambio di queste perdite), ma la parte più importante è quella chiamata 3) CONCORDATO: il concordato regolamenta su basi nuove il rapporto stato-chiesa: si riconosce come religione ufficiale dello stato italiano, la religione CATTOLICA (fine del principio della laicità dello stato e fine dell’aconfessionalità dello stato). Le altre religioni sono tollerate ma sono inferiori rispetto al cattolicesimo a cui sono riservati vari privilegi in vari settori: ad esempio il clero cattolico non era 12 fascista…). I ceti medi avvantaggiati anche dalla politica di burocratizzazione, impiego pubblico visto come impiego sicuro. Politica demografica: negli anni ’30 distinzione di ruoli e di genere, la moglie non deve lavorare ma deve stare a casa, e questa politica venne applaudita dalla Chiesa cattolica del tempo e fare figli. Vengono quindi privilegiate le famiglie numerose: avevano diritto ad ottenere case, ma li ottenevano quei lavoratori che avevano un nucleo famigliare più ampio. Addirittura per i celibi venne imposta una tassa. L’idea però di fondo era che grazie all’aumento demografico l’Italia tornerà a ricoprire un ruolo importante tra tutti i paesi europei, perché in un periodo di crisi economica, poi i figli crescono e si trovano di fronte al problema della disoccupazione. Uno degli effetti negativi si tradusse in un aumento del divario tra nord e sud: iniziano i flussi migratori da sud verso nord alla ricerca di un’occupazione. Politica estera: ambivalenza, bifrontismo. La politica estera viene giudicata ambivalente perché si può dividere in 2 periodi: uno che va fino al ‘34/’35 in cui Mussolini vuole far diventare l’Italia Una grande potenza a livello internazionale attraverso la DIPLOMAZIA: nel periodo tra il ’23 e il ’34, prima della politica coloniale, Mussolini è considerato un garante dell’ordine e della pace in Europa, insieme a Francia e Inghilterra (persino Churchill in un primo momento lo vedeva in questo modo). A testimonianza di questa volontà di inserire tra i paesi più rappresentativi in Europa abbiamo dei fatti: nel ’24 Mussolini riesce a ottenere con trattive diplomatiche con la Jugoslavia, l’annessione di Fiume all’ Italia. I nazionalisti a questo punto confluiranno in massa all’interno del partito dopo questo risultato che era in linea con le loro intenzioni. Nel ’25, abbiamo il “trattato di Locarno” e tra i promotori dell’accordo e i garanti del suo rispetto c’è lo stesso Mussolini che garantisce il rispetto della distensione. Addirittura, nel ’34 abbiamo un altro fatto: c’è stato un tentativo da parte di Hitler, che era già al potere dal ’33 di invasione dell’Austria: Mussolini manda subito delle truppe dell’esercito sul confine italo-austriaco, verso il Brennero, non solo, ma intima a Hitler di fermarsi e di retrocedere, altrimenti, l’Italia sarebbe intervenuta a difendere l’Austria. Hitler retrocesse, perché aveva capito che ci sarebbero state delle conseguenze maggiori. Anche qui cantò vittoria sempre Mussolini, e uomini come Churchill lo vedeva come un sostenitore degli ideali di pace. Dal ’35, la svolta è data dalla scelta di riprendere la politica coloniale: perché siamo andati in Etiopia? Mussolini, nel ’35, pensava di avere ormai mano libera sulle sue scelte di politiche estera, aveva già dimostrato il proprio valore in Europa e pensava di bilanciare questo successo europeo, riprendendo una politica imperialistica. I temi erano i soliti: nazionalismo, mito dell’Italia che doveva avere il proprio posto al sole e lottare contro le nazioni plutocratiche, ma anche interessi di alcuni settori industriali e poi anche lotta alla disoccupazione: significava poter trovare lì una fonte ai problemi dei contadini, dei disoccupati, che avrebbero potuto coltivare terre e bonificarle. A livello propagandistico si fece leva sul mito della nazione proletaria, ma anche sulla ripresa del mito classicista della Roma imperiale, nel periodo della sua massima espansione, riprende i fasti dell’antica Roma, e addirittura ci si richiama alla tradizione politica di un periodo determinato per giustificare quella che restava un’impresa anacronistica. [L’Italia aveva aderito alla società della Nazione, e non doveva continuare con una guerra ingiustificata] Anche grazie all’aiuto/uso di gas asfissianti nei confronti anche della popolazione indigena, l’Italia riuscì in un breve periodo ad avere la meglio e nasce di qui l’IMPERO DELL’AFRICA ORIENTALE ITALIANA. Vittorio Emanuele III diventa quindi imperatore e conseguenze di questa guerra: sono conseguenze purtroppo importanti, nel senso che, 1) la politica di embargo porta a stringere relazioni inizialmente di tipo commerciale con la Germania hitleriana: Hitler infatti offre il proprio aiuto all’Italia che si trovava in difficoltà per il reperimento di materie prime come l’acciaio ma ovviamente queste relazioni da commerciali si fanno nel ’36 nell’ASSE ROMA-BERLINO, ed è un effetto di questa guerra in Etiopia: con “asse” non si intende un’alleanza militare, ma un’alleanza a livello ideologico tra questi due regimi che riconoscono di avere a livello programmatico e politico molte affinità. L’asse Roma-Berlino si tradurrà poi in un intervento fascista e nazista a sostegno delle truppe franchiste (Francisco Franco) nella guerra civile spagnola. Dall’altro lato, dopo questa alleanza, in Italia, (’38) verranno presi i primi provvedimenti razziali contro gli ebrei. Adozione di una politica antisemita in Italia: nel nazionalismo e nella società italiana non c’era mai stato in forma esplicita e collettiva un sentimento razziale e razzista, affiancato ad una politica antisemita. E quindi anche il nostro nazionalismo non si era mai basato su sentimenti razziali e razzisti. Ora, c’è l’influsso della politica antiebraica, che erano un punto base sia nel nazionalismo tedesco, sia nel programma del nazismo da parte di Hitler, che lo espone nel “Mein Kampf”. Quindi la si deve vedere in una politica di subordinazione di Mussolini nei confronti di Hitler. Già dal Medioevo agli ebrei veniva impedito il possesso di beni immobili, e quindi si erano dovuti dedicare ad altre professione, e vi era quindi l’intento di colpire queste ricchezze. La politica antiebraica comincia nel ’38 preceduta, nel periodo della conquista dell’Etiopia, un’ideologia razziale rivolta a rivendicare il primo della nostra “razza ariana” in quanti italiani, si pensava appartenessimo alla razza ariana, rispetto alle popolazione della Abissinia (vedere pag. 245), considerati inferiori e per questo giustamente soggiogabili. Vi erano addirittura articoli di scienziati del tempo, che testimoniavano questa purezza della razza. Poi questo stesso impianto ideologico si è rivolto nei confronti degli Ebrei. Prima c’è, nel luglio del ’38, viene pubblicato IL MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI RAZZISTI, firmato da alcuni scienziati italiani: ed essendo stato firmato da scienziati, molti ci credevano, e ne erano convinti molto di più. Si fa riferimento addirittura al fatto che gli ebrei non fanno parte della razzia ariana. Dopo questo documento, nel 5 settembre ’38, vari provvedimenti chiamati LEGGI PER LA DIFESA DELLA RAZZA. Altra cosa è la trasformazione di questo razzismo in leggi/provvedimenti adottati dallo stato e validi per tutti: ogni proprietà venne espropriata ma 15 questo per interessi di natura economica; se un ebreo aveva delle proprietà immobiliari veniva espropriato di ciò dallo stato italiano. Altri provvedimenti riguardavano l’istruzione scolastica: i bambini ebrei da un giorno all’altro non poterono andare più a scuola e anche gli insegnanti ebrei persero il posto; furono impediti i matrimoni misti e non considerati validi quelli già effettuati. La cosa incredibile è che erano provvedimenti scritti, firmati non soltanto dal capo del governo, ma controfirmati dal re, perché quello che differenzia il regime fascista dal regime nazista è il fatto che Mussolini ha mantenuto in vigore l’istituzione della monarchia e questo perché lo statuto albertino, essendo una costituzione flessibile, consentiva di smantellare l’impianto di una monarchia costituzionale. Per i provvedimenti non ci fu un’unica legislazione, iniziarono ad essere promulgati nel ’38 e portano alla scelta di mandare gli ebrei in Italia nei campi di concentramento dislocati in varie zone, inizialmente intesi come campi di lavoro, ma dopo il ’40, si trasformano in campi di programmato sterminio. La posizione della Chiesa? Bisogna differenzia: la posizione ufficiale non fu né molto chiara né molto forte, essendo il Pontefice legato a Mussolini, “l’uomo provvidenziale”; dopo ci sarà un’enciclica in cui si prese posizione non nei confronti di Mussolini, ma nei confronti di Hitler. Diversa è la situazione del clero, perché molti sacerdoti, in modo autonomo e con molto coraggio aiutarono per quanto possibile gli ebrei, spesso contravvenendo alle direttive del papato. Interpretazioni del fascismo: Furono varie e spesso diverse tra loro, comunque sia si deve partire dall’interpretazione data da Benedetto Croce, che è importante ma con molti limiti: il fascismo viene definito come una malattia, un “morbo” intellettuale e morale, prima ancora che politico, che doveva essere estirpato e guarito e che dovrebbe riportare il corpo dello Stato e della società Italiana in uno stato di guarigione. A tale riguardo, un’altra definizione fornita dallo stesso Croce del fascismo, è quella di una “parentesi” nella storia politica italiana, che potrebbe sembrare alquanto riduttivo; con questo giudizio critico verso il fenomeno da parte dello scrittore si intende però la storia precedente dell’Italia una storia positiva, senza vedere come il fascismo sia nato e abbia avuto origine proprio nelle carenze e nella crisi dello stato del suo tempo: è una posizione di conservazione e un giudizio che ha un valore morale, in primis in onore della libertà che in questo periodo è stata corrotta, ma non è un giudizio negativo del prima, in cui comunque c’erano limiti e carenze, quindi e quindi non è un giudizio approfondito sotto l’aspetto storico-politico (Documento PDF, Croce: è un giudizio alquanto limitato, in quanto vede solo alcuni aspetti del programma teorico fascista, evidenziandone soprattutto le contraddizione e il mancato richiamo al principio della libertà; l’idea di Croce è di tornare allo stato monarchico liberale precedente, senza un’analisi critica del periodo storico). Altri giudizi di questo periodo, dei contemporanei, sono quelli provenienti non dall’area liberale, a cui apparteneva lo stesso Croce, ma da personaggi come Rosselli e Gobetti, intellettuali che caratterizzano il fascismo vedendolo in diretta relazione col processo di unificazione italiano, definendo perfino il fascismo come “autobiografia della nostra nazione”, e quindi rintracciando nei vizi congeniti del sistema politico italiano la possibilità, poi avverata, di fondare poi un regime totalitario: è infatti vero che nell’unificazione era mancata la partecipazione delle masse e il movimento dal basso, così in Italia, come in Germania; a questo si aggiungevano le debolezze della classe borghese e dello stato del tempo. Il fascismo, come abbiamo già detto, è quindi salito al potere anche per le mancanze delle masse e delle istituzioni che avrebbero potuto evitarne l’ascesa. Rosselli, più pesantemente, afferma anche che il fascismo rappresenta i “vizi congeniti” del popolo italiano, come quello di Guicciardini (tema del particolare e dell’individualismo e di servilità verso i potenti). Una terza corrente storiografica è di matrice marxista, con Tasca, Toiatti e lo stesso Gramsci, che cercherà di dare una definizione del fenomeno del fascismo leggendolo in chiave marxista come “regime reazionario di massa”, perché ha cercato di mantenere il potere con la ricerca del consenso. Essi vedono il fascismo collegato agli interessi alcune classi, cioè dirigenti, agrari e industriali, che avevano favorito l’ascesa durante il periodo dell’Italia liberale. Gli studi sul fascismo sono ripresi dopo la seconda guerra mondiale da un punto di vista più storico e imparziale, non da uomini che hanno vissuto dentro l’esperienza del regime: un giudizio fornito da Hannah Arendt si occupa del fascismo nel suo saggio sul totalitarismo, e stabilirà che sia stato un regime totalitario ma con differenze dal regime nazista e stalinista, tanto che partendo da questa sua posizione, si trovano poi in seguito nella storiografia contemporanea, Acquarone e Gentile, che hanno definito il fascismo una forma di “totalitarismo imperfetto o anche incompiuto”, per due motivi: il fatto che Mussolini sia il duce, ma resti sopra di lui sempre il re, senza mai assumere il ruolo di fuhrer, e poi il fatto che il fascismo abbia dovuto sempre consentire una certa autonomia al ruolo della Chiesa Cattolica, anche nel settore educativo (p. 309). Si deve infine ricordare e leggere le tesi molto discusse di Renzo De Felice, uno storico, che in un breve saggio “Intervista sul Fascismo” distingue tra il fascismo-movimento e il fascismo-regime, in quanto il primo sia stato un movimento rivoluzionario da parte della piccola borghesia, mentre il secondo un regime dispotico e totalitario: questa distinzione secondo alcuni sembrava giustificare certi aspetti del fascismo, pur non essendo assolutamente De Felice di stampo fascista. Pag. 312: una formazione liberale e democratica. È una posizione che dovrebbe essere piuttosto parziale e oggettiva, in realtà ha fatto scaturire tante critiche anche nei suoi confronti, dimenticando che la sua formazione da storica era di 16 matrice democratico-liberale. Lui non solo vede il legame tra fascismo e totalitarismo e mette in rilievo la differenza tra fascismo e regimi autoritari e mette anche in rilievo la differenza tra fascismo e regime totalitario. La sua tesi più celebre riguarda una distinzione all’interno del fascismo: 1) fascismo dei fasci di combattimento (fascismo MOVIMENTO), fino al ’25, escluso il delitto Matteotti e il discorso di assunzione di responsabilità di fronte al parlamento da parte di Mussolini. Un fenomeno politico, che voleva dare diritto di parola ai ceti medi, che nel dopoguerra, non si sentivano rappresentati più dal partito liberale e nemmeno dai partiti di massa che si erano costituti, quello popolare, quello socialista e comunista. Il programma dei fasci: il movimento dei fasci si proponeva come “movimento eversivo” nei confronti dell’istituzione e un anti-partito, perché si giocava ideologicamente sia su presupposti di carattere sociale, esca per catturare voti nell’ambito delle masse popolari, e altre che riprendevano caratteri di carattere nazionalistico, tutto perché il fine giustifica i mezzi. De Felice dà invece questa lettura. Mussolini conosceva bene queste tematiche perché era prima un socialista e la sua formazione era di sinistra, e non di destra. Il programma del nuovo partito nazionalfascista (fonde insieme i nazionalisti dannunziani e il programma del partito già nel ’21) e non era ancora andato al potere, era diventato clericale e aveva ripreso il modello imperialistico. La distinzione tra pubblico e privato in questo periodo viene meno. De Felice giudica questo aspetto come l’intento di ricercare la mobilità da parte delle masse, ma erano mobilitazioni passive, organizzate dall’alto, non spontaneo, non si voleva sempre essere secondo i canoni imposti dal fascismo. Pag. 312 lettura (leggere bene): lui ha colto e messo in evidenza questa volontà di rinnovamento, alla base del fascismo movimento. Mussolini creando il partito fascista, dopo il ’25, riprende un tipo di potere non nuovo, che non ha nulla di innovativo, ma anzi, è molto tradizionale. Fascismo movimento: rispecchia la volontà di innovazione dei ceti medi, della piccola borghesia. Il fascismo come fenomeno che ha avuto la sua base sociale fondamentalmente sulla “piccola borghesia”, che attraverso il fascismo, voleva portare avanti un programma innovativo e diventare classe dirigente, quindi non quei ceti medi che non vedevano nei partiti del tempo rappresentate le proprie esigenze. Dicendo questo, mette in secondo piano De Felice (per questo venne criticato) il rapporto tra fascismo/regime e grandi agrari e grandi industriali. Non erano stati gli agrari a finanziare le camice nere, perché non ne tiene conto? C’è una posizione polemica anche nei confronti delle istituzioni. Fa riferimento anche al corporativismo, valorizzandolo, dicendolo che ci sono tentativi di mediazione, non di conflittualità tra datori di lavoro e lavoratori. SITUAZIONE DELLA GERMANIA E AVVENTO DEL NAZISMO Dalla crisi del marco fino al periodo di Stresemaan e che diventa ancora una potenza. Clima di distensione, perché ammessa nella società delle Nazioni, sotto ogni profilo, sembrava che la repubblica di Weimar potrebbe riprendere il suo sviluppo: modello di costituzione democratica perché si fondava sul pieno riconoscimento del suffragio universale. Però in questa costituzione c’era un aspetto che darà la possibilità dell’affermazione di un regime autoritario. (Era una repubblica di tipo presidenziale: presidente eletto direttamente dal popolo a suffragio universale, il presidente poteva addirittura sospendere in caso eccezionale alcune libertà e quindi alcuni diritti civili (e quindi il potere del presidente non era solo simbolico, ma anche effettivo); inoltre, il presidente poteva nominare il governo senza la necessaria maggioranza del parlamento, sempre in caso eccezionale, di emergenza. Quindi era piuttosto pericoloso assegnare questi poteri al presidente della repubblica. (Ovviamente notevoli le differenze sostanziali rispetto alla costituzione dell’Italia del tempo, lo statuto). Il partito nazista si era già costituito; breve periodo in cui Hitler stette in prigione e scrisse il Mein Kampf. L’ideologia nazista è rimasta quella enucleata fin dalle origini, non ci sono cambiamenti, come per il fascismo. Pag. 346: ideologia hitleriana, enucleata sia nel programma che nel Mein Kapmf: 1)grande Germania: si voleva creare un’unione di tutti i tedeschi, anche verso est, un’unione di tutti i tedeschi in un unico grande stato, pangermanesimo (ripresa di un’ideologia nazionalista) che significava non accettare il trattato di Versailles e cercare di ricostituire in un unico stato la Prussia orientale che era stata divisa dal resto della Germania, proprio dal tratto di Versailles, ma significava anche riprendersi territori abitati da popolazioni tedesche verso sud, l’Austria, tutto in uno slogan: “ricerca dello spazio vitale verso est”. Alla base di questi punti, c’è l’idea di mantenere la purezza della razza ARIANA. Concetto di razza ariana sul glossario a pag. 265: a questa razza non appartengono solo i tedeschi, ma ne manifestano le caratteristiche, e per questo dominante. Quindi, sia sul piano biologico, che sul piano intellettuale e culturale, tanto è vero che Hitler favorirà sempre il ritorno alle tradizioni più antichi del popolo, per esaltare questo ruolo di potenza, di forza, popolo “atto al dominio”. Quindi ideologia di questi punti della politica, il mito della razza pura e questi sono visti come dei punti programmatici in linea con il mito della purezza della razza ariana. I popoli slavi appartengono ad una razza non ariana. Da qui deriva l’altro punto programmatico: 2) antisemitismo: non era nuovo in Germania, perché ne si era già parlato a proposito del nazionalismo, ora però c’è un’aggiunta: contestualizzazione fatta da Hitler, non solo gli ebrei appartengono ad una razza non pura, ma inoltre lui parla di un complotto ebraico richiamandosi alla leggenda dei protocolli dei savi di Sion, che era stata ripresa già in precedenza, non era nuova, per far credere alla masse ignoranti, che gli ebrei avevano complottato, già durante la guerra, per favorire la sconfitta della Germania, in questo modo avrebbero potuto prendere loro il potere e il complotto, anche per finalità economiche. Gli 17 della razza ariana. Venivano distinti con stelle di colore diverso: la stella gialla indicava gli ebrei e ce ne erano altri. Altri aspetti del terzo reich: il terzo reich diventa veramente un regime totalitario. Ideologia del capo, dotato di personalità carismatica, il furer capo supremo del popolo tedesco. C’è un legame diretto tra Hitler e il popolo, che viene incarnato quasi nella sua persona; è lui che riesce ad interpretare le esigenze del suo popolo, senza la mediazione di altre istituzione (non serve il Parlamento, c’è il furer) ed è il corrispettivo del duce. Hitler strinse dei concordati: io vi lascio la libertà di culto, a patto che voi accettiate tutto quello che succede, in cambio del silenzio, ma i testimoni di Geova non vollero. Se non si accettava questo da parte dei singoli sacerdoti, si aprivano le carceri, perché visti come oppositori del regime. Repressione del dissenso, e si riprese quello che Mussolini aveva iniziato a fare in Italia: nasce un ministero della propaganda e ci sono personalità in ambito culturale che curano con minuzia tutti i particolari, perfino scenografici, per esaltare il ruolo del terzo reich. C’era addirittura una donna che divenne la più famosa regista. Il suo lavoro si concentrò sulla radio: l’obiettivo era duplice: si doveva entrare nel quotidiano del popolo, al fine di creare l’indottrinamento (nazificazione della società) e qui nasce il “fronte della gioventù” e le olimpiadi del 36 celebrarono la potenza del regime a livello mondiale. Creazione del “fronte del lavoro” e il termine stesso fa capire che si vuole creare una sorta di interclassismo tra imprenditori da un lato e operai dall’altro; nel contempo si potenzia l’industria pesante soprattutto finalizzata all’industria bellica (che rientra negli obiettivi della politica estera). E nei confronti della classe operaia cosa viene fatto? Anche in questo movimento c’è del populismo, apertura alle richieste dei lavoratori e anche della stessa classe operaia. La classe operaia fu blandita dal regime, con una serie di misure che valsero a riassorbire la disoccupazione e a restituire nuove forme di assistenza sociale. Il regime nazista fu un in grado di garantire un lavoro a tutti quelli che non l’avevano anche grazie alla militarizzazione della classe operaia tedesca. C’è un certo controllo e interferenza dello stato, non certo per creare un capitalismo più democratico dove con il New Deal di Roosevelt. Questo ci fa capire che siamo ancora nell’ambito del consenso. I ceti medi furono rassicurati dalla restaurazione dell’ordine, affidandosi anche a questa politica di espansione estera. Politica estera: già delineata nel “Mein Kampf” di Hitler, una politica di ricerca dello spazio vitale, contraria al trattato di Versailles, perché nelle clausole del tratto di Versailles e della pace punitiva, ci sono poi le basi della politica che porterà alla seconda guerra, quindi una politica aggressiva (fine della politica di distensione internazionale che era continuata fino a questo periodo); la Germania esce dalla Società delle Nazioni, quindi non voleva accettare il concordato internazionale per risolvere eventuali controversie. Altra disposizione: ripristino della leva obbligatoria: erano state imposte delle limitazioni, e Hitler va contro queste clausole del trattato di Versailles e comincia a far propaganda, trovando anche molti consensi, perché la politica di espansione verso est non è soltanto caratterizzata dal principio del razzismo ma anche un altro motivo c’è alla base, un motivo politico: salvaguardiamo l’ordine europeo dalla minaccia del comunismo sovietico, quindi in funzione antibolscevica, anticomunista. Concetto di populismo (pag. 199): i leader interpretano veramente quelli che sono gli interessi del popolo, delle masse, non c’è bisogno di accorrere al regime di rappresentanza, questo è inutile/superfluo e anche rivolgersi al regime parlamentare. Nelle società contemporanee il populismo per la sua carica demagogica ha sempre fatto da elemento di legittimazione di regimi totalitari e autoritari. CONCETTO DI TOTALITARISMO (pag. 266): questa è una definizione teorica che elenca quelle che sono le tematiche di fondo di un regime totalitario. Quello che differenzia il regime totalitario, da quello autoritario è dato dal fatto che i totalitari si sviluppano solo nel 900, con lo sviluppo della società di massa . Idea di un capo carismatico che rappresenta gli interessi della popolazione, senza alcuna mediazione; ricerca del consenso, utilizzazione della propaganda, dei mass media. Dicendo tutte queste caratteristiche, sono riferibili soltanto a regimi di destra? No, perché potrebbero essere riferibili anche a quello che era già avvenuto in Unione sovietica. Primo regime con caratteristiche di totalitarismo si sviluppo in Unione sovietica, anche se non ci fu l’utilizzo dei mass media come in Germania e in Italia. (Fine del pluralismo politico). Questa affinità di fondo, tra regimi molto diversi senz’altro, è stata individuata per la prima volta, in un suo saggio “Sul totalitarismo”, da un’intellettuale ebrea, Hannah Arendt (pag. 300). I tratti distintivi del totalitarismo, e il termine è stato usato addirittura da Mussolini in senso positivo (leggere pag. 298): Giovanni Amendola, che ha proposto la secessione dell’Aventino perché era antifascista, è stato lui il primo a dare un’accezione vicino a quella moderna di totalitarismo, per indicare la presenza onnipresente del fascismo che voleva entrare in qualsiasi affare della vita, andando a creare un’identificazione tra stato e partito. In questa introduzione, si vede come tratto caratteristico del totalitaristico, si vede l’uso repressivo, del terrore e della violenza come costante di tutti questi regimi, ma non basta questo per definire al meglio il termine e quindi, per capirlo meglio vedere pag. 300 (“Le origini del totalitarismo”, leggere bene): [studiò filosofia, Hannah, ebbe come docente all’università Heidelberg, con cui ebbe anche una relazione che si interruppe però in seguito all’adesione di questo al regime nazista, cosa che lei non condivise; andò negli Stati Uniti e ritroviamo la sua voce con la pubblicazione della “Banalità del male”, in cui lei aveva seguito come giornalista tutto le udienze, di un capo delle SS, che aveva 20 compiuto tante atrocità, nascondendosi dietro la parvenza di uomo comune che fa il suo dovere, e ha individuato questa banalità apparente, cogliendo un lato oscuro della personalità di ciascuno di noi. ] Lettura del brano “Sulle origini del totalitarismo”, in cui sia stata la Arendt a parlare del consenso da parte delle masse, definite “stupide”: nessun gruppo che presenta interessi e ideologie ben precise e quando si vuole piacere a tutti si fa populismo. “Massa apatica o stupida”, nel senso che non comprende quali sono i reali meccanismi che poi influenzano chi sostiene queste teorie di stampo totalitario, si fanno guidare con entusiasmo, pensano di aver trovare chi capisce veramente i loro problemi concreti. Quindi, movimenti contro ovviamente il sistema partitico precedente e contro il sistema che si vuole cambiare. La massa viene definita come “somma di individui”, non una comunità, non c’è senso di affiatamento, è un qualcosa di quantitativo, non qualitativo, individui privi di un’identità specifica, gli individui non hanno infatti interessi e aspirazioni comuni, non si identificano in un partito, in un’idea, in un obiettivo da raggiungere e sono assolutamente indifferenti all’attività politica, non sono stati abituati a riferirsi alle istituzioni e a questa massa costituisce la base sociale dei regimi totalitari. Ostilità nell’idea di rappresentanza. I partiti tradizionali, non totalitari, non avevano mai dato importanza a queste masse, che erano sempre rimaste al di fuori, e pensavano che queste masse apatiche (riferimento ai partiti di massa precedenti) non contassero nulla, che fossero neutrali e formassero solo uno sfondo. La massa si sente protagonista in un regime totalitario, perché il capo ne rappresenta gli interessi e difende e porta avanti le loro aspettative, escono dall’anonimato questi individui che non si riconoscevano in nessun partito politico (in realtà altri storici hanno parlato sì di mobilitazione delle masse, ma in realtà si tratta di una mobilitazione passiva, perché le decisioni sono sempre prese dall’alto, le masse si sentono rappresentate dal capo e non delegano più ai partiti o al paramento, ma direttamente al capo, non andavano in piazza a protestare ma si limitavano ad inneggiare o al furer o al duce, perché si sentivano protagonisti). Riferimento alle tesi di un intellettuale, Schmidt che intorno agli anni ’30, fa questa sua interpretazione del fenomeno del totalitarismo, dicendo che i precedenti stati, di stampo liberale, si erano sempre basati sulla distinzione hegeliana tra società civile da un lato e stato dall’altro, si passava attraverso un contratto sociale tra tutti gli individui che poi delegavano a qualcuno la propria volontà. In un regime totalitario cambia invece l’identificazione tra stato e partito (una delle prime caratteristiche importanti), ma subito dopo si è passati ad una successiva identificazione, un processo più lento, quello tra lo stato partito e la società civile , questo tentativo di penetrare profondamente, e il regime totalitario si fa credere una vera e propria democrazia popolare, perché basata sul consenso delle masse. (Friedrich e Brenscisky e da parte di questi due autori, i punti basilari di uno stato totalitario: avere un’ideologia, un partito unico, usare il terrore, avere il monopolio dell’informazione, il monopolio della forza e delle armi, e avere anche il controllo delle attività produttive della nazione, quindi anche un intervento non solo nella società, ma anche nell’economia). Si continua con le interpretazioni del fascismo. Può essere considerato un regime totalitario? De Felice (lettura a pag. 312), quindi, anche se accusato di essere un revisionista, non bisogna dimenticare le sue origini culturali, veniva da un’ideologia forte come quella del marxismo. Nella letteratura definisce cosa intende per fascismo movimento, che voleva farsi portavoce di istanze di rinnovamento e cambiamento e quindi un qualcosa di rivoluzionario nel fascismo, perché vuole costruire qualcosa di nuovo. Alle origini, il fascismo ha rappresentato le esigenze di determinati ceti sociali, mentre poi, quando si è trasformato in regime è stato la dittatura di un unico personaggio, Mussolini. La sua tesi è: ha un aspetto etico perché riguarda gli ideali e anche le aspettative dei ceti medi emergenti; è stato quindi un fenomeno di classe, ma non la piccola borghesia, ma una nuova borghesia, che dopo la 1 guerra, vuole diventare la nuova classe dirigente, perché non si trova più rappresentata dagli altri partiti politici. Sostenendo questo accosta il fenomeno fascista, al concetto di totalitarismo? No, non c’è questo aspetto nel fascismo movimento, potrebbe esserci nel fascismo regime, ma lui intende questo quando era al potere Mussolini. Acquarone: è lui il primo a dire che il fascismo può essere considerato una forma di totalitarismo mancato (fare una lettura veloce); parla prima del rapporto tra la corona, e tratta anche all’analisi del rapporto fascismo-chiesa cattolica. Totalitarismo incompiuto, sottolineando che nelle intenzioni, il termine totalitarismo è stato utilizzato da Mussolini, e rimanda all’idea di uno stato forte, anzi, fortissimo. Acquarone dice che ci sono stati dei limiti. TESI DI EMILIO GENTILE che si richiama a quella di Acquarone: studioso del fascismo ed è tornato indietro rispetto ad Acquarone; totalitarismo sì, ma non incompiuto, ma imperfetto, come tutti i regimi totalitari, perché in non tutti vi è stata un’identificazione tra … e società civile dall’altro. Secondo lui, si parla di “cesarismo totalitario”. In questo periodo, negli anni ’30, gradualmente ci sarà uno sviluppo di regimi autoritari (e non totalitari), in Europa, sia nell’area Balcanica e Danubiana sia anche nell’area mediterranea e nella penisola iberica. Resteranno come stati democratici e liberali Inghilterra e Francia. In questo periodo c’era stato l’involuzione in senso autoritario con il regime di un generale favorito dalla monarchia De Rivera (Spagna), mentre in Portogallo ci sarà il regime di Salazar, che guarderanno al regime di Mussolini. SITUAZIONE DELL’UNIONE SOVIETICA: (pag. 271) le premesse del regime totalitario erano già state date con Lenin, perché già prima della sua morte si era costituito un partito unico e questa è una delle caratteristiche 21 fondamentali di un regime totalitario. C’era stata già la repressione del dissenso e la ricerca del consenso, ma con Lenin era prevalsa la soppressione. Il regime diventa totalitario con l’avvento di STALIN AL POTERE. Stalin è uno pseudonimo, che significava “acciaio”, proveniva da una famiglia di contadini della regione della Georgia e aveva assunto un ruolo importante come funzionario del partito, quindi non tanto per le sue doti politiche o di organizzatore come Tronsky, ma aveva un ruolo nell’apparato burocratico. Quando c’era stata la malattia di Lenin e già erano cominciate le lotte per il potere, Lenin aveva detto che secondo lui Stalin era meglio evitarlo, e non di farlo diventare capo. I soviet erano diventati semplici strumenti nelle mani del partito, non avevano alcun ruolo decisionale, e nel momento in cui Stalin va al potere, il controllo è tutto nelle sue mani. Altra teoria sostenuta da Stalin e fonte di contrasto ideologico con Tronsky, che verrà estromesso, e malgrado l’esilio arriverà in Messico e lì verrà raggiunto da un sicario mandato da Stalin che lo uccide: l’idea di un socialismo in un solo paese, che è il contrario di quell’idea sostenuta da Tronsky della rivoluzione permanente. Secondo Stalin, bisognava non portare avanti l’idea della rivoluzione in altri paesi europei, ma bisognava consolidare il regime sovietico, in modo che l’unione sovietica diventasse un modello per gli altri stati, e in modo che si portasse avanti un processo di autonomia anche dal punto di vista economico dal resto dell’Europa. Tronsky invece condivideva l’idea della rivoluzione permanente, secondo cui sarebbe un errore isolare la situaizone, bisogna cercare consensi e far sì che la rivoluzione riguardi altri stati europei. In conseguenza di ciò espulsione di Tronsky e campo libero per Stalin che diventa capo dell’URSS OLTRE che segretario nazionale del partito: e quindi un incarico di partito di unico che si identifica con l’incarico di presidente. Da questo momento, nel ’25, si porta avanti un programma economico radicalmente diverso rispetto alla NEP, che viene messa da parte nel ’28, con lo slogan “contadini, arricchitevi”, che aveva portato anche esiti positivi, aveva risollevato il paese da quella situazione di gravità e aveva dato spazio anche ai ceti medi nelle città, ma anche nelle campagna ripresa dei cosiddetti culachi, agiati rispetto alle condizioni di estrema povertà in cui versava la maggior parte dei contadini. Qual è il programma economico: abolizione delle misure della NEP perché tanto erano provvisorio e quindi realizzare in pieno il programma di collettivizzazione delle terre e delle industrie (quelle delle banche nazionalizzate era già stato fatto). Questo programma, rientrava nella costruzione del socialismo in un solo paese, perché doveva far sì che l’Unione Sovietica diventasse indipendente nell’approvvigionamento di beni rispetto agli altri paesi europei, non solo, ma che riprendesse una politica di esportazione dei propri beni nell’agricoltura, e i propri prodotti industriali in Occidente, quindi un programma molto ambizioso, pur restando nell’ambito del socialismo. Secondo Stalin, abbandonata la NEP bisognava procedere ad elaborare da parte del partito, i cosiddetti piani quinquiennali: il primo parte nel ’28 e finisce nel ’32 e quindi copre quel periodo che invece riguarda la crisi del ’29, che valgono per tutto il resto dell’Occidente ma non per l’Unione sovietica. I partiti comunisti che nascono in Europa guardano l’Unione sovietica positivamente. Con la collettivizzazione, i contadini che si erano acquistati un pezzettino di terra, quando seppero che dovevano cederlo allo stato, molti di essi non volevano farlo, erano renitenti alle richieste del partito e di Stalin. La collettivizzazione fu forzata: andava con l’esercito e nei confronti di quei contadini che non volevano cederlo allo stato, si procedeva con l’esproprio, e i mezzi adottati: o mandati nei campi di lavoro (gulag) oppure fucilati nei casi estremi, e ci fu quindi un massacro di contadini operato in questo periodo e addirittura risultò poi che erano alcuni milioni. La misura meno violenta fu la requisizione forzata delle terre e di tutti i beni, per dar luogo ai kolkos (accanto c’erano di sofkos, aziende totalmente statali e quindi i contadini che lavorano qui erano stipendiati dallo stato. I “kolkos” che in precedenza avevano un certo margine decisionale, perdono il loro carattere di collettività/comunità con potere decisionale, perché anche questi devono seguire le direttive imposte dall’alto, dovevano garantire allo stato un quantitativo di produzione di grano, piuttosto che di altri generi agrari, non erano stipendiati dallo stato, ma erano subordinati ad esso). Bukarin che aveva protestato, perché aveva sostenuto la NEP viene considerato traditore della causa, e processato. La collettivizzazione forzata produsse un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, che erano ancora presenti nel periodo di Lenin vennero deluse pienamente dalle decisioni dei piani quinquiennale, perché dovevano lavorare molte ore al giorno, con una disciplina quasi militare. L’ideale fu quella del modello stakanov, un minatore che venne riconosciuto come eroe del lavoro, perché aveva trovato un modo per lavorare di più estraendo una quantità enorme di ferro e carbone, e quindi veniva visto un modello da seguire e quindi sfruttamento. Inoltre, si riuscì ad aumentare la produttività delle campagne a prezzo però di violenze, di sacrifici imposti alla totalità dei contadini, perché secondo Stalin, in questo modo il grano, i cereali sovietici sarebbero stati nuovamente esportati all’estero e così fu: in questo periodo, l’unione sovietica diventa la principale produttrice di questi beni e supera la produttività del periodo pre- rivoluzionario. Ma questi risultati non servivano soltanto per l’esportazione (che significava avere valuta estera e aumentare gli introiti), ma a sua volta doveva servire per finanziare un progetto di industrializzazione anche nella produzione industriale, rivolta non soltanto ai beni di consumo, ma anche una volta industria pesante, per produrre anche beni strumentali (trattori), che venivano dalle industrie della Ford, e ora sono prodotti in patria. Quindi i risultati dell’agricoltura servono a loro volta per questo progetto che doveva rendere l’Unione Sovietica il primo paese al mondo nel campo industriale e sarà così; ma anche costruzione di infrastrutture, ferrovie che collegassero le varie repubbliche sovietiche, ma anche industria bellica. Inoltre, la politica di requisizione delle terre, venne portata avanti anche con altri strumenti, le cosiddette carestie artificiali. 22
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