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La crisi del dopoguerra, il "biennio rosso" e l'ascesa del fascismo., Appunti di Storia

La crisi del dopoguerra, le elezioni del 1919, socialisti e nazionalisti, il "biennio rosso", l'ascesa del fascismo, la marcia su Roma, le elezioni del 1924 e l'omicidio Matteotti, totalitarismo ed ideali fascisti, la condizione femminile durante il fascismo, le leggi razziali del 1938, effetti del fascismo sull'economia e sulla politica estera.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 13/03/2021

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Scarica La crisi del dopoguerra, il "biennio rosso" e l'ascesa del fascismo. e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! La crisi del dopoguerra, il “biennio rosso” e l’ascesa del fascismo: Crisi economica e vita quotidiana: L’Italia era uno degli stati vincitori della grande guerra ma, nonostante ciò, la sua situazione economica dopoguerra non era delle migliori. Nacque il fenomeno dell’inflazione: ci fu un aumento significativo dei prezzi dei generi di prima necessità perché venivano importati da paesi esteri, salì così l’indebito con i paesi che esportavano e la moneta venne svalutata (più il debito è alto più la moneta perde valore). Questo contesto ebbe conseguenze sulla vita quotidiana delle persone, nacquero manifestazioni di protesta contro il carovita che diventarono vere rivolte nell’estate del 1919. Un altro problema fu la disoccupazione, con la fine della guerra le industrie di armamenti o forniture dovettero convertirsi ad altro, era un processo lungo e nel frattempo chi era stato assunto veniva licenziato. Le proteste di operai e contadini: Le manifestazioni coinvolsero i lavoratori colpiti principalmente dalla crisi: operai, impiegati e contadini: dipendenti che ricevevano stipendio fisso e che non possedevano terre proprie. Gli operai diedero vita a sindacati operai che organizzavano scioperi contro l’aumento dei prezzi e per chiedere aumenti salariali e la riduzione delle ore di lavoro. I contadini invece volevano ottenere più terre da coltivare, stategli promesse prima della disfatta di Caporetto. Chiesero il loro arruolamento in cambio di terre da coltivare. La promessa non fu mai mantenuta perché i proprietari terrieri non volevano suddividere le proprie terre. Portò soprattutto nel meridione l’occupazione delle terre incolte, si formarono leghe contadine che con le loro lotte riuscirono ad imporre ai proprietari terrieri: aumenti salariali, imponibile di manodopera (numero dipendenti proporzionale al terreno agricolo) e il controllo del collocamento (modalità di assunzione del personale). Il conservatorismo del ceto medio: Nella crisi del dopoguerra i ceti medi, tra cui gli impiegati, invece, avevano una situazione molto simile a quella degli operai, tuttavia ritenevano di avere una posizione nettamente superiore alla loro, molti infatti ad esempio erano stati ufficiali di guerra, perciò si erano abituati al potere. Rinnegavano e vedevano con ostilità qualsiasi idea ed iniziativa delle classi operaie e contadine. Durante la guerra gli impiegati sostennero il nazionalismo e l’interventismo a differenza degli operai che furono più neutralisti, per questo nel dopoguerra si diffusero nel ceto medio posizioni politiche conservatrici ed il rafforzamento del movimento socialista. Suffragio universale e partiti di massa: Nel dopoguerra si passò da un parlamento formato da esponenti liberali, quindi con idee e posizioni molto diverse tra loro, ai partiti di massa. Dopo il suffragio universale maschile la politica cominciò ad essere dominata da organizzazioni con ideologie ben precise, struttura stabile e presente su tutto il territorio. Dal sistema maggioritario al sistema proporzionale: Si passò da un’elezione uninominale ad una proporzionale, favorendo così anche i partiti di più piccole dimensioni. Elezioni del 1919: Il partito socialista ebbe la maggioranza relativa, al secondo posto si colloca il partito popolare fondato da Don Luigi Sturzo. Tutte le altre liste di ispirazione liberale furono costrette a governare con il sostegno di deputati cattolici. I socialisti: Fondato nel 1892 si era rafforzato grazie al legame con CGL (confederazione generale lavoratori), il sindacato operaio e la Federterra. Il partito era diviso al suo interno in:  Riformisti: guidati da Filippo Turati, riforme per i lavoratori progressive senza rivoluzioni.  Massimalisti: (la maggioranza) proponevano un modello di rivoluzione come quella russa senza dare indicazioni su come attuarla in Italia. I nazionalisti: Tra i socialisti e popolari c’erano anche i nazionalisti. Gruppo politico che movimento la popolazione ad entrare in guerra, come riferimento abbiamo il poeta Gabriele D’annunzio. La loro posizione si riassume in “vittoria mutilata”: nonostante riottennero vari territori dalla guerra i nazionalisti rivendicavano la città di Fiume e le colonie della Dalmazia, prevista per l’appunto nel Patto di Londra del 1915. L’impresa di fiume: il 12 Settembre 1919 Gabriele D’Annunzio occupò fiume e tenne la città sotto il proprio controllo per più di un anno. Conclusa con il contratto di Rapallo, Fiume città libera e alcune isole della Dalmazia divennero italiane. Le occupazioni del 1919-20: il “Biennio Rosso”: Gli anni 1919-20 vengono ricordati come il “biennio rosso”. La protesta più clamorosa del 1920 fu l’occupazione di molte fabbriche di Milano, Torino e Genova. Contemporaneamente continuavano le occupazioni delle terre. Al contrario di come molti pensarono, Giolitti; era convinto che non era possibile un’eventuale Rivoluzione e che le proteste si sarebbero spente da sole, quindi decide di non reprimere gli occupanti con la violenza. Ebbe ragione, dopo alcune settimane la CGL chiese agli operai di interrompere l’occupazione in cambio di aumenti di salario. Il fascismo al potere: Le origini del fascismo: Nel 1919 Benito Mussolini fonda un nuovo movimento politico: Fasci di combattimento (da Fasci littori: simbolo vittoria). Il programma iniziale era eterogeneo e fondeva elementi “di sinistra” con quelli nazionalisti. Si presentavano come repubblicani, anticlericali e ultrademocratici (rivendicando il diritto di voto per le donne, giornate lavorative di 8 ore, …). In realtà erano antidemocratici e antisocialisti, si propose subito come avversario del partito socialista opponendo l’esaltazione della patria, dell’ordine e dell’autorità. Nel 1921 diventa un partito “Partito nazionale fascista” che si fuse con quello nazionalista nel 1923. La violenza come strumento di affermazione politica: Caratterizzavano il partito fascista: la composizione per lo più di giovani ex militari come Mussolini stesso e l’uso su larga scala della violenza contro gli avversari politici. Centinaia furono i morti a causa delle violenze fasciste, che miravano ad umiliare gli avversari prima ancora di eliminarli (olio di ricino= purga). Dall’autunno 1220 si organizzò uno squadrismo, squadre strutturate militarmente e caratterizzate da: camicia nera, fez (berretto con pendenti) e mostrine col simbolo del fascio littorio o del teschio. I fascisti non nascondevano la propria violenza ma la rivendicavano come “sana” manifestazione di forza contro la debolezza dei governi liberali. Le azioni dei fascisti si rivolsero inizialmente contro i movimenti di protesta dei contadini, poi attaccarono anche nelle città guidate da sindaci socialisti. Le forze dell’ordine di fronte alla violenza fascista risulta spesso esitante o addirittura connivente. Il fascismo assunse il controllo dell’informazione grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione come la radio ed il cinema; la propaganda che mostrava ed esaltava Mussolini ed il fascismo era ovunque, su giornali radio e cinegiornali. Inoltre, ogni volta che Mussolini parlava in piazza, venivano organizzate delle adunate dette “oceaniche” per l’enorme numero di persone che partecipavano. Le organizzazioni di massa e i giovani: Il fascismo cercò di creare il maggiore consenso tra i giovani. In ogni classe era presente un ritratto di Mussolini e le scuole elementari adottavano il libro unico in cui il fascismo veniva continuamente esaltato. Infine, venne organizzata l’opera nazionale Balilla, che aveva come fine l’educazione fisica e morale dei bambini e dei giovani fino ai 18 anni di età. Un’attività educativa con caratteristiche militari incarnava perfettamente il pensiero del movimento. La condizione femminile: Nonostante, in primo luogo vennero proposti miglioramenti della condizione della donna, il fascismo fu caratterizzato da un profondo antifemminismo. Le condizioni sono sempre state sfavorevoli anche con i governi liberali ma i fascisti peggiorarono le condizioni. La politica demografica fascista La donna era strettamente legata al problema demografico così Mussolini presentò il progetto di difesa della “razza italiana” per favorire la crescita della popolazione italiana. Così instaurò alcuni interventi natalisti:  Introdotti assegni aggiunti allo stipendio, premi in denaro e beni di prima necessità per chi aveva numerosi figli.  Opera nazionale maternità ed infanzia (OMNI): gestiva consultori per donne in stato di gravidanza.  Furono inasprite leggi contro l’aborto considerato contro la “razza”.  Vietò l’uso delle tecniche di controllo delle nascite.  Infine, cercò di allontanare la donna dai posti di lavoro con leggi discriminatorie. I patti lateranensi con la chiesa cattolica: Per accrescere ulteriormente il consenso furono stipulati i patti lateranensi nel 1929 con la chiesa, che ponevano fine ai contrasti sorti tra chiesa e stato al momento della presa di Roma. Consistevano in 3 parti: 1. Un accordo diplomatico: entrambe riconoscevano la sovranità dell’altra sui loro territori. 2. Una convenzione finanziaria: il versamento di una somma ingente di denaro a favore del vaticano come indennizzo della perdita dei territori entrati a far parte dello stato italiano. 3. Un concordato secondo il quale il cattolicesimo veniva riconosciuto come religione di stato. L’ideologia fascista: Si ridefinì meglio l’ideologia fascista:  Carattere nazionalista.  Esaltava la guerra.  Esaltava la stirpe italiana.  Legame con antica civiltà romana (“duce” da “dux”: condottiero).  Si opponeva alla democrazia.  Il potere politico doveva essere in mano ad un partito la cui autorità era assoluta ed indiscutibile. “credere, obbedire, combattere” Le leggi razziali del 1938: il fascismo cominciò ad assumere un carattere esplicitamente razzista. Nel 1937-38 introdotte leggi che discriminavano gli africani delle colonie. 1938: leggi che penalizzavano pesantemente gli ebrei italiani: espulsi da scuole e lavori ed impieghi pubblici. La comunità ebraica italiana rimase sconcertata dall’introduzione delle leggi razziali in quanto: aveva partecipato al risorgimento, aveva favorito l’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra e anche all’interno dello stesso partito fascista vi erano molti ebrei. La “contaminazione” di africani ed ebrei: a contrario di quanto si pendi, nonostante i legami con la Germania, il governo fascista fece queste scelte autonomamente. Nel corso degli anni ‘30 molti esponenti del fascismo cominciarono a sostenere che la salute del popolo italiano dipendesse dalle “contaminazioni” di altri popoli come quello africano ed ebreo. Dopo la conquista dell’Etiopia, Mussolini cominciò a condividere l’idea, da qui la svolta razzista. Un totalitarismo imperfetto: Viene definito totalitarismo imperfetto perché nessuno può veramente riuscire ad avere il pieno controllo ogni aspetto della società. Due in particolare in Italia furono due istituzioni mai pienamente integrate:  Il re i cui poteri erano ridotti ma rimaneva il capo dello stato.  La chiesa cattolica: che nonostante i patti aveva un grosso potere di influenza sulla società italiana. L’opposizione antifascista: l’abolizione della libertà portò alla persecuzione di migliaia di antifascisti. Tra le più note vittime ricordiamo: Giovanni Amendola, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Giovanni Minzoni e Carlo Rosselli. Una coraggiosa minoranza di italiani però continuò ad opporsi al fascismo: alcuni lo fecero in esilio all’estero riorganizzando i partiti antifascisti, altri in Italia ma in clandestinità. Il consenso del fascismo: In Italia qual era la posizione della maggioranza? Si ipotizza che una gran parte aderisse in modo convinto grazie alla propaganda efficace. Altri aderivano al fascismo per conformismo o per opportunismo. La politica economica ed estera: L’iniziale liberismo della politica economica fascista: Le prime iniziative economiche del fascismo furono liberiste: massima libertà di azione ai proprietari delle terre e delle fabbriche. Vennero abolite molte norme introdotte da Giolitti come la nominatività dei titoli di stato: i ceti più abbienti spesso investivano il proprio denaro in titoli di stato, che facevano trarre guadagno senza pagare alcun tipo di tassa (1922). La conseguenza fu un generale peggioramento delle condizioni degli operai e dei contadini. Intervento dello stato nell’economia: Nel 1926 Mussolini attuò una politica di crescente intervento nelle scelte economiche. Rivalutò la moneta rispetto a quelle straniere, diminuisce così l’inflazione e si avvantaggiano i ceti medi “risparmiatori” che hanno sempre sostenuto il fascismo. Peggiora la situazione delle industrie che esportano ma avvantaggia quelle del mercato nazionale: acciaierie, elettrica, chimica. Intraprese anche iniziative per favorire la crescita agricola: battaglia del grano 1925. Bonificò l’area paludosa ed incolta dell’Agro Pontino. Il fascismo di fronte alla crisi economica: Nella fine degli anni ’20 ci fu una crisi economica globale, così il governo fascista intervenne in modo ancora più deciso sull’economia, le industrie e banche che rischiavano di fallire vennero acquisite dalla Iri (istituto ricostruzione industriale). Così lo stato acquisì il controllo di alcune aziende molto importanti (Alfa Romeo) ed alcune istituzioni bancarie. Mussolini favorì le industrie di armamenti, adottò politiche economiche protezionistiche accompagnate da iniziative atte a favorire i prodotti italiani rispetto a quelli stranieri in modo da raggiungere l’autosufficienza (autarchia) spingendo gli italiani a comprare prodotti italiani anche attraverso la propaganda. Inoltre. garantisce alcune forme di assistenza (pensioni, sanità) attraverso alcuni enti come l’Inps, l’Enpas e l’Inail. I cambiamenti nella politica estera: l’Italia non prese iniziative espansionistiche e rimase fedele ai patti con Inghilterra e Francia. Si concentrò alla riconquista della Libia, colonia italiana passata in buona parte sotto il controllo delle popolazioni arabe locali. Conflitto concluso nel 1930-31 con la vittoria dell’esercito italiano. Negli anni ’30 il governo modifica la propria politica estera adottandone una molto più aggressiva. L’obiettivo era espandere l’Italia in Africa e nei Balcani spinto sia da considerazioni economiche, sia dall’idea di esaltare la guerra, sia dalla necessità di accrescere il consenso perso in Italia a causa della crisi. L’invasione dell’Etiopia: Fu decisa l’invasione dell’Etiopia, la guerra iniziò nel 1935 e si concluse l’anno dopo. Nonostante la resistenza etiope l’Italia prevale grazie al numeroso esercito e attraverso l’uso di gas asfissianti. Una volta conquistata Addis Abeba proclamò che Roma aveva finalmente indietro il suo impero. L’alleanza con la Germania nazista: Mussolini decise di allearsi con la Germania che dal 1933 era guidata da Adolf Hitler. Le ideologie dei rispettivi avevano molti punti in comune e Hitler nutrì sempre una grande stima nei confronti di Mussolini. Mussolini diffidò sempre da lui credendo potesse rafforzarsi troppo danneggiando gli interessi italiani. Nel 1936 però firmò un contratto con la Germania: l’asse Roma- Berlino a cui segui nel maggio il patto d’Acciaio, che impegnava l’Italia e la Germania ad entrare in guerra nel caso l’alleato avesse deciso di farlo.
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