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Crisi della Repubblica Romana, Appunti di Storia

La crisi della Repubblica Romana nel II secolo a.C. a causa delle guerre di conquista che portarono alla disuguaglianza sociale e alla rivolta degli schiavi in Sicilia. Si parla anche delle riforme dei Gracchi e della guerra contro Giugurta in Numidia. Il testo fornisce un quadro storico dettagliato dell'epoca.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 28/01/2024

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Scarica Crisi della Repubblica Romana e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! CRISI DELLA REPUBBLICA Alla fine del secondo secolo a.C, Roma dominava su tutto il Mediterraneo. Per conquistare tutti questi territori Roma intraprese una serie di guerre che hanno portato grandi cambiamenti sia sul piano sociale che politico. Delle grandi ricchezze giunte a Roma in seguito alle guerre si avvantaggiarono solamente i generali vittoriosi, i commercianti e coloro che disponevano del denaro necessario per poter comprare i terreni conquistati. I contadini, che avevano lasciato le loro terre, per andare a combattere, si ritrovarono con i loro campi andati in rovina e furono spesso costretti a vendere i loro terreni anche a prezzi molto bassi. Tantissimi schiavi, fatti prigionieri durante le guerre, giunsero a Roma dove venivano acquistati dai ricchi per essere usati come manodopera a bassissimo costo. GUERRA SERVILE Per il malcontento, tra il 135 e il 131 a.C, in Sicilia, ci fu la rivolta degli schiavi, anche detta guerra servile. La rivolta ebbe inizio quando alcuni schiavi uccisero il loro padrone. Ad essi si unirono gli schiavi dei latifondi vicini e formarono un esercito di oltre 10.000 schiavi. Il loro capo era Euno, che si proclamò re. Durante questa rivolta, l’esercito di Euno conquistò Enna, Agrigento e Taormina. Roma rispose e mandò tre consoli in Sicilia, migliaia di schiavi furono uccisi ed Euno fu catturato. LE RIFORME DEI GRACCHI Tiberio Gracco fu colui che cercò di porre rimedio al malcontento che regnava a Roma, lui era un nobile appartenente ad una delle famiglie più prestigiose di Roma, figlio di Tiberio Sempronio Gracco e Cornelia, figlia di Scipione l’Africano. Tiberio Gracco fu eletto tribuno della plebe nel 133 a.C, e per porre fine alla povertà del popolo, cercò di far approvare la legge di riforma agraria, detta legge Sempronia, secondo la quale il terreno pubblico sarebbe stato assegnato alle famiglie più povere. Questa riforma aveva il vantaggio di consentire ai ricchi di continuare a detenere grandi estensioni di terreni, ma al tempo stesso avrebbe permesso ai disoccupati, poveri e agitati, di tornare ad essere tranquilli contadini. Per evitare che i piccoli proprietari terrieri si ritrovassero di nuovo ad essere nullatenenti veniva stabilita l'impossibilità di vendere i terreni che fossero stati loro assegnati. Per i nobili questa riforma avrebbe rappresentato la perdita di parte dei loro redditi, ma anche la perdita del controllo di una massa di persone che, potendo tornare al proprio lavoro nei campi, non poteva più essere manovrata durante le elezioni. La nobiltà, allora, portò dalla propria parte il tribuno della plebe Marco Ottavio Cecina che oppose il veto alla riforma. La legge, però, fu comunque approvata dato che Tiberio chiese la deposizione del tribuno Ottavio Cecina, ma ci furono comunque altri problemi dato che i contadini non avevano mezzi necessari per mettere a coltura i terreni che venivano loro assegnati e quindi c’era bisogno di concedere loro dei finanziamenti affinché potessero acquistare attrezzi, bestiame e semi per far rinascere le proprietà terriere. Nel 133 a.C., Attalo III, non avendo figli, lasciò in eredità i suoi averi a Roma, e Tiberio Gracco pensò di usare quei beni per finanziare la ricostruzione dei contadini, e fece questa proposta ai Comizi e il Senato si oppose. Per questo, Tiberio successivamente si candidò per la seconda volta come tribuno e la nobiltà sfruttò questa decisione per accusarlo di voler diventare tiranno. Questo lungo contrasto tra Tiberio e la nobiltà finì con l’uccisione di lui, assassinato durante una serie di tumulti scoppiati a Roma. CAIO GRACCO Dieci anni dopo la riforma agraria, nel 123 a.C., il fratello di Tiberio, Caio Gracco, fu eletto tribuno della plebe. L'obiettivo di Caio Gracco fu quello di farsi amici ma tutti quei gruppi che potenzialmente erano ostili alla nobiltà: gli Italici, la plebe, i cavalieri e tutti quelli che appartenevano al ceto commerciale e che erano esclusi dal potere. Il fratello, invece, aveva cercato il consenso della sola plebe. Tra i primi provvedimenti che fece approvare Caio Gracco vi furono: ● la legge frumentaria; ● la legge giudiziaria. La legge frumentaria prevedeva che venisse distribuito grano ad un prezzo inferiore quasi della metà rispetto a quello di mercato, a favore dei proletari romani. A Roma, si formarono due schieramenti politici: OTTIMATI: ARISTOCRATICI POPOLARI: PROLETARI E CAVALIERI LA GUERRA CONTRO GIUGURTA / NUMIDICA Nel regno di Numidia, durante la terza guerra punica, il re Massinissa morì e gli succedette il figlio Micipsa, fedele alleato di Roma. Egli aveva due figli, Aderbale e Iempsale e un nipote Giugurta che era stato educato insieme ai cugini. Alla morte di Micipsa, nel 118 a.C., egli aveva disposto che gli succedessero i due figli, ancora giovani, e il nipote. Tra gli eredi iniziarono subito dei contrasti. Giugurta, per impadronirsi di tutto il regno, fece uccidere Iempsale, mentre Aderbale scappò a Roma dove chiese aiuto al Senato. Giugurta, riuscì a corrompere molti nobili. Di conseguenza il Senato, anziché prendere le difese di Ardenale verso l'usurpatore, decise di dividere il regno di Numidia in due parti: ● quella occidentale assegnata a Giugurta; ● quella orientale assegnata ad Aderbale. La decisione di Roma non piacque a Giugurta che, ne 112 a.C., decise di attaccare Ardebale nella sua capitale Cirta (l'attuale Costantina). Cirta fu assediata e Ardebale venne ucciso. Giugurta divenne, così, il re di tutta la Numidia. Durante l'assedio di Cirta vennero uccisi anche molti mercanti Romani ed Italici che risiedevano nella città per ragioni commerciali e che si erano schierati dalla parte di Ardebale. Questa vicenda provocò il sorgere di contrasti a Roma. L'oligarchia avrebbe tranquillamente lasciato le cose così com'erano, mentre i cavalieri e la plebe erano convinti che la nobiltà avesse avuto un atteggiamento di debolezza dovuto al fatto che essa si era fatta corrompere da Giugurta. Di fronte all'accusa di corruzione, il Senato decise di mandare in Africa un esercito guidato dal console Lucio Calpurnio Bestia. Costui, però, invece di attaccare Giugurta, concluse con lui la pace nel 111 a.C. facendo sospettare che anche egli fosse stato corrotto dal re Di fronte all'accordo tra Giugurta e Calpurnio Besta, si ebbero grandi proteste da parte del popolo e dei commercianti: i primi stanchi della dilagante corruzione, i secondi preoccupati per i loro interessi. Per questa ragione furono riprese le ostilità contro Giugurta, ma senza grandi risultati. Allora Roma, in seguito alle proteste popolari, decise, nel 109 a.C., di mandare in Africa il console Quinto Cecilio Metello che riuscì a sconfiggere l'avversario. Giugurta non accettò la resa incondizionata. Egli si alleò con Bocco, suo suocero e re della Mauritania, proseguendo così la guerra. Nel frattempo, nell'esercito romano, era stato eletto console nel 106 a.C. Caio Mario, luogotenente di Metello che si era già distinto in Spagna combattendo con Scipione. Caio Mario era capo del partito popolare. Egli apparteneva alla classe dei cavalieri, ma proveniva da una famiglia che non aveva mai rivestito cariche pubbliche: per questo era considerato l'uomo nuovo (homo novus) estraneo alle logiche del potere. Già prima della nomina a console Caio Mario era stato tribuno della plebe ed era divenuto molto popolare perché aveva fatto approvare alcune leggi che avevano come scopo quello di limitare la corruzione elettorale. La guerra numidica si concluse con la sconfitta di Giugurta, nel 105 a.C. grazie anche all'aiuto del questore Lucio Cornelio Silla che convinse Bocco a tradire Giugurta e a consegnarlo nelle mani dei Romani. Uno dei principali motivi del successo militare di Caio Mario fu la riforma del reclutamento. Questa vittoria rappresentò, per Roma, l'apertura di nuove vie per i suoi traffici e l'aumento della sua influenza in Africa. IL SESTO CONSOLATO DI CAIO MARIO I Cimbri e i Teutoni erano popolazioni nomadi di origini germaniche che si diressero verso Sud alla ricerca di nuovi luoghi dove vivere. Così facendo essi si spinsero pericolosamente, intorno al 115 a.C. verso le zone della Gallia Narborese controllate dai Romani . Nel 105 a.C. i Cimbri sconfissero un grosso esercito romano ad Arausio nella Gallia Narbonese. Poi si diressero verso la Spagna. I Teutoni, invece, cercavano un'altra via per entrare in Italia. Caio Mario, che era stato rieletto console per la quinta volta, sconfisse: ● i Teutoni ad Acque Sestie a nord di Marsiglia nel 102 a.C.; ● i Cimbri ai Campi Raudi presso Vercelli nel 101 a.C. Così Caio Mario fu accolto a Roma come un trionfatore. Le vittorie di Caio Mario su Giugurta prima, e sui Teutoni e i Cimbri dopo, fecero di lui un idolo del partito popolare. Così fu rieletto console per la sesta volta. CAIO MARIO E LA RIFORMA DELL’ESERCITO ROMANO Il fallimento della riforma agraria aveva reso difficile reperire soldati dato che potevano entrare a far parte dell'esercito solamente i possidenti. Inoltre, coloro che potevano essere arruolati, perché possedevano delle terre, non vedevano di buon occhio questa possibilità che avrebbe fatto correre loro il rischio di mandare in rovina il proprio patrimonio a causa delle lunghe assenze, come era accaduto in passato. Caio Mario pensò di risolvere il problema attraverso una riforma del reclutamento. I ribelli diminuirono di numero e iniziarono a non essere più così compatti come prima. Nell'88 a.C, la guerra sociale si concluse con Roma che riprese il pieno controllo dell'Italia centro-meridionale. Gli Italici ottennero tutti la cittadinanza romana ad eccezione di quelli sottomessi con la forza. La concessione della cittadinanza agli Italici non consentì loro di essere effettivamente inserimenti nella vita politica di Roma. Infatti essi furono iscritti solamente in 8 delle 35 tribù in cui era suddivisa la popolazione romana. In questo modo, la presenza dei nuovi cittadini romani, non modificava di molto quella che era la fisionomia del corpo elettorale e la politica di Roma. I MUNICIPI Dopo la guerra sociale, il paese fu organizzato in municipi: I municipi godevano di autonomia, essi: potevano decidere se adottare il diritto romano o conservare il proprio; pagavano tributi in denaro o in natura; fornivano legionari; erano iscritti nelle tribù romane; potevano commerciare con i Romani; potevano sposarsi con i Romani. La principale conseguenza del sorgere dei municipi fu il formarsi di uno Stato unitario che favorì l'integrazione tra la penisola italiana e lo Stato romano. GUERRE CIVILI Le guerre civili romane furono tre e cominciarono dopo la repressione delle riforme dei fratelli Tiberio e Caio Gracco e terminarono con la battaglia di Azio. PRIMA GUERRA CIVILE Nella prima guerra civile, la classe politica italiana era divisa in due gruppi, cioè gli ottimati, guidati da Cornelio Silla. Loro difendevano i privilegi dei patrizi e controllavano la vita politica della città e i popolari, guidati da Caio Mario, che era a capo dei plebei (contadini, artigiani, commercianti) e loro chiedevano riforme agrarie e limitazioni del potere del Senato. Nella prima guerra civile vinse Silla, che nell’82 a.C. si fece nominare dittatore a vita, poi abolì le legge in favore della plebe e tolse potere ai tribuni. Quando morì Silla, a Roma i contrasti ripresero e il Senato affidò il comando a Gneo Pompeo, un generale che si alleò con Marco Licinio Crasso e Caio Giulio Cesare, che strinsero il primo triumvirato, con il quale si impegnavano a governare di comune accordo. SECONDA GUERRA CIVILE Nel 53 a.C., dopo la morte di Crasso, Pompeo temeva che Cesare potesse prendere il potere e quindi si fece nominare console unico dal Senato, per poi ordinare a Cesare di lasciare l’esercito e di rientrare a Roma da normale cittadino. Cesare non ubbidì e nel 49 a.C. tornò a Roma con il suo esercito, e da lì scoppiò la seconda guerra civile. Pompeo si rifugiò in Grecia per cercare di organizzare un esercito ma Cesare lo seguì e lo sconfisse a Farsalo. Pompeo allora scappò in Egitto dal re Tolomeo Ottavo. Tolomeo però lo fece uccidere per conquistare il favore di Cesare. Quando Cesare arrivò in Egitto, affidò il trono a Cleopatra, della quale era diventato amante. Cesare rientrò a Roma e si fece nominare dittatore a vita, ed era malvisto dai senatori e aristocratici perché aveva troppo potere, quindi fu organizzata una congiura contro di lui e il 15 marzo a.C. fu ucciso. TERZA GUERRA CIVILE Ottaviano, Marco Antonio e Emilio Lepido, sostenitori di Cesare, strinsero un accordo e diedero vita al secondo triumvirato nel 43 a.C. I tre si divisero il governo delle province: a Ottaviano spettarono l’Italia e l’Occidente, a Marco Antonio l’Oriente e a Lepido l’Africa. Tra i tre però sorsero presto rivalità, in particolare tra Ottaviano e Antonio, il quale si impossessa anche del dominio d’Egitto sposando la regina Cleopatra. Scoppiò la terza guerra civile e Ottaviano sconfisse Antonio nella battaglia di Azio nel 31 a.C. in Grecia. Dato che Lepido si era ritirato, Ottaviano rimase solo e si assunse tutte le cariche diventando il capo politico, militare, religioso, quindi un imperatore. Il senato gli conferì l’appellativo di Augusto, cioè “degno di essere venerato”. E da lì il suo nome divenne Ottaviano Augusto. OTTAVIANO AUGUSTO La battaglia di Azio rappresentò la fine di un secolo di lotte interne e l’inizio di un periodo di pace per Roma. Una volta tornato a Roma, Ottaviano divenne il capo indiscusso della vita politica romana Ottaviano era consapevole di non avere ormai più rivali. Egli percepiva anche, che il popolo era stanco di guerre. Cercò, quindi, di ottenere il consenso in modo da non imporsi con la forza, e riuscì ad impadronirsi del potere senza avere un atteggiamento che lasciasse pensare che lui volesse essere un dittatore. PAX AUGUSTEA Per Pax Augustea si intende la pace fondata sul consenso di tutte le parti sociali nei confronti di Augusto, e per tutto il tempo in cui lui governò, a Roma non si ebbero più guerre sociali. Augusto fece anche chiudere le porte del tempio di Giano, che venivano lasciate aperte durante la guerra, quindi questa cosa voleva simboleggiare la pace ottenuta e fece anche costruire l’Arca Pacis, cioè un altare dedicato alla dea della pace. Per ottenere la pace, Ottaviano tenne fermo il comando dell’esercito, cercò di ingraziarsi il popolo distribuendo denaro e grano e cercò di apparire come servitore della Repubblica, rispettoso delle libertà di tutti e oppositore delle dittature. OTTAVIANO AUGUSTO Nel 13 a.C., alla morte di Lepido, divenne Pontefice massimo. Questo ruolo gli consentiva di essere il capo di tutti i sacerdoti dello Stato. Egli assunse anche il titolo di Imperator, imperatore, cioè comandante supremo dell'esercito. PRINCIPATO Il periodo in cui Augusto fu al potere fu detto principato poiché, Ottaviano si definiva principe, termine con il quale, durante la repubblica, si indicavano i cittadini migliori per qualità civili e meriti militari. Con questa espressione Ottaviano intendeva dire che egli governava come il migliore dei cittadini. Durante il principato restarono in vigore tutte le magistrature della repubblica, ma lo Stato era divenuto, di fatto, una monarchia. Il titolo di “principe” gli dava il diritto di parlare per primo nelle assemblee del Senato condizionando i successivi senatori che prendono parola, ed era primo per importanza fra tutti. La durata del loro incarico fu, però, ridotta a 6 mesi, come pure ridotto fu il loro potere politico. Il consolato divenne soprattutto un titolo di prestigio. SUDDIVISIONE IN REGIONI Augusto, al fine di migliorare la vita a Roma, affidò a degli esperti alcuni servizi pubblici creando dei dicasteri, ognuno si occupava di un settore in particolare, come la rete fognaria, il rifornimento dell’acqua, l’amministrazione dei luoghi pubblici e degli edifici e molti altri. Poi istituì un corpo dei vigili del fuoco, che si occupavano anche a garantire l’ordine pubblico oltre che a spegnere gli eventuali incendi. Augusto divise l’Italia in UNDICI regioni. La Sicilia formava una provincia a parte, come la Sardegna insieme alla Corsica. Ogni regoine era denominata numericamente. La prima regione comprendeva il Lazio, la Campania e l'Agro Pontino. All'interno di ogni regione, le città erano equiparate a Roma: i loro abitanti avevano le stesse leggi e gli stessi diritti. CULTURA AL TEMPO DI AUGUSTO Augusto favorì la diffusione delle opere d'arte, della poesia e della narrativa. Egli usò la cultura per rafforzare la sua immagine e quella dell'impero. Augusto, infatti, ebbe la grande capacità di usare le immagini, i monumenti, la poesia per la sua propaganda personale. Un tipico esempio di questa sua capacità è dato dalla gemma Augustea: un cammeo risalente al 10-12 d.C.. Costruito su due strati, esso raffigura: ● nella parte superiore, Augusto con una lancia nella mano sinistra e l'aquila del dio Giove ai suoi piedi; ● nella parte inferiore, dei soldati romani che trascinano alcuniprigionieri e sollevano le armi del nemico vinto. Nella politica culturale di Augusto ebbe un ruolo fondamentale Gaio Mecenate, il quale formò un circolo di intellettuali ed artisti, da lui protetti, incoraggiati ed aiutati dal punto di vista economico. Facevano parte di questo circolo Virgilio, Orazio, Ovidio e molti altri artisti dell'epoca. FAMIGLIA E RELIGIONE SOTTO AUGUSTO I valori etici e tradizionali, durante le guerre civili, erano andati completamente persi. A dominare erano esclusivamente l'egoismo e l'individualismo. Augusto adottò una politica di restaurazione della tradizione. Egli riteneva necessario tornare agli antichi valori della campagna e agli stili di vita degli avi. Per questo cercò di restaurare la moralità e i culti religiosi mediante una serie di leggi. Per restaurare la moralità Augusto: ● rimise la legge contro il lusso; ● adottò norme che favorissero il rispetto del matrimonio: ○ l'adulterio venne punito con l'esilio e con la parziale confisca dei beni; ○ il celibato fu osteggiato; ● introdusse leggi che favorissero la natalità come: ○ elargizioni in denaro per le famiglie numerose; ○ la possibilità, per chi aspirava a cariche pubbliche, di accedervi prima nel caso in cui avesse figli; ○ le donne libere con tre figli non avevano più l'obbligo di avere un tutore. Per restaurare gli antichi valori religiosi Augusto: ● recuperò le antiche cerimonie romane; ● ridusse la diffusione dei culti provenienti dall'Oriente; ● fece costruire nuovi tempi in onore di Giove, Giunone, Minerva e Marte. ESPANSIONE IMPERO CON AUGUSTO Sotto Augusto l'impero si estese: ● al Nord della Spagna; ● a Nord della Macedonia fino al Danubio; ● in Asia Minore dove divennero province parte del Ponto, la Cilicia e parte della Giudea; ● in Africa. Il tentativo, da parte di Augusto, di estendere i confini dell'impero romano al di là del Reno andò fallito. Al fine di allontanare i Germani che premevano sul Reno, le legioni romane, comandate da Quintilio Varo, oltrepassarono il fiume. Esse, però, furono sorprese e annientate nella selva di Teutoburgo da Arminio, principe germanico nel 9 d.C. Al tempo di Augusto, le province non erano considerate come territori conquistati da assegnare a uomini potenti affinché potessero arricchirsi, bensì esse vennero amministrate con equità. Augusto desiderava che tutti i popoli dell'impero vedessero in Roma, non una dominatrice, bensì una guida. Ciò nonostante le province erano tenute al pagamento dei tributi, a differenza dei cittadini romani. A capo di ogni provincia vi era un governatore. I governatori e i funzionari delle province erano ben pagati, ma anche controllati con molta inflessibilità per evitare soprusi sulle popolazioni. Durante l'impero di Augusto vi erano due tipi di province: ● le province senatorie; ● le province imperiali. Le province senatorie erano istituite in zone controllate da tempo dai Romani, dove non vi erano particolari problemi. Per questo motivo, qui non c'era bisogno dello stanziamento di legioni. Esse erano rette dai proconsoli nominati dal Senato.
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