Scarica LA CRISI DELLA REPUBBLICA ROMANA e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia solo su Docsity! LA CRISI DELLA REPUBBLICA Dopo il periodo di espansione, a Roma le conseguenze erano ben visibili e riguardavano l’ambito economico, politico e sociale. 1-SCOMPARSA DEL CETO DEI CONTADINI SOLDATO A CAUSA DELL’IMPOVERIMENTO:essi erano piccoli proprietari terrieri che costituivano la maggior parte dell’esercito. In questo periodo, trovandosi costantemente lontano da casa a combattere, non potevano curare i campi e questi morivano, perciò erano costretti a venderli a ricchi nobili proprietari terrieri che li inglobano nei loro enormi latifondi, cioè dei grandi territori agricoli divisi in terreni più piccoli amministrati da una manodopera efficiente fatta di schiavi non pagati. A causa di questa situazione quindi i contadini diventano inurbati, cioè si trasferiscono in città diventando dei clienti a servizio dei potenti. 2-ARRICCHIMENTO INTENSIVO DELL’ARISTOCRAZIA: tramite la guerra, i bottini, opere d’arte, schiavi, armi le casse dello Stato andavano aumentando e così quelle degli aristocratici. Nasce quindi a Roma la superbia e l’egoismo, dove i nobili provavano a governare non per senso politico, ma per avidità. Per porre una fine agli abusi di potere, nel 149 a.C. nacque il tribunale permanente de repetundis, composto da senatori, derivante dal repetundae, cioè il denaro estorto con la forza. Esso doveva giudicare la corruzione del governo nei territori extra-italici. 3-NASCITA DEL CETO EQUESTRE, CIOÈ DEI CAVALIERI: questo ceto medio si occupava delle attività che non erano destinate nè ai nobili nè alla plebe; questo perché, secondo un valore etico (come anche detto da Catone il Censore) gli aristocratici dovevano occuparsi solo dell'agricoltura (l’attività più degna e morale) e della politica. Questo ceto, ad esempio, si occupava dei publicani, cioè riscuotevano le tasse nelle province ed il loro compito era quello di occupare i buchi nella società romana. Due figure prevalsero in questo periodo, due fratelli, Tiberio e Gaio Gracco. Essi erano due nobili molto aperti nei confronti della plebe tanto da diventare due tribuni, e oltretutto erano nipoti di Scipione l’Africano. Per prima ai manifestò la politica di Tiberio: venne eletto tribuno della plebe nel 133 a.C. e subito propose la sua lex sempronia (legge agraria) che poneva all’occupazione privata dell’ ager publicus un limite di 500 iugeri (125 ettari), più 250 iugeri per ogni figlio per un massimo di 1000 iugeri. La parte di agro pubblico recuperata sarebbe stata assegnata ai più poveri, in 30 lotti, diventando di proprietà dello Stato. Queste operazioni di recupero e suddivisione furono affidate ad un triumvirato. Il loro scopo era diviso principalmente in due: puntavano a ricostituire il ceto dei contadini-soldato e di conseguenza volevano rifocillare le righe dell’esercito romano. A causa di questa sua politica fu disprezzato dagli aristocratici che, dopo averlo diffamato, nel 133 a.C. lo uccisero insieme a molti suoi sostenitori. Plutarco ci parla di questo personaggio in “Vite parallele” in cui diceva che proprio coloro che si battevano per Roma non possedevano neppure una zolla di terra.