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La crisi della Repubblica romana e la cultura nell'età di Cesare, Appunti di Latino

La crisi politica, sociale ed economica della Repubblica romana negli ultimi decenni del II secolo a.C. e l'evoluzione della cultura romana nell'età di Cesare. Si parla della lotta tra Optimates e Populares, delle riforme agrarie, della guerra sociale, della dittatura di Silla e del Triumvirato. Si analizza anche l'evoluzione dei generi letterari e l'aumento delle opere di impostazione manualistica. La crisi dei valori tradizionali porta all'aumento dell'individualismo e alla valorizzazione della dimensione privata.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 06/09/2022

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Scarica La crisi della Repubblica romana e la cultura nell'età di Cesare e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! DALL'ETÀ DEI GRACCHI ALL’ETA’ DI CESARE Negli ultimi decenni del II secolo a.C. le strutture politiche, sociali ed economiche della Repubblica iniziarono a manifestare i primi segni di crisi, infatti, nel Senato si aermò una classe di nuovi potenti, di buona famiglia e divisa in due fazioni, più aperti verso le altre classi sociali: Gli OPTIMATES, definiti da Cicerone boni omini, di orientamento conservatore e i POPULARES promotori di riforme a vantaggio dei Ceti più bassi come la classe degli equites e quella dei soci italici che premevano per ottenere la cittadinanza romana. Un altro tentativo di risolvere la questione agraria fu promosso dai Fratelli Gracchi, Tribuni della plebe, che promossero una riforma chi prevedeva la confisca da parte dell'Agro pubblico per distribuirlo ai nullatenenti. L'opposizione degli optimates però determinò l'insuccesso del progetto Ed entrambi i fratelli furono uccisi facendo restare la loro riforma inattuata. Dopo il fallimento dei Fratelli Gracchi la crisi agraria arrivò a compromettere il sistema di reclutamento militare, e in occasione della guerra giugurtina Gaio Mario, esponente dei Populares, attua una riforma dell'esercito Che prevedeva l'arruolamento di volontari nullatenenti. La riforma si rivelò un pericoloso incentivo per tentare la conquista illegale del potere a Roma; di conseguenza il fallimento dei movimento dei Fratelli Gracchi aveva lasciato a mani vuote le indicazioni dei socii italici, che nel 90 avanti Cristo si ribellarono contro Roma dando vita ad una guerra sociale. Roma adò il comando agli eserciti migliori, e mentre si combatteva, fu approvata una legge che concedeva la cittadinanza agli alleati rimasti Fedeli. All'inizio del primo secolo avanti Cristo, la lotta per il potere tra optimates e Populares, insieme ai conflitti sociali avevano creato grande tensione a Roma, e dopo un lungo predominio di Gaio Mario e dei Populares, con un colpo di stato gli optimates guidati da Lucio Cornelio Silla presero il potere. Negli anni della dittatura di Silla, Roma fu impegnato nella repressione di due grandi rivolte: quella che Sertorio avevo organizzato nella penisola iberica, e quella degli schiavi nell'Italia meridionale guidata da Spartaco. All'inizio del I secolo a.C. , Gneo Pompeo dopo aver ottenuto ruolo di console nel 70 avanti Cristo, diede vita insieme a crasso e Cesare al primo Triumvirato, fece votare alcune proposte di legge che aboliva non le riforme della Costituzione sillana, e fu protagonista di grandi campagne militari contro i pirati. Cesare successivamente divenne console nel 59 a.C., e con l'appoggio di crasso e Pompeo attuò il programma del Triumvirato Ottenendo per sé il proconsolato delle gallie. Cesare nel 49 a.C., mentre Pompeo si rifugiava in Oriente marcia su Roma, e l'anno successivo a Farsalo venne nominato dittatore. La carica di dittatore Gli fu rinnovata nel 46 e nel 44 avanti Cristo e gli fu conferita a vita, con il titolo di imperator. Quindi nella sua figura venivano a sommarsi il potere militare e il potere civile;Ma nonostante questo grande potere, l'oligarchia senatoria organizzò una congiura contro Cesare, uccidendo il 15 maggio del 44 a.C., aprendo un periodo che avrebbe portato alla totale decadenza della res publica. La cultura Nella prima età repubblicana la coesione politica della classe al potere, e il controllo da essa esercitato avevano fatto sì che la letteratura rispecchiasse una visione unitaria della realtà, È solo intorno alla seconda metà del II secolo avanti Cristo il contatto con la cultura ellenistica aveva innescato un processo di riflessione critica sul Mos maiorum; e i rivolgimenti politici e sociali determinarne una profonda crisi dei valori tradizionali. Di conseguenza, si aermarono degli atteggiamenti di rifiuto dell'impegno politico evidenti soprattutto da parte dei Ceti più poveri delle Province, e molti dei poeti che nell'età di Cesare difesero il disimpegno nella sfera pubblica provenivano Infatti dalla Gallia Cisalpina. La classe dirigente, era divisa in optimates e Populares, e non era più in grado di porsi alla guida delle trasformazioni culturali, tale che i generi letterari come la storiografia e l'oratoria rispecchiano in questo periodo i diversi pensieri da parte degli autori, schierati spesso su posizioni politiche contrapposte come Cicerone e Giulio Cesare. La crisi dei valori tradizionali ebbe come principale risvolto l'aermazione dell'individualismo, Inteso come moltiplicazione dei punti di vista politici etici e culturali e come valorizzazione della Dimensione privata rispetto a quella pubblica, tanto che l'evoluzione dei generi letterari e l'atteggiamento dei romani nei confronti della filosofia fu notevolmente condizionato. Tra la fine del II e l'inizio del primo secolo avanti Cristo, le forme teatrali tradizionali si avviarono verso il declino e l'individualismo favorì la diusione della lirica detta preneoterica incentrata sui temi intimi e soggettivi, destinata appunto alla funzione privata. Per quanto riguarda la prosa, continuano ad essere praticate l'oratoria e la storiografia, e furono approfondite dai Romani nuove materie tecniche come la grammatica, la filologia, La retorica, La scienza è il diritto, con un incremento delle opere di impostazione manualistica e l'unico documento che ci testimonia questo genere è un trattato di retorica in quattro libri chiamato la “Rhetorica ad Herennium”. Nell'età di Cesare i generi dell'oratoria e della storiografia raggiunsero la loro massima fioritura; Infatti l'oratoria fu rappresentata al massimo da Cicerone, che nelle sue reazioni raccontava le vicende politiche di quegli anni; la Storiografia fu sviluppata al massimo da Giulio Cesare, nel genere del commentario raggiungendo grandi risultati artistici. A questi due generi se ne aggiunsero altri come la prosa filosofica, trattando soprattutto il dialogo platonico-aristotelico, l'epistolografia Latina, e la biografia con Cornelio Nepote come massimo esponente. sviluppò Inoltre la satira menippea ovvero un genere misto di prosa e poesia introdotta a Roma da Varrone. La poesia dell'età di Cesare si distingue dalla prosa per un distacco Maggiore dalla tradizione, e per le distanze dalla vita pubblica e dalle vicende storico-politiche. Inoltre i poeti veri e propri si dedicarono a generi meno impegnativi ideologicamente, e più vicini ad un gusto artistico più ranato e sofisticato. Di questa produzione poetica abbiamo come esponenti Lucrezio ( poema epico didascalico argomento filosofico) e Catullo( poesia lirica soggettiva) , i quali si dedicarono ad atteggiamenti anticonformisti Considerando la letteratura come lusus, ovvero gioco ranato ed elegante riservato a pochi. Inoltre nella prima metà del primo secolo, si diusero le dottrine filosofiche greche e gli studi filosofici divennero parte integrante della Formazione culturale dei giovani, appartenenti per lo più ceti sociali colti o di orientamento filellenico. Nelle dottrine filosofiche greche i romani cercavano delle risposte ai loro dubbi e ai loro problemi esistenziali; e le dottrine più presenti erano: il neopitagorismo e i culti misterici, L'epicureismo e lo stoicismo. L'epicureismo ebbe maggior successo negli ambienti colti e proponeva una concezione materialistica e razionalistica, Negando ogni tipo di intervento Divino nelle vicende umane e consigliando l'astensione delle cariche pubbliche è una vita ritirata dedica allo studio e alla Serena fruizione dei piaceri fisici intellettuali. Il successo Dell'epicureismo a Roma è spiegato da Cicerone con la semplicità della dottrina e con l'attrattiva esercitata dall'idea del piacere indicato da Epicuro come scopo della vita umana. Lo stoicismo invece Ebbe un grande influsso poiché oriva un'interpretazione razionalistica della realtà, sia fisica che umana, ponendo al centro dei suoi interessi l'uomo e la sua aspirazione alla felicità facendola consistere però nella virtù. In campo morale lo stoicismo si preoccupava di mettere l'uomo al riparo dai pericoli e dagli aanni della vita, indicando un'apatia che corrispondeva ad una condizione imperturbabile serenità. Cicerone, e dei frammenti ritrovati risulta Inoltre la decisione di Cesare la dottrina hanno logista che riconosceva gli aspetti più caratteristici della lingua. Gli anticatones sono stati scritti in Spagna all'epoca della battaglia di Munda ed erano la risposta alle logge di Catone uticense, nemico, composto da Cicerone. Le opere di Cesare conservate sono: i sette libri dei commentarii De Bello Gallico, e i tre libri di commentarii De bello civili molto probabilmente denominati dall'autore commentarii Rerum gestarum Rerum suarum, ovvero il resoconto delle proprie imprese. L'epoca di composizione ignota Ma, la stesura del De Bello Gallico avvenne nell'inverno del 52 a.C., come aerma il luogotenente di Cesare, facile atque celeriter, ed è probabile che cesare si sia servito delle relazioni dei suoi uciali dettati anno per anno e non devi proprio appunti. il De bello civili invece è incompiuto e fu pubblicato dopo la morte di Cesare. IL DE BELLO GALLICO I 7 libri del De Bello Gallico, contengono il resoconto delle operazioni militari compiute dal 58 al 52 a.C. e ad ogni anno è dedicato un libro. L'ottavo libro fu aggiunto da Aulo Irzio, luogotenente di Cesare che lo aggiunse dopo la morte di Cesare per COLMARE l'intervallo tra il De bello gallico e De bello civili con l'esposizione degli avvenimenti degli anni 50-51. L’opera si presenta come una minuziosa cronaca militare, tesa a descrivere nei dettagli la campagna di Cesare in Gallia, con particolare attenzione sia per la tecnica e la strategia militare, sia per l’individuazione dei nessi di causa-eetto tra gli avvenimenti. Il resoconto di guerra, però, lascia spazio anche a digressioni etnografiche sui barbari e, spesso sotto forma di sententiae (e cioè di massime di sapore filosofico), a sporadiche riflessioni teoriche sull’esercizio del potere e sul rapporto tra Roma e lo straniero. Tuttavia, l’opera di Cesare è aliena dal moralismo che caratterizza gran parte della storiografia latina e si avvicina di più all’idea di “storiografia pragmatica” di Polibio. 1. Libro I, campagna contro il popolo degli Elvezi e scontro con Ariovisto, re degli Svevi; dopo un excursus etnografico sul territorio e le popolazioni della Gallia, passaggio tipico dell'opera cesariana, l'attenzione si sposta poi sullo scontro con gli Elvezi, che vogliono imporre la propria egemonia sulla Gallia. Grazie all'aiuto degli edui, alleati dei romani, le velleità elvetiche cessano. Le popolazioni galliche chiedono aiuto a Cesare, ormai considerato come una sorta di eroe salvifico, contro l'invasore Ariovisto, che infine viene cacciato. 2. Libro II, campagna contro i Belgi ed i loro alleati; la risonanza dei trionfi di Cesare riecheggia anche nel territorio dei Belgi, che decidono di preservare il proprio territorio da una possibile invasione dei Latini, dichiarando l'oensiva contro l'esercito romano. Durante la celebre battaglia di Axona, tuttavia, l'esercito belgico viene sbaragliato, e alla loro sconfitta seguono anche quelle degli alleati dei Belgi (Bellovaci e Ambiani). Particolarmente aspra è la battaglia contro i Nervi, che vengono sconfitti grazie all'intervento diretto dello stesso Cesare. Assoggettata ormai tutta la Gallia, il generale romano torna a Roma, accolto in un gioioso tripudio. 3. Libro III, rivolta dei Veneti; Cesare ada ad un suo sottuciale, Galba, il compito di aprire una via commerciale attraverso le Alpi, rendendola quanto più sicura possibile. La costruzione di tale via commerciale viene tuttavia sabotata. Nel frattempo Cesare guida un sopralluogo nell'Illiria. Seguirà uno scontro via mare con i Veneti, popolo abile nella navigazione. I sottoposti di Cesare dominano la ribellione nell'entroterra gallico, dove essa si è propagata. 4. Libro IV, guado del Reno e prima campagna in Britannia; nel 55 a.C. i popoli germanici, persuasi dagli Svevi, già sconfitti da Cesare tre anni prima, spostano le proprie truppe nei pressi del Reno, minacciando la Gallia. Cesare si erge come protettore dei popoli gallici, rispondendo con durezza al primo attacco sferrato dai nuovi nemici, che vengono infine battuti. Cesare organizza in seguito una spedizione contro i Britanni, accusati di aver aiutato i Galli durante la ribellione. L'accoglienza riservata all'esercito romano è aspra, ma lo scontro si risolve in una riappacificazione voluta da Cesare stesso. In seguito a queste vittorie a Roma viene proclamata una supplicatio di venti giorni (ossia un periodo di pubblico ringraziamento agli dei). 5. Libro V, seconda spedizione in Britannia e scontro con gli Eburoni; Cesare si prepara ad una seconda spedizione contro i Britanni. Prima di partire con la sua nuova flotta, dimostrando prudenza, lascia in Gallia tre legioni, così da attutire possibili ulteriori rivolte. Inoltre, con l'intento di scoraggiare le ostilità galliche, Cesare porta con sé tre ostaggi provenienti da famiglie nobili. Uno di questi ostaggi, Dumnorige, tenta di scatenare una ribellione, ma fallisce e viene giustiziato. I romani arontano i Britanni con tenacia, sconfiggendoli infine presso il Tamigi. Ma le sfide non sono finite: al loro ritorno in Gallia, i soldati di Roma si ritrovano ad arontare i rivoltosi Eburoni, la cui ribellione viene sedata grazie all'intervento diretto di Cesare. 6. Libro VI, secondo guado del Reno; nuove ed aspre ribellioni esplodono in Gallia. Cesare rimpingua le file dell'esercito, arruolando forzatamente soldati nervi e menapi. Le rivolte vengono sedate, ma Cesare intende punire gli Svevi, che hanno istigato i popoli galli alla ribellione. Arrivato nel territorio germanico, Cesare è costretto alla ritirata, a causa di mancanza di approvvigionamento. Approfittando della ritirata, gli Svevi sferrano un pesante attacco all'accampamento di Aduataca. Solo l'intervento diretto di Cesare riesce a ristabilire l'equilibrio iniziale. A questo punto, il dux fa ritorno in Italia. 7. Libro VII, scontro definitivo con i Galli e loro decisiva sconfitta; approfittando della lontananza di Cesare i carnuti organizzano una nuova ondata rivoltosa, ponendo a capo dei ribelli Vercingetorige, leader degli Arverni. Appresa la notizia, Cesare si precipita in Gallia. Lo scontro si fa feroce: i Galli bruciano i campi, sperando di ridurre l'esercito romano alla fame; i romani attaccano Gergovia, capitale degli Arverni, ma non riescono ad impadronirsene. Le truppe di Vercingetorige si barricano ad Alesia, città facilmente difendibile poiché posta su un colle. Accorrono in aiuto agli uomini di Vercingetorige altri popoli gallici, convocati dal capo degli Arverni. Nonostante l'inferiorità numerica i Romani sbaragliano i contingenti nemici. Dopo la battaglia ad Alesia, Vercingetorige viene portato in catene al cospetto di Cesare. DE BELLO CIVILI I tre libri del De bello civili riferiscono i fatti dei primi due anni della guerra contro Pompeo il 49 e il 48 a.C. La finalità pratica e il carattere giustificatorio del De bello civili è più che chiaro: Cesare rassicura la cittadinanza del suo operato, rassicura i nobili e il ceto dei ricchi possidenti terrieri circa la sua fedeltà ai valori repubblicani. Cesare è clemente verso i suoi avversari – arriva a rivestire alcuni, Bruto e Cassio ad esempio, di incarichi e onori vari -; condiscendente nei confronti dei propri amici; mite e indulgente con le proprie truppe. La clemenza è centrale nel De bello civili: sempre presente ma mai troppo esibita. Anche autori quali Svetonio o Plutarco, mai troppo benevoli nei confronti di Cesare, mettono in luce tale carattere del dittatore. Cesare, poi, impedì che Pompeo fosse destinato alla damnatio memoriae (condanna all’oblio), facendo costruire statue dell’avversario: Cicerone, suo nemico, riteneva che in tal modo, Cesare avesse contribuito a far costruire quelle in suo onore. Lo stile del De bello civili è semplice,celebrato da antichi e da moderni. Lo scopo principale è garantire l’oggettività o l’obiettività di un testo il cui fine principale è la giustificazione di una guerra civile, a cui lo stesso Cesare aveva dato materialmente inizio, oltrepassando il Rubicone, confine sacro, e trasgredendo, quindi, un ordine del Senato. A soddisfare tale esigenza l’uso del discorso indiretto e la terza persona. 1. LIBRO I (anno 49 a.C.) crisi politica a Roma. Discussione delle proposte di Cesare in senato. Avanzata di Cesare in Italia e guerra in Spagna contro Afranio e Petreio. 2. LIBRO II (anno 49 a.C.) assedio di Marsiglia e resa di Varrone in Spagna. Sconfitta e morte del cesariano Curione in Africa. 3. LIBRO III (anno 48 a.C.) guerra in Epiro, in Illiria e scontro finale in Tessaglia, a Farsàlo. Fuga e morte di Pompeo in Egitto. L’opera di Cesare lascia trasparire le sue tendenze politiche soprattutto nei suoi accorati commenti indirizzati alla vecchia aristocrazia, rappresentata come una consorteria di corrotti. Il Corpus delle opere cesariane comprende anche tre opere che si propongono come continuazione del De bello civili il bellum alexandrinum relativo al 48 e al 47, il bellum Africum e il bellum hispaniense dei quali però non si conoscono gli autori. IL GENERE LETTERARIO DEI COMMENTARI I commentari non appartengono al genere storiografico vero e proprio, Infatti nemmeno Cesare voleva inserirsi in questa tradizione ma è probabile che con questo termine Cesare intendesse assimilare la propria opera ai resoconti uciali che i Generali periodicamente inviavano al Senato. In relazione al genere storiografico la raccolta di materiale non elaborato che costituiva la fase preparatoria alla stesura definitiva dell'Opera storica. Secondo il giudizio di Cicerone gli appunti di Cesare risultano pregevoli stilisticamente da rendere superflua ogni rielaborazione, ma sono più che un promemoria o un canovaccio per lo storico poiché possiedono doti formali e importantissime per lo scrittore di storia. Il sostantivo brevitas indica la capacità di selezionare i fatti più importanti e di esporli con le parole strettamente necessarie Invece gli altri due aggettivi pura e inlustris descrivono le qualità della lingua e dello stile ovvero l'uso di parole corrette latine. L'allontanamento dal mondo studio grafico è confermato dalla mancanza di una prefazione, Elemento caratteristico dell'Opera storica, e inoltre Cesare adotta delle consuetudini proprie del genere come l'inserzione di digressioni di carattere etnografico e anche i discorsi diretti. La caratteristica principale però dei commentari e il fatto che lo scrittore sia il protagonista delle vicende narrate, Infatti proprio per questo motivo essi sono accostabili al filone memorialistico e autobiografico con uno scopo fondamentale di esaltazione o giustificazione delle proprie azioni. I commentari sono delle opere che mostrano un resoconto storico e il memoriale e si rivolgono sia ai posteri che ai contemporanei sustando a volte sospetti sull'attendibilità di quanto riferisce, Infatti secondo degli studiosi sono state rilevate delle piccole inesattezze e considerando quindi che Cesare non avrebbe potuto raccontare i fatti inventati è possibile definire tendenziosi i commentari. Inoltre l'atteggiamento dell'autore nel narrare le proprie gesta in Gallia e la propria condotta nella guerra civile sono dierenti perché nel De Bello Gallico si autocelebra mentre nel De bello civili Si autodifende. La guerra Gallica Infatti non richiedeva alcuna giustificazione Soprattutto dopo l'esito vittorioso nonostante cioè sarei non state mosse le accuse di violazione dello ius belli ovvero l'insieme delle mosse delle norme di natura sacrale la cui osservanza configurava una guerra esterna come giusta tutti però sapevano che si trattava di manovre con l'intento di contrastare L'ascesa di un uomo che stava diventando troppo forte. Cesare non appare preoccupato davanti alle accuse, e utilizza il solito luogo comune Romano del conflitto difensivo o preventivo ma senza enfasi e senza nascondere le atrocità che sono state commesse. quindi il suo scopo principale è quello di dare l’esempio del Grande Generale che identifica la propria Gloria con quella di Roma. Nel De bello civili e presente la questione della responsabilità della guerra perché Cesare quei scagionarsi dall'accusa di aver provocato la guerra che non ha mai condotto con crudeltà e a ciò Mirano i richiami alla sua volontà di pace con nuove proposte di trattative fino alla quasi vigilia di farsalo e il suo comportamento unite Clemente verso gli avversari.
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