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LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI, Appunti di Storia Romana

APPUNTI: LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 24/06/2022

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Scarica LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI e più Appunti in PDF di Storia Romana solo su Docsity! LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI LA SPAGNA DOPO CARTAGINE Nel lasso di tempo che va dalla distruzione di Corinto e Cartagine alla parabola dei Gracchi c’è la sottomissione della Spagna. È connessa perché la carriera politica di Tiberio Gracco comincia proprio in Spagna ed è lì che ha una battuta d’arresto violenta e poi riparte a Roma. Senza la conquista Spagnola non ci sarebbero stati i due Gracchi tribuni della plebe. RICORDA = Nel 202 i Cartaginesi avevano abbandonato la Spagna e l’avevano consegnata ai Romani, ma in realtà questo solo sulla carta perché i Cartaginesi vanno via, ma l’effettiva conquista di questo territorio si rivela essere molto più complicata del previsto per due motivi, prima di tutto perché l’Hispania, ovvero la penisola iberica, comprendente attuale Spagna e Portogallo, è un territorio molto vasto ed è costellato di montagne, quindi, le popolazioni riescono a difendersi meglio. Infatti i Celtiberi, le popolazioni che vivevano nella penisola iberica, sono popolazioni guerriere e sanno perfettamente come difendersi da un popolo aggressore. Inoltre, i Cartaginesi si accontentavano di controllare le coste, mentre i Romani puntano alla conquista totale di questo territorio, quindi è un impegno molto più gravoso. Alla consegna da parte di Cartagine l’unica zona che i Romani controllano sono le coste dal lato Mediterraneo meridionale. Il processo di conquista completo della penisola iberica sarà lunghissimo e sarà completato solo sotto Augusto, quindi, un secolo e mezzo dopo. È vero però che questi anni vedono un avanzamento significativo. Nel momento in cui i Romani devono conquistare la Spagna, troviamo impegnato Tiberio Sempronio Gracco padre, il quale si rende conto che è fondamentale, per riuscire a controllare il territorio, creare delle alleanze in loco. Quindi, egli riesce a creare alleanze da un lato e dall’altro a sconfiggere i popoli che non vogliono allearsi con Roma, sfruttando il supporto delle popolazioni fedeli. Questa prima fase di penetrazione culmina nel 179 quando Tiberio conclude con le popolazioni della penisola iberica un trattato di pace che riesce a mantenersi saldo per circa 25 anni. Ad un certo punto, però, le popolazioni locali, stanche della tutela romana, si riuniscono in una federazione ed eleggono un capo locale che si chiama Viriato. Se per 25 anni Romani e Celtiberi hanno convissuto in una zona più grande di quella che è la penisola iberica oggi, da un lato c’è il controllo romano su queste popolazioni, però è anche vero che se i Romani si sono alleati con queste popolazioni non hanno un esercito in zona così grande da poter tenere sotto controllo tutto il territorio perché parte del controllo viene demandato agli alleati locali, alleati che saranno addestrati dai Romani secondo le tecniche di combattimento romane, più avanzate di quelle delle tribù indigene. Nel momento in cui c’è una ribellione di queste popolazioni, tutta la conoscenza e le tecniche militari romane passano dalla parte del nemico. Roma manda come console in Spagna Marco Claudio Marcello, il quale capisce che l’unica maniera di ottenere un consenso stabile è cercare di ripercorrere la stessa strada di Tiberio Sempronio Gracco padre, quindi procedere con rapporti di alleanza. Quest’atteggiamento, però, non viene apprezzato dal Senato. N. B. = Sono gli anni in cui i Romani iniziano a cambiare atteggiamento anche nei confronti dei Greci, sono sempre meno tolleranti, ora il Senato vuole la distruzione del nemico. Marcello ottiene una tregua con le popolazioni locali, ma il Senato fa capire che le ostilità devono riprendere. Il cuore della rivolta antiromana nella penisola iberica è Numanzia dove si chiudono tutte le città che combattono contro Roma e i Romani mettono l’assedio. Il Senato pensa di mandare in Spagna un personaggio, Tiberio Sempronio Gracco figlio, al seguito del console Gaio Ostilio Mancino perché si spera di riallacciare le vecchie alleanze stipulate dal padre. LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI Il problema è che Mancino si fa sorprendere da una sortita di Numantini, viene sconfitto in maniera molto violenta e l’esercito romano viene fatto prigioniero. A questo punto Tiberio è la persona con il grado più alto dell’esercito e, quindi, spetta a lui trattare con il nemico. Proprio facendo leva sulle buone relazioni che la sua famiglia aveva con le popolazioni iberiche riesce a ottenere una resa onorevole, soprattutto ottiene che 20,000 soldati romani fatti prigionieri dagli Iberici saranno rilasciati. Quando lui torna a Roma però il Senato lo accusa di essersi accordato con il nemico e di aver tradito Roma favorendo gli spagnoli; secondo il Senato avrebbe dovuto lottare fino alla morte. Plutarco in realtà ci racconta che le mamme dei 20,000 soldati lo adorarono come un dio. DOPO LA RESA DI MANCINO Tuttavia, la carriera politica di Tiberio Sempronio Gracco avrà una battuta d’arresto, il suo cursus honorum, ricomincerà qualche anno dopo come tribuno della plebe. Dopo la sconfitta di Mancino si decide di puntare su Scipione Emiliano, un esponente della gens Aemilia che era stato adottato dagli Scipioni. Il Senato per poterlo tenere in Spagna, gli permette di avere anche un abuso di potere: riceve il consolato per due volte consecutive, così può restare con l’imperium in Hispania. Parte con un ingente esercito alla volta della Spagna, torna a Numanzia e pone l’assedio della città con 60.000 uomini. Le fonti raccontano di una dura resistenza. Pare che, pur di non cedere, gli abitanti si dettero al cannibalismo, ma alla fine Scipione Emiliano prende Numanzia nel 133 e la distrugge radendola al suolo. N.B. = I Numantini hanno vinto la guerra con Mancino legittimamente e le regole della guerra avrebbero voluto che i Romani accettassero la sconfitta, invece siamo in una fase in cui i Romani non ammettono nessuna forma di opposizione. Quando Numanzia cade, buona parte della Spagna viene conquistata dai Romani, anche se ci vorranno ancora un centinaio di anni per concludere la vicenda definitivamente. I GRACCHI sono due figure della storia romana che hanno avuto un impatto enorme anche sulla storia politica contemporanea. Soprattutto quando nell’Europa del XVIII-XIX secolo circolavano idee sulla liberazione degli strati più poveri della popolazione, vari personaggi della storia romana furono presi come simbolo della lotta delle classi più povere contro le classi dominanti. I Gracchi erano visti come campioni del progresso delle classi più deboli. È difficile parlare dei Gracchi riuscendo a liberarsi di questa visione preconcetta. L’albero genealogico dei Gracchi è pieno di membri della famiglia degli Scipioni. La madre Cornelia apparteneva alla gens Cornelia della famiglia degli Scipioni, quindi, per parte di madre i Gracchi erano imparentati in maniera stretta con Scipione l’Africano, che era padre di Cornelia. Si tratta di esponenti della nobiltà patrizio-plebea che in questi anni poteva ricoprire a Roma sia le cariche prima riservate solo ai patrizi, sia le cariche riservate ai plebei. Inoltre una sorella dei Gracchi, Sempronia, è sposa di Scipione Emiliano. Secondo l’interpretazione più comune, alla base dell’opera politica dei Gracchi c’è l’analisi della situazione economica della penisola italica negli anni ’30 del IIª secolo. Dalla metà del IIIª alla metà del IIª sono stati anni di continue mobilitazioni militari e poiché l’esercito era composto di cittadini che quindi dovevano andare lontano dall’Italia a combattere per anni, questi Italici (contadini che lavoravano la terra) sono stati allontanati dalle loro terre per un periodo molto lungo. Questo ha comportato che pochi uomini si siano potuti dedicare all’agricoltura in Italia. Conseguentemente le famiglie, private dei loro uomini, sono andate in crisi. Le famiglie, quindi, non avendo modo di lavorarli, hanno venduto i loro terreni a prezzi tutto sommato bassi. LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI RICORDA: L’unico vero potere del tribuno era vietare una legge di un magistrato. Nella tradizione i tribuni avevano posto sempre un veto ad altri magistrati perché c’è sempre stata comunione di intenti tra i tribuni della plebe. Tiberio, allora, convoca il concilio della plebe e fa votare la destituzione di Ottavio. Questa cosa è un mostro giuridico perché non si è mai visto che un concilio della plebe votasse contro un tribuno della plebe, in più il tribuno della plebe è inviolabile non solo fisicamente, ma come istituzione. Nel momento in cui il tribuno della plebe Tiberio Gracco usa violenza contro un altro tribuno della plebe rompe quest’incantesimo secolare dell'intoccabilità dei tribuni. Nel fare ciò Tiberio si è scavato la fossa. La nobilitas cerca in tutti i modi di osteggiare la riforma di Tiberio e, soprattutto, afferma che non ci sono i soldi. Nel 133 muore Attalo III e lascia in eredità il regno di Pergamo all’Impero romano. La proposta di usare il tesoro di Pergamo era inaudita, non si era mai fatta una cosa del genere a Roma. Tuttavia nell’anno 133 la commissione parte e la riforma pare che sia ormai in moto. Tiberio, per garantire la sua supervisione all’avanzamento di questa riforma, si ricandida per il tribunato della plebe nel 132. In teoria esisteva la prassi per cui bisognava aspettare prima di ricandidarsi per la stessa magistratura, ma valeva solo per le magistrature vere: il tribunato della plebe era una magistratura sui generis, controversa, però in genere neanche i tribuni della plebe si ricandidavano per gli anni consecutivi. Su questa ambiguità parte l’accusa della nobilitas per cui Tiberio ambisca al potere personale, l’accusa tipica di quando si voleva mettere in discredito un personaggio politico che stava accumulando troppo potere. A capo di questa fazione che si opporrà a Tiberio ci sarà un suo parente, Scipione Nasica che nel 133 è pontefice massimo e chiede pubblicamente in Senato al console Muzio Scevola di intervenire in armi contro Tiberio, ma lui non se la sente e il pontefice senza autorità delegittima il console. Nasica, pur non avendo l’autorità per fare ciò, aveva dietro un gruppo di clienti e sostenitori che impongono con la forza questa scelta. Nausica convoca il popolo per salvare la res publica, si reca lì dove sono Tiberio e i suoi seguaci, si copre il volto, gesto che è stato interpretato come una maledizione rituale nei confronti di Tiberio, cioè lo consacra agli dèi. La plebe superstiziosa si impaurisce e scappa. Tiberio viene ucciso da Nasica e i suoi seguaci, in maniera brutale, a colpi di bastone, secondo alcuni perché è una cosa improvvisata, ma in realtà l’uccisione tramite bastone era la pena di morte per i briganti, mentre la spada si dava al nemico, era considerata una pena di morte più decorosa. La crisi del 133 è uno snodo epocale soprattutto perché sono state messe in campo procedure non convenzionali dal punto di vista legale. Quest’esperienza mette a nudo i limiti dell’ordinamento romano anche perché non esisteva una reale Costituzione che regolasse quali erano gli ambiti dei magistrati. La Repubblica dal 509 si era mantenuta sulla concordia, il che significa avere un cuore in comune, c’era un patto non scritto tacitamente accettato da tutti i membri delle élites dominante per cui si accettava che il potere fosse condiviso e dovesse ruotare. Ogni volta che qualcuno era andato oltre questo limite, il sistema l’aveva espulso. L’esito di Tiberio non è diverso dagli altri esiti precedenti, ma questo esito scardina completamente i capisaldi di questo impianto, dopo il 133 cambiano le regole del gioco e inizia lo spazio per gli individui che vogliono imporsi sugli altri. Gaio Gracco aspetta molto anni per candidarsi perché negli anni immediatamente successivi molti seguaci di Gracco vengono messi a morte. Scipione Nasica, che si era reso responsabile della morte del congiunto Tiberio, per sicurezza viene mandato a fare il proconsole in Asia. In maniera apparentemente paradossale ma fino ad un certo punto la commissione che Tiberio aveva nominato continua a lavorare, quindi i campi continuano ad essere assegnati. LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI Intanto, Scipione Emiliano nel 129 viene trovato morto in circostanze mai chiarite e da una serie di accenni presenti nelle fonti si lascia intendere che probabilmente è stato ucciso dalla moglie Sempronia su istigazione di Cornelia. In questi anni qualcuno fa sì che venga approvata una legge nel 125 che sancisce ufficialmente che le magistrature, in particolare il consolato, si possono reiterare. Le elezioni dei magistrati a Roma si tenevano l’anno prima, così da consentire che all’inizio dell’anno successivo i magistrati fossero già pronti ad entrare in carica. Nel momento in cui nel 125 viene approvata questa legge, nel 124 qualcuno pone la sua candidatura per il 123, ovvero Gaio Gracco. La differenza essenziale tra Gaio Gracco e Tiberio Gracco è che Tiberio aveva puntato tutto sulla riforma agraria, quindi puntava all’appoggio della plebe rurale. Gaio capisce che per scardinare il potere della nobilitas non può puntare soltanto all’appoggio della plebe rurale, ma deve allargare più possibile la base del suo consenso e quindi rilancia l’azione del fratello, quindi rimette in campo la legge di Tiberio, però innanzi tutto propone la creazione di tre nuove colonie per collocare altri nullatenenti, a Taranto e Squillace e propone di rifondare una colonia a Cartagine. Siamo nel 123, Cartagine era stata distrutta 23 anni prima e l’opinione pubblica non era molto felice della ricostruzione di una nuova città. Inoltre, egli si batte per l’approvazione di una lex frumentaria, una legge che prevede la distribuzione di frumento a prezzo fisso alla plebe di Roma che inizia a crescere sempre di più, alla fine dell’epoca repubblicana avrà circa 1 milione di abitanti; infatti già da tempo gli approvvigionamenti arrivavano dalla Sicilia e dopo la conquista di Cartagine anche dall’Africa. I prezzi del grano possono avere grandi oscillazioni, quindi Caio Gracco fa in modo che il grano a Roma ha un prezzo politico . Fa passare anche una lex giudiziaria. A Roma esistevano dei tribunali perenni, organismi perennemente attivi che si occupavano di valutare, in particolare, l’operato dei magistrati ed erano presieduti esclusivamente dai senatori, quindi, in genere tutti i processi finivano sempre a tarallucci e vino perché all’interno della stessa categoria ci si aiutava. Caio fa passare una legge per cui le commissioni di questi tribunali devono essere composte anche dai cavalieri, gli equites, gruppo diverso dai senatori e quindi più severo. Sempre per dare lustro ai cavalieri, ripristina l’antica pratica del cavallo che viene fornito ai cavalieri a spese dello stato e fa passare una lex de provincia Asia che sistema definitivamente la questione che era stata aperta con l’eredità di Attalo che effettivamente viene usata per mandare avanti la riforma. Queste riforme puntano ad allargare il consenso, in particolare la legge di Tiberio e la fondazione di colonie si interessa della plebe rurale e cittadina, la lex frumentaria punta alla plebe cittadina, la lex giudiziaria e il plebiscito sui cavalli puntano ai cavalieri, così come per la lex de provincia Asia. Tutte queste riforme vanno a segno, la sua azione inciampa verso l’ultimo tentativo. Egli vuole l’appoggio anche degli italici e, con lo stesso schema mentale del fratello, decide di fornire la cittadinanza agli italici così al momento di votare voteranno per lui. In tutto ciò, Gaio si fa eleggere anche tribuno per la plebe per il 122, però questo suo ultimo tentativo di estendere la cittadinanza gli aliena il consenso di tutte le categorie che era riuscito a tirare dalla sua parte. Come disse il console dell’anno 122 Caio Fannio, parlando alla plebe di Roma, in questo discordo riportato dalle fonti: <<Pensate che, se date ai Latini la cittadinanza, ci sarà ancora posto per voi nelle assemblee, che potrete ancora partecipare ai giochi e alle feste? Non capite che quelli vi porteranno via tutto?>> (Frammento 3, in Oratorum Romanorum Fragmenta) LA CRISI DELLA RES PUBLICA E I GRACCHI Questo fa sì che Caio nel 121 non venga rieletto tribuno e anche la sua parabola si conclude tragicamente, infatti il Senato lo proclama nemico pubblico e contro di lui viene mandato l’esercito. Alla fine si ucciderà per non essere preso dai suoi nemici. 23/03/2022 MARIO E SILLA Dopo la morte di Caio Sempronio Gracco a Roma si apre un periodo non particolarmente brillante dal punto di vista militare, cosa particolarmente sorprendente perché dopo la sconfitta di Cartagine e dei principali regni ellenistici di Macedonia e Siria sembrerebbe che Roma non abbia più rivali, ma invece in quegli anni c’è una rivolta da parte di Aristonico (130) nel regno di Pergamo. Egli sostiene di essere un figlio illegittimo di un precedente sovrano di Pergamo e che il regno spetti a lui, quindi solleva una rivolta contro Roma per evitare che il regno di Pergamo passi sotto l’impero romano, rivolta che all’inizio ha successo e poi viene sedata, però i Romani subiscono dure sconfitte per mano di Aristonico, così come vengono sconfitti da alcuni popoli barbarici del nord Europa come gli Scordisci (114) e i Cimbri (113 e 109). In questo periodo emerge come area di turbolenza il regno di Numidia, regno che si trovava accanto al territorio di Cartagine e aveva come sua capitale la città di Cirta. Questo regno era sempre stato alleato romano in funzione anti-cartaginese, tuttavia nel 119 aC muore il re della Numidia Micipsa e lascia in eredità il suo regno a tre eredi: i due figli diretti Aderbale e Iempsale e poi ad un suo nipote che lui ha adottato, Giugurta. Nel passaggio di eredità si crea una contesa per cui inizialmente Iempsale e Giugurta vanno in urto, poi una volta che Iempsale è stato ucciso Giugurta attacca e uccide Aderbale. In questa contesa tra Giugurta e i due fratelli il Senato sceglie di schierarsi dal lato di Iempsale, ma nonostante ciò Iempsale viene ucciso da Giugurta che rimane unico sovrano del regno. N. B. = Gli interessi che i Romani hanno in questo regno sono molto grandi, prima di tutto perché era stato da sempre alleato romano, ma soprattutto perché era il regno che garantiva il controllo di Roma nell’Italia Meridionale. Inoltre, il regno di Numidia era stato colonizzato dal punto di vista economico dai commercianti romani e anche questa comunità di romani che vive nel regno di Numidia si schiera dal lato di Iempsale contro Giugurta. Questo comporta che le relazioni diplomatiche tra Roma e la Numidia si deteriorano. LA GUERRA GIUGURTINA Giugurta, divenuto signore indiscusso della Numidia, decide di muovere guerra a Roma e innanzitutto ordina il massacro dei mercatores (commercianti) romani presenti in Numidia. Nel 111 iniziano ufficialmente le ostilità tra Roma e la Numidia. Roma in questi anni manderà svariati comandanti che, però, non riusciranno ad ottenere dei grossi risultati. Il primo di questi è il console Lucio Calpurnio Bestia, il quale riesce a ottenere la deditio formale da parte di Giugurta, quindi ottiene una sottomissione formale incondizionata, come era accaduto per Capua. Nel caso di Capua, la deditio aveva sortito l’effetto di permettere di attuare a Roma i propri disegni militari contro i Sanniti, ora la situazione è diversa perché Giugurta fa delle offerte minime, cede 30 elefanti, del bestiame, cavalli e una piccola quantità d’argento, ma mantiene il possesso dell’esercito e l’indipendenza del suo regno. Il Senato capisce che Calpurnio Bestia non ha ottenuto nessun risultato, è solo una messa in scena. Il regno di Numidia era un regno ricchissimo, anche grazie alla presenza di miniere, quindi, Giugurta, sapendo di non poter competere dal punto di vista militare contro Roma, riesce a smontare la minaccia romana corrompendo di volta in volta i consoli romani che vengono mandati. Ecco cos’era successo con Calpurnio.
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