Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La crisi delle certezze: Tesina Maturità 2022, Tesine di Maturità di Italiano

Il file contiene collegamenti interdisciplinari circa il nucleo tematico "La crisi delle certezze". Sono presenti collegamenti in Italiano, latino, storia, filosofia, scienze, arte e inglese

Tipologia: Tesine di Maturità

2021/2022

In vendita dal 20/09/2022

manuel-maietta
manuel-maietta 🇮🇹

4.6

(18)

20 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La crisi delle certezze: Tesina Maturità 2022 e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! La crisi delle certezze A partire dall’Ottocento si assiste ad un graduale sviluppo economico, politico, sociale e industriale che, con la sua innovazione, determina la crisi di concetti in precedenza accettati per veri: si assiste ad una vera e propria crisi delle certezze, una crisi che coinvolge, seppur in maniera differente, tutti i campi del sapere. Ad essere messi in discussione sono tutti i valori della ragione classica: vengono a cadere le idee della centralità dell’uomo, la concezione del mondo come necessario, l’esistenza di una verità assoluta, unica e conoscibile. Filosofia Cartesio In ambito filosofico il processo di messa in discussione di tutte le certezze è iniziato circa due secoli prima, per la precisione nel 1637, quando il Rene Descartes, in italiano Cartesio, pubblico il Discorso sul metodo. L’obiettivo principale di Cartesio era liberare gli uomini dalle false convinzioni e per far ciò, egli mise in dubbio ogni cosa, addirittura le nozioni apprese a scuola, quelle matematiche e quelle apprese dalla famiglia. Cartesio voleva rifondare la conoscenza basandola su principi chiari, distinti e primi a partire dai quali procedere nella ricerca della verità. Proprio in quest’opera, Cartesio chiarisce che tutti gli uomini nascono con l’intelligenza, ma ciò non è sufficiente: è necessario infatti, quello che il filosofo definisce, buon senso ovvero la capacità di discernere il vero dal falso. Cartesio osserva che la matematica dispone di un ottimo metodo, poiché è una disciplina che verte su un oggetto ben definito e chiaro. Le caratteristiche del suo metodo dovranno rispecchiare quelle della matematica, basata sul rigore del procedimento e sul requisito della semplicità e chiarezza dei suoi elementi costitutivi. È proprio all'interno del Discorso sul metodo che Cartesio formula le quattro regole del suo metodo. 1) La prima è la regola dell’evidenza che prescrive di accogliere come vere solo le idee chiare e distinte. Un’idea è chiara quando si afferma in modo vivido e immediato. Per illustrare l’idea di chiarezza Cartesio rimanda al mal di denti, un’esperienza dolorosa ma di immediata evidenza per chi la subisce. Un’idea è distinta quando è separata da ogni altra e definita in sé stessa. Con la regola dell’evidenza Cartesio condanna la tendenza spontanea degli uomini a dare giudizi affrettati. Questa regola è anche una critica al principio di autorità (ritenere vero quello che veniva tramandato dagli antichi). 2) La seconda è la regola dell’analisi che prescrive di dividere ogni problema nelle sue parti elementari in modo che sia più semplice giungere alla soluzione del problema stesso. 3) La terza è la regola della sintesi che prescrive di procedere nella conoscenza passando dagli oggetti più semplici a quelli più complessi, attraverso gradi successivi. 4) La quarta è la regola dell’enumerazione che prescrive di fare sempre enumerazioni complete e revisioni generali, così da essere sicuri di non aver omesso nulla. Concludendo possiamo dire che le quattro regole si riducono al divieto di affidarsi al caso e all’invito a ragionare in modo organizzato. Come abbiamo visto la prima regola del metodo prescrive di accettare come vero soltanto ciò che si presenta chiaro e distinto. Questo implica che si debba dubitare di tutte le cose che non offrono tale garanzia. Per far ciò occorre quindi applicare il dubbio in modo rigoroso assumendolo come procedimento metodologico: è per questo che il dubbio cartesiano viene definito "dubbio metodico”. Cartesio mette in dubbio ogni cosa partendo dal presupposto che i sensi a volte ci ingannano, come quando ci fanno credere che un bastoncino immerso nell’acqua sia ricurvo, mentre in realtà non lo è. Un altro esempio è quando di notte durante un sogno, sembra che ci stiamo muovendo ma in realtà non è così. Sebbene Cartesio ponga a fondamento del suo metodo, il metodo della matematica egli metterà in dubbio anche tali nozioni. Per Cartesio infatti finché non abbiamo raggiunto un punto certo possiamo sempre supporre di essere stati creati non da un Dio buono e saggio, ma da un genio maligno che ci vuole ingannare. La conclusione è che devo supporre che tutto ciò che vedo sento immagino e giudico sia falso e ingannevole: il dubbio ha raggiunto così la sua più vasta estensione possibile, è diventato universale. Così come Archimede, che per sollevare il mondo chiedeva un solo punto saldo e immobile d'appoggio su cui fare leva, Cartesio vuole ricercare un fondamento solido e sicuro per la conoscenza dopo essersi spinto fino alla demolizione di ogni certezza. Il suo è un modo di procedere di tipo "genetico", perché si fonda sulla convinzione che, scoprendo una sola conoscenza certa e indubitabile, sarà possibile far derivare da essa altre conoscenze. L’unico fondamento che è stato in grado di sfuggire ad ogni tipo dubbio, dice Cartesio, è il seguente: cogito ergo sum, ossia penso dunque esisto. Se infatti ammettiamo l’esistenza di un genio malvagio che vuole ingannarci, io devo essere certo di una cosa: per ingannare (o essere ingannato) io devo esistere. Cartesio viene criticato dai contemporanei perché il suo “penso quindi esisto” sembrerebbe un sillogismo (ragionamento deduttivo costituito da due premesse e una conclusione) in cui manca la premessa maggiore. Per esprimerlo in tutta la sua completezza, tale sillogismo dovrebbe avere la seguente forma: 1) premessa maggiore: "tutto ciò che pensa esiste"; 2) premessa minore: "io penso"; 3) conclusione: "dunque, io esisto". Il cogito non rappresenterebbe, dunque, la conoscenza prima e certissima su cui tutto il resto deve fondarsi, ma dipenderebbe da un'altra premessa (implicita) non sottoposta al dubbio né dimostrata ("Tutto ciò che pensa esiste"). I contemporanei accusarono Cartesio, pertanto, di aver utilizzato quella logica aristotelica da cui voleva distaccarsi. Cartesio rispose a tali accuse sostenendo che cogito, ergo sum non è un ragionamento che si basa su premesse e arriva a una conclusione, ma un'intuizione immediata, in virtù della quale chi pensa o dubita percepisce la propria esistenza di essere pensante come un'evidenza certa e inconfutabile. In altri termini, "pensare" ed "essere" non sono due momenti distinti di una successione discorsiva, malgrado la presenza dell'ergo che li congiunge, ma due aspetti di un'unica esperienza intuitiva. Il cogito cartesiano, dunque, presenta una struttura del tutto particolare e originale: colui che dubita, proprio in quanto sta dubitando (e di ciò non può dubitare), è anche persuaso del fatto che pensa: infatti, il dubitare non è altro che una manifestazione particolare del pensiero. Ecco la forza della conquista cartesiana: attraverso il dubbio il filosofo è pervenuto a una certezza incontrovertibile, "io esisto". Nessun'altra affermazione sarebbe stata in grado di metterlo al riparo dall'errore. Infatti, dire “io respiro, quindi io esisto", oppure "io cammino, quindi io esisto", non lo avrebbe protetto dall'inganno; ad esempio avrebbe potuto immaginare tali attività, come a volte avviene, durante il sogno e, dunque, cadere in errore! Guadagnata la certezza della propria esistenza, Cartesio si volge a chiarire qual è la natura di tale esistenza; egli si chiede, cioè, se grazie al cogito sia possibile sostenere con sicurezza l'esistenza del corpo e del mondo al di fuori di sé. La risposta del filosofo è che la certezza che scaturisce dal cogito investe soltanto e unicamente il pensiero e le sue determinazioni essenziali: il dubitare, il negare, l'affermare, il concepire, l'immaginare, il sentire, il volere e tutte le altre attività che si fondano sull'atto di pensare. In conclusione, dice Cartesio, seppure io dormissi sempre e seppure il Dio maligno cercasse di ingannarmi con tutte le sue forze, una cosa è certa: io sono ed esisto come soggetto pensante. La conclusione cartesiana, per cui il cogito rappresenta la verità originaria che consente di sconfiggere il dubbio e di procedere alla riedificazione di tutte le altre verità, costituisce l'atto di nascita del “razionalismo" moderno, cioè la corrente filosofica basata sull'assunto che ogni conoscenza derivi dall'attività razionale del soggetto. Schopenhauer È proprio nell’Ottocento che tale processo si manifesta con maggior forza. La filosofia di questo periodo tende infatti a rifiutare la visione ottimistica delle correnti di pensiero precedenti, in particolare dell’illuminismo. Crolla infatti la fiducia idealistica nella razionalità del mondo e la pretesa delle possibilità illimitate del sapere. Arthur Schopenhauer, con il suo capolavoro Il mondo come volontà e rappresentazione (1818) vuole diffondere la verità sul mondo vile e meschino della filosofia tedesca. In particolare, effettuando un’estrema sintesi possiamo dire che egli vuole rispondere alla domanda: “Che cos’è il mondo?”, una domanda che ammette due risposte differenti: da una prospettiva scientifica, il mondo è considerato come una mia rappresentazione; da una prospettiva filosofica il mondo è volontà di vivere. Tale opera inizia con la celebre frase: “Il mondo è una mia rappresentazione”. Con tale frase si intende sottolineare che, come già aveva detto Kant, non è possibile conoscere le cose in sé, ma solo come noi le percepiamo. Soggetto e oggetto sono di conseguenza interdipendenti. Latino A partire dal I secolo d.C. vari autori latini denunciano una vera e propria decadenza dei costumi romani, che secondo alcuni di essi è responsabile anche della crisi politica che da lì a poco avrebbe colpito l’Impero. Nel Satyricon, un “romanzo” (una parola che dobbiamo usare in modo cauto, quando riferita a tale opera) attribuito a Petronio, il retore Agamennone, discutendo con Encolpio (il protagonista dell’opera), evidenzia la decadenza della retorica. Encolpio individua nei declamatores e nelle scuole ove essi insegnano le cause di tale decadenza e, in particolare: • Denuncia la lontananza dalla realtà dei temi trattati nelle declamazioni • Si scaglia contro l’eloquenza ampollosa e fine a sé stessa Agamennone analizzando e valutando il problema in un’ottica più pragmatica, sostiene che: • I maestri insegano ciò che è gradito agli studenti, che altrimenti diserterebbero la scuola; • I veri responsabili sono i genitori, che per ambizione personale, costringono i figli ancora immaturi e senza un graduale percorso di studi ad affrontare la complessità del foro. Collegato al concetto di maschera che abbiamo appena visto in Pirandello, vi è anche un personaggio del Satyricon: Trimalchione. Egli è un cosiddetto parvenu, un uomo che si è arricchito velocemente. Nel romanzo, è Trimalchione stesso a raccontare molti episodi della propria vita. Schiavo di origine asiatica, viene portato a Roma e acquistato da un ricco signore, che fa di lui il suo schiavo di fiducia. Il padrone, anziano e ormai prossimo alla morte, lo libera e lo rende uno dei beneficiari della sua fortuna, dandogliene parte in eredità; grazie a ciò Trimalchione diventa un liberto. Non appena in possesso delle ricchezze ricevute, Trimalchione vende le proprietà per ricavarne denaro. Propenso a scegliere il commercio marittimo per arricchirsi, si fa costruire una serie di navi di sua proprietà; noleggiarle, infatti, lo avrebbe messo nella condizione di subire una perdita troppo grande in caso di affondamento, motivo per cui decide di essere l'unico proprietario e beneficiario del ricavato dell'attività. La sua prima esperienza lo vede in perdita: le prime cinque navi salpate affondano, causando la dispersione di tutto il loro carico di vino pregiato, nonché una perdita di trentamila sesterzi. Nonostante il primo fallimento, Trimalchione fa costruire un'altra serie di navi, più belle e più grandi, caricandole di un numero ancora maggiore di beni: tra questi schiavi, vino, lardo, fave e profumi. Gli affari proseguono bene, al punto da renderlo un uomo molto ricco, con un ricavato pari a circa diecimila sesterzi per ogni viaggio. Appena riacquistata la fortuna originaria, Trimalchione rinuncia all'attività marittima per dedicarsi all'acquisto di appezzamenti terrieri: in poco tempo, riesce a comprare molti terreni nell'attuale Sud Italia. In uno di questi, poi, si fa costruire una grande casa, comprando schiavi e cominciando così ad assoggettare un vero e proprio impero. Scienze Fino alla seconda meta del XX secolo si credeva che le cellule fossero in grado di produrre proteine, attraverso un percorso unidirezionale: dal Dna si ottiene l’Rna, dal quale poi provengono le proteine. Il percorso Dna→Rna→Proteine costituisce il cosiddetto dogma centrale della biologia. Per definizione un dogma è un concetto che si accetta per vero, per certo, un po' come la fede. In realtà molti studi e vari esperimenti hanno dimostrato che esistono alcuni virus in grado di sintetizzare Dna a partire dall’Rna. Ciò è possibile grazie ad un particolare enzima, detto trascrittasi inversa. Esso è un enzima DNA polimerasi RNA-dipendente che catalizza la sintesi di DNA usando come stampo una molecola di RNA. Questa polimerasi è presente in particolari tipi di virus con genoma a RNA, i retrovirus. Quando una cellula viene infettata da retrovirus, l’RNA viene copiato in una molecola di DNA a doppio filamento proprio grazie alla trascrittasi inversa presente nel virione che entra nella cellula infettata assieme all’RNA. Il DNA formatosi come copia dell’RNA virale circolarizza e si integra nel DNA della cellula ospite grazie alla proteina integrarsi. Uno dei retrovirus più diffusi è il virus dell’HIV che causa l’Aids, ossia la sindrome da immunodeficienza acquisita. Di vaccini a mRna abbiamo sentito parlare spesso nell’ultimo anno, dato che alcuni tra quelli sviluppati contro Covid-19 si basano proprio su questa tecnologia. Si tratta di una metodica che gli scienziati studiano in realtà da tempo – a cominciare dagli anni Novanta – e a cui si guarda non solo per la produzione di vaccini ma anche per lo sviluppo di farmaci. Sono in fase di studio vaccini a Rna messaggero contro la rabbia, contro Zika, contro il citomegalovirus, l’influenza e altri virus. E ora un gruppo di scienziati del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) - National Institutes of Health, coordinati da Paolo Lusso nell’ambito di una collaborazione internazionale che include anche ricercatori di Moderna, ha sviluppato un vaccino a Rna messaggero contro il virus dell’Hiv, dimostrandone tollerabilità ed efficacia nei primi esperimenti condotti su animali. Il vaccino sperimentale funziona come i vaccini a mRna sviluppati contro Covid-19. In questo caso le molecole di Rna messaggero, iniettate nel nostro corpo all’interno di una nanoparticella lipidica attraverso il vaccino, forniscono alle nostre cellule le istruzioni necessarie per produrre la proteina Spike, la “chiave” che Sars-CoV-2 utilizza per “aprire la serratura” delle nostre cellule (i recettori Ace2) e infettarle. In questo modo il sistema immunitario viene allenato a riconoscere il virus pur senza mai esserne venuto in contatto. Nel caso del virus dell’Hiv, il vaccino fornisce istruzioni codificate per produrre invece due proteine chiave dell'Hiv, Env e Gag, che nell’organismo si assemblano e formano particelle del tutto simili a quelle virali (viral like particles – VLP). “La prima (Env) – spiega Sara Richter, professoressa del dipartimento di Medicina molecolare dell'università di Padova e tra le massime esperte in questo ambito di studi – è la proteina che serve al virus per riconoscere la cellula da infettare ed è proprio verso questa proteina che vogliamo produrre anticorpi, così da impedire il legame del virus con la cellula bersaglio. La seconda (Gag), invece, costituisce la capsula del virus. Ciò che si fa è sfruttare una delle caratteristiche delle proteine virali di struttura e cioè che queste raggiungono la stabilità energetica quando si assembrano in particelle del tutto simili a quelle virali”. In questo caso sulle particelle formate da Gag, dunque, si inserisce e viene esposta la proteina Env. “Il vantaggio di questa strategia è che il sistema immunitario si trova a riconoscere Env in un contesto che è più simile a quello reale, quindi in teoria il sistema immunitario dovrebbe diventare più efficace. Questo tipo di vaccino, inoltre, in nessun modo può dare infezione, perché non contiene il materiale genetico del virus”. Anche se non possono causare infezioni o malattie, tuttavia, le particelle simil-virali corrispondono al virus intero e infettivo in termini di stimolazione di risposte immunitarie adeguate. Gli esperimenti sono stati condotti prima sui topi e in questo caso gli scienziati hanno rilevato che due iniezioni del vaccino mRna hanno indotto anticorpi neutralizzanti in tutti gli animali. Le proteine Env prodotte nei topi dalle istruzioni dell'mRna assomigliavano molto a quelle del virus intero, e questo rappresenta un miglioramento rispetto ai precedenti vaccini sperimentali dell'Hiv. Il team ha poi testato il vaccino Env-Gag VLP mRNA nei macachi. Nel corso dell’anno sono state iniettate più dosi di vaccino, che è stato via via modificato durante gli esperimenti per stimolare anticorpi attivi contro Env presente in diversi ceppi virali. “Questo – sottolinea la docente – serviva a fare in modo che gli anticorpi stimolati avessero la proprietà di riconoscere la regione più conservata di Env. Gli anticorpi di questo tipo vengono chiamati broad neutralizing antibodies e sono quelli che nei pazienti si è già visto essere i migliori per controllare l'infezione. Non tutti i pazienti riescono a sviluppare naturalmente questi anticorpi, perché di fatto i loro precursori sono presenti in piccolissime quantità. Con questa strategia, quindi, l’intento era proprio quello di stimolare il più possibile quelli di questo tipo”. Gli animali sono stati successivamente esposti per 13 volte (una a settimana) al virus simian-human immunodeficiency virus (Shiv), un patogeno particolarmente affine all'Hiv capace di infettare i primati non umani, i quali non sono suscettibili invece ad Hiv. Ebbene, gli scienziati hanno constatato innanzitutto che il vaccino è stato ben tollerato e ha prodotto solo lievi effetti avversi temporanei come la perdita di appetito. In termini di efficacia, è stato poi rilevato che il vaccino ha diminuito il rischio di infezione per ciascun evento di esposizione al virus del 79%. Due dei sette macachi immunizzati non hanno sviluppato l’infezione. Gli altri animali immunizzati avevano invece un ritardo complessivo nell'infezione, che si è verificata in media dopo otto settimane. Al contrario, gli animali non immunizzati si sono infettati in media dopo tre settimane. Quello sviluppato dal gruppo di Paolo Lusso, non è il primo vaccino contro Hiv che sfrutta la tecnologia a mRna. Già qualche mese fa, infatti, Moderna ha avviato sperimentazioni cliniche per due vaccini anti-Hiv. “Trattandosi di una ditta – sottolinea Sara Richter – non si possiedono le pubblicazioni scientifiche in itinere e quindi i dati vengono resi pubblici con molta parsimonia. Difatti, non è dato sapere come sono stati disegnati questi vaccini. Per ora sappiamo che ne stanno testando due a mRna, e che l'intento è sempre quello di stimolare i broad neutralizing antibodies, mediante diverse dosi. Ora sono in fase di sperimentazione clinica 1, quest’anno cioè vengono sperimentati su un numero ristretto di persone sane, per valutarne la sicurezza. La sperimentazione è iniziata a novembre, e si prevede che terminerà ad aprile del 2023. Leggendo le informazioni che gli autori hanno indicato sui documenti pubblici del trial, questi vaccini sembrano molto simili a quelli già pubblicati”. Il vantaggio principale di un vaccino rispetto a un farmaco è innanzitutto quello di prevenire l’infezione. “Questo – spiega Sara Richter – è particolarmente importante per Hiv, perché il virus, una volta che infetta un paziente, inserisce il suo materiale genetico all'interno della cellula della persona, per cui anche se i farmaci impiegati sono efficaci e riescono a impedire la replicazione virale, dunque che il virus prodotto vada a infettare altre cellule, non riescono a eliminare il virus che ha inizialmente infettato le prime cellule”. Il paziente, pertanto, dovrà comunque continuare ad assumere farmaci proprio per bloccare la replicazione virale. Ma i vantaggi specifici del vaccino a mRna sono più di uno. La docente spiega che impiegando la tecnica a mRna si induce all’interno del corpo umano la produzione di proteine più naturali rispetto a quelle che si riuscirebbero a ottenere in provetta. In ogni caso, per avere lo stesso tipo di proteina in laboratorio sarebbero comunque necessarie tecnologie più complesse. Un vaccino a mRna, inoltre, può essere facilmente adattato e modificato nel caso in cui sopraggiungano mutazioni del virus, con vantaggi dunque anche in termini di tempi e di costi. Sara Richter spiega poi che con i vaccini classici, costituiti da virus inattivato o modificato, in linea di principio potrebbe esserci il rischio che il virus possa revertire e causare la malattia, anche se questi eventi oggi sono estremamente rari, e con i vaccini attuali non sussistono di fatto questi problemi. “Nel caso di Hiv, tuttavia, potrebbe esserci un rischio maggiore a causa della sua alta capacità di mutazione. Con un vaccino a mRna, questo pericolo non esiste, perché non è presente materiale genetico, quindi manca la centrale del virus, che dunque non può replicare. Credo che i vaccini a mRna possano essere il futuro per combattere l’infezione di un gran numero di virus”. I vaccini, in generale, sono dunque uno strumento importante per la lotta all’Hiv, tuttavia non l’unico: “Più le nostre conoscenze e competenze si ampliano – sottolinea Sara Richter –, più affiniamo gli strumenti per combattere il virus e quindi sicuramente ha senso continuare a investire sul vaccino, perché risolverebbe il problema alla radice. D'altra parte, però, penso anche che abbia senso continuare a investire sulla ricerca di farmaci in grado di eradicare il virus dal paziente e non solo su quelli esistenti che fermano la replicazione, perché in questo modo potremmo dire di poter veramente curare i pazienti. Questi, quindi, sono entrambi fronti su cui vale la pena investire”. Arte L’esperienza del primo conflitto mondiale ha segnato e fortemente influenzato l’opinione artistica delle Avanguardie storiche che, proprio in concomitanza con la fine della guerra, si stavano diffondendo. Ad essere particolarmente scossa dalla guerra fu l’avanguardia del Dadaismo. Tale movimento nasce in Svizzera, che all’epoca era un’isola apparentemente felice nella quale si rifugiarono artisti, scrittori. Proprio a Zurigo gli intellettuali diedero vita al Cabaret Voltaire che raccoglieva figure di spicco dei vari ambiti del sapere la cui età media era di circa 30 anni, tutti accomunati dal desiderio di rinnegare il passato che era stato la causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. È in tale contesto che nasce il Dada, un movimento nonsenso, il cui nome fu scelto aprendo a caso un vocabolario franco-tedesco. I membri di tale corrente possiedono un gusto per il paradosso e per il gioco dei nonsensi e vogliono riscattare l’umanità dalla follia che l’ha portata alla guerra. Per raggiungere tale scopo è necessaria una nuova arte, elementare, capace di ridare la forza agli uomini per essere ancora uomini. Significativa, per comprendere l’orrore che tale Movimento nutre nei confronti della guerra, è la citazione di uno degli esponenti del Dadaismo: “Non ci convinceranno a mangiare il pasticcio putrefatto di carne umana che ci offrono”. Il DADA nel giro di pochi anni si diffuse in tutta l’Europa, anche grazie a riviste specifiche che esaltavano i concetti peculiari del movimento. Il Dadaismo negava l’arte in quanto espressione dei valori e delle convenzioni borghesi, che frenavano la libertà espressiva; l’atteggiamento dei dadaisti era irrazionale e dissacratorio, il fine era distruggere l’arte come allora era concepita. Il principale esponente di tale movimento è senza dubbio Marcel Duchamp. Egli voleva utilizzare in ambito artistico oggetti della vita quotidiana, spiazzando e stravolgendo ogni possibile aspettativa. A rispecchiare la volontà dell’artista è proprio la sua opera più conosciuta: Fontana. Fontana è un orinatoio rovesciato, che venne esposto con lo pseudonimo di R. Mutt. Parlando di sé in terza persona Duchamp disse: “Mutt ha creato un nuovo modo di pensare quello oggetto”. Si deduce dunque che l’arte non è più saper fare, ma saper scegliere: di conseguenza tutti possono essere artisti, tutto può essere arte. L’originale di quest’opera è andato perduto in un trasloco: gli operai scambiandolo per ciò che, lo gettarono via. Fisica Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX alcune osservazioni sperimentali, come ad esempio la considerazione della velocità della luce come un’invariante (ossia una grandezza che non dipende dal sistema di riferimento), hanno messo in crisi le concezioni della cosiddetta fisica classica. Meccanica ed elettromagnetismo, due delle branche fondamentali della fisica, si trovano in contraddizione tra loro. La relatività galileiana entrò in crisi nel XIX secolo a seguito della formulazione delle quattro equazioni di Maxwell, le quali dimostrarono che la luce si muove a una velocità fissa, indicata con la lettera c. Il risultato era importantissimo e, soprattutto, in contrasto con quanto prescritto dalla relatività galileiana. Si affermava che la velocità della luce è assoluta. Fino alla teoria della relatività di Einstein, relatività ristretta e generale, il tempo era concepito come assoluto e indipendente dagli osservatori. Lo spazio, inoltre, era regolato dalla geometria euclidea. In tale geometria e nella fisica pre-relativistica la lunghezza di un oggetto non cambia quando questo si sposta o ruota nello spazio, oppure quando lo si osserva da diverse angolazioni. Con l'accettazione da parte della comunità scientifica della teoria della relatività è stato demolito il concetto di spazio e di tempo assoluti e separati l'uno dall'altro, mentre ha preso il suo posto il concetto di spaziotempo, nel quale non c'è un sistema di riferimento privilegiato e per ogni evento le coordinate spaziali e temporali sono legate tra di loro in funzione dello spostamento relativo dell'osservatore. La Teoria della Relatività è una teoria fisica sul passaggio tra due sistemi di riferimento in moto relativo. L'idea di fondo è che due osservatori che si muovono in moto relativo misurano differenti tempi e spazi per lo stesso evento, ma il contenuto delle loro osservazioni è lo stesso. Già Galileo Galilei (1564-1642) si era interessato al passaggio tra due sistemi di riferimenti inerziali. Tuttavia le teorie galileiane non si applicavano compiutamente a tutti i campi della fisica, ad esempio non erano valide per l'elettromagnetismo. Quindi tutte le leggi della meccanica sono invarianti per trasformazioni di Galileo.Questa invarianza non si estende alle equazioni di Maxwell. La teoria dell’elettromagnetismo, introdotta da Maxwell nel1864, prediceva, tra le altre cose, che la velocità della luce c è una costante universale. Poiché, in base al principio dei moti relativi della teoria cinematica newtoniana, le velocità dipendono dal sistema di riferimento in cui vengono misurate, l’universalità di c implicherebbe l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato in cui essa assumerebbe questo valore. In tutti gli altri sistemi di riferimento, la velocità della luce differirebbe da c per la velocità di trascinamento. Inoltre, essendo previsto dalla teoria - prima di Huygens e poi di Maxwell - che la luce si propaga come un’onda, è stata postulata l’esistenza di un mezzo, l’etere, in cui tale onda si dovrebbe propagare. Il sistema di riferimento privilegiato è il sistema di riferimento dell’etere. Si suppose quindi che l’etere riempisse tutto lo spazio e fosse il mezzo rispetto al quale la luce avesse velocità c. Questo doveva essere lieve, impalpabile tanto da permettere a tutti i pianeti di muoversi, ma nello stesso tempo doveva essere rigido in quanto un’onda viaggia tanto più velocemente quanto più è rigido il mezzo in cui si propaga. Quindi esso nasceva già con proprietà contraddittorie. Ne seguiva quindi che un osservatore in movimento attraverso l’etere con velocità v doveva misurare una velocità c’ per un raggio di luce, dove c’ = c ± v. Era questo risultato che l’esperimento di Michelson nel 1881 e con Morley nel 1887 e poi con tanti altri doveva sottoporre a verifica. L’esperimento non diede mai i risultati attesi. Per ottenere che le equazioni di Maxwell potessero avere la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali, nel 1904 l’olandese Lorentz elaborò alcune equazioni, chiamate trasformazioni di Lorentz. Tali equazioni rendevano le equazioni di Maxwell invarianti. E’ da notare che le Trasformazioni di Lorentz non trattano separatamente il tempo e lo spazio, ma questi vengono invece correlati tra loro; al limite di piccole velocità, le Trasformazioni di Lorentz si riducono alle già note di Galileo. (Trasformazioni di Lorentz scritte a penna sul cartaceo) La teoria della relatività speciale fu pubblicata da Enstein nel 1905, allo scopo di rendere compatibili tra di loro la meccanica e l'elettromagnetismo per trasformazioni del sistema di riferimento. L'aggettivo speciale si riferisce al fatto che vengono considerate trasformazioni solo tra sistemi di riferimento inerziali, escludendo quindi i sistemi accelerati, come per esempio quelli sotto l'azione della forza gravitazionale. Einstein per la sua teoria partiva da due postulati: • Primo postulato (principio di relatività): tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali; • Secondo Postulato (invarianza della luce): la velocità della luce ha lo stesso valore in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore o dalla velocità della sorgente di luce. Il primo postulato è un’estensione di quello di Galilei che riguarda solo le leggi della meccanica. Questo significa anche la fine del concetto di etere, non solo come mezzo che trasmette la luce, ma anche come riferimento assoluto. Ma anche il concetto di simultaneità perde la sua assolutezza; infatti, se la velocità della luce è finita ed è la stessa per ogni osservatore, due eventi simultanei in un sistema inerziale non lo sono più se osservati da un altro sistema. Se la luce emessa da due lampadine equidistanti da un osservatore O, lo raggiungerà allo stesso istante, allora O considererà i due eventi come simultanei. Ma un osservatore O' in moto con velocità v rispetto ad O, vedrà accendersi prima la lampadina verso cui si sta muovendo, essendo minore la distanza che la luce deve percorrere; solo dopo, vedrà accendersi l'altra lampadina. La simultaneità tra eventi viene quindi a dipendere dal sistema inerziale da cui si osserva. I principali effetti relativistici sono: Contrazione delle lunghezze La lunghezza di un corpo è più grande quando esso è in riposo relativamente all’osservatore (lunghezza propria).Quando il corpo si muove con una velocità v rispetto all’osservatore la sua lunghezza misurata si contrae nella direzione del moto, mentre le sue dimensioni perpendicolari alla direzione del moto non vengono alterate. Dilatazione del tempo Il tempo misurato da un osservatore in moto è maggiore del tempo misurato da un osservatore in quiete rispetto all’orologio. Gli orologi in moto rispetto al sistema di riferimento dell’osservatore risultano più lenti degli orologi in quiete. Tempo proprio: è il tempo misurato dall’osservatore nel proprio sistema di riferimento, in cui l’orologio è in quiete, cioè quello in cui l’osservatore vede accadere gli eventi nella stessa posizione. La relatività afferma che gli oggetti che si muovono velocemente “invecchiano” più lentamente di quelli in stato di quiete. Si può concludere che nessun corpo può assumere velocità uguali o superiori a c; le trasformazioni di Lorentz per v ≥ c non sono definite (i valori sotto radice diventano nulli o negativi). Il valore nullo non è accettabile, in quanto compare nel denominatore delle formule. La contrazione delle lunghezze non deve essere vista come se il metro variasse la sua dimensione o come se l'orologio segnasse un tempo diverso. Le misure infatti saranno differenti solo se effettuate da un altro osservatore in moto relativo: la lunghezza del proprio metro e la durata del proprio minuto è la stessa per tutti gli osservatori. La teoria ammette questi effetti come conseguenza della peculiarità di c e del moto relativo e quindi come conseguenza del nostro modo di guardare le cose. La lunghezza propria è la più grande fra tutte le lunghezze relative ai punti di vista, ma non per questo è più reale delle altre. Sarebbe come notare che più lontani siamo da un oggetto e più piccolo questo ci sembra: niente ci può dire se l'oggetto si rimpicciolisce veramente o se sia un effetto della distanza. Non ha quindi senso domandarsi se si tratti di un fenomeno reale o apparente. Si può così concludere che l’apparente insolita stranezza di certi effetti relativistici si manifesta solo quando gli oggetti si muovono a velocità assai prossime a quelle della luce. Nel nostro lento mondo di ogni giorno Galileo e Newton hanno avuto e hanno tutt’ora ragione. Inglese The First World War left the country in a disillusioned and cynical mood. After the war nothing seemed to be right or certain; even science and religion seemed to offer little comfort or security. Scientists and philosophers destroyed the old, predictable universe which had sustained the Victorians in their optimistic outlook, and new views of man and the universe emerged. This sense of doubt developed into a spirit of revolt and experimentation in all artistic field. The isolation and the alienation of modern man became the main themes of literature. This sense of doubt can be seen especially in Fitzgerald’s novel The Great Gatsby: the main character, Jay Gatsby, is presented as someone with a loss of identity which leads to his attempt to restore the past. This attempt is going to fail. Gatsby masks his old identity through speculation and contemplation in hope to reinvent his status and rebuild his dignity. He came from a very humble midwestern family but he did every effort to raise above poverty: in the location of West Egg in fact he creates an image of himself that does not correspond to reality. He was known for his wide parties. Gatsby’s next-door neighbor is Nick Carraway, a young man who had just moved from Midwest. Nick’s cousin, Daisy, and her husband, Tom Buchanan, introduce Nick to a very beautiful woman with whom Nick starts a relationship. This woman told Nick that Tom has a mistress, Myrtle Wilson. At a certain point Nick receives an invitation to one of Gatsby’s parties and the two become close friends. Later Nick discover that Gatsby’s real name was Gatz and that he comes from a very poor family, and he finds out that he gained his money from organized crime and illegal activity. Before her marriage, Daisy and Gatsby had a relationship, and after meeting again they started an affair. After a fight with her husband, Daisy who was driving home with Gatsby, runs over Myrtle, who dies. Myrtle’s husband finds out that the car which killed her wife was Gatsby’s so he shoots him in his pool. Nick came back to Midwest, and Daisy got back with her husband. Only Nick tries to defend his friend, and he organizes his funeral, but nobody shows. At the end Nick reflects that just as Gatsby’s dream of Daisy was corrupted by dishonesty, the American dream of happiness is over. This novel is set in the summer of 1922 in New York and on Long Island. This period is also known as the Roaring Twenties. This was a period of wealth, economic, political and social changes (women obtained the right to vote), but also the jazz age, in this period in fact jazz was born. This was also a period of racism (even if white people used to listen to jazz, that was made by black musicians, they didn’t’ want to socialize with them) and of illegal activities (as a response of Prohibition, production, sale or transport of alcohol was banned, a lot of illegal activities started to grow up). The upper-class characters of Gatsby exemplify the hedonism of the era. This novel provides an insight into this period: that’s why this novel is considered as an emblem of the Roaring Twenties. CHARACTERS Jay Gatsby is presented as a mysterious man: he can be considered booth as a Romantic hero, who is ready to die for his dream, but also as a self-made man, a man who made alone his own fortune. Nick Carraway is both an observer and a participant in the novel. He is the only character that have a sense of morals and decency. Just as Fitzgerald, he finds himself surrounded by high society and dishonest people, and neither of them fits in with that kind of style. Tom Buchanan comes from a very wealthy family and he is Gatsby’s rival for Daisy’s love. He is arrogant and aggressive.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved