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La crisi economica del 2007: il ruolo delle banche e la percezione degli utenti, Tesi di laurea di Economia E Diritto

Tesi sul ruolo delle banche nella crisi economica del 2007

Tipologia: Tesi di laurea

2018/2019

Caricato il 17/06/2019

leledoc
leledoc 🇮🇹

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Scarica La crisi economica del 2007: il ruolo delle banche e la percezione degli utenti e più Tesi di laurea in PDF di Economia E Diritto solo su Docsity! Corso di Laurea magistrale in Marketing e Comunicazione Tesi di Laurea La crisi economica del 2007: il ruolo delle banche e la percezione degli utenti Relatore Ch. Prof. Isabella Procidano Laureando Serena Sacilotto Matricola 821387 Anno Accademico 2013 / 2014 2 5 INTRODUZIONE A partire dal 2007 il mondo intero sta attraversando una crisi economica avente una portata tale da renderne molto difficoltoso il suo superamento. Queste difficoltà deriverebbero dal fatto che il sistema finanziario ha avuto per molti anni il controllo sull’economia mondiale senza che i Governi potessero fare alcunché. Non bisogna dimenticare infatti che nel corso degli anni settanta del XX secolo si ebbe la crisi del sistema produttivista e, per cercare di fronteggiarla, la politica ha affidato tutto nelle mani della finanza perdendo di fatto il potere di governare. Il problema principale di questa situazione è che in questo modo il sistema finanziario per circa trent’anni ha operato senza che vi fosse alcun controllo valido da parte delle autorità preposte a tale incarico; questo ha portato allo sviluppo di un mercato cosiddetto “ombra”, ovvero nascosto, nel quale le banche e gli altri istituti creditizi, direttamente o indirettamente per il tramite di altre società, potevano svolgere le loro operazioni illecite. Questo sistema ha senz’altro funzionato nell’arco di questi trent’anni, non solo per coloro che vi operavano, ma anche per l’economia nel suo complesso che ha visto grazie all’era del consumismo un’espansione molto forte ed un’epoca nella quale si poteva dire che “le persone stavano bene”. Purtroppo però il sistema finanziario basato su mercati speculativi e molto spesso slegati dalla realtà ad un certo punto, e più precisamente nel 2007, si è inceppato, provocando una catastrofe dapprima negli Stati Uniti d’America e, circa un anno dopo, in Europa e nel mondo intero. Dare tutta la colpa di quello che è successo al mondo creditizio è però errato: i Governi globali sarebbero potuti intervenire in qualche modo per cercare di togliere il controllo alla finanza o per lo meno avrebbero potuto creare delle misure per tenere monitorato il suo operato. È anche vero che l’economia si espande attraverso dei cicli e che, quindi, una situazione di questo tipo si sarebbe prima o poi manifestata e ciò sarebbe stato inevitabile. L’obiettivo che si cerca di raggiungere attraverso il seguente elaborato è quello di analizzare l’atteggiamento delle persone nei confronti della crisi economica globale. In particolare ci si è chiesti se le persone sono consapevoli del fatto che la crisi globale attuale è guidata dalla finanza e non una manovra messa in atto dai Governi. Altro aspetto che si cerca di approfondire è se le banche hanno effettivamente ridotto la loro attività nei confronti dei terzi oppure se è una semplice diceria dei media. 6 Per comprendere meglio tutta questa situazione e quanto sta accadendo in Italia, è stata fornita innanzitutto una breve introduzione sul sistema bancario che si è andato a delineare nel corso del tempo a partire dall’Unità d’Italia, nel 1865, fino ad arrivare ai giorni nostri. Da notare che il percorso seguito per la sua realizzazione non è certamente stato privo di difficoltà: è stato anzi un sentiero molto complesso ed intricato. Tuttavia, nonostante siano trascorsi quasi 150 anni dalla sua costituzione, tale sistema ha evidenziato tutta la propria fragilità in seguito alla crisi economica che l’ha colpito; non bisogna dimenticare, infatti, che la crisi attuale è una crisi della finanza che successivamente ha interessato l’intera economia. Questo non significa che tutto quello che è stato fatto nel corso del tempo sia sbagliato ma semplicemente che è necessario adottare delle riforme per riportare la situazione sotto il controllo della politica e per adattarla alle nuove esigenze del mercato. Nella seconda parte della trattazione vengono analizzati gli eventi che hanno condotto all’attuale crisi economica soffermandosi anche sulle politiche messe in atto dai Governi per superarla. Da notare che per cercare di salvare i grandi gruppi bancari entrati in crisi per evitare si presentasse una situazione ancora peggiore di quella odierna, i vari Stati europei e mondiali sono intervenuti elargendo grosse quantità di denaro e, di fatto, svuotando le proprie tesorerie. Proprio per questo motivo tutti i cittadini mondiali stanno ora facendo i conti con pesanti politiche di austerità che obbligano al pagamento da parte di coloro che non hanno alcuna colpa in questa vicenda. I Governi, per giustificarsi, stanno passando l’informazione che la loro mancanza di soldi sia dovuta a politiche di welfare troppo generose nei confronti della popolazione; di conseguenza è necessario innanzitutto effettuare un taglio alle spese proprio a partire dagli elementi ritenuti troppo costosi come il servizio sanitario, quello scolastico, quello pensionistico, spingendo le persone, ormai sempre più povere a causa della continua perdita del posto di lavoro, a spendere sempre di più di tasca propria per avere tutti quei servizi precedentemente sostenuti dallo Stato. In secondo luogo vengono imposte delle tasse sempre più elevate andando ulteriormente ad infierire sulla popolazione. L’ultima parte di questo scritto cerca infine di comprendere attraverso un’analisi condotta con l’ausilio di un questionario, cosa le persone e le aziende pensano delle banche e del sistema bancario e se credono possano aver avuto qualche ruolo nel determinare l’attuale crisi economica. Si cerca inoltre di capire se l’avvento della crisi possa in qualche modo aver influenzato l’attività delle banche specialmente con riferimento all’erogazione di 7 mutui e di finanziamenti visto che si sente molto spesso dire che la crisi può essere superata solamente attraverso l’elargizione da parte degli istituti di credito di maggiori somme di denaro ad imprese e famiglie. Si vuole quindi cercare di comprendere se quanto viene espresso dai mass media sia effettivamente quello che i cittadini pensano della crisi oppure no. Da questo punto di vista è interessante effettuare una distinzione tra imprese e persone fisiche in quanto le prime hanno delle relazioni molto più strette con il sistema bancario rispetto ai secondi. Solitamente infatti i comuni cittadini (ad esclusione di qualche eccezione) raramente si recano presso la propria banca per compiere operazioni diverse dal prelievo/versamento di denaro contante, domiciliazione di bollette, accensione di un contratto di mutuo o di finanziamento. Le imprese invece hanno quasi ogni giorno a che fare con gli istituti di credito in quanto muovono ingenti quantità di denaro e svolgono con esse delle operazioni molto più variegate rispetto alle persone reali (ad esempio lo smobilizzo di portafoglio, l’apertura di credito in conto corrente, l’anticipo di contratti, ecc…). Come conseguenza questi soggetti, avendo una relazione più stretta ed interattiva con le banche, potrebbero aver sviluppato un’idea diversa di loro e della crisi rispetto invece ai vari cittadini. Questa distinzione inoltre è importante per cercare di comprendere se l’attività bancaria si è ridotta solamente nei confronti di uno dei due soggetti oppure di entrambi in quanto questo riuscirebbe a far capire meglio il tipo di politiche da mettere in atto per il superamento della crisi (ad esempio se è necessario incentivare il sistema finanziario ad operare maggiormente con le imprese piuttosto che con i cittadini oppure infine con entrambi questi soggetti). Fatte queste premesse ed indipendentemente da quali siano i motivi che hanno portato all’attuale crisi economica, da tutto ciò che si dice sulla crisi e dalle varie ricerche che vengono condotte per comprendere il pensiero dei cittadini, non bisogna dimenticare che purtroppo la crisi economica che il mondo sta attraversando è reale e se non verrà al più presto fatto qualcosa per cercare di arginarla, ci si troverà ad affrontare una situazione ancora peggiore di quella odierna. Come visto in precedenza l’economia si sviluppa per cicli: questo significa che prima o poi si assisterà ad una ripresa e che questa situazione finirà. Il problema è che non si sa ancora quando tutto ciò accadrà, con che modalità e quali saranno le conseguenze per l’economia nel suo complesso. 10 1.1.1 Dal 1865 alla legge bancaria del 1926 Questo periodo è caratterizzato dalla mancanza di uno specifico ordinamento per l’attività bancaria. L’economia di quel tempo infatti era regolata dal Codice di Commercio1 che disciplinava l’attività di tutti gli imprenditori e che definiva come atti di commercio, tra gli altri, anche le operazioni bancarie, con la conseguenza che l’attività esercitata dalle banche era sottoposta alle regole del diritto comune. Bisogna sottolineare tuttavia che il Codice di Commercio, nonostante non prevedesse una disciplina speciale per l’attività bancaria, prevedeva comunque che le società che avevano per oggetto principale l’esercizio del credito dovevano “depositare presso il Tribunale una situazione mensile” [Costi, 2012, 26] con la finalità di aumentare la trasparenza delle attività che svolgevano. C’erano inoltre dei settori particolari dell’attività bancaria che erano sottoposti al controllo pubblico. Anche se non era prevista una disciplina specifica per il settore bancario, erano presenti sul territorio una pluralità di istituti che erano differenziati tra loro sulla base dei loro statuti e delle specifiche attività che svolgevano. Questo ha portato alla nascita di una serie di banche “specializzate” (come, ad esempio, gli istituti di credito fondiario, l’Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità, ecc) [Costi, 2012, 27] in quanto si riteneva che il diritto comune non fosse in grado di conciliare gli interessi dei risparmiatori con quelli di chi invece cercava di ottenere dei finanziamenti. Le caratteristiche di tali istituti specializzati sono state in seguito tradotte in statuti legislativi speciali che per molto tempo hanno disciplinato l’attività di queste tipologie di banche. Un altro elemento che contraddistingueva questo periodo era la presenza di una pluralità di banche di emissione, ovvero di banche aventi la possibilità di emettere biglietti di banca2 in seguito all’autorizzazione da parte dell’autorità governativa. In particolare erano presenti sei istituti di emissione [bancaditalia.it]: - Banca Nazionale: derivava dalla fusione della Banca di Genova e della Banca di Torino; 1 Il Codice di Commercio è stato sviluppato nel 1882 per sostituire quello del 1865 che, a sua volta, rappresentava una estensione del Codice di Commercio del Regno di Sardegna al Regno d’Italia. Tale Codice disciplinava una serie di atti definiti appunto di commercio, così come i rapporti in cui almeno uno dei due soggetti potesse essere definito commerciante. 2 Si tratta di titoli bancari al portatore che danno la possibilità a colui che li possiede di ottenere la quantità di moneta legale indicata sui titoli stessi. 11 - Banca Nazionale Toscana; - Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d’Italia: si è affiancata alla banca precedente nel 1863; - Banco di Napoli; - Banco di Sicilia: è entrata a far parte delle banche di emissione, assieme con la precedente, nel 1866; - Banca Romana: derivava dalla conversione della Banca degli Stati pontifici ed è l’ultima che è entrata a far parte del gruppo nel 1870. La presenza di innumerevoli istituti di emissione tuttavia rendeva difficoltoso e poco fluido il sistema di pagamento dei biglietti di banca e, quindi, si riteneva fosse necessario unificarli. Tale unificazione era però resa difficile dal fatto che sia le banche, sia coloro che ritenevano che l’attività d’impresa dovesse essere libera, preferivano mantenere la presenza di una pluralità di soggetti. La situazione ha iniziato a prendere una direzione diversa a partire dal 1887, quando gli istituti di credito sostennero il boom edilizio lanciato da Roma. Le banche ordinarie3, infatti, decisero di finanziare il settore industriale ricorrendo al credito mobiliare. Quest’ultimo consisteva (ma è presente tutt’ora) sostanzialmente nella raccolta di denaro presso il pubblico dei risparmiatori attraverso la vendita delle azioni bancarie; i fondi ottenuti in questo modo, venivano poi impiegati attraverso la concessione alle industrie di crediti a medio o lungo termine, crediti che venivano concessi solamente previa sottoscrizione di obbligazioni oppure in seguito all’acquisto di partecipazioni dell’impresa stessa. Si è venuto in questo modo a creare un legame fortissimo tra banche ed imprese industriali, in quanto le prime avevano investito elevatissime quantità di denaro nelle seconde e si erano lasciate coinvolgere dalle attività speculative esercitate dalle stesse. Altro elemento di non secondaria importanza è che le banche che concedevano questa tipologia di credito non erano sottoposte a nessun controllo da parte dello Stato. Questo intreccio portò, attorno al 1892, ad un’espansione eccessiva che determinò una bolla speculativa la quale, a sua volta, innescò la crisi economica che coinvolse numerosi istituti di credito mobiliare e, conseguentemente, gli enti bancari di emissione che 3 Si usa il termine “ordinarie” per differenziare le banche che si occupavano di erogare finanziamenti dalle banche che invece svolgevano l’attività di emissione di biglietti di banca. 12 avevano investito ingenti somme di denaro per cercare di salvare le banche in forte crisi. Tale episodio ebbe due conseguenze: - contribuì nel 1893 alla nascita della Banca d’Italia, che derivava dalla fusione della Banca Nazionale, della Banca Nazionale Toscana e della Banca Toscana di Credito per le industrie ed il commercio d’Italia, e rappresentava il primo importante passo per la nascita di un unico istituto di emissione a livello centrale; oltre alla Banca d’Italia, continuarono a svolgere il ruolo di banche di emissione anche il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia; - portò allo sviluppo di un nuovo modello di banca denominato “banca mista” [Costi, 2012, 37], che si differenziava dagli istituti di credito mobiliare non tanto per il modo in cui impiegava il denaro raccolto (determinando molto spesso dei legami addirittura più stretti tra industria e banca di quelli che si erano sviluppati tra industria ed istituti di credito mobiliare), quanto piuttosto nel modo in cui otteneva tale risorsa; mentre, infatti, gli istituti di credito mobiliare ottenevano ciò che gli serviva vendendo le proprie azioni, le banche miste si finanziavano attraverso l’utilizzo dei depositi. Altro istituto molto importante del periodo in esame è la Cassa depositi e prestiti istituita con la legge n. 1270 del 17 maggio 1863. Questo ente aveva il compito di raccogliere tutte le somme che le persone depositavano in favore dello stato e, contestualmente, le impiegava prestandole alle province, ai comuni, agli enti di beneficenza e così via, affinché realizzassero tutte le opere di interesse pubblico. A partire dal 1875 alla Cassa venne inviato anche tutto il denaro raccolto dagli uffici postali; in questo modo divenne la più grande banca italiana. Ovviamente per l’attività che svolgeva e per la sua importanza, era sottoposta a rigidi controlli da parte del Ministero delle Finanze e, nel 1898, entrò a far parte del Ministero del Tesoro con la conseguenza che l’attività che svolgeva venne contestualmente sottratta al diritto comune. Tutte queste vicende e l’evidenza che le banche, da sole, non erano in grado di garantire quella stabilità che al mercato serviva, ha fatto emergere la necessità di avere una disciplina speciale ma soprattutto specifica per il sistema bancario portando, nel 1926, allo sviluppo dei “provvedimenti per la tutela del risparmio” [Costi, 2012, 39]. 15 presso la Banca d’Italia, la quale raccoglieva i fondi presso i cittadini. Dopodiché, con l’acquisto delle partecipazioni detenute dalle banche miste, trasferiva loro il denaro e ricreava in questo modo la liquidità di cui queste avevano bisogno per potersi ristabilire. Ovviamente, questo passo sarebbe stato vano se le banche miste avessero continuato ad acquisire partecipazioni delle industrie. È stato quindi introdotto un secondo intervento che stabiliva che le banche miste non potevano più detenere od acquistare partecipazioni di imprese industriali e, contestualmente, si impegnavano a svolgere esclusivamente attività di credito commerciale. Con quest’ultimo intervento, necessario per poter rendere indipendenti le banche miste, si pose un ulteriore problema relativo al finanziamento a medio e lungo termine delle industrie, finanziamento che le banche miste non potevano più concedere. Proprio per colmare tale lacuna vennero introdotti due istituti: - l’IMI (Istituto Mobiliare Italiano) attraverso il R.D.L. 13 novembre 1931, n. 1398 - l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) attraverso il RD.L. 23 gennaio 1933, n.5 Tra gli enti appena citati il primo ad essere introdotto nel nostro ordinamento fu l’IMI che presentava le seguenti caratteristiche: - era un ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica; - raccoglieva le disponibilità di cui aveva bisogno per le proprie operazioni attraverso l’emissione di obbligazioni (non poteva, infatti, effettuare attività di deposito); - concedeva finanziamenti per una durata massima di 10 anni; - poteva acquisire partecipazioni azionarie. Tuttavia con il passare del tempo ci si accorse che il limite dei 10 anni per la concessione dei finanziamenti riduceva fortemente la possibilità di ottenere risorse da parte delle industrie. Si manifestò, inoltre, un ulteriore problema: la crisi economica che ormai era presente già da un anno aveva fortemente messo in difficoltà la Banca d’Italia, la quale non era più in grado di concedere credito all’Istituto di Liquidazione per l’acquisizione di ulteriori partecipazioni che difficilmente venivano collocate sul mercato, con la conseguenza che l’istituto non era più in grado di restituire i fondi che aveva ricevuto. Tutto ciò portò all’introduzione dell’IRI, un ente provvisorio che aveva come obbiettivo quello di ricollocare sul mercato le partecipazioni industriali che acquisiva dalle banche 16 miste. In particolare l’Istituto presentava alcuni elementi in comune con l’IMI (era, infatti, un ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica che otteneva fondi per il tramite delle obbligazioni, in quanto gli era vietato utilizzare i depositi), ma che si distingueva da questo per la presenza di due sezioni: - sezione finanziamenti: consentiva all’istituto di concedere prestiti per una durata massima di 20 anni; - sezione smobilizzi industriali: equivaleva all’Istituto di Liquidazione in tutte le sue funzioni e, infatti, lo soppresse. Ovviamente, l’IRI soppiantò l’Istituto di Liquidazione perché raccoglieva le risorse di cui aveva bisogno direttamente sul mercato e non richiedeva alcun credito alla Banca di emissione. Questo passo fu molto importante in quanto consentì, una volta per tutte, di eliminare ogni tipo di vincolo che legava la Banca d’Italia al sistema industriale del nostro Paese con la conseguenza di renderla molto più stabile ed indipendente. A questo punto si decise di dare un’accelerata all’attività di acquisizione delle partecipazioni ancora detenute dalle banche miste con una serie di interventi effettuati nel 1934. In particolare, vennero trasferite tutte le partecipazioni industriali ed i finanziamenti a lungo termine contratti dalle banche miste, presso l’IRI. Quest’ultimo, per contro, ottenne i pacchetti azionari di controllo di tali banche che entrarono, in questo modo, a far parte del settore pubblico mantenendo, però, il loro assetto societario [Costi, 2012, 54]. Le partecipazioni industriali acquisite dall’IRI erano talmente consistenti, che presto ci si accorse che nessun patrimonio privato sarebbe stato sufficiente per acquistarle tutte; lo Stato, inoltre, iniziò a pensare di poter trarre qualche vantaggio dal fatto di avere ingenti partecipazioni delle principali industrie del Paese. Ne conseguì, nel 1937, una ridefinizione dei compiti che erano stati affidati ad IMI ed IRI: - l’IMI si occupò di gestire i finanziamenti, dandogli la possibilità di concedere prestiti fino ad un massimo di 20 anni; - l’IRI divenne, invece, un “ente pubblico di gestione delle partecipazioni statali” [Costi, 2012, 55] senza, per contro, avere la possibilità di concedere alcun tipo di finanziamento. 17 1.1.3 Dalla legge bancaria del 1936-1938 al 1985 Attraverso i provvedimenti introdotti nel periodo 1936-1938 si è assistito allo sviluppo della disciplina che regolò l’attività bancaria fino alla nascita del Testo Unico nel 1993. Le normative di riferimento per questo periodo sono costituite dal R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375 e dal D.L. 17 luglio 1937, n. 1400, entrambi convertiti in legge nel 1938. I principali elementi su cui si sono concentrati questi provvedimenti sono i seguenti: - la Banca d’Italia venne ufficialmente riconosciuta come un ente di diritto pubblico e le venne affidata la funzione di “banca delle banche” [bancaditalia.it], non potendo più operare direttamente con gli enti non bancari; - per tutelare il risparmio e disciplinare l’attività creditizia venne introdotto uno specifico organo pubblico costituito dal Comitato dei Ministri; tale ente era presieduto dal Capo del Governo e composto dai Ministri della Finanza, dell’Agricoltura e dell’Economia. Alle dirette dipendenze del Comitato c’era l’Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito che era gestito dal Governatore della Banca d’Italia e che partecipava alle riunioni del Comitato stesso. Per quanto riguarda, in concreto, le funzioni che venivano svolte dal Comitato, questo decideva gli operatori che potevano entrare nel mercato, ne definiva la struttura, l’espansione territoriale e le modalità attraverso cui dovevano essere gestiti; il problema principale consisteva nel fatto che non erano stati fissati dei limiti alla discrezionalità di tale ente con la conseguenza che, di fatto, decideva a proprio piacimento quale sarebbe stata la struttura del mercato; - venne mantenuta la forte specializzazione che fino ad allora aveva caratterizzato le banche attraverso l’introduzione di specifiche normative in base all’attività che veniva esercitata da ciascuna di esse. Sono state individuate diverse tipologie di specializzazione: o un primo tipo riguardava la distinzione, introdotta nel 1926, tra istituti di credito, che raccoglievano il risparmio a medio e lungo termine attraverso l’utilizzo delle obbligazioni, ed aziende di credito, che invece ottenevano le proprie risorse attraverso il risparmio a breve termine e l’uso dei depositi. Ovviamente, vista la necessità di essere in grado di fronteggiare in ogni momento le eventuali richieste di restituzione del denaro, le aziende erano sottoposte ad una vigilanza più rigida rispetto agli istituti; 20 per poter essere maggiormente competitive sul mercato. Da notare che questo fenomeno ridusse fortemente le differenze esistenti tra le banche, differenze che avevano portato, tra le altre cose, ad una suddivisione legislativa degli enti creditizi e che adesso non aveva più ragione di esistere. Volendo andare nel dettaglio, non solo si ridussero le diversità tra le banche che facevano parte delle aziende di credito e tra quelle che invece erano inserite all’interno degli istituti di credito, ma si ebbe anche una diminuzione delle discordanze esistenti tra istituti ed aziende, con lo svolgimento di alcune attività proprie dei primi da parte delle seconde e viceversa. Questo portò alla rimozione di alcuni dei vincoli giuridici che limitavano lo svolgimento dell’attività delle banche. Per quanto riguarda invece il fenomeno della disintermediazione bancaria, fu dovuto all’ingresso sul mercato di nuovi operatori finanziari diversi dalle banche che offrivano ai risparmiatori delle nuove modalità attraverso le quali potevano investire i propri risparmi senza sottoporli al rischio della svalutazione monetaria; tali enti offrivano inoltre ingenti finanziamenti alle imprese e portarono sul mercato nuovi strumenti finanziari quali il leasing o il factoring7. Tutto ciò, ovviamente, si tradusse in una concorrenza diretta nei confronti delle banche che videro contrarre enormemente la loro attività. Come conseguenza di questi fenomeni (despecializzazione e disintermediazione), il legislatore fu costretto ad affrontare due necessità: - le banche chiedevano fossero eliminati alcuni dei vincoli giuridici che le limitavano nello svolgimento della loro attività, in modo da poter competere con i nuovi operatori del mercato; - le autorità creditizie, per contro, avevano assistito alla nascita di un nuovo mercato, parallelo a quello bancario, privo di qualsiasi regolamentazione. C’era quindi il bisogno di introdurre nuove regole di funzionamento per questo settore. In questi anni, infine, si assisteva anche ad una commistione sempre più intensa tra attività bancaria ed attività assicurativa, attraverso lo sviluppo di “prodotti misti” [Costi, 2012, 71] e con l’acquisizione di partecipazioni reciproche. 7 Il leasing e il factoring sono due contratti atipici rilasciati all’autonomia contrattuale riconosciuta alle parti ai sensi dell’art. 1322 c.c. 21 1.1.4 Il periodo successivo al 1985 In seguito all’ingresso dell’Italia nella Comunità Economica Europea, la legislazione bancaria fino ad allora vigente iniziò a modificarsi per potersi adeguare alle direttive comunitarie che di volta in volta venivano emanate. Una prima modifica si ebbe in seguito alla prima direttiva comunitaria in materia creditizia, ovvero la direttiva 77/80 del 12 dicembre 1977. Questa norma venne recepita ed attuata nel nostro ordinamento dal D.P.R.8 27 giugno 1985, n. 350 e conteneva una serie di elementi di importanza rilevante; in particolare tale decreto modificò i poteri affidati alle autorità di vigilanza: - eliminava il potere di regolare l’ingresso al mercato bancario attraverso la definizione di una serie di criteri oggettivi che dovevano essere rispettati per potervi accedere. Questo diede la possibilità a chiunque presentasse tali requisiti di fare il proprio ingresso nel mercato; - toglieva loro il potere di chiudere una succursale bancaria per realizzare una “migliore distribuzione territoriale delle aziende di credito” [Costi, 2012, 73]; - manteneva inalterato il potere di autorizzare l’apertura di nuove succursali in base alle esigenze del territorio. Tale attribuzione venne però abrogata con l’attuazione della seconda direttiva bancaria a livello comunitario (direttiva 89/646 del 15 dicembre 1989 recepita dal D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 481). Importanti novità vennero introdotte anche in seguito all’emanazione della legge 30 luglio 1990, n. 218, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356 e della legge 10 ottobre 1990, n. 287. Tra gli aspetti più importanti bisogna ricordare: - venne concessa la possibilità alle banche pubbliche di assumere la forma di società per azioni in modo tale da poter acquisire le risorse di cui avevano bisogno direttamente presso il pubblico dei risparmiatori invece di utilizzare in modo esclusivo l’autofinanziamento. Un grosso limite di tale riforma era rappresentato dal fatto che la maggioranza delle azioni potevano essere vendute a dei privati solamente previa autorizzazione da parte del Consiglio dei Ministri. Questo limite restò fino all’entrata in vigore della legge 30 luglio 1994, n. 474 e del D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 153; 8 Decreto del Presidente della Repubblica 22 - vennero disciplinati i rapporti tra banca ed industria con riferimento alla possibilità di operare un controllo da parte di una nei confronti dell’altra e viceversa. Nello specifico, la legge 10 ottobre 1990, n. 287 prevedeva che i soggetti diversi dagli enti finanziari non potevano detenere partecipazioni superiori al 15% del capitale sociale di un ente creditizio; - venne introdotto un sistema di vigilanza sui gruppi bancari in seguito alla despecializzazione cominciata nel 1975. Dopo l’ingresso dell’Italia nella Comunità Economica Europea, infatti, le banche nazionali iniziarono ad operare nel settore creditizio non bancario e nel mercato mobiliare, molto spesso attraverso l’acquisizione di partecipazioni di controllo delle società che svolgevano tale attività; questo ha messo in luce la necessità di controllare tali entità, in quanto la crisi della controllata avrebbe potuto minare la stabilità della banca controllante. Come già visto in precedenza a partire dalla metà degli anni settanta fecero il loro ingresso sul mercato finanziario operatori diversi dalle banche che con queste avevano dei legami fortissimi e che erano privi di qualsiasi regolamentazione. Proprio la necessità di disciplinare gli intermediari finanziari non bancari portò all’introduzione del D.L. 3 maggio 1991, n. 143 convertito in legge 5 luglio 1991, n. 197. Tale legge consentiva alla Banca d’Italia di effettuare un controllo prudenziale nei confronti di tutti gli enti non bancari che esercitavano la loro attività finanziaria nei confronti del pubblico. Cambiamenti di importanza non inferiore a quelli derivanti dal recepimento della prima direttiva comunitaria si ebbero in seguito all’emanazione della seconda direttiva comunitaria in materia bancaria, ovvero della direttiva 89/646 del 15 dicembre 1989. Nel dettaglio le principali novità riguardarono: - variazione delle modalità attraverso le quali le autorità vigilavano sull’operato delle banche. In particolare vennero definiti una serie di parametri oggettivi riguardanti patrimonio, liquidità e diversificazione degli impieghi, che devono essere rispettati se si vuole garantire la stabilità delle banche; - predisposizione di un Testo Unico Bancario nel quale dovevano essere inserite tutte le norme in ambito bancario appunto; - introduzione del principio di “mutuo riconoscimento” [Costi, 2012, 82] in base al quale gli enti creditizi potevano svolgere tutte le attività che sono autorizzati ad 25 - fu attribuita una forte responsabilità in capo alle autorità creditizie circa l’attività di adeguamento delle norme contenute nel Testo Unico alle disposizioni comunitarie; - venne introdotta la possibilità di garantire i finanziamenti bancari con l’utilizzo di garanzie mobiliari. Vista la portata delle modifiche introdotte, si può notare come il Testo Unico sia un documento particolarmente importante per l’ordinamento bancario, soprattutto se si considera che dalla data della sua introduzione nel 1993 ad oggi non ha subito alcuna modificazione sostanziale, dimostrando la sua solidità. Questo è vero soprattutto con riferimento agli anni novanta del XX secolo, periodo nel quale le direttive comunitarie che sono state emanate non hanno prodotto significative modifiche della disciplina contenuta nel Testo Unico. In questo periodo, in particolare, è continuato il processo di privatizzazione delle banche pubbliche già da tempo avviato attraverso la dismissione delle partecipazioni detenute dagli enti pubblici che avevano effettuato i conferimenti. Elemento di rilevanza più significativa che si è manifestato in questi anni è costituto dal cambiamento di rotta da parte dei risparmiatori che, invece di attivare depositi o acquistare titoli pubblici, hanno cominciato ad investire sui mercati regolamentati acquistando capitale di rischio. Questo ha spostato l’attenzione nei confronti dei mercati mobiliari con l’introduzione all’interno del Testo Unico di una specifica disciplina per tale settore; è stata inoltre concessa la possibilità alle imprese bancarie di reperire i fondi di cui avevano bisogno attraverso la quotazione sui mercati regolamentati. L’ingresso negli anni 2000 vede un periodo molto più ricco dal punto di vista normativo, senza comunque determinare dei cambiamenti nelle linee fondamentali del Testo Unico. Tra leggi, Decreti Legge e Decreti Legislativi, sono state introdotte numerose modifiche nell’ordinamento bancario italiano anche se la più rilevante è sicuramente costituita dalla “legge per la tutela del risparmio” [Costi, 2012, 92], ovvero la legge 28 dicembre 2005, n. 262 resasi necessaria dagli scandali finanziari che si sono verificati nel periodo 2002- 2003 proprio nel territorio italiano. Questo, infatti, è il periodo in cui si è presentato il crollo di Cirio e di Parmalat con la perdita di ingenti somme di denaro da parte di coloro che avevano investito i propri risparmi in tali titoli, gli stessi titoli che erano stati collocati sul mercato da parte del sistema bancario. Come conseguenza di ciò si ebbe appunto l’emanazione della legge sopra indicata con la finalità di ridurre il conflitto di interesse tra 26 banche ed industrie e per sopperire alle carenze del sistema di vigilanza vigente. Nel dettaglio [Costi, 2012, 93]: - il Governatore della Banca d’Italia e gli altri componenti non potevano più durare in carica a tempo indeterminato; - la tutela della concorrenza non spettava più alla Banca d’Italia ma venne trasferita all’Autorità garante della concorrenza e del mercato; - è stata prevista una specifica disciplina in tema di trasparenza dei contratti bancari; - sono state introdotte delle norme per garantire la separazione tra banche ed industrie. Nonostante queste modifiche, la legge non ha però risolto uno dei principali problemi del sistema di vigilanza presente nel nostro ordinamento: la presenza di ben quattro organi di controllo (Banca d’Italia, Consob13, Isvap14, Covip15) che molto spesso sono chiamati a vigilare sulle stesse materie e che devono essere in grado di coordinarsi tra loro in modo adeguato se si vogliono evitare ingenti sprechi di risorse pubbliche. Purtroppo l’ordinamento bancario vigente ed il sistema di vigilanza adottato non solo in Italia ma nell’intera Comunità Europea, hanno manifestato la propria fragilità in seguito alla crisi finanziaria che si protrae dal 2007. In seguito a tale data, sono state introdotte profonde modifiche sia nell’ordinamento del sistema finanziario, sia nell’ambito dell’attività di vigilanza sullo stesso attuata. È importante sottolineare che la crisi economica che ci attanaglia ha avuto pesanti ripercussioni sulla società in quanto, per evitare il tracollo di numerose banche, sono state destinate al loro salvataggio ingenti risorse pubbliche, con le ovvie ricadute sul sistema fiscale e, conseguentemente, sulla quotidianità di tutti i cittadini. 1.2 L’attività bancaria Attualmente sul mercato nazionale ed internazionale sono presenti numerosi istituti finanziari che svolgono operazioni di vario tipo generando molto spesso confusione su ciò che si intende quando si parla di banca e di attività bancaria. 13 Consob: Commissione Nazionale per le Società e la Borsa. 14 Isvap: Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private. 15 Covip: Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione. 27 Da questo punto di vista, una definizione di tale attività è stata fornita solamente con l’introduzione del Testo Unico Bancario, nato dall’attuazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, nonostante gli istituti di credito abbiano, come visto precedentemente, origini ben più antiche. Le leggi che si sono succedute nel corso del tempo, infatti, si sono semplicemente limitate a dare delle mere indicazioni su cosa dovesse intendersi quando si parlava di attività che veniva svolta da tali operatori. In particolare il Testo Unico, che come già accennato nel paragrafo precedente raggruppa tutte le disposizioni in ambito bancario, all’articolo 10 cita: “1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria. Essa ha carattere d’impresa. 2. L’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche. 3. Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali….”. Analizzando questo articolo si comprende che un’impresa, per poter essere una banca, deve esercitare l’attività bancaria e cioè: - Deve raccogliere il risparmio presso il pubblico; - Deve svolgere l’esercizio del credito; Può compiere ogni altra attività finanziaria, connessa o strumentale all’esercizio di quelle principali. Ne consegue che affinché un’impresa possa essere propriamente una banca è necessario che svolga entrambe le funzioni sopra menzionate in quanto l’esercizio di una sola di esse fa si che il soggetto non possa assumere tale qualificazione. Fatte queste premesse, è opportuno analizzare nel dettaglio che cosa si intende quando si parla di attività bancaria: - Raccolta di risparmio tra il pubblico: “… è raccolta del risparmio l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma”, questo è quanto cita l’articolo 11 comma 1 del Testo Unico Bancario (TUB) che si preoccupa appunto di definire in modo adeguato la suddetta funzione. Affinché si possa parlare di attività bancaria bisogna quindi rispettare alcuni requisiti: 30 31 CAPITOLO 2. LA CRISI DEL 2007 ED IL RUOLO DELLE BANCHE 2.1 Introduzione La crisi finanziaria che dal 2007 sta colpendo l’economia mondiale ha origini molto antiche, basti considerare che è il risultato di azioni succedutesi nel corso del tempo a partire dagli anni settanta del XX secolo. Nel corso del 1970, infatti, si era manifestato un periodo di stagnazione16 che spinse i governi ad attuare una serie di comportamenti che misero le sorti dell’economia mondiale in mano al mercato finanziario. Tra le azioni che sono state poste in essere ci sono la deregolamentazione finanziaria e la creazione di un insieme di strumenti finanziari nuovi che hanno dato la possibilità alle banche di creare denaro dal nulla [Gallino, 2013, 3]. Per dare vita a questa moneta totalmente slegata dalla realtà, gli istituti di credito utilizzavano ed usano tutt’ora il credito ed una serie di strumenti finanziari separati dal mondo reale come, ad esempio, i derivati. È necessario a questo punto fornire un approfondimento sui limiti che le banche incontrano nell’erogazione del credito e su cosa sono i derivati. Forse non tutti sanno che gli istituti di credito non possono concedere prestiti liberamente in quanto sono stati fissati alcuni requisiti di tipo patrimoniale che devono essere rispettati. Tali condizioni sono state inserite all’interno degli Accordi di Basilea definiti dall’omonimo Comitato; in particolare esso è un ente istituito nel 1974 da parte dei Governatori delle Banche Centrali dei Paesi più industrializzati del mondo. È importante notare che le disposizioni impartite da questo istituto non rappresentano delle norme di comportamento obbligatorie, a meno che non vengano adottate da un’apposita legge da parte dei vari Paesi che vi hanno aderito. Ad oggi, sono stati emanati tre accordi: - Basilea I stipulato nel 1988 ed entrato in vigore nel 1992; - Basilea II steso nel corso del 2004 ed entrato in vigore il 1 gennaio 2007; - Basilea III stipulato nel 2010 ed entrato in vigore già a partire dal 1 gennaio 2013 anche se la sua completa attuazione si avrà solamente dal 1 gennaio 2019. 16 Per stagnazione si intende un periodo nel quale la crescita economica di un Paese è totalmente assente, oppure una situazione nella quale la crescita del Prodotto Interno Lordo è più lenta rispetto all’aumento della popolazione, con la conseguenza che il reddito pro capite resta invariato [Treccani.it]. 32 L’accordo che ci interessa in questa sede è Basilea II nonostante ne sia stato emesso uno successivo, in quanto Basilea III non ha ancora prodotto i suoi frutti essendo stato adottato solamente da un anno ed in modo parziale. Basilea II è stato introdotto in quanto ci si era resi conto che nel corso del 1990 molte banche non operavano in modo prudente; questo stava ad indicare che le disposizioni dettate da Basilea I non erano adeguate per garantire stabilità al mercato finanziario. Lo scopo principale che si cercò di perseguire attraverso Basilea II fu quello di evitare che le banche assumessero rischi eccessivi e che fossero comunque in grado di tutelarsi da quelli assunti. In particolare tale accordo prevedeva e prevede tutt’ora che, nell’erogazione di prestiti, gli istituti di credito rispettino due limiti dati da: - Riserva frazionaria: riguarda l’insieme dei depositi che la banca deve detenere in contanti o in attività che possono essere trasformate facilmente in liquidità. Tale riserva è costituita da: o Riserva obbligatoria: è una somma di denaro accantonata presso la Banca Centrale per garantire la solvibilità dell’istituto di credito nei confronti di quelli verso cui ha una posizione debitoria; o Riserva a garanzia dei correntisti: riguarda quelle somme messe da parte per garantire i clienti della banca; o Riserva legale statutaria: è costituita da tutto ciò che viene volontariamente accantonato dalla banca. La riserva frazionaria è stata fissata dagli accordi di Basilea II nel 2%. Questo significa che se una banca eroga un prestito di € 1.000,00, deve accantonare presso tale riserva una somma pari ad € 20,00. - Coefficiente di solvibilità: misura la capacità della banca di far fronte al mancato incasso dei suoi crediti facendo ricorso al proprio patrimonio. Si calcola facendo il rapporto tra il patrimonio di vigilanza e l’ammontare delle attività della banca ponderate in base alle classi di rischio di ciascun credito. Nel dettaglio: o Il patrimonio di vigilanza è costituito da tutti quegli elementi attivi rientranti nella piena disponibilità della banca in modo tale che questa li possa utilizzare in qualsiasi momento per poter coprire i rischi e le perdite. Tale patrimonio viene considerato al netto degli oneri fiscali che devono essere sostenuti ed è comprensivo della riserva frazionaria di cui sopra; 35 di espansione e di contrazione dell’attività economica. Questi cicli possono avere durate differenti che molto spesso si sovrappongono tra loro e, per quanto interessa in questa sede, si sviluppano secondo le seguenti fasi: - Espansione: si assiste ad un aumento degli investimenti che, a loro volta, portano ad un incremento del reddito e, di nuovo, ad una crescita degli investimenti. Viste tutte queste spinte positive aumentano anche: la domanda di beni, i profitti delle imprese e i livelli di occupazione; - Crisi: nel momento in cui vengono meno i motivi che hanno portato all’espansione del mercato, gli operatori iniziano a guardarlo con sfiducia e si riducono le quotazioni azionarie portando l’economia in una fase di stallo. Le banche, che nella fase precedente avevano concesso grossi finanziamenti, rallentano la loro attività ed aumentano i tassi di interesse; - Depressione: il sentimento di sfiducia inizia a diffondersi in tutto il sistema economico portando ad una contrazione della domanda. Come conseguenza, gli investimenti diminuiscono portando alla scomparsa delle imprese più deboli e creando non poche difficoltà a quelle di dimensioni più rilevanti; inizia inoltre a diffondersi sempre di più una elevata disoccupazione; - Ripresa: nel momento in cui i livelli di produzione vanno al di sotto della capacità di assorbimento della domanda, gli imprenditori iniziano a guardare ai mercati con fiducia ed effettuano nuovi investimenti. Naturalmente l’avvento di questa fase può essere favorito dalle politiche monetarie che vengono messe in atto dai governi. Questa è in sintesi la situazione che si sta verificando attualmente a livello mondiale, anche se è bene sottolineare che non sempre l’economia segue un percorso perfettamente lineare come quello appena descritto in quanto si possono avere anche delle cadute durante la fase di espansione che vengono poi velocemente superate, così come possono manifestarsi dei lievi recuperi durante la fase di depressione. Tornando al regime di accumulazione produttivista, a partire dalla fine della seconda Guerra Mondiale e fino alla fine degli anni settanta, l’economia europea e quella statunitense hanno assistito ad una forte fase di espansione grazie, appunto, a tale regime che deve la sua denominazione al fatto che si basava sull’industria manifatturiera. Questo periodo positivo e molto fiorente per l’economia dell’epoca fu dovuto innanzi tutto alla 36 necessaria ricostruzione dovuta alla guerra appena conclusasi; altri elementi che contribuirono alla fase di crescita furono l’espansione del consumo di massa di beni durevoli e lo sviluppo dell’industria bellica per i timori portati dalla Guerra Fredda. Questo tipo di accumulazione avveniva nel seguente modo: - Il capitale disponibile veniva trasformato in lavoro e mezzi di produzione; - L’utilizzo del lavoro e dei mezzi di produzione consentivano di realizzare della merce; - La merce veniva venduta ottenendo un valore almeno pari a quello impiegato; - Se il valore conseguito era superiore rispetto a quello investito, la differenza veniva sommata al capitale iniziale e, quindi, si accumulava su di esso. A metà del 1970 tale regime entrò in crisi sostanzialmente per due motivi: - Si era praticamente concluso il processo di ricostruzione post-bellico; - Quasi tutte le famiglie avevano acquistato i beni di largo consumo di cui avevano bisogno limitandosi, nel momento in cui la merce si rompeva, a sostituirla. Tutto questo portò ad un eccesso di capacità produttiva in quanto la popolazione non era più in grado di assorbire, acquistandola, tutta la merce che veniva realizzata. Tale eccesso portò, a sua volta, alla riduzione dei beni che venivano immessi sul mercato e, come conseguenza, alla contrazione degli investimenti in attività manifatturiere e alla diminuzione dei salari di gran parte della popolazione [Gallino, 2013, 31]. Precedentemente si è detto che la ripresa di una crisi può essere favorita dall’intervento del Governo il quale, nel caso di specie, ha contribuito enormemente allo sviluppo del regime di accumulazione finanziaria che, nel corso degli anni ottanta, ha consentito di superare la depressione che aveva incontrato il regime di accumulazione produttivista. A differenza del processo di accumulazione precedente, questo “…salta tutte le fasi intermedie. Il denaro nasce o dal denaro stesso, come avviene tipicamente con la speculazione sui titoli, divise, tassi d’interesse, derivati; oppure viene creato dal nulla mediante il credito, la sua trasformazione in titoli commerciali e la parallela produzione di strumenti finanziari inediti…” [Gallino, 2013, 34]. L’elemento che sta alla base di questo regime di accumulazione è la circolazione del denaro in tutte le sue forme. Nel dettaglio la moneta viene fatta girare nel seguente modo: - Prima di iniziare un’attività produttiva le imprese devono acquistare una serie di risorse (ad esempio terreni, fabbricati, impianti); nel caso in cui non abbiano le 37 disponibilità necessarie, chiederanno il denaro in prestito ad una banca oppure si finanzieranno emettendo azioni od obbligazioni. Analogamente, se una famiglia deve acquistare un’abitazione e non dispone delle somme necessarie, si rivolgerà ad un istituto finanziario per un mutuo. A loro volta, se le banche non hanno risorse sufficienti per poter erogare i finanziamenti richiesti, si rivolgeranno ad altre banche, alle Banche Centrali oppure ad un fondo comune per ottenere ciò di cui hanno bisogno; - Una volta che la produzione è stata avviata inizierà una nuova fase di circolazione del denaro mediante l’erogazione dello stipendio ai dipendenti, il pagamento delle materie prime e dei materiali di consumo acquistati dai fornitori, ecc, somme che rientreranno nella disponibilità dell’azienda quando effettuerà la vendita dei propri prodotti; - Anche le famiglie partecipano alla movimentazione della liquidità in quanto una volta che riscuotono i salari, le pensioni, gli investimenti di vario tipo che hanno realizzato li spendono per l’acquisto di servizi e di beni di consumo. Questo circolo virtuoso attraverso il quale si cerca di estrarre elevate quantità di denaro da tutta la popolazione per accumularlo costantemente è stato fortemente favorito dalle imprese di vario tipo (non solo da quelle finanziarie) che hanno introdotto moltissime innovazioni al fine di renderlo sempre più fruttuoso per chi lo metteva in atto. Il primo passo è stato quello di creare elevatissime quantità di denaro attraverso l’utilizzo del debito. I Governi, che in questo regime hanno visto un modo per superare la crisi del sistema produttivista, non hanno fatto nulla per controllare questo processo, portando a distanza di una ventina d’anni a quella che può essere annoverata tra le più grandi crisi economiche di tutti i tempi. 2.2.2 L’attività incontrollata delle banche Nella circolazione del denaro le banche hanno svolto un ruolo essenziale, essendo l’ente cui per legge è consentita la possibilità di emettere prestiti ad imprese e famiglie. Da sottolineare che se questi istituti avessero svolto la loro attività rispettando i limiti imposti 40 utilizzati dalle banche anche per far uscire alcune voci dal proprio bilancio o per fare in modo che non vi transitassero mai; - Tutto ciò ha portato allo sviluppo di un sistema finanziario “ombra”, ovvero di un sistema di intermediazione creditizia in cui sono presenti degli enti che operano come delle banche anche se, di fatto, non lo sono. Questo è il luogo in cui operano, tra gli altri, i Siv, questi istituti solitamente utilizzati dalle banche per far uscire attività e passività dal proprio bilancio. Queste strutture finanziarie non raccolgono le proprie risorse attraverso l’utilizzo dei depositi [treccani.it], non sono nemmeno sottoposte ai rigidi controlli e al sistema di vigilanza che disciplinano le banche; ciò significa che tali operatori possono assumersi rischi molto più elevati rispetto a quelli che possono avere coloro che operano nel sistema tradizionale assicurandosi, nel contempo, anche guadagni più alti. Il problema di tale sistema sta nel fatto che, nonostante operi come se fosse indipendente dal sistema bancario tradizionale, in realtà ne è strettamente collegato, con la conseguenza che se qualcosa si dovesse inceppare questo si rifletterebbe direttamente sulla finanza intera. A questo punto è lecito chiedersi come mai gli istituti creditizi abbiano fatto ricorso ad un business così rischioso. Ciò è avvenuto innanzitutto per fare in modo che la banca rispettasse sempre i limiti imposti dagli accordi di Basilea attraverso la cessione dei propri crediti a società esterne. In secondo luogo per rendere difficile la rilevazione di quanti attivi e passivi potessero essere direttamente imputabili ad un determinato istituto [Gallino, 2013, 112]; - Altro strumento largamente utilizzato nel sistema finanziario è il repo21 corrispondente al nostro “pronti contro termine” [ilsole24ore.com]. Nella pratica si tratta di un congegno utilizzato per la gestione del denaro a breve scadenza; in sintesi: un soggetto A vende dei titoli ad un soggetto B che li paga in contanti; contemporaneamente, A si impegna a riacquistare i titoli alla scadenza di un breve periodo (si parla di qualche giorno fino ad un massimo di qualche mese), corrispondendo a B il prezzo originariamente pagato aumentato di un certo interesse. Solitamente questo mezzo viene utilizzato in quanto le banche hanno bisogno quotidianamente di grandi quantità di denaro liquido per finanziare le proprie attività [Gallino, 2013, 115]. Ovviamente in questo caso avrebbe 21 Repurchase agreement 41 funzionato tutto correttamente se i repos fossero stati utilizzati nel rispetto della legge. Purtroppo invece questi strumenti vennero largamente usati nel sistema finanziario ombra e, mentre inizialmente i titoli dati in garanzia per l’ottenimento del denaro liquido erano costituiti da Buoni Ordinari del Tesoro oppure da obbligazioni di grandi società (si trattava quindi di titoli sicuri e che rendevano un interesse piuttosto basso), con il passare del tempo vennero utilizzati derivati sempre più complessi che, anche se rischiosi, consentivano di ottenere un rendimento molto più elevato; - Infine, tra le attività utilizzate smisuratamente dagli istituti di credito, rientrano le campagne di acquisizione dei grandi gruppi bancari effettuate nel corso degli anni novanta. Queste attività furono favorite dalla seconda direttiva comunitaria in ambito bancario, la quale consentì di effettuare delle fusioni tra enti appartenenti a categorie giuridiche diverse e tolse alle autorità di vigilanza qualsiasi possibilità di intervenire sulla struttura del mercato per adeguarla alle esigenze della politica economica. Il problema più rilevante, però, non fu tanto la campagna di acquisizioni in sé, che, se fatta correttamente, probabilmente avrebbe reso il mercato bancario più efficiente. La questione principale fu che le fusioni vennero realizzate con il solo intento di ingigantire le dimensioni delle banche che mettevano in atto l’operazione, senza determinare nessun vantaggio all’economia reale [Gallino, 2013, 117]. Molto spesso infatti venivano spese ingenti quantità di denaro per acquistare degli istituti finanziari che, una decina di anni dopo, venivano venduti ad un prezzo inferiore della metà rispetto a quello di acquisizione. Lo scopo principale di queste politiche era sostanzialmente quello di ottenere delle posizioni dominanti nei vari Paesi dell’Unione in modo tale da poter competere su più mercati. Tutti questi elementi, considerati nella loro globalità, hanno fatto si che l’attività svolta dalle banche sfuggisse al controllo degli organi di vigilanza sia a livello comunitario sia, a maggior ragione, in ambito nazionale; è molto difficile, infatti, analizzare l’operato di una banca quando opera per mezzo di società esterne, non direttamente controllate da questa, all’interno di mercati nascosti dalla luce del sole, soprattutto se questi hanno sede in Paesi diversi e sparsi in tutta Europa. Anche la molteplicità di strumenti finanziari utilizzati non aiuta, basti pensare alla miriade di Cds, repos e derivati di vario tipo scambiati sul 42 mercato facendo perdere traccia, con il passare del tempo, di colui che per primo li aveva immessi sul mercato. 2.2.3. L’entrata in crisi del sistema di accumulazione finanziaria Il meccanismo descritto al paragrafo precedente non ha creato particolari problemi fino al 2007, anno in cui la concomitanza di una pluralità di elementi ha determinato la crisi economica attuale. Questi elementi possono essere ricondotti sostanzialmente a due fattori [Gallino, 2013, 45]: - L’elevata disuguaglianza di reddito22 e ricchezza23 all’interno della popolazione; - La creazione di grandi quantità di denaro da parte del sistema finanziario. Delle modalità attraverso le quali le banche hanno creato enormi quantità di denaro se ne è già ampiamente discusso in precedenza, quello che in questa sede preme analizzare è innanzitutto il processo che ha portato all’aumento delle disuguaglianze e, in secondo luogo, dei modi in cui questi due elementi hanno portato alla crisi del regime finanziario. Molti studiosi ritengono che a partire dagli anni settanta hanno iniziato ad accentuarsi di molto le disuguaglianze tra le persone attraverso il processo di redistribuzione del reddito dal basso verso l’alto. L’aumento di tali diversità fu dovuto innanzitutto alla stagnazione dei salari che venne sostenuta fin dai primi anni 2000 per favorire le esportazioni (la stabilizzazione dei salari, infatti, consentiva il contenimento dei costi di produzione e, conseguentemente, la vendita dei prodotti a prezzi contenuti); questo fu ampiamente accettato dai lavoratori i quali, in cambio di adeguati livelli occupazionali all’interno dei vari gruppi industriali, accettarono di non avere degli aumenti del proprio stipendio. A questo va aggiunto che le industrie, che per anni si erano rivolte al sistema bancario per ottenere dei finanziamenti, cominciarono a reperire le risorse di cui avevano bisogno direttamente nei mercati finanziari (ad esempio attraverso l’emissione di obbligazioni); 22 Per reddito si intende l’insieme delle risorse economiche che affluiscono ad una determinata persona in un certo periodo di tempo. 23 Per ricchezza si intende l’insieme delle attività possedute da un determinato soggetto in un certo periodo di tempo dedotte le passività. Le attività sono costituite da tutto ciò che può essere venduto sul mercato in cambio di denaro, mentre le passività rappresentano i debiti contratti da un soggetto. 45 2.2.4 Il salvataggio dei gruppi bancari in crisi Così come accaduto in passato, anche questa volta i Governi non se ne sono rimasti con le mani in mano a guardare il mercato finanziario fallire e sono intervenuti in suo soccorso immettendo nuova liquidità per cercare di salvarlo. Questo si è verificato soprattutto per evitare che il tracollo delle banche si trasformasse in una crisi come quella manifestatasi nel 1929. I Governi europei ed americani, quindi, sotto la pressione effettuata dalle banche le quali sostenevano che il loro fallimento avrebbe portato a delle conseguenze disastrose per l’economia e la società nel suo complesso, decisero di intervenire. Il salvataggio degli istituti di credito è avvenuto sia in modo diretto, attraverso la concessione di prestiti, sia in modo indiretto, tramite l’acquisto di azioni oppure la concessione di garanzie. Ovviamente l’intento è stato quello di rifinanziare le banche che, come visto nel paragrafo precedente, hanno bisogno di grosse quantità di liquidità per poter svolgere quotidianamente le loro attività; si è quindi cercato di evitare che il meccanismo sopra descritto si inceppasse, come del resto stava avvenendo. Per quanto riguarda i prestiti concessi dai Governi, uno dei problemi principali consiste nel fatto che in grossa quantità sono stati erogati a titolo di investimento a fondo perduto, quindi senza nessun obbligo di restituzione da parte di coloro che li hanno ricevuti. Oltre a questi interventi di portata sicuramente considerevole, alcuni Paesi hanno deciso di rendere statali quegli enti ritenuti ormai insalvabili [Gallino, 2013, 170], con l’ovvio appesantimento dei bilanci di Governo. Questa politica però non è definitiva, lo scopo è infatti quello di risanare la struttura per poi restituirla nuovamente ai legittimi proprietari, cosa che peraltro si è già manifestata in alcuni casi in cui a seguito del rimborso di cospicue somme di denaro agli Stati che le avevano erogate, le banche sono ritornate in tutto o in buona parte in mano ai privati. È importante tener presente che tale situazione si è presentata anche in Italia. Molti infatti ritengono che questa crisi si sia verificata solamente in misura marginale nel nostro Paese; tuttavia, se è vero che le banche nazionali non hanno emesso derivati strutturati come invece è accaduto nel resto d’Europa, probabilmente solo perché non disponevano dei mezzi necessari per farlo [Gallino, 2013, 174], non bisogna però dimenticare che hanno comunque cartolarizzato e poi immesso sul mercato gran parte dei propri crediti, hanno partecipato alla costruzione e all’espansione del sistema finanziario “ombra”, hanno infine effettuato le grandi campagne di acquisizione che ne hanno svuotato le 46 casse. Ne consegue che anche in Italia le banche hanno sperimentato e stanno tutt’ora attraversando una crisi che ha portato lo Stato ad intervenire per salvarle. 2.2.5 Le politiche di austerità attivate dai Governi Dopo gli ingenti interventi di salvataggio di cui si è appena detto nonché delle politiche realizzate negli anni precedenti la crisi di riduzione dell’imposizione fiscale per trattenere i capitali all’interno dei propri confini nazionali, gli Stati si sono trovati con le “tasche vuote” e stanno cercando in tutti i modi di recuperare la liquidità ormai perduta. Ovviamente se avessero dichiarato di essere rimasti senza un soldo per via del denaro erogato sotto varie forme alle banche, nessun cittadino avrebbe accettato le politiche restrittive imposte dopo lo scoppio della crisi. Per superare questo problema, quindi, i Governi hanno iniziato a fare pressione sul sistema sociale che più o meno fortemente caratterizza da decenni gli stati europei. L’intervento realizzato dai vari Paesi è stato architettato in modo piuttosto furbo: hanno innanzitutto dichiarato che le politiche sociali adottate negli anni precedenti la crisi sono state troppo onerose per poter essere ancora sostenute; successivamente, hanno provveduto a realizzare una serie di politiche volte al taglio della spesa sociale e, contemporaneamente, ad aumentare le imposte. In questo modo hanno sostanzialmente dichiarato che la “crisi dei Governi” è stata colpa dei cittadini, i quali hanno ottenuto troppo dal proprio Stato in passato ed ora devono restituire in qualche modo quanto ricevuto. A sostegno del fatto che questa non è la reale spiegazione dello svuotamento delle casse statali ci sono una serie di dati [Gallino, 2013, 156]: negli anni precedenti il 2007 ma anche successivamente, la spesa sociale dell’Unione Europea era mediamente stabile attorno al 25% del PIL, con una crescita lieve ma costante che si manifesta dal 1995. È anche vero che attorno al 2009 tale spesa ha raggiunto il 29% del PIL, una crescita dovuta sia all’aumento degli ammortizzatori sociali sia alla riduzione del PIL [Pizzuti, 2014] e, proprio per questi motivi, con effetti quasi nulli se confrontata con i dati precedenti. Il debito aggregato europeo ha invece visto nel periodo che va dal 2008 al 2010 una crescita del 20%, una quota molto elevata e non giustificata da un aumento della spesa del sistema di welfare. I dati italiani non si discostano da quelli del resto d’Europa registrando un rapporto tra spesa sociale e PIL pari a circa il 24% nel 1999 che è passato al 26,5% nel 47 2012 [Gallino, 2013, 179], tenendo sempre e comunque in considerazione l’aumento della spesa associato alla riduzione del prodotto interno lordo. Questi dati supportano quindi l’idea che l’impoverimento degli Stati non sia dovuto al sistema di welfare bensì al denaro speso per salvare le istituzioni finanziarie entrate in crisi. Le politiche prevalentemente adottate dai vari Governi comportano sostanzialmente il taglio delle spese sociali, ovvero riduzioni riguardanti la sanità, l’istruzione, il sistema pensionistico e, in generale, tutti i servizi pubblici che vanno a sostegno del reddito, portando alla crescita del divario tra classe ricca e classe medio-bassa e intensificando la recessione economica provocata dalla crisi. 50 importante per le istituzioni (pubbliche o private) utilizzarla. La ricerca di mercato consiste quindi in un insieme di strumenti utilizzati con lo scopo di capire qual è il pensiero dei consumatori, pensiero che più o meno forte è già presente nella mente degli stessi e che attraverso l’utilizzo di tale indagine viene portato alla luce. Indipendentemente dal settore in cui opera, quindi, per un impresa o per la pubblica amministrazione è molto importante comprendere il sentimento della collettività nei confronti di un determinato argomento per poter rispondere in maniera adeguata alle loro necessità. È possibile quindi definire l’indagine di mercato come un mezzo usato per ottenere delle informazioni necessarie per cogliere opportunità oppure minacce inerenti un determinato ambito. Ovviamente i ricercatori non si lanceranno sul mercato alla ricerca di dati senza sapere nemmeno che cosa stanno cercando ma definiranno innanzitutto quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso l’indagine; a tal fine è importante effettuare una distinzione tra gli obiettivi di marketing e gli obiettivi di ricerca [Amadori Leprini, 2009, 145]. Mentre i primi identificano ciò che si vuole raggiungere attraverso l’attività d’impresa e consistono, sostanzialmente, nella definizione di prodotti/servizi nuovi/esistenti da proporre a mercati nuovi/esistenti [McDonald, 2010, 68], i secondi invece individuano quello che si vuole ottenere dall’indagine e devono essere coerenti con gli obiettivi di marketing che sono stati fissati; questo perché la ricerca di mercato deve aiutare l’attività che viene svolta dall’impresa attraverso la fornitura di informazioni di supporto. Per poter svolgere questa attività di indagine i ricercatori hanno a disposizione una pluralità di strumenti che vengono variamente utilizzati a seconda del problema che devono affrontare, del budget e del tempo che hanno a disposizione, degli obiettivi che devono raggiungere e così via, cercando di volta in volta di individuare la soluzione che meglio si adatta alla situazione che si trovano di fronte. Questa molteplicità di strumenti fa sì che le indagini di mercato possano essere classificate; un ordinamento tradizionalmente utilizzato è quello che vede la loro suddivisione in base alla modalità con cui vengono raccolti i dati [Amadori Leprini, 2009, 15]: - Indagini di desk: si tratta di ricerche che vengono condotte senza realizzare una intervista diretta ai consumatori e si suddividono in quantitative e qualitative. Nel primo caso l’indagine viene effettuata direttamente su banche dati elettroniche (quindi su dati che sono già stati raccolti da altri); tale attività spesso consente di 51 raggiungere appieno l’obiettivo della ricerca anche se si potrebbe correre il rischio che i dati non siano sempre aggiornati. Le indagini di tipo qualitativo invece si rifanno alla semiotica, la disciplina che studia il collegamento esistente tra segni e significati; sostanzialmente si fa ricorso a degli esperti che analizzano i messaggi trasmessi da una determinata confezione o pubblicità senza però effettuare alcuna intervista diretta ai consumatori; - Rilevazioni continuative multiclient: riguardano indagini che vengono condotte periodicamente con lo scopo di analizzare lo sviluppo di un determinato fenomeno nel corso del tempo (ad esempio come si evolve la vendita di un certo prodotto oppure l’andamento di una o più marche); vengono chiamate multiclient in quanto vengono svolte da un ente di ricerca a favore di più committenti i quali, ad indagine conclusa, acquisteranno solamente le informazioni ritenute per loro importanti; - Ricerche quantitative ad hoc: sono delle interviste realizzate dietro commissione di uno specifico committente e non vengono svolte in maniera continuativa. Lo strumento che tipicamente viene utilizzato per realizzare questo tipo di indagine è il questionario, un mezzo contenente una pluralità di domande aperte e/o chiuse tra loro ordinate. Queste ricerche sono molto importanti in quanto consentono di ottenere delle informazioni statisticamente significative su un campione elevato della popolazione; - Ricerche qualitative: solitamente vengono condotte a completamento delle ricerche quantitative e vengono realizzate su un numero limitato di intervistati cercando però di ottenere informazioni che vanno molto in profondità. Nonostante queste ricerche siano molto importanti in quanto consentono di comprendere i comportamenti dei consumatori, il fatto che il campione intervistato abbia modeste dimensioni richiede molta attenzione in sede di interpretazione dei dati; - Test di mercato: dopo aver effettuato una ricerca di mercato utilizzando uno dei metodi appena analizzati viene elaborata la strategia dell’impresa che, spesso, per evitare flop che potrebbero avere pesanti ripercussioni sull’attività esercitata, viene testata attraverso appunto dei test di mercato. Si tratta dunque di provare la strategia elaborata su una o più aree geografiche di dimensione limitata e di analizzare la reazione dei consumatori. Ovviamente queste metodologie oltre ad essere utilizzate separatamente possono essere variamente combinate tra loro dando vita a delle ricerche integrate. 52 3.2.1 Il questionario Il questionario è il mezzo utilizzato per realizzare delle indagini di tipo quantitativo e merita una trattazione separata ed approfondita visto il suo frequente utilizzo da parte di imprese e ricercatori. Una mancanza che si rileva nell’utilizzo di questo strumento è quella di sottovalutarne la difficoltà in sede di costruzione: molto spesso, ad esempio, vengono poste delle domande che non sono comprese da parte degli intervistati; in questo modo si rischia di mandare a monte l’intera ricerca. Bisogna quindi prestare molta attenzione all’elaborazione del questionario, cosa che purtroppo non accade frequentemente. Andando nel dettaglio si può dire che il questionario è un documento costituito da una serie di domande poste in sequenza logica e formulate in maniera chiara e precisa. Tali domande possono essere aperte oppure chiuse: nel primo caso l’intervistato potrà rispondere liberamente e sarà opera del ricercatore trovare il modo di codificarle per poterle interpretare; nel caso delle domande chiuse, invece, le risposte sono predefinite e l’intervistato potrà scegliere tra una o più alternative. Ovviamente in questo secondo caso il lavoro del ricercatore sarà molto più semplice in quanto le risposte rientrano in una codifica già stabilita a priori. Ci sono diverse tipologie di domande chiuse, che si distinguono in base alla modalità con cui si esplica la risposta [Migliardi, 2008, 5]: - Dicotomiche: si tratta delle domande in cui la risposta consiste nella scelta tra due modalità come ad esempio la selezione tra si o no, tra vero o falso e così via; - Politomiche: sono quelle domande in cui bisogna scegliere una sola alternativa tra le tre o più risposte disponibili; - Scale Likert: sono quelle domande in cui le risposte vanno da un estremo all’altro e l’intervistato deve scegliere una delle alternative disponibili che, solitamente, vanno da 5 a 7. Possono essere di tipo numerico (le risposte variano ad esempio da 1, valore minimo, a 5, valore massimo) oppure di tipo verbale (la scelta spazia ad esempio da “per niente soddisfatto” a “completamente soddisfatto”); - Multiple: in questo caso la risposta consiste nella scelta di una o più alternative tra quelle proposte. Nella costruzione del questionario devono essere rispettati sei principi [Amadori Leprini, 2009, 56], in particolare esso deve essere: 55 o di internet. Una volta ricevuto, i soggetti dovranno decidere se rispondere o meno e, in caso affermativo, compileranno autonomamente il questionario e procederanno al suo re-invio al mittente. Proprio perché il questionario è auto compilato nel caso in cui si decida di utilizzare questa modalità, è estremamente importante porre le domande in modo chiaro e semplice, altrimenti si corre il rischio che non vengano capite. Tra i vantaggi che si hanno con l’utilizzo di questo metodo risultano i minori costi di gestione e la possibilità di raggiungere un numero elevato di persone collocate geograficamente anche molto lontane tra loro. Per quanto riguarda gli svantaggi, questi sono costituiti innanzitutto dai tempi estremamente lunghi necessari per portare a compimento la ricerca dovuti soprattutto al fatto che molte persone non rispondono alla richiesta di compilazione del questionario e, nel caso lo facciano, comunque le tempistiche di invio tramite l’utilizzo della posta sono lente. Altro limite riguarda la rigidità dello strumento, nel senso che una volta inviato non può più essere modificato nel caso in cui ci si renda conto di aver fatto un errore in sede di stesura. Infine i soggetti che decideranno di rispondere al questionario non saranno mai rappresentativi della popolazione ma creeranno un campione distorto rispetto ad altri tipi di interviste [Amadori Leprini, 2009, 29]; - Intervista telefonica: consiste nella realizzazione di un colloquio tramite l’utilizzo del telefono. Ovviamente in questo caso l’intervista non può durare tanto quanto le precedenti modalità e, quindi, è necessario ridurre il numero di domande in modo tale da concentrarne le tempistiche. I principali vantaggi derivanti dall’utilizzo di questo metodo sono legate innanzitutto ai costi, sono infatti meno dispendiose rispetto alle interviste faccia a faccia e richiedono meno tempo rispetto sia alle interviste personali sia a quelle postali o via web; inoltre attraverso tale strumento è possibile estrarre un campione significativo dalla popolazione di riferimento consentendo il raggiungimento di un vasto numero di persone anche geograficamente distanti tra loro. Gli svantaggi invece riguardano la mancanza di possibilità di sottoporre l’intervistato a stimoli di alcun tipo e molto spesso la mancata risposta da parte di coloro che ricevono la telefonata, i quali dichiarano di non avere tempo da perdere o di non essere interessati. 56 La scelta di un metodo piuttosto che di un altro dipende ovviamente dai risultati che si vogliono ottenere attraverso l’intervista nonché dal budget a disposizione per realizzare la stessa. 3.3 La ricerca La ricerca condotta serve per comprendere il modo in cui le banche vengono viste dai loro utilizzatori e per capire se tali soggetti siano consapevoli dell’importante ruolo che queste hanno svolto nel determinare l’attuale crisi economica. Nel dettaglio è stata realizzata un’indagine di tipo quantitativo attraverso l’utilizzo di un questionario auto compilato somministrato via posta tradizionale od elettronica. Sono stati elaborati due questionari, uno rivolto alle persone fisiche ed uno alle aziende. Tale distinzione si è resa necessaria in quanto le banche mettono a disposizione di questi soggetti servizi molto differenti e, nel caso in cui questi coincidano (come per il servizio di conto corrente), comunque pagano dei prezzi totalmente diversi (sempre con riferimento al conto corrente, attualmente questo è gratuito o quasi per le persone fisiche mentre è particolarmente costoso per le aziende). Un altro motivo che ha portato a creare questionari differenti è costituito dal fatto che è interessante capire se le banche hanno cambiato atteggiamento nei confronti di entrambi questi tipi di utenti oppure solamente con riferimento ad uno solo di essi e se, viceversa, i consumatori hanno cambiato opinione oppure no nei loro confronti e in che misura. La distinzione tra i due questionari quindi non è importante dal punto di vista dei contenuti (nella sostanza le domande sono grosso modo le stesse), ma proprio per tenere separate le risposte date da questi due soggetti. Nel dettaglio i questionari (allegato 1 e allegato 2) sono così strutturati: - Parte introduttiva: è indicato l’oggetto dell’indagine, da chi viene condotta e per quale motivo. In questa parte iniziale è anche inserita la dicitura sul rispetto della privacy nel trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196; - Prima parte: sono poste una serie di domande sul rapporto che il cliente ha con la/le banca/banche con cui intrattiene un rapporto di conto corrente. In particolare si è cercato di valutare come vengono percepiti i servizi che l’istituto di credito 57 mette loro a disposizione e, soprattutto, come viene visto il rapporto tra costi/servizi erogati; - Seconda parte: è la parte nella quale si vuole comprendere l’impatto che la crisi bancaria ha avuto sugli utenti ponendo loro delle domande sui rapporti di finanziamento eventualmente stipulati e cercando di capire, qual’ora questi non siano stati concessi, qual è il motivo che ha portato a tale negazione; - Terza parte: questo è il punto del questionario relativo alla crisi economica, alla percezione che gli intervistati hanno sul ruolo giocato dalle banche nel determinarla. Attraverso le domande poste in questa parte si è cercato inoltre di comprendere se i soggetti ritengono che le banche possano favorire il superamento della crisi e in che modo; - Tipologia: è l’ultima parte del questionario e riguarda tutte quelle domande di tipo socio-grafico che consentono di dare un “volto” ai soggetti intervistati attraverso l’utilizzo di una serie di parametri oggettivi di valutazione. Nella costruzione del questionario sono state utilizzate prevalentemente domande chiuse tranne in alcuni casi in cui si è fatto ricorso a quelle semi-aperte. Per la maggior parte dei quesiti è stata utilizzata una scala Likert di tipo verbale, in cui le risposte spaziano tra 5 possibilità di scelta. Una volta costruito, il questionario è stato somministrato ad un piccolo numero di persone per verificare che le domande fossero comprensibili. Dopo questa analisi preliminare si è provveduto a diffonderlo presso il pubblico. L’indagine condotta ha consentito di raccogliere 218 questionari compilati dalle persone fisiche e solamente 7 questionari compilati dalle aziende. Proprio per questo motivo in sede di elaborazione dei dati sono stati considerati solo i questionari somministrati alle persone fisiche in quanto quelli realizzati dalle aziende hanno una numerosità troppo scarsa per poter condurre a dei risultati significativi. 3.4 I dati raccolti Come già detto al paragrafo precedente, il questionario è stato suddiviso in tre parti corrispondenti ad altrettanti argomenti; in sede di analisi dei dati, quindi, si è cercato di mantenere questa distinzione. 60 assegnare punteggi bassi. Fig. 3 Grado di soddisfazione della banca presso cui è aperto un conto corrente Andando ad analizzare nel dettaglio l’attività svolta da tali istituti emerge che tutti coloro che hanno un conto corrente sono abbastanza soddisfatti dei servizi messi loro a disposizione mentre ritengono poco adeguati i costi che devono sostenere per utilizzarli, il rapporto esistente tra i costi sostenuti ed i servizi erogati ed il rapporto esistente tra gli interessi che devono pagare alla banca e quelli che invece questa corrisponde loro. Infine, ritengono abbastanza chiari i documenti di sintesi e, in generale, i moduli informativi che ricevono periodicamente. Attraverso l’analisi dei dati si è cercato inoltre di comprendere se la valutazione della propria banca varia in base al fatto che l’utente, oltre ad avere un conto corrente, abbia acceso anche un contratto di mutuo od un finanziamento. La risposta è negativa, nel senso che sono state fornite sostanzialmente le stesse risposte indipendentemente dal tipo di rapporto che il correntista intrattiene con l’istituto bancario (Fig. 4). Fig. 4 Confronto del grado di soddisfazione della propria banca tra coloro che hanno un mutuo e coloro che non ce l’hanno 0,00% 10,00% 20,00% 30,00% 40,00% 50,00% 60,00% Per niente soddisfatti Poco soddisfatti Abbastanza soddisfatti Molto soddisfatti Pienamente soddisfatti 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% Per niente soddisfatti Poco soddisfatti Abbastanza soddisfatti Molto soddisfatti Pienamente soddisfatti Totale utenti Utenti con mutuo/finanz. Utenti senza mutuo/finanz. 61 Guardando il grafico si comprende come l’unica differenza tra le risposte fornite si riscontri a livello di utenti che si ritengono molto soddisfatti della propria banca: ci sono più persone rispetto alla media che dicono di essere “molto soddisfatte” tra coloro che non hanno acceso un prestito, mentre tale percentuale scende al di sotto della media se si guardano quelle persone che ce l’hanno. Questo probabilmente è dovuto ad un maggiore stress per coloro che devono periodicamente pagare la rata del mutuo o del finanziamento, ansia che potrebbe distorcere la percezione dei servizi offerti dalla banca. 3.4.2 Seconda parte: impatto della crisi sui contratti di mutuo La seconda parte della ricerca condotta ha cercato di comprendere se è vero che le banche erogano meno soldi alle famiglie da quando è cominciata la crisi. Innanzitutto si può dire che nel campione analizzato solamente il 35,32% ha dichiarato di avere un contratto di mutuo od un finanziamento; di questi, il 66,23% l’ha stipulato dopo il 2007. Da questa prima analisi si potrebbe dedurre che la crisi finanziaria non ha rallentato l’attività bancaria ma, al contrario, l’ha accelerata in quanto la maggior parte dei mutui sono stati erogati a partire dall’anno 2007, l’anno in cui tutto è cominciato. In realtà i motivi per cui si hanno questi risultati potrebbero essere molteplici: abbiamo a che fare con una crisi che dura ormai da ben 7 anni per cui probabilmente molte persone potrebbero aver richiesto un mutuo nel corso degli anni novanta ed aver finito di pagarlo prima o durante la recessione. Un risultato più interessante si ottiene andando a vedere gli importi che sono stati concessi a titolo di mutuo o finanziamento (Fig. 5). Fig. 5 Importo dei mutui erogati prima e dopo l’anno 2007 0,00% 20,00% 40,00% 60,00% 80,00% Fino a € 10.000,00 Da € 10.001,00 a € 50.000,00 Oltre € 50.001,00 Prima del 2007 A partire dal 2007 62 Analizzando il grafico si comprende che, mentre fino a prima della crisi venivano erogati dei mutui di importo superiore agli euro 50.000,00, dopo che questa si è manifestata tali prestiti si sono drasticamente ridotti mentre sono parallelamente aumentati quelli di importo inferiore o uguale agli euro 10.000,00. Ciò potrebbe essere dovuto a due motivi principali: - Una forte riduzione delle persone che decidono di investire in immobili per timore di assumersi un impegno di non essere in grado di rispettare nel corso del tempo; - Un grosso aumento dei soggetti in carenza di liquidità che anche per acquistare, ad esempio, un’auto usata del valore di qualche migliaio di euro fanno ricorso all’indebitamento. Da non dimenticare un fenomeno presente da molti anni che sta dilagando ormai ovunque dopo lo scoppio della crisi per cercare, in qualche modo, di sostenere i consumi: si tratta di quei finanziamenti del valore di centinaia di euro che vengono concessi per l’acquisto degli elettrodomestici in genere oppure di telefoni cellulari, di mobili e praticamente per qualsiasi altra cosa una persona voglia prendere. Questi “micro-prestiti” contribuiscono ad aumentare l’indebitamento delle famiglie e costituiscono sicuramente una buona parte di quel 31% di finanziamenti di importo fino agli euro 10.000,00 erogati dopo il 2007 di cui alla Fig. 5. Indipendentemente dall’importo concordato e dalla data in cui il mutuo od il finanziamento sono stati concessi, tutti gli utenti ritengono che la documentazione richiesta dalla banca per l’elaborazione della pratica sia abbastanza adeguata; stessa cosa dicasi per le garanzie richieste. Analizzando nel dettaglio le persone che hanno un mutuo od un finanziamento si può dire che sono costituite da dipendenti a tempo indeterminato aventi un’età compresa tra i 24 ed i 76 anni, con una concentrazione sulla fascia di età che va dai 40 ai 50 anni. Si tratta solitamente di persone aventi una buona istruzione (il 44,74% ha un diploma di scuola media superiore mentre il 22,37% possiede una laurea) e con un reddito non superiore agli euro 30.000,00, con una prevalenza di coloro aventi un reddito che va dagli euro 15.000,00 agli euro 30.000,00 appunto. 65 Fig. 9 Contributo delle banche nel determinare la crisi secondo coloro che hanno o meno un conto corrente Entrambi questi soggetti credono che le banche possano fare abbastanza per favorirne il superamento. - Analisi in base alla stipula di un contratto di mutuo: il fatto di avere in corso un finanziamento o di non averlo non influenza l’opinione che i soggetti hanno complessivamente della crisi; entrambe le categorie di persone, infatti, ritengono che le banche abbiano contribuito molto o comunque decisamente allo scoppio della crisi e che potrebbero sicuramente in qualche modo intervenire per poterla superare. Il dato interessante da tenere in considerazione in questa sede discende dall’analisi dei soggetti che dichiarano di non avere in corso nessun finanziamento: nel 85% dei casi tali persone affermano di non avere un mutuo perché non ne hanno bisogno; il 61% di esse dichiara inoltre che per superare la crisi è necessario erogare maggiori finanziamenti alle imprese e alle famiglie. Ora, la domanda sorge spontanea: a chi dovrebbero essere concessi questi prestiti se alla maggior parte delle persone che non li hanno non servono? Considerando inoltre che circa il 53% di coloro che affermano di non avere un mutuo perché non ne hanno bisogno hanno un reddito inferiore agli euro 15.000,00, è lecito chiedersi se sia vero quanto hanno dichiarato oppure se non hanno un finanziamento in quanto non gli è stato concesso perché il reddito posseduto è troppo basso. Una tesi opposta a questa è quella secondo cui quanto affermano è vero, nel senso che effettivamente non hanno bisogno di un mutuo: l’età media del campione analizzato (persone che non hanno un mutuo perché non ne hanno bisogno aventi 0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00% 35,00% 40,00% Per niente Poco Abbastanza Molto Decisamente Hanno un c/c Non hanno un c/c 66 reddito inferiore agli euro 15.000,00) è di 45 anni; se si considera che una volta a vent’anni un persona se ne andava di casa, è plausibile credere che questi soggetti abbiano già stipulato un mutuo per l’acquisto dell’abitazione e che abbiano già finito di pagarlo. Nel dettaglio la composizione del campione in questione è la seguente (Fig. 10): Fig. 10 Età delle persone con reddito inferiore agli euro 15.000,00 che non hanno un mutuo perché non ne hanno bisogno Osservando la distribuzione delle età all’interno del campione e tenendo a mente quanto appena detto, è ragionevole assumere che: o coloro aventi un’età superiore ai 45 anni non hanno effettivamente bisogno di un contratto di finanziamento; o quelli che hanno meno di 30 anni non hanno pure bisogno di un prestito in quanto vivono ancora a casa con i propri genitori. È risaputo infatti che l’età media in cui una persona lascia l’abitazione dei propri familiari è aumentata. Resterebbe in gioco solamente il 16% del campione costituito da persone con un’età superiore ai 30 anni ed inferiore ai 45 di cui si potrebbe dubitare il fatto che non hanno un mutuo perché non ne hanno bisogno. Tuttavia tale percentuale è talmente bassa da ritenere che probabilmente quanto affermano è vero. - Analisi in base al titolo di studio dei soggetti intervistati: il titolo di studio posseduto (elementare, scuola media inferiore, scuola media superiore, laurea) non è rilevante ai fini dell’indagine che si sta conducendo in quanto i soggetti appartenenti alle diverse classi individuate la pensano tutte allo stesso modo: 38% 16% 46% <= 30 anni > 30 anni e < 45 anni >= 45 anni 67 o Le banche hanno contribuito molto alla determinazione della crisi; o Tali istituti possono sicuramente fare qualcosa per superare questa situazione di difficoltà economica; o Lo strumento che deve essere utilizzato per avere finalmente una ripresa consiste nell’erogazione di maggiori prestiti alle imprese e alle famiglie. - Analisi in base al reddito posseduto dai soggetti intervistati: nemmeno il reddito influisce sulla percezione che le persone hanno della crisi. I soggetti intervistati sono sempre convinti che gli istituti creditizi abbiano giocato un ruolo importante se non addirittura fondamentale nel determinare la situazione attuale e sicuramente possono intervenire in qualche modo per poterla superare. Questi soggetti inoltre ritengono tutti che lo strumento più importante per superare la crisi sia quello di concedere più finanziamenti però, mentre le classi con un reddito più basso collocano al secondo posto la riduzione dei costi dei servizi erogati, coloro che hanno un reddito superiore agli euro 30.000,00 pensano sia necessario riconoscere un tasso di interesse maggiore sui risparmi (Fig. 11). Fig. 11 Modo in cui le banche possono contribuire al superamento della crisi in base al reddito posseduto - Analisi in base alla professione esercitata dalle persone intervistate: classificando le risposte fornite dagli intervistati in base all’attività lavorativa svolta, non sono emerse sostanziali differenze tra i diversi gruppi individuati con l’eccezione degli studenti che rappresentano l’unica categoria che ritiene che gli istituti di credito 17,35% 27,19% 11,54% 14,29% 65,31% 47,37% 65,38% 57,14% 12,24% 18,42% 15,38% 28,57% 5,10% 7,02% 7,69% 0,00% minore a € 15.000 tra € 15.000 e € 30.000 tra € 30.000 e € 60.000 maggiore € 60.000 Riducendo i costi dei servizi che eroga Erogando più finanziamenti Riconoscendo un maggiore tasso di int.sui risparmi Altro 70 andare in pensione. Hanno un’ istruzione medio alta, infatti il 43% circa di persone ha un diploma di scuola media superiore e la stessa percentuale possiede un diploma di scuola media inferiore. Pure in questo caso il reddito è inferiore agli euro 30.000,00 per l’84,69% delle persone di cui il 32,65% presenta un reddito più basso anche degli euro 15.000,00. Ritengono che le banche abbiano contribuito molto allo sviluppo della crisi economica mondiale. Esse credono, inoltre, che gli enti creditizi possano favorire il superamento della fase di recessione attraverso l’erogazione di maggiori finanziamenti ad imprese e famiglie; o Oltre i 60 anni: quest’ultima categoria è costituita quasi esclusivamente da pensionati il cui livello di istruzione è molto basso (hanno fatto nel 53% dei casi le scuole elementari ed il 30% delle volte le scuole medie inferiori) così come il loro reddito (minore ad euro 15.000,00 nel 62,50% dei casi). Questi soggetti pensano che le banche abbiano contribuito molto nel determinare l’attuale crisi economica e possano, allo stesso tempo, contribuire molto per poterla superare. Essi pensano, come tutti gli altri gruppi, che lo strumento che deve essere utilizzato per favorire la ripresa economica consista nell’erogazione di maggiori finanziamenti ad imprese e famiglie. In sintesi: Tab. 1 Analisi in base all’età dei soggetti intervistati Classe Professione Titolo di studio Reddito Le banche hanno contribuito allo scoppio della crisi? Le banche possono contribuire al superamento della crisi? In che modo le banche possono contribuire al superamento della crisi? < = 25 anni Studenti / Studenti- lavoratori Diploma superiore / Laurea Fino a euro 15.000 Molto Abbastanza Erogando più finanziamenti > 25 e < = 40 anni Dip. a tempo indet. Diploma superiore / medie Fino a euro 30.000 Decisamente Molto Erogando più finanziamenti > 40 e < = 60 anni Dip. a tempo indet. Diploma superiore / medie Fino a euro 30.000 Molto Molto / Decisamente Erogando più finanziamenti > 60 anni Pensionati Elementare Fino a euro 15.000 Molto / Decisamente Decisamente Erogando più finanziamenti 71 3.4.4. Quarta parte: il sistema bancario A questo punto della trattazione è importante chiedersi se il campione intervistato sia soddisfatto del sistema bancario così come è strutturato oppure ritenga ci sia ancora molta strada da compiere prima che la struttura possa dirsi adeguata. Per ottenere questa informazione è stata formulata all’interno del questionario la domanda n. 21 che è decisamente esplicita: “Ritiene che, nel complesso, l’attuale sistema bancario sia soddisfacente?”. Il 57% circa dei soggetti intervistati ha risposto in modo negativo, dichiarando che ad oggi il sistema finanziario risulta poco adeguato alle reali necessità della struttura economica. Meno dell’1% del campione ritiene tale sistema molto soddisfacente ed una percentuale uguale lo considera pienamente adeguato (Fig. 14). Fig. 14 Percezione del sistema bancario da parte degli utenti Analizzando il grafico è possibile individuare cinque gruppi di utenti che si differenziano in base alla risposta fornita alla domanda su indicata: 1) Utenti per niente soddisfatti: rappresentano il 19% delle persone intervistate di cui il 90% hanno un conto corrente aperto presso un istituto bancario. Tali soggetti credono che la banca con la quale intrattengono un rapporto sia poco soddisfacente così come lo sono i servizi che offre ed i costi cui tali servizi vengono proposti; valutano inoltre il rapporto tra il tasso di interesse attivo e quello passivo per nulla adeguato. Il 40% di coloro che appartengono a questo gruppo hanno stipulato un contratto di mutuo prevalentemente di importo 19% 57% 22% 1%1% Per niente soddisfacente Poco soddisfacente Abbastanza soddisfacente Molto soddisfacente Pienamente soddisfacente 72 compreso tra gli euro 10.000,00 e gli euro 50.000,00 e dichiarano che sia la documentazione sia le garanzie richieste sono abbastanza adeguate. Coloro che invece non hanno un finanziamento (il 60% degli utenti per niente soddisfatti) dichiarano praticamente nella totalità dei casi di non averne bisogno. Analizzando gli elementi demografici, si tratta di persone aventi un’età compresa tra i 23 e i 79 anni che nel 53% dei casi svolgono un lavoro a tempo indeterminato, mentre il 20% percepisce un reddito da pensione. Tali soggetti hanno un’istruzione medio- bassa: il 38% ha un diploma di scuola media superiore ed il 36% possiede un diploma di scuola media inferiore. Anche il reddito non è tra i più elevati, infatti il 43% degli utenti percepisce un reddito inferiore agli euro 15.000,00 mentre il 49% ne ha uno compreso tra gli euro 15.000,00 e gli euro 30.000,00; 2) Utenti poco soddisfatti: costituiscono la maggior parte delle persone intervistate e toccano una percentuale pari al 57% rispetto al totale. Il 92% di queste persone ha un conto corrente. Tali soggetti sono complessivamente abbastanza soddisfatti della banca presso la quale hanno aperto un conto corrente così come lo sono dei servizi offerti e delle comunicazioni periodiche fornite. In compenso ritengono poco adeguati i costi dei servizi messi a disposizione dalla banca nonché il rapporto costi/servizi erogati e quello interessi attivi/interessi passivi. Il 31% degli appartenenti a questo gruppo hanno un mutuo di importo piuttosto elevato in quanto Il 51% delle volte è di importo superiore agli euro 50.000,00 mentre il 34% è compreso tra gli euro 10.000,00 e gli euro 50.000,00. Coloro che hanno un contratto di finanziamento ritengono, come per gli appartenenti al gruppo precedente, che sia la documentazione sia le garanzie richieste siano abbastanza adeguate se confrontate con il mutuo/finanziamento concesso. Coloro che non hanno nessun tipo di prestito dichiarano di non averne bisogno nel 84% dei casi. Gli utenti “poco soddisfatti” hanno un’età che varia dai 19 ai 90 anni e svolgono prevalentemente un lavoro dipendente a tempo indeterminato (43%), un lavoro a tempo determinato (16%), oppure sono in pensione (15%). Le persone sono mediamente istruite con un numero di utenti pari al 41% aventi un diploma di scuola media superiore, il 24% ha un diploma di scuola media inferiore mentre il 22% possiede una laurea. Come nel caso precedente il reddito percepito non è superiore agli euro 30.000,00 ed è compreso tra questa cifra e gli euro 15.000,00 il 49% delle volte; il 40% degli utenti invece dichiara di avere un reddito inferiore agli euro 15.000,00; 75 Un elemento di sorpresa è legato al fatto che tutti i soggetti intervistati sono mediamente soddisfatti della banca presso la quale intrattengono il rapporto di conto corrente. Questo dato emerge non solo nel caso in cui venga valutato il campione nel suo complesso, ma anche quando si creano dei raggruppamenti in base al reddito, all’età, all’impiego, ecc. Da intendersi: non è sorprendente il fatto che i dati convergano verso un risultato comune, ma che indipendentemente dai raggruppamenti realizzati le risposte siano le stesse. Tutti gli intervistati, inoltre, sono concordi sul ritenere poco adeguati i seguenti elementi: - I costi sostenuti per avere determinati servizi; - Il rapporto esistente tra costi sostenuti e servizi erogati; - Il rapporto esistente tra tasso di interesse attivo (il tasso che la banca riconosce al correntista) ed il tasso di interesse passivo (interesse che il correntista deve corrispondere alla banca in caso, ad esempio, si verifichi una situazione di scoperto di conto corrente). Altro elemento che ha visto tutti d’accordo è rappresentato dal ruolo che le banche hanno giocato nel determinare la crisi: le persone intervistate, indipendentemente dalle classificazioni che sono state effettuate, sono concordi, chi più chi meno, nell’affermare che il sistema finanziario ha contribuito all’attuale situazione economica. Ritengono inoltre che tali istituti possano in qualche modo intervenire per favorirne il superamento. Per quanto riguarda le modalità attraverso le quali è possibile favorire la ripresa di una situazione normale, sono emerse due risposte: - L’erogazione di maggiori finanziamenti ad imprese e famiglie; - Il riconoscimento di un maggiore tasso di interesse sui risparmi. La seconda risposta è stata fornita da coloro aventi un reddito superiore agli euro 30.000,00 nonché dai soggetti con un’età superiore ai 78 anni. Si tratta nel primo caso di persone aventi probabilmente dei soldi depositati presso le banche che, come ben si sa, ad oggi non riconoscono dei tassi di interesse molto elevati sui risparmi; nel secondo caso si ha a che fare con delle persone che nonostante il reddito basso (fino ad euro 15.000,00), sicuramente hanno denaro depositato in banca in quanto sono cresciute prima dell’avvento del consumismo e, quindi, con una mentalità rivolta al risparmio, e che hanno visto tempi in cui i tassi di interesse riconosciuti (a partire dai semplici investimenti in titoli di Stato) erano molto elevati. 76 L’erogazione di maggiori finanziamenti ad imprese e famiglie rappresenta però la risposta più gettonata dal campione analizzato. Il 67,43% ha indicato questo strumento come quello in grado di favorire il superamento della crisi economica. Tale risposta, tuttavia, entra in contrasto con i dati sui mutui: il 65% degli intervistati dichiara di non avere un contratto di finanziamento e la maggior parte di questi afferma di non averne bisogno, con la conseguenza che non si capisce bene a chi debbano essere concesse queste somme di denaro. Un chiarimento su questo punto può essere ottenuto andando a dare un’interpretazione diversa alla parola “maggiori”, nel senso che invece di esse riferita ai soggetti cui vengono concessi i finanziamenti, si intendono gli importi erogati. Dall’analisi della composizione dei mutui erogati prima e dopo la crisi, infatti, è emerso che, mentre nel periodo precedente al 2007 venivano concessi prevalentemente finanziamenti di importo superiore agli euro 50.000,00, dopo tale anno vengono stipulati contratti di prestito di un ammontare che spazia da zero euro fino ad oltre gli euro 50.000,00 con un dimezzamento però dei mutui di tale importo. Da questo punto di vista la crisi economica ha sicuramente portato ad una riduzione del denaro erogato dalle banche. Dalla valutazione fornita sul sistema bancario nel suo complesso, infine, è emerso che le persone ne sono mediamente soddisfatte e che tale risposta è fortemente condizionata dalla relazione che tali soggetti hanno con la banca presso la quale intrattengono il proprio rapporto di conto corrente. Oltre a questo elemento, un fatto che sicuramente influenza la percezione del sistema finanziario è l’avere o meno un contratto di finanziamento: coloro che non hanno un mutuo hanno risposto dicendo che la situazione attuale è molto se non addirittura pienamente soddisfacente a differenza di coloro che ce l’hanno e che hanno fornito delle risposte opposte. 77 CONCLUSIONI Per analizzare ciò che le persone pensano circa il ruolo che gli istituti di credito hanno avuto nel determinare l’attuale crisi economica, questa tesi è partita analizzando innanzitutto l’evoluzione che il sistema bancario nazionale ha subito dalla data in cui ha iniziato a svilupparsi, nel 1865, fino ai giorni nostri. Non bisogna dimenticare infatti che il modo in cui la struttura finanziaria si è evoluta nel corso del tempo ha sicuramente avuto delle ripercussioni sulla portata della crisi economica. In particolare il sistema che si è andato a delineare è sempre stato piuttosto rigido, con l’individuazione di specifiche categorie di soggetti aventi compiti ben precisi che hanno portato allo sviluppo di una serie di enti specializzati nello svolgimento di determinate attività. Questa situazione in cui ognuno svolgeva una specifica attività all’interno di un sistema tenuto sotto stretto controllo da parte degli organi di vigilanza, si è mantenuta inalterata fino all’ingresso, avvenuto nel 1957, nella Comunità Economica Europea. L’ordinamento italiano, tuttavia, ha recepito le disposizioni europee molto lentamente: basti pensare che la prima direttiva comunitaria in materia creditizia è del 1977 ed è stata attuata nel nostro ordinamento solamente nel 1985. Questa lentezza, se da un lato ha ridotto per molto tempo la competitività delle banche italiane con quelle del resto d’Europa, dall’altro lato ha senz’altro diminuito le conseguenze della crisi: l’ordinamento vigente in Italia ha infatti ridotto se non impedito per molto tempo lo svolgimento di certe attività agli istituti di credito i quali, nel momento in cui la nostra legislazione si è allineata con quella dei Paesi del resto d’Europa, hanno comunque impiegato molto tempo prima di dotarsi delle strutture necessarie per poterle svolgere agli stessi livelli e con gli stessi ritmi con cui venivano svolte all’estero. Questo è proprio uno dei motivi per cui la crisi ha avuto una portata ridotta in Italia. Attenzione: quanto appena detto non sta a significare che in Italia la crisi finanziaria non ha avuto alcun impatto sull’economia ma che è stato molto meno invasivo rispetto ad altre realtà in cui le banche operavano nella più totale libertà. Dopo questa breve introduzione sull’evoluzione storica dell’ordinamento bancario italiano, si è passati ad analizzare gli avvenimenti che hanno portato all’attuale crisi economica. Nel dettaglio si è visto che i Governi hanno lasciato alle banche la possibilità di operare, di fatto, senza che venisse svolto sul loro operato alcun controllo o comunque senza esercitare in modo efficace il loro potere. Le strategie architettate dalle banche per 80 81 ALLEGATO 1. QUESTIONARIO PERSONE FISICHE Indagine per la redazione della Tesi di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione Oggetto: "La percezione del sistema bancario da parte dei consumatori" Buongiorno, sono Serena dell'Università Cà Foscari di Venezia. Per la redazione della Tesi di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione, sto svolgendo una ricerca sulla percezione che le persone e le aziende hanno delle banche. Vorrei a tal fine porLe alcune domande. Le sue risposte resteranno rigorosamente anonime ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 sulla tutela della privacy. Prima parte 1. Ha uno o più conti corrente? o Si o No Se ha risposto SI alla domanda n. 1, compili le risposte alle domande dalla n. 2 alla n. 7 e, successivamente, passi alla domanda n. 12. Se ha risposto NO alla domanda n. 1, compili le risposte alle domande dalla n. 8 alla n. 11 e successivamente, compili le risposte alla domanda n. 18 e seguenti. 2. È complessivamente soddisfatto delle banche presso le quali ha aperto il conto corrente? o Per nulla soddisfatto o Poco soddisfatto o Abbastanza soddisfatto o Molto soddisfatto o Pienamente soddisfatto 3. Come valuta i servizi che le sue banche mettono a disposizione? o Per nulla soddisfacenti o Poco soddisfacenti o Abbastanza soddisfacenti o Molto soddisfacenti o Pienamente soddisfacenti 82 4. Come valuta i costi dei servizi che la banca mette a disposizione? o Per nulla adeguati o Poco adeguati o Abbastanza adeguati o Molto adeguati o Decisamente adeguati 5. Ritiene che il rapporto tra costi/servizi erogati sia adeguato? o Per nulla adeguato o Poco adeguato o Abbastanza adeguato o Molto adeguato o Decisamente adeguato 6. Come valuta le comunicazioni periodiche che riceve dalla banca (estratti conto, comunicazioni di trasparenza, modifiche delle condizioni contrattuali, ecc)? o Per niente chiare o Poco chiare o Abbastanza chiare o Molto chiare o Decisamente chiare 7. Come valuta il rapporto esistente tra il tasso di interesse a credito (tasso che Le corrisponde la banca) ed il tasso a debito (tasso che deve corrispondere alla banca), considerando anche tutte le spese e le commissioni che la banca addebita periodicamente sul conto corrente? o Per nulla adeguato o Poco adeguato o Abbastanza adeguato o Molto adeguato o Decisamente adeguato 8. Qual è il motivo per cui non ha un conto corrente? o Non ne ho bisogno o I servizi messi a disposizione dalle banche non sono adeguati alle mie esigenze o I costi per la gestione del conto corrente sono troppo elevati o Preferisco gestire autonomamente i miei risparmi o Altro (specificare): …………………………………… 9. Pensa aprirà un conto corrente? o Si o Forse o No 85 20. In che modo le banche potrebbero contribuire al superamento dell’attuale crisi economica? o Riducendo i costi dei servizi che eroga o Erogando maggiori finanziamenti alle famiglie e alle imprese o Riconoscendo un maggiore tasso di interesse sui risparmi o Altro (specificare): ……………………………….. 21. Ritiene che, nel complesso, l’attuale sistema bancario sia soddisfacente? o Per niente soddisfacente o Poco soddisfacente o Abbastanza soddisfacente o Molto soddisfacente o Pienamente soddisfacente Tipologia a) Sesso o Maschio o Femmina b) Anno di nascita: …………………………….. c) Professione o Studente o Studente – lavoratore o Libero professionista o Imprenditore o Dipendente a tempo indeterminato o Dipendente a tempo determinato o Disoccupato o Pensionato o Altro d) Titolo di studio o Elementare o Licenza media inferiore o Licenza media superiore o Laurea o Altro (specificare): ……………………………. 86 e) Reddito posseduto o Fino a euro 15.000,00 o Da euro 15.001,00 a euro 30.000,00 o Da euro 30.001,00 a euro 60.000,00 o Oltre euro 60.000,00 f) Numero di persone che compongono il nucleo familiare: …………………………… g) Numero di persone che compongono il nucleo familiare e che hanno meno di 14 anni: …………………………… h) Numero di persone che compongono il nucleo familiare e che percepiscono un reddito: …………………………… 87 ALLEGATO 2. QUESTIONARIO AZIENDE Indagine per la redazione della Tesi di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione Oggetto: "La percezione del sistema bancario da parte dei consumatori" Buongiorno, sono Serena dell'Università Cà Foscari di Venezia. Per la redazione della Tesi di Laurea Magistrale in Marketing e Comunicazione, sto svolgendo una ricerca sulla percezione che le persone e le aziende hanno delle banche. Vorrei a tal fine porLe alcune domande. Le sue risposte resteranno rigorosamente anonime ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003 sulla tutela della privacy. Prima parte 1. È complessivamente soddisfatto delle banche presso le quali ha aperto un conto corrente? o Per nulla soddisfatto o Poco soddisfatto o Abbastanza soddisfatto o Molto soddisfatto o Pienamente soddisfatto 2. Come valuta i servizi che le sue banche mettono a disposizione? o Per nulla soddisfacenti o Poco soddisfacenti o Abbastanza soddisfacenti o Molto soddisfacenti o Pienamente soddisfacenti 3. Come valuta i costi dei servizi che la banca mette a disposizione? o Per nulla adeguati o Poco adeguati o Abbastanza adeguati o Molto adeguati o Decisamente adeguati 4. Ritiene che il rapporto tra costi/servizi erogati sia adeguato? o Per nulla adeguato o Poco adeguato o Abbastanza adeguato o Molto adeguato o Decisamente adeguato 90 14. Qual è il motivo per cui non ha un mutuo/finanziamento o degli affidamenti in conto corrente? o L’azienda non ne ha bisogno o La banca non l’ha concesso o Non ho ancora trovato una banca che soddisfa le esigenze della mia azienda o I tassi di interesse a debito sono troppo elevati o Altro (specificare): …………………………………… Terza parte 15. Ritiene che le banche, in qualche modo, possano aver determinato l’attuale crisi economica? o Per niente o Poco o Abbastanza o Molto o Decisamente 16. Ritiene che le banche, in qualche modo, possano contribuire al superamento dell’attuale crisi economica? o Per niente o Poco o Abbastanza o Molto o Decisamente 17. In che modo le banche potrebbero contribuire al superamento dell’attuale crisi economica? o Riducendo i costi dei servizi che eroga o Erogando maggiori finanziamenti alle famiglie e alle imprese o Riconoscendo un maggiore tasso di interesse sui risparmi o Altro (specificare): ……………………………….. 18. Ritiene che, nel complesso, l’attuale sistema bancario sia soddisfacente? o Per niente soddisfacente o Poco soddisfacente o Abbastanza soddisfacente o Molto soddisfacente o Pienamente soddisfacente 91 Tipologia a) Tipologia di impresa o Impresa individuale o Società di persone (Snc, Sas, Ss) o Società di capitali (Srl, Spa, Sapa) o Altro b) Numero di dipendenti mediamente impiegati nell’anno: ……………………………………….. c) Classe di fatturato: o Fino a euro 2milioni o Da euro 2milioni a euro 10milioni o Da euro 10milioni a euro 50milioni o Oltre euro 50 milioni d) Settore di appartenenza: o Commercio, ingrosso e dettaglio o Immobiliare, noleggio, informatica, ricerca o Costruzioni o Attività manifatturiere o Servizi pubblici, sociali e personali o Trasporto, magazzinaggio e comunicazione o Alberghi e ristoranti o Intermediazione monetaria e finanziaria o Agricoltura e pesca o Produzione e distribuzione energia, gas, acqua o Istruzione o Sanità e altri servizi sociali o Altro 92
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