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La critica cinematografica, un' introduzione di Claudio Bisoni, Sintesi del corso di Storia E Critica Del Cinema

La critica cinematografica incontra oggi una rinascita grazie al web. Sempre più siti e portali ospitano discussioni sul cinema e recensioni di film. Il cinema continua a stare al centro della discussione culturale. Il volume presenta un'agile introduzione alla storia della critica, ai metodi per scrivere recensioni, ai trucchi del mestiere di critico.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 28/09/2020

alessio-lo-mauro
alessio-lo-mauro 🇮🇹

4.5

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Scarica La critica cinematografica, un' introduzione di Claudio Bisoni e più Sintesi del corso in PDF di Storia E Critica Del Cinema solo su Docsity! LA CRITICA CINEMATOGRAFICA, UN’INTRODUZIONE di Claudio Bisoni Parte prima: la critica cinematografica dagli inizi del 900 Capitolo 1: dagli anni 10 alla Seconda Guerra Mondiale 1.1 In Italia Per i primi anni la produzione discorsiva ha come argomento la promozione del film e la più semplice pubblicità. La prima questione che si affronta è quella del collocamento tra il versante del fenomeno di costume o della scoperta scientifica o del mondo artistico-letterario. L'esperienza cinematografica appare come un'occasione che produce distrazione allucinazioni ed è capace di innescare processi di confusione tra apparenza e realtà. Si osserva anche la sala e come questa produca effetti significativi nei modi di aggregazione degli spettatori e sulle nuove dinamiche sociali che si creano. Nel 1907-1908 si segnalano i primi articoli di Giovanni Papini e Sebastiano Arturo Luciani che si discostano dal disinteresse dovuto in gran parte dalle influenze di Benedetto Croce. Su riviste quali la rivista fono-cinematografica, la lanterna, il Cinematografo prevale l'interesse per l'aspetto scientifico del mezzo e solo alcuni intellettuali, come Papini sulla Stampa, instaurano un rapporto tra cinema e vita moderna celebrandolo come superiore al teatro. La necessità di nobilitare il nuovo mezzo con la conseguente promozione di un cinema di derivazione letteraria, la volontà di legare la modernità del cinema alla celebrazione della Tecnica tipica dell'avanguardia futurista e il progetto di trovare una via cinematografica al realismo concentrandosi sulla riproduzione dal vero sono le istanze che dominano in questo periodo. La pubblicazione Lux di Gustavo Lombardo si avvicina ad analizzare una funzione sociale del cinema. Nasce nel 1910 Vita Cinematografica che resisterà fino al 34, su cui si sposterà l'attenzione sui problemi espressivi e sulla nascita del sistema narrativo. I problemi estetici verranno analizzati anche su altre testate in seguito alla nascita di rubriche stabili come quella della Gazzetta del Popolo che già dal 1908 chiede gli intellettuali di farsi carico delle recensioni. Non mancano di certo interventi di condanna ma le voci a favore si infoltiscono con Capuana,la Deledda, Oxilia così come anche i futuristi Prezzolini e Marinetti e per giungere alla consacrazione con D'Annunzio. Ricciotto canudo è da considerarsi il primo teorico delle origini che concepisce sì il cinema come arte nella sua essenza, ma divertimento fotografico nella maggior parte delle sue applicazioni. Egli crede che il cinema può aderire a concetti di un'estetica generale delle Arti moderne, secondo il criterio della totalità tra la meccanica e la capacità di sintesi evocatrice. Ci si interroga anche sullo statuto dell’ autore cinematografico, che sarà però un titolo attribuibile a diverse figure professionali dallo scrittore da cui deriva l'opera al direttore di scena. Luciani affronta i problemi specifici del cinema e i legami con le altre arti e con un paradigma comparativo riesce a farlo entrare nel contesto estetico culturale dell'epoca. La critica rimane però dominata dall'impressionismo più assoluto con un occhio disattento a ogni elemento tecnico ed espressivo specifico. Nel biennio 1912-1913 si discute del problema dell'autore a causa di un modello produttivo come i film d'arte e di attività delle riviste specializzate d’ intellettuali. Inferno(1911) della Milano film permetterà la prima manifestazione di potenza culturale della nuova forma di spettacolo e porterà a un susseguirsi di adattamenti di testi letterari. Gli intellettuali vengono attratti dal cinema collaborando, cedendo semplicemente i diritti delle proprie opere o per adattare i testi letterari allo schermo tramite scrittori ombra o in prima persona. Colui che si offre maggiormente per il processo di nobilitazione culturale è D'Annunzio nella firma delle didascalie di Cabiria dichiarandosi come testimone della qualità del prodotto. Matilde Serao scrive di Cabiria proprio attraverso l'argomento del valore artistico, in quanto la pellicola le appare come una storia di passione che permette l'allargamento dell'esperienza percettiva sia per gli spettatori digiuni di cinema sia per coloro che conoscono già il linguaggio cinematografico. 1.2 In Francia A Parigi siamo in pieno periodo di fervida attività culturale, tanto che già dal 1914 la stampa cinematografica specializzata si espande in modo energico ( le film, la scène et l’hecran, l'écran). I primi entusiasti sostenitori della settima arte erano soprattutto teorici e artistici è il ruolo di critico invece sarà appropriato per Louis Delluc, fulminato alla prima parigina di i prevaricatori di de Mille del 1915, rifletterà sul concetto di fotogenia e sul ruolo dell'attore. La sua prosa mette in luce una predilezione per il cinema americano bilanciata da un'attenzione per i generi minori come il documentario, l'indipendenza di giudizio, l'enunciazione di un gusto individuale, l'ironia e agilità di scrittura e la pratica di affiancare all'analisi dei film la promozione culturale. Non ê il solo a gettare le basi della critica con scrittori, quali Apollinaire, Colette, Aragon e altri specialisti come Jeanne e Vuillermoz. Nella seconda parte degli anni 20 l'interesse per il Cinema monta su più fronti col crescere della saggistica e la suddivisione tra generi con storie del cinema, monografie di autori, saggi teorici eccetera. Riviste specializzate continuano l'espansione sul mercato ed un posto particolare è occupato dalla prima serie de La Revue du cinema che pur avendo vita breve contribuirà a un'impostazione più empirica della critica legata alla lettura di singole film e alla visione del cinema come esperienza di passione. Negli anni 30 anche se cambia il clima politico e sociale, il cinema continua ad avere un posto privilegiato nella cultura parigina e prima di politicizzarsi verso la fine del decennio si organizza intorno al passaggio al sonoro e alla presenza di maestranze straniere nel mondo del cinema francese. Lo schieramento dei critici rispecchia in pieno lo schieramento politico e i luoghi in cui si pensa e si commenta al cinema sono sempre più le riviste specializzate le pubblicazioni di cultura generale: a sinistra troviamo Bost e Sadoul, Leenhardt e Jahier (con attenzione al cinema americano), mentre a destra Rebatet , Brasillach ( con attenzione alla commedia americana) e Arnoux. Capitolo 2: il secondo dopoguerra e la nascita della critica moderna in Francia congiuntura tra doti personali e momenti storici. Anche Bazin però cadrà nel tranello,con Luci della Ribalta di Chaplin che, vista come un capolavoro, è degna di adorazione. Il concetto rimarrà negli anni successivi, in quanto le figure di Truffaut, Godard e Rivette saranno figure a cui credere senza riserve. Verità/relativismo C'è irrazionalità nella politique nell’ assunzione dell’autore come parametro di valutazione escludendo gli elementi contestuali. Abbiamo quindi una critica con enunciati alla cui base vi è la certezza, mentre dall’ altra sull’atto di fede. La certezza della verità, lascia la scena al relativismo. È bastato che un gruppo ristretto di individui cominciasse a imporre certe abitudini, a socializzare certe forme di visione perché emergesse una nuova idea di cinema. La cinefila critica e la politique partecipano al movimento che porta ad una più generale erosione della stabilità del concetto di gusto estetico. Capitolo 3: Dal sonoro al Canone Neorealista in Italia 3.1. La critica verso l’istituzionalizzazione La cultura cinematografica degli anni 30 e la riflessione teorica portano alla rinascita del cinema italiano grazie ad una funzione promozionale e progettuale (ricordare il ruolo di Blasetti e il suo ​“Cinematografo” (1927-1931). Si accompagnano anche le iniziative istituzionale come il Luce e il Centro Sperimentale di Cinematografia. Il passaggio al sonoro porta alla contrapposizione di schieramenti tra chi è a favore e chi è contro, come Anton Giulio Bragaglia che riflette favorevolmente sull’innovazione tecnica. La critica in questo periodo guadagna competenza e cominciano a circolare i primi discorsi articolati sul cinema americano, sul divismo, sul rapporto con la cultura di massa.Gli intellettuali, come Sacchi al Corriere Della Sera e Gromo alla Stampa, sono di formazione umanistica, producendo una dipendenza costante dalla dipendenza dei canoni teorico-critici ripresi dal campo letterario. Il fronte TEORICO, che è solo in parte controllato dal regime, è molto vivace e ci si oppone all’estetica di Croce grazie ai lavori di Bragaglia e Giovannetti. Su Bianco e Nero di Orazi prima e Chiarini poi si nota la riflessione storico teorica che si allontana dalla semplice critica di singoli film,con articoli sul cinema estero, con le traduzioni di Balasz e i saggi sulle teorie di Montaggio. 3.2.L’esperienza di Cinema Con la rivista la critica comincia a capire il cinema e vuole indicare nuove strade. Con Vittorio Mussolini e poi Giovanni Puccini si iniziano a seminare i primi germi della politica Neorealista, come la perdita dei valori e un nuovo umanesimo. L’impostazione rispecchia la scissione di tutta la riflessione teorica degli anni 30 e 40 tra i termini del cinema in fatto sociale e puramenti estetici. Il vuoto viene colmato dal concetto di mestiere​. Sulle valutazioni dei critici pesa l’idealismo filosofico italiano, e come principio ultimo non conta solo l’idea di cosa sia il cinema realista, ma anche il valore di autenticità dell’arte. L’approccio della rivista è caratterizzato, evitando i toni della propaganda, da tre operazioni: -si tende ad iscrivere il ruolo di propaganda del cinema nel rapporto tra ragioni di arte e ragioni di politica, dove vincono le prime, secondo il criterio di un'arte realista ed autonoma. Non viene messo in discussione la legittimità del film propagandistico. -immaginare una norma estetica legata ad un cinema puro per cui è necessario educare un pubblico, dando idea di un gusto che da minoritario possa diventare centro della produzione. Gli autori precedenti vengono visti come non pieni o che hanno perso la strada. -l’orientamento dei giudizi tra l’asse di interiorità/esteriorità; sincerità e spiritualità garantiscono la genuinità del realismo. 3.3.Realismo e Ambientazione il rinnovamento si gioca sul tema dell’ambientazione, ripreso dal cinema francese e da alcuni illustri precedenti nella cinematografia italiana come Vecchia Guardia e Sole. In primo luogo si deve cercare di allontanarci dall’assenza di paesaggio nel cinema. Questo ovviamente non parla da solo ed è quindi necessario ispirarsi alla letteratura verista ( più in generale al realismo europeo ottocentesco) e di Verga in particolare. il paesaggio non avrà importanza se non è presente l’uomo e viceversa (De Santis darà il nome di linguaggio dei rapporti), la cui figura farà comunque da centro di equilibrio. La rappresentazione deve evitare il rischio della generalità del teatro di posa, in cui si innesta anche la polemica al calligrafismo, che non è visto come professionalità e alto artigianato bensì un esempio erroneo con la tradizione letteraria e controproducente con la tradizione pittorico-figurativa. A questa corrente si accusa di distogliere l’attenzione ai veri segni di cambiamento . 3.4. Cinema e l’opzione Realista: una questione ancora aperta ciò che viene espresso da questa testata non è ovviamente esclusivo, se prendiamo ad esempio l’editoriale 137, firmato da Niméco, in cui vengono elogiati i film con a tema la vita dei soldati italiani e screditate le commedie sentimentali, ci si fa portavoci di un linguaggio più propagandista e nazionalista non tanto dissimile alle esigenze dell’ideologia fascista. Antonio Costa sottolinea come forti continuità tra cultura fascista e Cinema, come il richiamo alla letteratura di Verga (in campo letterario tipicamente fascista), così come l’anticalligrafismo si avvicina alla battaglia contro gli intellettuali pre fascisti Spostandoci sulla critica dell’epoca. si può notare come non sia indulgente con il prodotto nazionale, così come la promozione dell’istanza realista attraversa tutta la cultura cinematografica degli anni 30 e 40 anche nella realtà politica con più coinvolgimento alle cose della Nazione. 3.5.Il canone Neorealista Il dopoguerra è un periodo di attivismo culturale e di difesa del cinema italiano. Critica e teoria mantengono fede agli assunti teorici e di gusto del tempo. La figura più significativa sarà infatti quella di Chiarini nel dibattito con Aristarco intorno a Senso​ di Visconti. Per Chiarini Il problema è l'esteriorità e di rimando tutto ciò che è spettacolare come il virtuosismo tecnico, la composizione delle immagine, l'efficacia emotiva del soggetto e la sensualità dei corpi, poiché la forma specifica del cinema è data dalla sua potenza realistica. Quindi risulta come un tradimento alla poetica neorealista. Aristarco invece difende il film, analizzando soprattutto la struttura narrativa in quanto ci mostra la borghesia come classe sociale ormai decadente. Viene meno la narrazione ad episodi perché si recupera la grande tradizione del romanzo ottocentesco. La bella forma e l'immagine ricercata invece sono al servizio di una dialettica per esprimere lo splendore esteriore ma decadente del mondo rappresentato. La teoria del cinema pre guerra e quella degli anni 50 ha una sostanziale continuità poiché i pensatori attivi in campo teorico sono quasi sempre gli stessi (Raggianti, Barbaro e Consiglio) Lo scontro tra la DC e il PCI lascia segni anche sulla cultura cinematografica. Il realismo si rivela un fenomeno tutt'altro che unitario e diventa una poetica da difendere dai rischi di contaminazione. I precetti estetici sono alla base della valutazione nel film così come la corrispondenza ad alcune parole d'ordine del messaggio cinematografico. con sospetto e ostilità vengono visti i tentativi di aprire la lezione del realismo a forme popolari di intrattenimento come De Santis con riso amaro. Esemplare è il caso di Aristarco che nel 52 fonda Cinema Nuovo portandolo a seguire la maggior parte dei film italiani. La rivista si chiude ben presto su posizioni puriste tanto che solo Visconti è considerato in grado di proseguire il progetto di passaggio tra Neorealismo e realismo. Nel 1950 nasce la Filmcritica che con Edoardo Bruno accoglie una gamma di voci politicamente dissonanti come Bianchi, Rondi, Chiarini, Viazzi e Lizzani Dal 1952, fondata da Di Giammatteo, la Rassegna del Film cerca di stare al passo con l'evoluzione dell'Industria cinematografica Nazionale affrontando il tema del cinema Popolare. Proprio in questo periodo va ad allargarsi la frattura tra critica specializzata e critica quotidianistica. Sui quotidiani il cambio di guardia si ha all'inizio degli anni 60 con Lanocita al Corriere della Sera, Bianchi al Giorno e Leo Castelli a ​la stampa​. L'innovazione risulterà parziale poiché i recensori non contribuiscono alla diffusione di una terminologia tecnica e di un linguaggio specialistico ma ci si mantiene ancorati a parmetri di verosimiglianza e coerenza drammatica sul senso comune. Apocalittici e Integrati di Umberto Eco sarà una spinta desacralizzante per i rapporti tra cultura alta e cultura bassa e dagli anni 60 la critica cinematografica si metterà in contatto con gli strumenti messi a disposizione dalle nuove scienze come la semiotica e la sociologia. Capitolo 4: dagli anni delle lotte Politiche alla fine del secolo 4.1: Sessantotto e dintorni La​ ​critica si concentra sul rapporto tra pratica filmica e pratica rivoluzionaria. Le posizioni sono: -quella di ​Cinema Nuovo​ a difesa del realismo critico in cui il cinema appartiene alla cultura Borghese ed è da promuovere solo quello con una forte funzione sociale; - quella di Ombre Rosse in cui si mette in discussione il ruolo del critico che ha il dovere di intervenire mettendosi al servizio della rivoluzione depurando il proprio ragionamento da intellettualismi eccessivi; - quella di Filmcritica in cui si opta per il primato dell'elemento estetico su quello politico. Il cinema da difendere è quello che possiede una ricchezza espressiva e riesce a essere liberamente interpretato; - quella di Cinema e Film (nata nel 1967) che si ispira ai Cahiers degli anni 50 in cui l'enfasi va sul linguaggio che consente di esprimersi al di fuori della rappresentazione dominante ( vedi Dreyer, Hitchcock, Bertolucci).
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