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La critica del documento attraverso i secoli, Appunti di Storia

La storia della critica del documento, dalla sua origine nell'Antichità fino al XVII secolo. Si parla di come la necessità di distinguere il vero dal falso abbia portato alla nascita della Diplomatica e di come questa abbia subito un'evoluzione nel corso dei secoli. Si parla anche delle falsificazioni che sono state fatte nel corso del tempo e di come la critica moderna dei documenti sia nata solo nel XVII secolo.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 31/01/2022

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Scarica La critica del documento attraverso i secoli e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! LEZIONE 1 Nell'Antichità La critica del documento, quindi la Diplomatica, è antica quanto il documento stesso, anzi addirittura quanto l'uso dello scrivere, perché vi e sempre stata la necessità di distinguere il vero dal falso. Per questo già dall'Antichità i sovrani e i pontefici se ne occuparono. Leone, nel 470 (C.1.23.6), decretò che nessun documento imperiale sia tenuto per autentico se non sia di mano dell'imperatore, segnato col sacro inchiostro di porpora o di cinabro, l'uso del quale era vietato ad ogni altro. Anche nel corpus iuris civilis giustinianeo troviamo delle norme empiriche relative alla falsificazione dei documenti. Nel Medioevo Nel Medioevo si segnalano gli interventi di alcuni pontefici. In primo luogo Innocenzo III, che si è occupato dell'autenticità e della falsità di alcuni documenti pontifici, cercando di fissare norme generali che devono essere considerate il primo tentativo di una critica sistematica delle bolle. Sempre di genuinità dei documenti si occupa una lettera di Alessandro III. Gregorio IX, nelle sue Decretales dedica all'argomento un apposito capitolo: De crimine falsi. Certamente nel Medioevo la critica dei documenti fu applicata in modo vario, ma non è ancora la critica moderna: è troppo circoscritta. Non si è in grado di ricorrere agli usi cancellereschi, alle caratteristiche egli usi cronologici, alle caratteristiche della scrittura per arrivare a conclusione scientifiche. E' sufficiente un punto controverso per considerare falso un documento. Nell'Umanesimo e nel Rinascimento L'Umanesimo e il Rinascimento, avendo fatto rivivere l'antichità greca e romana, ebbero il merito di allargare gli orizzonti della cultura: ad esempio è importante per la diplomatica il giudizio di falsità dato nel 1361 in una lettera del Petrarca su richiesta di Carlo IV sui pretesi privilegi di Cesare e Nerone per l'Austria, dal momento che egli si basò sul confronto dei testi con quelli di documenti contemporanei, servendosi della sua conoscenza dell’antichità. Oltre che al mondo classico gli studiosi incominciano a rivolgere il loro interesse anche alle epoche più vicine, iniziando l'esplorazione degli archivi e delle biblioteche per la raccolta di documenti dell’epoca medievale Durante il periodo della Riforma: in Italia Altro grande impulso diede la Riforma. Da parte protestante, come da parte cattolica si fecero studi e ricerche, sebbene non sempre disinteressate e scientifiche, sulle antichità della Chiesa, sulle leggende e sulle vite dei santi, sui documenti ecclesiastici: studi e ricerche che in generale portarono contributi alla critica del documento in genere. In Italia in questo periodo si segnalano gli Annales ecclesiastici dalla natività di Cristo al 1198 del cardinale Cesare Baronio (12 volumi), pubblicati tra il 1588 e il 1607 Durante il periodo della Riforma: in Germania In Germania sotto il nome di Centurie di Magdeburgo è conosciuta una collezione di scritti (13 volumi in tutto) 13 volumi a Basilea, pubblicati dal 1559 al 1574, opera di protestanti tedeschi, sulla storia della chiesa, trattata per secoli; donde il nome di Centuriatori o Centurioni a coloro che vi hanno collaborato. Si tratta della prima trattazione storica intorno alla chiesa fatta in ambiente protestante e prese le mosse da Magdeburgo. Naturalmente, il carattere polemico dell'opera è dovunque evidente; né il senso critico, riguardo all'impiego delle fonti, può dirsi molto forte. Tuttavia l'opera rappresentò, allora, un notevole ampliamento del concetto di storia. Quest'opera produsse una salutare reazione nel campo cattolico, dando impulso, per opera di S. Filippo Neri, proprio agli Annali del Baronio, la cui maggiore compiutezza finì poi per mettere nell'ombra le Centurie come opera storica. Il risveglio dell'indagine storica e la conseguente più approfondita conoscenza dei documenti portano però anche alla costruzione di falsi, sotto la spinta di interessi politico o religioso. Alle falsificazioni antiche si aggiungono le nuove, falsificazioni per celebrare l'antichità di chiese, monasteri e istituzioni diverse, per provare possedimenti territoriali e diritti vari, falsificazioni eseguite da eruditi, dettate da intento pratico o anche soltanto da ambizione. Vengono così fatte falsificazioni per chiese e monasteri, vescovati e canoniche, persone e famiglie, paesi e città. Secolo XVII La vera critica in grande dei documenti inizia soltanto nel secolo XVII, quando la disputa si sottrae alla polemica teologica, ed inizia soprattutto in Germania, per istanze di ordine pratico e in Francia e in Belgio su basi dottrinali. La situazione in Germania In Germania si utilizzarono i documenti per far valere pubblici diritti: le parti non si accontentarono delle difese nei tribunali, ma vollero portare le questioni davanti al giudizio dell'opinione pubblica. Nacquero così delle contese sul valore dei documenti che vengono chiamati bella diplomatica. Bellum Trevirense Bellum Trevirense che vede contrapposti l'arcivescovado di Treviri e il convento benedettino di San Massimino, che si vantava esente dalla giurisdizione vescovile. L'arcivescovo poté fare valere i suoi diritti in giudizio dimostrando la falsità dei diplomi esibiti dalla controparte in quanto documenti datati secondo l'era di Cristo non potevano essere stati emanati, come si pretendeva, dalla cancelleria merovingica. Bellum Lindaviense Disputa tra la città ed il convento femminile di Lindau, al quale era legata la nascita della città stessa e che fu distrutto da un incendio nel 1728 . Nell'interesse della città Ermanno Conring scrisse nel 1672 la Censura diplomatis, in cui dimostrava la falsità di un documento di un Ludovico (dal alcuni attribuito a Ludovico il Pio, da altri al Germanico): In questo scritto per la prima volta si pongono le basi di una critica diplomatica: il vizio di un documento va dimostrato attraverso il confronto con altri dello stesso tenore sulla base della scrittura, della lingua, delle formule. Il principio era ottimo, ma non vi erano i mezzi per applicarlo: non vi era la possibilità di fare confronti con altro materiale. La situazione in Francia Il materiale documentario si veniva invece accumulando in un centro francese. In Francia era stata fondata una congregazione sotto il nome di San Mauro, il discepolo prediletto di San Benedetto, allo scopo di risollevare l'ordine benedettino dalla crisi in cui era caduto. Nel 1621 Gregorio XV confermò la Congregazione dei padri Maurini, che si distinse anche per una serie di pubblicazioni generali e particolari e soprattutto per raccolte di documenti. Nel chiostro di Saint Germain des Prés venne istituita una specie di accademia dove vennero raccolti gli uomini più colti di tutto l’ordine ai quali vennero forniti i mezzi necessari per poter lavorare nel migliore dei modi. Furono cosi possibili opere colossali: edizioni dei santi padri, storia dell'ordine e dei suoi santi, dei conventi, delle provincie, delle diocesi, collezione degli storici della Gallia, storia letteraria della Francia. Jean Mabillon e Jean Bolland Nel 1668 ad opera di Jean Mabillon monaco dell’ordine, si inizio la pubblicazione degli acta sanctorum ordinis S. Benedicti. Ad Anversa intanto, già dal 1643, il gesuita padre Giovanni Bolland aveva iniziato la colossale opera degli Acta Sanctorum (tuttora in corso). All'opera venne dato un carattere rigidamente critico allo scopo di vagliare e pubblicare le testimonianze genuine relative alla vita dei singoli santi. I Bollandisti Indubbiamente nel loro tentativo di epurare l'agiografia dalle scorie della leggenda i bollandisti andarono troppo oltre fino a respingere quasi tutto l'antico bagaglio di documenti e codici medievali. Facile fu la vittoria contro i Carmelitani, che invano tentarono di difendere la fondazione del loro ordine per opera del profeta Elia, ma non altrettanto avvenne quando cercarono di scalzare le basi dei Benedettini. Il Mabillon infatti raccolse la sfida, lavorò oscuramente per oltre sei anni, servendosi del ricchissimo materiale di cui egli solo poteva disporre, viaggiò anche per vedere un maggior numero di originali. I suoi correligionari fecero a gara per fornirgli i mezzi. Il De re diplomatica libro VI L'opera di von Sieckel è continuata dai suoi contemporanei Julius von Ficker (1826-1902) che risolse alcuni problemi lasciati da lui insoluti (ad es. quello delle presenze testimoniali), stabilendo la distinzione tra azione e documentazione e Heinrich Brunner (1840-1915) che incominciò ad occuparsi dei documenti privati, mostrando una connessione tra quelli franco- italiani e quelli romani. Carlo Cipolla e Luigi Schiaparelli In Italia, grazie a Carlo Cipolla (1854-1916) si dà vita ad un’iniziativa simile a quella dei Monumenta Germanie Historica, che venne poi continuata da Luigi Schiaparelli (1871-1934). Si tratta delle "Fonti per la storia d'Italia" edite dall'Istituto Storico Italiano, che pubblicò ed illustrò i diplomi di Berengario I, di Guido e Lamberto, di Lodovico III e Rodolfo II. Lo stesso Schiaparelli offre il modello perfetto dell'edizione critica delle fonti documentarie con “diplomi dei re d'Italia e il Codice diplomatico longobardo.” Diplomatica pontificia Per quanto riguarda i documenti pontifici un'iniziativa analoga a quella dei Regesta Imperi prese il via grazie a Philippe Jaffé con Regesta pontificum romanorum fino al 1198 e a August Potthast dal 1198 al 1404. I lavori principali sulla diplomatica pontificia videro la luce dopo l’apertura di parte degli Archivi vaticani nel 1881. Quasi tutte le nazioni europee ne approfittarono per aprire istituzioni a Roma. Le principali sono: l'Ecole française, l’Istituto Storico Austriaco, l’Istituto Storico Prussiano. La prima si assunse il compito di pubblicare in estratto o per esteso, secondo l’importanza dei singoli documenti dei registri pontifici dal 1198 conservati negli archivi vaticani, per il secolo XIII tutti i documenti saranno spogliati, per il XIV solo quelli relativi alla Francia. L'Istituto Austriaco si specializzò negli studi sulla cancelleria pontificia dei secoli XIV e XV. Paul Fridolinus Kehr Negli studi di diplomatica pontificia si distingue Paul Fridolinus Kehr (1860-1944). Servendosi anche di giovani studiosi che lavorarono in archivi e biblioteche di tutta l’Europa, realizzò un'opera colossale, Regesta pontificum romanorum fino al 1198, divisi per regioni ecclesiastiche e ordinati secondo gli enti e persone a cui documenti sono indirizzati. Diplomatica del documento privato Abbiamo già parlato degli interventi di Heinrich Brunner (1840-1915) in merito al documento privato. All'inizio del secolo scorso alcuni studiosi italiani e tedeschi si sono occupati del valore giuridico delle redazioni preliminari dei documenti privati in regime di charta. Si tratta di: Harry Bresslau (1848-1926), Fritz Kern (1884-1950), Augusto Gaudenzi (1858-1916). Nella seconda metà del secolo altri studiosi hanno rivolto la loro attenzione agli atti preparatori del documento privato a partire dal XII secolo, in regime di instrumentum. Alessandro Pratesi (1922-2012), Giorgio Cencetti (1908-1970), Giorgio Costamagna (1916-2000). Filoni di studi recenti Recentemente diversi studiosi hanno continuato ad occuparsi del documento privato: le ricerche sono state facilitate anche dalle edizioni di cartolari notarili, in particolare quelli genovesi ma anche di altri comuni italiani. Altro campo di indagine recente è quello della diplomatica comunale al quale ha dato il via all'inizio del Novecento Pietro Torelli (1880-1948). Ha trovato fortuna però solo nella seconda metà del secolo con studi su comuni diversi, da Genova a Vercelli, da Perugia a Roma ecc. L'interesse recentemente si è rivolto anche al documento delle autorità minori quindi al vescovile e a quello delle signorie laiche, mentre è venuto scemando quello per il documento imperiale e papale. Principi generali e definizioni Azione e documentazione: una prima distinzione che è necessario avere sempre ben presente e quella tra: • Azione: ossia il momento in cui si compie l'azione giuridica • Documentazione: ossia il ricordo scritto dell'azione giuridica messa in essere, di cui il documento è destinato a tramandare la memoria. Non sempre questi due momenti risultano nettamente distinti, infatti in documento può essere • Probatorio: quando è solo la prova di un rapporto giuridico già nato e perfetto indipendentemente dalla forma scritta: i due momenti sono quindi nettamente distinti. • Dispositivo: quando il diritto o l’obbligazione nascono solo nel momento in cui il contratto è messo per iscritto nelle forme legali: i due momenti quindi sono nettamente distinti. Brunner: chiama notitia o breve il documento probatorio. Tipico di questo è la forma oggettiva, cioè L’autore dell’azione giuridica vi figura in terza persona. Definisce invece charta o chartula il documento dispositivo. Tipico di questo è la redazione in forma soggettiva, cioè l’autore dell’azione giuridica vi figura in prima persona. Nell'Antichità romana Nell'antichità romana il documento scritto aveva generalmente il valore di una semplice testimonianza, che il destinatario scriveva o faceva scrivere per ricordo e nell'interesse proprio: esso acquistava validità solo dalle firme dei testimoni. Dal III secolo fu in vigore un'altra specie di documento, chiamato chirografo, che il destinatario riceveva già scritto dalla mano dell’altro contraente o per mandato di questi, e che costituiva già per essere di mano dell'autore una prova legittima (quindi senza bisogno di sottoscrizioni dei testimoni). Questo è quindi ancora un documento di prova. Nel Medioevo Dal mondo romano questa distinzione passa nel Medioevo: il diritto longobardo e quello franco distinguono nettamente i due tipi di documenti. Dalla fine del IX secolo la concezione romana si offuscò: i termini charta e notitia permangono, ma vengono usati senza distinzione. L'atto pubblico tende ad evolvere verso il carattere dispositivo con il passare del tempo, al contrario l'atto privato evolve in senso inverso, tendendo a diventare probatorio. Le persone Perché il documento sia messo in essere è necessario il concorso di almeno tre persone: i due protagonisti dell'azione che crea un rapporto giuridico e l'estensore della testimonianza scritta del fatto stesso, ma il numero si può anche ridurre a due nel caso uno dei due protagonisti sia anche l'estensore. Autore • L'autore è colui che compie l'azione giuridica, che nella maggior parte dei casi è anche l’autore del documento in quanto fatto da lui o per suo ordine, o, più semplicemente in suo nome. Nella realtà colui che ordina o richiede la redazione del documento può essere una persona diversa dall'autore dell'azione giuridica, spesso è il destinatario che ha maggiore interesse perché l'attestazione costituisce per lui un titolo. Pertanto l’autore dell'azione giuridica e l’autore del documento possono essere due persone distinte. Con il termine rogatario diplomatisti non intendono la persona che richiede la redazione scritta, ma lo scrittore che su sua richiesta redige il documento. Destinatario • Destinatario è colui verso il quale l'azione giuridica è indirizzata (ad esempio l'erede o gli eredi di un testamento: in questo caso il numero delle persone coinvolte aumenta). Non è concepibile un documento senza destinatario, anche se esso può avere nei confronti dell'azione giuridica un ruolo completamente passivo, ma esso è necessario all'esecuzione del documento perché nel caso di documento dispositivo, questo non diviene esecutivo finché non è stato consegnato al destinatario. In alcune tipologie, quali ad esempio permute, convenzioni e trattati le stesse persone possono essere contemporaneamente autore e destinatario. Scrittore • Scrittore è colui che per libera professione o per pubblico ufficio provvede alla stesura del documento su richiesta delle parti o di una di esse. Nelle grandi cancellerie, dove il lavoro è organizzato tra più persone, alla stesura del documento possono collaborare figure con diverse funzioni (dettatore, scrittore ecc.). Nelle cancellerie minori o nella pratica notarile a redigere documento è una sola persona; due nel caso il notaio si serva di un aiutante che scrive il testo e lui si limita ad apporre la sottoscrizione. Documento pubblico e documento privato Difficoltà di definire le due categorie perché il concetto di pubblico e privato può cambiare a seconda che si tenga in considerazione ciò che attiene al diritto privato e ciò che attiene al diritto pubblico, come può fare un giurista, per il diplomatista contano le forme del documento, quindi la definizione è un po' più complessa e deve tenere conto di vari elementi. Vediamo allora quali sono le definizioni che nel tempo hanno dato i diplomatisti, soprattutto all'interno di manuali. Definizioni per gli studiosi • Per Bresslau: i documenti pubblici sono quelli emanati da autorità indipendenti o semidipendenti, quindi imperatori, re, pontefici, e privati sono tutti gli altri. Pone quindi l'attenzione sulla figura giuridica dell'autore • Per il francese Arthur Giry (1848-1899): i documenti privati sono tutti quelli relativi a materie di diritto privato ed emanati da persone che non rivestono un carattere pubblico. Pone quindi l'attenzione a due elementi: 1) il diritto a cui l’azione giuridica attiene 2) la veste giuridica dell’autore. • Per Cesare Paoli (1840-1902): i documenti pubblici sono quelli emanati da autorità pubbliche in forma pubblica sia che riguardino il diritto generale sia che si riferiscano a particolari persone o luoghi. I documenti privati sono quelli riguardanti il diritto privato e scritti per mano di notai o di privati scrittori. E' quindi il primo ad introdurre il concetto della forma nella definizione del documento pubblico e privato. • Per il francese Alain De Böuard (1882-1955): i documenti pubblici sono quelli emanati da autorità pubbliche; i privati non solo quelli che hanno per autori persone private ma anche quelli di persone o istituzioni pubbliche che per natura derivano dal diritto privato e per la forma si ricollegano al diritto privato. Torna quindi il collegamento con la figura giuridica dell'autore e solo marginalmente alla forma. • Per il francese George Tessier (1891-1967): i documenti pubblici sono quelli rilasciati da una cancelleria; quelli privati quelli in cui sono consegnati atti giuridici emanati da privati e relativi a materie di diritto privato. Vengono quindi accostati due concetti: quello della posizione giuridica dell'autore e quello dell'ufficio o della persona che mette in essere il documento (cancelleria - notaio). Definizione corrente Da tutte queste definizioni si nota pertanto che alcune tengono conto dell'autore, altre del contenuto, altre ancora di entrambi. La distinzione fra documento pubblico e privato basata sul contenuto giuridico di un atto non è priva di fondamento, ma non è bastante e inoltre è una distinzione di carattere contenutistico mentre la diplomatica deve basarsi principalmente sulle forme del documento. Bisogna quindi osservare la forma che è legata al modo di emissione del documento, quindi sarà più valida una distinzione basata sulla forma e sulla genesi del documento, pertanto sono documenti pubblici quelli che, essendo rilasciati da una cancelleria, presentano forme solenni tipiche del documento cancelleresco. Sono documenti privati quelli che sono redatti fuori di cancelleria e privi di ogni carattere specifico di solennità. Documenti semipubblici o ibridi Esistono tuttavia documenti usciti da cancellerie ma con caratteristiche dei documenti privati per cui è necessario inserire nella classificazione una terza categoria, quella dei documenti semipubblici. I documenti semipubblici sono quelli emanati da autorità minori (signori feudali, vescovi, comuni...) che non disponendo di un proprio ufficio per la spedizione di documenti ricorrono all'opera degli scrittori di documenti privati, assumendoli spesso al loro sevizio e comunque imponendogli di seguire nella stesura taluni canoni particolari che conferivano all'atto una certa, se pur ridotta, solennità. Per Gian Giacomo Fissore è più corretto definirli documenti ibridi, in quanto mescolano le caratteristiche del documento privato, privo di carattere di solennità con alcuni elementi di solennità tipici del documento cancelleresco. I caratteri estrinseci Si definiscono caratteri estrinseci quelli che si riferiscono alla fattura materiale del documento e ne costituiscono l’apparenza esteriore potendosi esaminare indipendentemente dal contenuto ma solo direttamente sull'originale. La concordanza tra caratteri estrinseci ed intrinseci e di entrambi con le caratteristiche della documentazione coeva della stessa cancelleria o ambito scrittorio che li ha prodotti è un importante elemento per valutare genuinità dei documenti 1) Metallo che può essere piombo, argento, oro 2) Cera vergine o colorata • Forma dei sigilli Forma più frequente: circolare, Altre forme: ovale, a scudo, poligonale. In epoca gotica, soprattutto per i sigilli ecclesiastici forma Ogivale. • Tipologia in base all'immagine Tipo agiografico, Tipo di maestà, Tipo monumentale, Raffigurazione del titolare, Tipo araldico, Metodi di apposizione, Sigillo pendente di cera LEZIONE 5 Caratteri intrinseci dei documenti Una prima divisione generale, possibile per ogni documento, è tra 1) protocollo, 2) testo, 3) escatocollo. Ciascuna di queste tre parti si può suddividere in partizioni che possono essere necessarie, in quanto presenti in ogni tipo di documento, e possibili, in quanto legate alla natura dell'atto, all'ambiente e all’epoca. Caratteri intrinseci - tenore - protocollo imperiale Es. In nomine sancte et individue Trinitatis. Einricus divina favente clementia imperator augustus Caratteri intrinseci - tenore - protocollo pontificio Il nome dei pontefici non è mai seguito dall’ordinale, il titolo dei pontefici è sempre episcopus seguito sempre dalla forma servus servorum Dei Caratteri intrinseci - tenore - protocollo Il protocollo è la parte iniziale, introduttiva del documento ed è il complesso di quelle forme che danno al documento valore legale e carattere di personalità. Si suddivide in: invocatio, intitulatio, inscriptio, salutatio. • Invocatio può essere simbolica o verbale: 1) Invocatio simbolica o monogrammatica: la più antica, è espressa con un segno di croce o un monogramma (chrismon o monogramma costantiniano). Prima di Carlo Magno fu sempre usata solo quella simbolica nei documenti pontifici qualche esempio nel IX-X secolo, l’uso decade con Leone IX (1049-1054) e viene soppresso definitivamente da Gregorio VII (1078-1085) nei documenti privati un segno di croce 2) Invocatio verbale: consiste in una formula: In nomine Patris et Fili et Spiritus Sancti (Carlo Magno), In nomine domini Dei et salvatoris nostri lesus Christi (Ludovico il Pio), In nomine sancte et individue Trinitatis (imperatori successivi), In nomine Domini/in nomine Dei documenti privati) • Intitulatio: è costituita dal nome, titolo e qualità al nominativo della persona che emana il documento e che, nella maggior parte dei casi, coincide con l'autore dell'azione giuridica 1) Intitulatio imperiale/regia: ostrogoti: Nrex, longobardi: Flavius N vir ecellens/excellentissimus, merovingi: N Francorum rex v(ir) in|(ustris), Carlo Magno: (774 conquistata Pavia) Karolus rex Francorum et Longobardorum, Carlo Magno: (dopo incoronazione imperiale) Karolus serenissimus augustus a Deo coronatus magnus, pacificus, Romanorum gubernans imperium, qui et, per misericordiam Dei, rex Francorum et Langobardorum. Imperatori successivi: Romanorum imperator augustus/semper augustus. Da Carlo Magno in poi il titolo è accomagnato da una formula pietatis o humilitatis: divina favente clementia/gratia • Inscriptio: è costituita dal nome, titolo e qualità al dativo del destinatario dell'azione giuridica. 1) Inscriptio generale o universale: rivolta a tutte le persone alle quali deve essere fatta conoscere l'azione giuridica. 2) Inscriptio collettiva: rivolta a una o più categorie di destinatari (omnibus ducibus et comitibus, venerabilis fratribus archiepiscopis et episcopis). 3) Inscriptio personale: rivolta a una o più persone. • Salutatio: è propria dei documenti pubblici in forma di lettera nelle lettere pontificie con Giovanni V (685-686) incomincia ad apparire salutem et apostolicam benedictionem, formula stabile dal secolo XI nei privilegi e sostituta dalla formula di perpetuità in perpetuum, ad perpetuum, ad eternam rei menoriam nei documenti privati altomedievale al posto della salutatio può trovarsi. l'apprecatio espressa con le parole feliciter o amen. Nei documenti pubblici (imperiali e pontifici) l'apprecatio è sempre nell'escatocollo Caratteri intrinseci - tenore - testo Il testo è la parte centrale del documento, quella più importante dal punto di vista storico e giuridico, e si suddivide in: arenga, notificatio, narratio, dispositio, sanctio, corroboratio • arenga: è la parte introduttiva del testo in cui si esprime con sentenze, proverbi, passi biblici la motivazione ideale, dell'azione giuridica documentata. Non la causa reale ma il principio etico, religioso, politico, giuridico o di semplice opportunità da cui discende l’atto non è necessaria alla validità del documento. 1) Nei documenti imperiali/regi è spesso un'affermazione dei diritti e dei doveri dell'autorità regia. 2) Nei documenti pontifici di solito esprime concetti di giustizia e carità universale. 3) Nei documenti privati, più rara, esprime concetti religiosi e morali, considerazioni di diritto o afferma l'utilità della documentazione scritta. • notificatio: è una formula dichiarativa con la quale si afferma che tutti gli interessati devono essere a conoscenza del contenuto dispositivo di quel documento. 1) è assente di regola nei documenti pontifici, 2) non è necessaria alla validità del documento, 3) può essere oggettiva (notum sit omnibus; noverint universi; pateat omnibus ecc.) o soggettiva (notum facio, clarefacio, manifestum sum ego ecc.) • narratio: l'esposizione, la narrazione dei fatti che hanno indotto l'autore a compiere l’azione giuridica. 1) è quasi sempre presente, ma non è necessaria alla validità del documento, 2) può essere di diversa estensione e nei documenti pubblici può contenere il ricordo di documenti precedenti o della petitio e dell'intercessio • dispositio: è il nucleo del documento poiché contiene la dichiarazione dell'atto giuridico compiuto o che si compie è necessaria alla validità del documento. 1) può in forma soggettiva o in forma oggettiva, 2) il dettato è soggetto a infinite variazioni anche a seconda delle clausole che possono essere: a) accessorie: sono quelle che si aggiungono al dispositivo per precisare meglio le modalità di esecuzione o indicarne l’estensione. b) derogatorie: garantiscono il compimento dell'atto giuridico nonostante disposizioni contrarie in documenti anteriori o successivi ed eventualmente anche contro le norme del diritto comune. c) ingiuntive: enunciano l'ordine a chi di dovere di portare a compimento quanto prebisto nella dispositio. d) di rinuncia: una o entrambe le parti rinunciano in futuro di avanzare eccezioni che potrebbero intaccare la validità dell’azione giuridica. Le clausole di rinuncia possono distinguersi in: d1) speciale: quando l'eccezione a cui ci si impegna a non ricorrere è espressamente indicata. d2) generale: quando l'impegno riguarda qualsiasi eccezione. d3) universale: quando l'impegno riguarda anche l'eccezione renunciationem generalem non valere, intesa ad evitare la norma giuridica che negava valore alla rinuncia che non menzionava esplicitamente l'eccezione che si intendeva derogare. Esprime l'impegno giuridico di una o più terze persone che si fanno garanti per una delle due parti affinché questa assolva i suoi obblighi. d4) di obbligazione: una o le parti si impegnano loro, i loro beni presenti e futuri e talvolta i loro eredi a eseguire le disposizioni del documento. d5) di fideiussione: quando l'impegno riguarda qualsiasi eccezione. • sanctio o penale: può essere spirituale (anatemi, scomunica) o temporale (pena pecuniaria) nei documenti pontifici è sempre spirituale e si trova sia la sanctio negativa o maledictio sia la sanctio positiva o benedictio nei documenti imperiali è sempre pecuniaria: metà al fisco regio e metà al danneggiatoni documenti privati è sempre pecuniaria ed è fissata al doppio del valore del negozio • corroboratio: è una formula con la quale si enunciano le formalità adoperate per garantire l'autenticità del documento. Nei documenti imperiali/regi in genere annuncia la sottoscrizione del sovrano e l'apposizione del sigillo non è mai presente nei documenti pontifici. Caratteri intrinseci - tenore - escatocollo L'escatocollo è la parte finale del documento e si suddivide in: a) sottoscrizioni e segni speciali b) Datatio. c) degli autori nei documenti pubblici; dei contraenti nei documenti privati d) dei testimoni. Nei documenti pubblici servono solo a conferire solennità nei documenti privati altomedievali hanno una funzione giuridica rilevante e la loro presenza conferisce efficacia al documento. 1) datatio: consiste nell'indicazione del tempo (data cronica) e del luogo (data topica) in cui fu redatto il documento nei documenti pubblici chiude l’escatocollo, 2) nei documenti privati si trova o nel protocollo o divisa: cronica nel protocollo e topica nell’escatocollo. Gli elementi di datazione sono introdotti da espressioni quali datum e actum. a) datum: introduce di preferenza la data cronica, si riferisce alla documentazione e si trova generalmente nei documenti pubblici. b) actum: introduce di preferenza la data topica, si riferisce all’azione giuridica e si trova generalmente nei documenti privati. dei redattori: nei documenti pubblici del cancelliere e serve ad attestare la regolarità della spedizione dell’atto, non la validità giuridica. Nei documenti privati del rogatario. LEZIONE 6 La genesi del documento pubblico Per formazione e genesi del documento si intende lo studio dei procedimenti attraverso i quali il documento medievale veniva posto in essere. Procedimento diverso nel documento pubblico e nel documento privato. I documenti emanati da un'autorità costituita venivano emanati e autenticati da un’apposito ufficio: la cancelleria. La cancelleria è una creazione dell'Impero romano, la cancelleria imperiale, affiancata da cancellerie provinciali e municipali, era divisa in 4 scrinia a seconda della diversa natura dei documenti spediti. La Notitia dignitatum utriusque imperi è la fonte di inizio V secolo che ci informa sul suo funzionamento. Sul suo modello si ispirarono prima i pontefici poi i merovingi e infine gli imperatori del Sacro Romano Impero. A partire dall'XI secolo l'uso di avere una cancelleria si estese ad altre autorità laiche e ecclesiastiche. La complessità o meno della struttura cancelleresca (numero di persone impiegate e suddivisione dei compiti) è strettamente connessa al rango dell'autorità da cui dipende e alla mole di documenti da redigere e spedire giornalmente, è invece identica in tutte l'articolazione delle fasi del processo formativo del documento. Arcicanceliere, ha sotto il cancelliere che ha sue volta ha sotto 1) addetti alla minorazione (dictatores, abbreviatores, notarii) 2) correctores 3) addetti alla scritturazione (grossator, scriptores, scribae) 4) registratores 5) bullatores, sigillatores 6) taxatores. 1. documenti emanati per volontà dell’auctoritas senza alcuna richiesta da parte del destinatario: documenti di routine burocratica per i quali la cancelleria poteva provvedere prescindendo dall'ordine manifesto dell’auctoritas, motu proprio. 2. documenti sollecitati dal destinatario tramite petitio/supplica: richiesta presentata in forma scritta o orale. Tale consuetudine risale all'Impero romano la petitio, redatta secondo determinate formule disciplinate nel Corpus iuris civilis di Giustiniano, veniva depositata presso lo scrinium libellorum e quindi presentata al sovrano per l'accoglimento o il rifiuto. Nella cancelleria papale le suppliche si presentavano in genere per iscritto, fino al XIII secolo erano in forma libera, come semplici lettere, in forma soggettiva e datate, nelle quali il petente esponeva, spesso motivandola, la sua richiesta. Es. nel 1226-1227 il cardinale Guala Bicchieri redige un formulario specifico: Libellus de formis peticionum secundum cursum Romane curie: 1) forma oggettiva 2) redatte su carta in un unico blocco di scrittura 3) vietate le rasure 4) permesse cancellazioni a cui si fa seguire il testo esatto 5) si può avere petizione singola o più petizioni per una singola persona o di più persone raccolte in rotoli. Le petizioni erano inoltrate a un ufficio di accettazione, consegnate ai notai che dovevano leggerle al pontefice in determinati giorni. Tra fine XIII e inizio XIV il compito passò dai notai a una nuova categoria di funzionari, i referendari. La supplica inizia in genere con la formula: Beatissime pater supplicat/exponitur, non è firmata e non è datata il referendario, ricevuta la supplica, l’esaminava e l'annotava (summarium) in alto a sinistra: argomento. In alto al centro: diocesi di appartenenza del supplicante. In alto a destra: firma del referendario. Se la supplica era di competenza del pontefice, il referendario la presentava al papa: se il pontefice approvava, lo faceva con le formule: 1) fiat o fiat ut petitur o fiat ut supra = approvazione complessiva che supererebbe i vizi di forma. 2) fiat in forma = approvazione secondo la forma nell'ambito della norma. La formula di approvazione era seguita dalla lettera iniziale del nome laico del papa (A = Alessandro Farnese = Paolo III). Il vicecancelliere era autorizzato ad approvare direttamente alcune suppliche e in questo caso usava la formula concessum dopo la segnatura da parte del pontefice o del referendario avveniva la datazione che diventava la data del documento, indipendentemente dal momento in cui l'atto sarebbe stato scritto. Martino V (1417-1431) prescrisse che non dovevano passare più di 6 mesi, se il petente aveva necessità di una retrodatazione del documento, la data richiesta (data parva) veniva annotata ai margini della supplica ancora da approvare. 1. compilazione della supplica 2. presentazione della supplica al referendario da parte dell'interessato o del suo procuratore 3. approvazione del papa o del vicecancelliere 4. registrazione nei registri delle suppliche 5. invio alla dataria apostolica 6. redazione in cancelleria della minuta del documento 7. redazione della lettere apostolica definitiva 8. spedizione stabilito dal Concilio di Nicea del 325. Tentativi di correzione furono fatti per tutto il Medioevo ma è Gregorio XIII che promulga la riforma del calendario giuliano con la bolla Inter gravissimas del 24 febbraio 1581. I punti principali sono: 1) ricondurre l'equinozio di primavera, che nel frattempo era retroceduto all'11 marzo, al giorno fissato dal Concilio di Nicea del 325, ossia il 21 marzo, togliendo nel 1582 10 giorni al mese di ottobre, dal 5 al 14 inclusi. 2) per impedire l'eccedenza che si era verificata in passato intercalando 1 giorno ogni 4 anni, si decise che degli anni secolari, tutti bisestili nel calendario giuliano, uno soltanto fosse bisestile ogni 4 anni e cioè solo quelli perfettamente divisibili per 400: 1600, 2000, 2400, 2800 ecc. rimanendo invariati gli altri (1700, 1800, 1900, 2100, 2200 ecc.) Nonostante queste correzioni il calendario gregoriano non può dirsi perfetto poiché resta ogni anno una eccedenza di 24 secondi, ma occorreranno più di 3500 anni prima che tale differenza formi 1 giorno. Era del postconsolato Deriva dall'uso classico di datare i documenti indicando gli anni dal nome dei consoli in carica, uso confermato nel 537 da Giustiniano che prescrisse di aggiungervi anche l'anno di impero (Nov. 47, 1) diventata sempre più irregolare l'elezione dei consoli a causa dei continui rivolgimenti politici, si incominciò a introdurre nella datazione il numero degli anni intercorsi dall'ultimo console eletto, con la formula post consolatum N anno, formula che diventa costante dopo il 541, anno in cui fu eletto l'ultimo console, Flavio Basilio junior. Assimilabile all'era del consolato in età classica è l'uso di datare i documenti in alcuni comuni con riferimento al podestà (tempore potestarie domni N …..) essendo la carica podestarile di durata annuale. Era dell'impero e del regno Ha origine dal decreto di Giustiniano e consiste nel numerare progressivamente gli anni di impero di un determinato sovrano a partire dal giorno dell’incoronazione, per gli imperatori del Sacro Romano Impero gli anni di impero hanno inizio il giorno in cui sono incoronati a Roma dal pontefice. La rota porfiretica in porfido rosso segna il luogo dove avveniva l’incoronazione. Gli anni di regno hanno inizio dal giorno in cui sono incoronati re d'Italia a Pavia con la corona ferrea oggi custodita presso il duomo di Monza. Qualora un sovrano riunisca in sé più corone (ad es. Federico II: imperatore, re di Sicilia, di Germania, d'Italia e di Gerusalemme) è facile trovare errori nel computo dell'una o dell’altra o che vengano assimilate tutte alla prima, come se ogni incoronazione risalisse alla stessa data. In alcuni casi, soprattutto nell'Italia meridionale rimasta più a lungo sotto l'influenza bizantina, si può verificare l'assimilazione tra la data d'inizio di regno e quella dell’anno civile (che nei territori bizantini era l'1 settembre). Questo fa si che il primo anno di regno (annus incipiens) possa essere a seconda dei casi più lungo o più breve dell'anno solare il primo anno di regno di Sicilia di Guglielmo Il in certi documenti è compreso tra il 7 o 15 maggio 1166 e il 31 agosto 1167 (15 mesi e mezzo: annus incipens allungato); il secondo dall'1 settembre 1167 al 31 agosto 1168 il primo anno di regno di Sicilia di Federico Il in molti documenti è compreso tra il 17 maggio e il 31 agosto 1198 (solo tre mesi e mezzi: annus incipens accorciato); il secondo dall'1 settembre 1198 al 31 agosto 1199. L'errore negli anni di regno/impero si verifica generalmente nell'era che non è propria del territorio in cui è redatto il documento: in un atto redatto a Palermo gli anni di regno di Sicilia saranno sempre indicati correttamente a differenza, ad esempio, degli anni di regno di Gerusalemme occorre inoltre ricordare che nei documenti privati non è infrequente che i notai scrivano impero e intendano invece regno o viceversa. Era del pontificato Gli anni di pontificato si calcolano dal giorno della consacrazione, non dall’elezione. Era di Spagna Questo computo, diffuso durante la dominazione visigota, fu usato nella penisola iberica, in Provenza e Linguadoca. Secondo questo computo gli anni si contano a partire dal 38 a.C., quindi con una eccedenza di 38 anni in più rispetto al computo moderno. 1138 secondo il computo dell'era di Spagna in realtà corrisponde al 1100. Era ab origine mundi o era costantinopolitana o era bizantina É propria dei documenti greci ma si trova utilizzata anche nell'Italia meridionale fissa la creazione del mondo al 5508 a.C. secondo lo stile bizantino, quindi dal l’1 settembre 5509 al 31 agosto 5508 rispetto al computo moderno si registrano 5508 anni in più dall'1 gennaio al 31 agosto e 5509 dall’1 settembre al 31 dicembre. Era cristiana L'era cristiana è la più diffusa anche se il suo uso nei documenti non è immediato enumera gli anni a partire dalla nascità di Cristo e fu introdotta (non nei documenti) dal monaco sciita Dionigi il piccolo, il quale commise l'errore (che persiste ancora di fissare l'evento all'anno 753 di Roma, con uno scarto di 3-4 anni. L’inizio dell'anno dell'èra cristiana segue durante il medioevo stili diversi. Era cristiana - stile dell'incarnazione Fa iniziare l'anno il 25 marzo, il giorno in cui secondo il Vangelo di Luca l'arcangelo Gabriele annuncia alla vergine Maria che il figlio di Dio si è incarnato nel suo ventre. Stile dell'incarnazione Non sempre però alla formula anno incarnationis o ab incarnatione corrisponde effettivamente questo stile: spesso si tratta dell'anno secondo lo stile della Natività o della Circoncisione pertanto si dovrà sottrarre una unità (- 1) all’anno indicato per riportarlo al nostro computo. 23 agosto 1138 -1 = 23 agosto 1137, il millesimo coincide con il nostro computo dall’1 gennaio al 24 marzo. 21 febbraio 1138 = 21 febbraio 1138 Stile dell'incarnazione pisano Pisano: anticipa di 9 mesi rispetto al computo moderno segna quindi una unità in più nel millesimo dal 25 marzo al 31 dicembre rispetto al computo moderno. Stile dell'incarnazione fiorentino fiorentino: ritarda di 3 mesi rispetto al computo moderno segna quindi una unità in meno nel millesimo dall’1 gennaio al 24 marzo rispetto al computo moderno, pertanto si dovrà aggiungere una unità (+ 1) all’anno indicato per riportarlo al nostro computo. 21 febbraio 1138 +1 = 23 agosto 1139. Il millesimo coincide con il nostro computo dal 25 marzo al 31 dicembre, 23 agosto 1138 = 23 agosto 1138 La Cappella degli Scrovegni a Padova interamente affrescata da Giotto, è orientata in modo tale per cui il 25 marzo la luce del sole entrando vada ad illuminare proprio l’affresco dell’Annunciazione. Era cristiana - stile della Natività Fa iniziare l'anno il 25 dicembre in anticipo di 7 giorni sul computo moderno quindi dal 25 al 31 dicembre il millesimo segna una unità in più che si dovrà sottrarre (- 1), 28 dicembre 1138 - 1 = 28 dicembre 1137 Era cristiana - stile bizantino È largamente diffuso nei territori che sentirono più a lungo l'influenza di Bisanzio: fa iniziare l’anno I'1 settembre, in anticipo di 4 mesi sul computo moderno quindi dall'1 settembre al 31 dicembre il millesimo segna una unità in più che si dovrà sottrarre(-1), 19 ottobre 1138 -1 = 19 ottobre 1137 Era cristiana - stile della Pasqua o francese Fa iniziare l'anno in ritardo con la Pasqua che è una festa mobile, per cui la durata dell’anno non è costante e taluni giorni possono o non figurarvi affatto (quando a una Pasqua alta ne segue una più bassa) o figurarvi due volte (quando a una Pasqua bassa ne segue una più alta). I notai francesi introdussero spesso l’espressione ante Pascha per indicare la seconda serie di giorni ricorrenti, ma non sempre, rendendo così assai difficile, se non impossibile, determinare l'anno di un documento per riportare il millesimo secondo lo stile della Pasqua al nostro computo occorre conoscere la data in cui cade la Pasqua in quel determinato anno e aggiungere al millesimo una unità in più (+ 1) dall’1 gennaio alla data della Pasqua (l'oscillazione va dal 22 marzo al 25 aprile) Era della Passione è adoperata soprattutto in Francia, inizia a computare gli anni dal 33 d.C, data presunta della Crocifissione. Per riportare il millesimo al computo moderno bisogna aggiungere 33 unità 19 gennaio 1131 + 33 = 19 gennaio 1164. LEZIONE 8 L'indizione É il numero d'ordine progressivo che un determinato anno occupa in un ciclo quindicennale. L’origine non è stata ancora chiarita. Sembra che provenga dall'Egitto dove tale computo sarebbe stato introdotto nel IV secolo in documenti di carattere fiscale quando il ciclo delle imposizioni tributarie passò da 5 a 15 anni. Si è calcolato che l'anno 3 a.C combacia con l'inizio di un ciclo indizionale e quindi l'era cristina è in ritardo di tre anni rispetto alla sequenza quindicennale in cui sarebbe caduto l'anno 1 d.C., su questa base si è stabilito che per trovare l'indizione di un determinato anno dell'era cristiana occorre aggiungere 3 al millesimo e dividere per 15 il resto è l’indizione se il dividendo è perfettamente divisibile per il divisore, ovvero se manca il resto, l'indizione è la XV 1145 +3 = 1148; 1148 : 15 dà come resto 9 quindi nona indizione. 1152 + 3 = 1155; 1155 : 15 non dà resto quindi quindicesima indizione. Anche il principio dell’anno indizionale varia secondo stili diversi indizione greca o bizantina: l'anno indizionale ha inizio I’1 settembre in anticipo di 4 mesi rispetto all'anno indizionale cominciante l'1 gennaio, pertanto l'indizione segnerà una unità in più nei mesi da settembre a dicembre indizione bedana o cesarea: l'anno indizionale ha inizio il 24 settembre in anticipo di 3 mesi e 6 giorni rispetto all’anno indizionale cominciante I'1 gennaio, pertanto l’indizione segnerà una unità in più dal 24 settembre al 31 dicembre. • Indizione genovese: l'anno indizionale ha inizio il 24 settembre in ritardo di 3 mesi e 6 giorni rispetto all'anno indizionale cominciante I'1 gennaio, pertanto l'indizione segnerà una unità in meno dall'1 gennaio al 23 settembre • Indizione romana: l'anno indizionale ha inizio il 25 dicembre in anticipo di 6 giorni rispetto all’anno indizionale cominciante l'1 gennaio, pertanto l'indizione segnerà una unità in più dal 25 al 31 dicembre; in seguito è stata modificata spostando l'inizio all'1 gennaio. • Indizione senese: l'anno indizionale ha inizio l’8 settembre in anticipo di 3 mesi e 23 giorni rispetto all'anno indizionale cominciante I'1 gennaio, pertanto l'indizione segnerà una unità in più dall'8 settembre al 31 dicembre. I giorni del mese - calendario romano il calendario romano o giuliano divide il mese in: Kalendae = il 1° di ciascun mese, Nonae = il 5 di gennaio, febbraio, aprile, giugno, agosto, settembre, novembre dicembre, il 7 di marzo, maggio, luglio, ottobre. Idus = il 13 di gennaio, febbraio, aprile, giugno, agosto, settembre, novembre dicembre. Il 15 di marzo, maggio, luglio, ottobre sulla base di queste scadenze si calcola di volta in volta il numero dei giorni che mancano alla scadenza successiva. I giorni del mese - ordine progressivo Il sistema ancora oggi in uso di computare i giorni in ordine progressivo mese per mese. I giorni del mese - consuetudo bononiensis La consuetudo bononiensis è un compromesso tra il calendario romano e la numerazione progressiva. Il mese è diviso in due quindicine: i primi 15 giorni del mese sono computati in ordine progressivo preceduti dalla formula intrante mense, i secondi 15 giorni del mese sono computati in ordine retrogrado preceduti dalla formula exeunte mense. 12 giugno = die XII intrante mense iunio, 29 giugno = die Il exeunte mense iunio. I giorni della settimana Per verificare la corrispondenza tra giorno del mese e giorno della settimana occorre andare sotto l'anno per vedere in che giorno cadeva la Pasqua e quindi andare nel calendario perpetuo. I giorni della settimana - calendario liturgico Il giorno è indicato attraverso la festa celebrata (die Natalis = 25 dicembre; die Epiphanie = 6 gennaio) o del santo (die sancti Ambroxii = 7 dicembre; die sancti lohannis de iunio = 24 giugno) o Originale e autentico La prevalenza del concetto di autentico su quello di originale si fa più sfumata nella trattatistica medievale. Rolandino definisce genericamente l'originale genus videlicet ex quo generatur et sumitur exemplum. Si ha l’impressione che egli consideri exemplar, originale, autenticum quali sinonimi, soprattutto dove atferma quod quidem exemplar appellatur etiam originale et auctenticum, oppure et creditur publico instrumento ut dictum est si est autenticum vel originale. In altri casi sembra usare i termini originale e publicum in funzione di attributi dell’instrumentum (adhibeatur autem fides soli publico et originali instrumento e poco oltre licet soli originali et publico instrumento fides adhibeatur ut dictum est supra) distinguendo chiaramente il concetto di originalità da quello di autenticità. La distinzione si fa più evidente nel giurista e maestro di ars notarie a Bologna Pietro d'Anzola (1258-1312), che pone le publicationes solemnes et necessarie e la condizione di originalità quali elementi fondamentali perché la scriptura del notaio sia autentica et fide digna. Originali multipli Un documento può essere redatto in uno o spesso più originali. Tale pluralità si verifica solitamente nelle carte di reciproca obbligazione, nelle quali i contraenti sono contemporaneamente autori e destinatari, quali ad esempio le permute, i livelli, le vendite oppure gli accordi, i trattati, le convenzioni tra stati, comuni e signorie, oppure semplicemente quando le parti due o più sono interessate a possedere la documentazione del negozio giuridico di cui sono partecipi. Spesso tale duplicità o pluralità di originali è annunciata al termine dell'escatocollo o, in alcuni casi, dopo la stessa completio del notaio con formule di questo tipo: Unde duo libelli uno tenore conscripti facti sunt, duas cartas divisas per alphabetum inde feci; littera fuit de consensu partium duplicata; duo publica instrumenta unius tenoris inde facta fuerunt, plura instrumenta unius tenoris inde partes fieri rogaverunt; et duo instrumenta unius tenoris rogatus est a partibus fieri, hoc factum est pro..., o, più semplicemente, Hoc factum est pro... Nell'ambito del documento privato annotazioni di questo tipo vengono frequentemente usate fino a tutta la metà del XIII secolo, mentre in seguito tendono a rarefarsi. Anche per documenti emanati per assoluta volontà dell’autore, senza il legame della reciprocità del destinatario, si possono avere più originali, o perché destinatari sono più d'uno, come nel caso di lettere circolari che mantenendo invariato il testo, mutano solo il nome del destinatario, o, nel caso di documenti di particolare rilevanza, per salvaguardarli da perdite o danneggiamenti. Ad esempio: dell'ordinanza di Carlo V, del 1374, che fissa a quattordici anni la maggiorità dei re di Francia, esistono tre originali al Trésor des chartes, e un quarto, fatto per essere depositato nell'archivio dell’abbazia regia di Saint Denis, nel quale viene esplicitata la ragione di questa pluralità di originali: "en tout afin de perpetuelle mémoire d'icelle loy et constitution royal". Graduazione di caratteri solenni Capita talvolta che questi originali presentino caratteristiche formali non perfettamente identiche, che siano cioè eseguiti con maggiore o minore solennità: è possibile in questi casi parlare di una graduazione di originalità, fermo restandone il valore giuridico: tutti originali in quanto emanati dall'autore, di grado minore quelli privi di alcune qualità accessorie che invece costituiscono la perfezione di quelli di grado superiore (il cosiddetto primo originale). Esempi: Decreto di unione delle chiese latina e greca, pubblicato a Firenze da Eugenio IV e dall'imperatore Emanuele Paleologo il 6 luglio 1439: fu stabilito, stando a Siropulo, storico di quel concilio, che si redigessero cinque solenni esemplari. In tutto il mondo di questo documento si contano ben 18 esemplari, quasi tutti con le sottoscrizioni del papa e dell'imperatore e con un seguito maggiore o minore di sottoscrizioni di padri greci e latini. Quale tra i molti esemplari superstiti sono i cinque originali di cui sopra: certo è tra questi quello, ricchissimo di sottoscrizioni e munito dei sigilli papale imperiale, conservato alla Mediceo-laurenziana di Firenze. Gli altri andranno ricercati tra quelli che più gli si avvicinano, anche se tutti, con maggiore o minore numero di sottoscrizioni, dopo quelle papale e imperiale, devono considerarsi originali. Unione chiesa greca e latina La riproduzione che segue è quella dell'unico esemplare del Decreto di Unione trascritto in tre lingue: la colonna sinistra riporta la versione latina, la colonna centrale quella greca e quella di destra la traduzione slava. Mancano le sottoscrizioni di 108 ecclesiastici latini e di 32 prelati orientali, la bolla plumbea del papa, la bolla aurea e la firma purpurea dell'imperatore bizantino. Esempi: Carlo VIll di Francia, passando per Firenze, il 27 novembre 1494 concedeva ai priori e al Gonfaloniere allora in carica il privilegio di fregiare i propri stemmi di famiglia con le insegne reali di Francia: di tale concessione si conservano alcuni esemplari in forme calligrafiche solenni e ornati di miniature ai quali può ben convenire la denominazione di secondi originali: non c’è dubbio che li abbiano fatti scrivere gli stessi destinatari, al di fuori cioè della cancelleria regia, ma sono tutti firmati dal re ed emessi come documenti originali dalla sua cancelleria. Cosi pure alcune diplomi imperiali di nomina di conti palatini, redatti dagli stessi destinatari, nei quali capita di trovare disegnato lo stemma di famiglia. Altro caso quello delle nomine dei vescovi, inviate con bolla appesa con filo serico all’interessato, con filo di canapa, per conoscenza, al capitolo della cattedrale, al podestà etc. Neo originali Qualora presso l'ente emanante o presso il notaio non rimanga traccia del testo del documento del quale è stato rilasciato il mundum risulta impossibile procedere al rifacimento dell’originale in caso di smarrimento, distruzione o deterioramento. Presso i Franchi invalse l'uso, risalente all’antichità romana, di ricorrere a quelli che il De Bouard chiama "neo originali". Per ottenere il rinnovamento di un titolo perduto l'interessato rivolgeva alla curia municipale (più tardi al vescovo o al conte che sedeva in tribunale, in epoca merovingica direttamente al re) una richiesta che segnalava il documento da rinnovare, in cui si trovava inserta una "notizia" dei "vicini" attestanti la buona fede della richiesta. Il nuovo titolo veniva appeso per tre giorni sulla pubblica piazza (di qui il nome di appennes per tali documenti) e quindi convalidato dal magistrato. Pare chiaro tuttavia che, da un punto di vista diplomatico, non si tratta di un altro originale del primo documento, bensì di uno nuovo, destinato a sostituire, ai fini giuridici, il precedente. Allo stesso modo tutti gli altri sistemi segnalati dal De Bouard (insinuazioni attraverso processi fittizi, conferme di atti graziosi precedenti, vidimus) sono volti ad ottenere il riconoscimento di un privilegio ottenuto in precedenza o comunque di un negozio giuridico compiutosi in passato, del quale tuttavia non si è più in possesso della corrispondente attestazione scritta valida erga omnes, ma in nessuno di questi casi si può parlare di rifacimento degli originali primitivi, ma di nuovi originali di identico contenuto e valore giuridico rispetto ai precedenti. Rifacimento di originali Nel momento in cui nell'ambito delle cancellerie o presso i notai si instaura l'uso di conservare la documentazione degli atti spediti o consegnati in publicam formam, diviene possibile, a richiesta degli interessati (cuius interest eam - la charta - habere), procedere, pur sempre con le dovute cautele, al rilascio di un nuovo esemplare del primitivo originale. Nell'ambito del documento privato la redazione nel cartulare o, in sua mancanza, nel manuale apriva la possibilità al rilascio di un nuovo originale. Tale rifacimento implicava comunque il ricorso ad una pubblica autorità, su mandato della quale (de mandato domini iudicis, domini potestatis, domini consulis civitatis etc.) il rogatario procedeva all'estrazione del nuovo mundum. In genere i notai indicavano nel proprio cartulare, spesso con segni particolari - la lineatura (come a Genova) i documenti dei quali era stato rilasciato l'originale in pergamena. Nessun ostacolo al rifacimento, anche secondo Rolandino e altri giuristi, per quei documenti il cui contenuto non era produttore di ripetizione di diritti (privilegia, instrumenta emptionalia et cuiuscumque dationis rerum mobilium, testamenta, procurationes, emancipationes, tutelae et curae). Maggiori cautela invece per quelle azioni giuridiche, soprattutto per quelle che comportano un esborso pecuniario (es. confessione di debito, pagamenti dilazionati) suscettibili di ripetizione di pretese. Non a caso al soddisfacimento degli impegni finanziari corrispondeva l'incisione dell'originale (la charta incisa). Un esempio: nel 1292, Firenze, i consoli dell'arte dei giudici e dei notai esaminano la petizione di tal Bandecca di Bandino da Querceto che dichiarava di aver smarrito l'atto con cui tal Guido del fu Manetto si impegnava a restituirle una certa somma avuta in prestito. Ascoltati i testimoni prodotti dalle parti e nonostante che il debitore avesse esibito proprio strumento del debito “inciso" a titolo di quietanza, i consoli non ritengono provata la restituzione e dispongono per il rifacimento di tale titolo. Il testo dei documenti emanati dalle cancellerie poteva essere conservato in due forme diverse, talvolta coesistenti nell'ambito della medesima cancelleria: 1) la conservazione delle minute 2) oppure la trascrizione dell'originale in registro prima della spedizione (cosi, ad esempio per le lettere papali). Quindi qualora non si tratti indiscutibilmente del mundum, ma di un rifacimento, occorre procedere con molta cautela perché potrebbe trattarsi di un originale (se deriva dalla minuta) o di una copia autentica se deriva da un registro. Rifacimento originali documento privato Analogamente a quanto avveniva per alcune suppliche pontificie (fiat ut petitur, anche se per evitare la spedizione dell'originale tale formula avrebbe dovuto essere accompagnata da et quod sufficiat sola signatura), non sempre le parti richiedevano immediatamente il rilascio dell’originale (ovviamente mi riferisco al tempo in cui era ormai entrato nell'uso il cartulare), che comportava una spesa ulteriore. Qualora si rendesse necessario esibirlo, magari in giudizio poteva capitare che nel frattempo il rogatario fosse morto o impedito o momentaneamente assente. A Bologna, come nelle città di tradizione romanica pura, non esisteva un collegio di scrittori di documenti e ciascun notaio con un suo semplice mandato (iussio). Purché fatto in pubblico, (coram testibus) poteva incaricare un collega di stendere le sue rogazioni o autorizzarlo a redigere gli instrumenti delle stesse rimaste non sviluppate dopo la sua morte. Ciò vale per il secolo XI e non sappiamo per quanta parte del seguente: certamente nel XIII secolo le commissiones dei rogiti dei notai defunti spettavano all'erede, alla presenza di un giudice del podestà che interponeva la sua autorità. La redazione in mundum per mezzo della sua stesura nel formulario consueto era completata dall’apposizione della formula della iussio dell'emittente con relativo signum manus accompagnato da quelli dei testimoni e dalla completio, che faceva menzione del ricevimento della rogazione da parte di un altro. A partire da un'epoca, variabile nel tempo e nello spazio, in riferimento allo sviluppo del notariato, in casi del genere l'interessato poteva ricorrere all’autorità civile o ecclesiastica, dalla quale procedeva il mandato a un notaio di estrarre l'originale dal cartulare del collega impossibilitato. Si tratta, in questo caso, di un mandato particolare, specifico. Mandati generali o licenze potevano essere rilasciati al notaio preposto all’archivio ove erano depositati i cartulari dei notai defunti, come a Genova, o a chi aveva ereditato i cartolari del familiare o del collega defunto. Al proposito non si dimentichi il valore ‘venale' di tale custodia, al fine del rilascio di originali. La proprietà di un cartolare era fonte di profitti per la redazione di munda. Esempio: Guido di ser Dondo da Abagnano nel 1295 vende per 13 lire di piccoli a ser Bindo da Barberino ogni diritto sulla terza parte delle imbreviature del defunto notaio ser Albizo da Castelfiorentino, delle quali, a sua volta, il predetto ser Guido aveva acquistato tali diritti da un altro notaio. LEZIONE 9 La tradizione del documento: le copie • Le copie autentiche: Le copie che per valore giuridico più si avvicinano agli originali sono le copie autentiche. I modi di autenticazione sono molto vari sia per i formulari utilizzati, sia per il numero di notai che partecipano alle operazioni (uno o più notai, più di cinque a Milano) e varia non solo da luogo a luogo e nel tempo, ma anche nell'ambito dello stesso luogo e dello stesso periodo di tempo. Copie autentiche - Valore giuridico E' possibile operare una distinzione di valore giuridico dei diversi tipi di copia. Stando a Rolandino, che riflette il pensiero del tempo e probabilmente teorizza una situazione di fatto consolidata, pur dovendosi attribuire la fides plena soli publico et originali instrumento, cioè solo all'originale, occorre distinguere tra copie usate 1) extra iudicium 2) e in iudicio Copie autentiche extra iudicium Per le copie autentiche extra iudicium sarebbe richiesta l'opera di un solo notaio. (hic modus levis est et in instrumentis non magni facti adhiberi solet). Se si vuol dare a tali copie maggior solennità (che non implica comunque un maggior valore giuridico), sarà necessario il ricorso a due o più notai, tutti sottoscriventi (per ultime si sottoscrive colui che ha redatto la copia e quindi se ne assume la responsabilità). Deve essere sempre dichiarato nome del rogatario, del quale non è necessario riprodurre il signum (che a Genova viene sempre riprodotto). Rolandino nega però qualsiasi valore giuridico a tali copie. (Nota tamen quod predicti duo modi non prebent exemplo plenam fidem nec ex tali exemplo potest exactio fieri, licet ad solam memoriam fiant). Copie autentiche in iudicio norma, vennero prodotte in giudizio - non sappiamo con quale esito -: come nel caso del duecentesco Liber privilegiorum A della Cattedrale di Genova, del quale addirittura fu fatta copia autentica nel Trecento; analogamente dal primo registro della catena del comune di Savona (in copia semplice) furono tratte copie autentiche. Ma si tratta pur sempre di cartulari, ecclesiastici e comunali che dovevano avere una certa qual fides per la loro natura e per il luogo di deposito (archivi garantiti dall'autorità da cui dipendono: comunali o vescovili) anche se privi di autentica. Le copie semplici compaiono frequentemente in libri privilegiorum, iurium, cartulari monastici etc. I possessori di tali cartulari erano forse interessati a conservare la memoria dei loro negoziati e diritti, anche se non redatti nelle forme di originale o di copia autentica. Molti di questi volumi parrebbero però essere stati destinati all'autentica, come dimostrano gli spazi bianchi ad essa destinati. Tali copie presentano spesso problemi di tradizione: non recando alcuna forma di autenticazione, non è sempre agevole, soprattutto quando si tratti di documenti privati e di copia unica, accertarne la derivazione diretta o meno dall’originale. Tra le copie semplici si collocano anche quelle imitative, che riproducono i caratteri grafici e le forme di autenticazione dell’originale; non necessariamente si deve ipotizzare un tentativo di falsificazione, anche perché in non pochi casi tali redazioni sono munite di regolare autentica di copia. Che poi esse si possono confondere con dei veri e propri falsi, è un altro problema. LEZIONE 10 La tradizione del documento - falsi I documenti pubblici o privati, contenenti manifestazioni di volontà giuridicamente rilevanti e quindi capaci di produrre effetti giuridici, sono falsi quando vogliono sembrare ciò che non sono la critica diplomatistica distingue tra falso e falsificazione. • Falso: è il documento fabbricato artificiosamente "de toutes pièces" • Falsificazione: si basa su un documento genuino che viene modificato mediante aggiunte, alterazioni, interpolazioni, soppressioni di passi o singole parole. Alcuni falsi sono fabbricati da eruditi per dimostrare, rafforzare o contestare una tesi, altri hanno origine da ragioni di interesse materiale, ambizione o adulazione, cioè dalla volontà di dimostrare la legittimità di possessi, onori, titoli, o di provare la nobiltà e/o antichità di famiglie, di città, di monasteri etc. Dal punto di vista diplomatistico un documento è falso anche se contiene notizie e dati storicamente veri: 1) se è redatto in forme contraffatte 2) in ambienti e/o da persone diverse da quelle legalmente competenti (cancellerie/notai) 3) all’insaputa dell'autore giuridico (soprattutto per i documenti pubblici) o anche del destinatario (per quanto riguarda il documento privato) • falso storico: riguarda la veridicità del contenuto • falso diplomatistico: un documento fabbricato artificiosamente o alterato mediante modifiche e/ o aggiunte e/o interpolazioni. • falsi originali: lavaggio o rasura (abolitio) di un atto redatto su pergamena dotata di sigillo, la quale veniva riscritta ad imitazione dei documenti genuini, dei quali si cercava di imitare la scrittura e i diversi caratteri. • false copie: queste sono più numerose perché è più facile fingere di copiare un originale genuino, di cui poi non resta traccia, che fabbricare un finto originale del quale bisogna imitare tutti i caratteri estrinseci. Ricostruire e delineare tipologie e sviluppo del documento pubblico e analizzarne stile, formule e usi per determinare i documenti genuini è più facile per 1) una quantità complessiva abbastanza limitata 2) un numero di cancellerie abbastanza ridotto 3) usi cancellereschi relativamente stabili e conservativi, caratteri estrinseci e intrinseci ben riconoscibili. Ricostruire e delineare tipologie e sviluppo del documento privato e analizzarne stile, formule e usi per determinare i documenti genuini è più difficile per 1) la difficoltà di classificare e descrivere tipologicamente e storicamente i documenti privati. 2) per le forme diversissime: chartae in forma soggettiva e il tempo al presente accanto a brevia o notitiae in forma narrativa e al passato. 3) per il numero elevato di notai e di redattori laici e ecclesiastici. 4) per un formulario assai più vario e meno definito e omogeneo almeno sino al secolo XII. 5) per i secoli dell'alto medioevo spesso di un notaio è rimasto solo un documento per cui è impossibile operare confronti (scrittura, signum, formulario) con altri da lui rogati. 6) per un tenor che presenta numerose e notevoli differenze anche all'interno di dato ambiente e di un periodo di tempo relativamente breve. Numerosi nel medioevo i falsi con i quali istituzioni religiose cercavano di ottenere o difendere diritti e possessi: o si fabbricavano in mancanza di documenti genuini o si contraffacevano documenti genuini cambiando i nomi dei contraenti o solo di uno, alterando i termini (ubicazione, confini, qualità, estensione, nome dei confinanti etc.) del bene oggetto della transazione. In molti casi alla base di un falso sta un documento genuino o più d’uno. Fondamentale e determinante è l'analisi della documentazione di quella istituzione perché: 1) è il suo materiale che spesso fornisce la materia prima dei falsi e delle falsificazioni 2) e lo studio permette di capire quando e le motivazioni per cui è stato deciso di fabbricare il falso o procedere con la falsificazione di uno o più atti genuini. L'analisi diplomatistica del documento non si ferma all'accertamento della genuinità o falsità e dei modi in cui il falso è stato realizzato: 1) deve indagare gli scopi che si è prefissi il falsario e/o il committente 2) stabilire quando è stato prodotto il falso 3) comprendere quali effetti ha prodotto all’epoca stessa della sua realizzazione o in periodi successivi. L'analisi critica basata sulle sole forme del documento non basta per giungere alla migliore comprensione dei molti problemi connessi con la realtà storica nella quale il documento prende vita: ”si può essere uno storico senza conoscere la diplomatica, ma non si può essere un diplomatista senza essere uno storico” Alain De Boüard. LEZIONE 11 Approccio diretto "Il contatto diretto con le fonti scritte è indispensabile. Per ogni problema che ci si ponga e che si voglia risolvere occorre individuare la documentazione coeva in grado di offrirne testimonianza e quindi studiandola adeguatamente sia in edizione critica sia in originale, cioè nei luoghi stessi, archivi e biblioteche, ove è conservata” Armando Petrucci. Edizione critica Trascrizione del testimone più vicino all'originale, con assoluta fedeltà rispetto al testo, ma attenzione a: 1) segni alfabetici e abbreviazioni 2) uso di maiuscole/minuscole 3) segni di interpunzione 4) segni ortografici e diacritici spazi 5) segni convenzionali per omissis, integrazioni di guasti, lapsus, scioglimenti dubbi 6) segni non alfabetici diversi 7) sigle e segni convenzionali Segni alfabetici Fedeltà al modello: ogni lettera deve essere trascritta quale è riconosciuta nel modello (compresa ç). È dunque da escludere il ricorso a una norma ortografica fissa che sopprimerebbe particolarità devianti da quella norma. Eccezioni: 1) Si trascrive J con I nei testi latini di qualunque tempo e nei testi volgari non dialettali 2) Si distingue tra U e V, usando la prima per vocale e semiconsonante. In parole mediolatine di origine germanica la UU si trascrive W (es. werra, Wido). Lettere maiuscole e minuscole L'uso delle maiuscole e delle minuscole deve essere riportato alle norme attuali, quindi si userà la maiuscola all'inizio del testo e dopo punto fermo per i nomi di persona, per i nomi di luogo, nel caso siano composti di più elementi si pongono in maiuscola le iniziali di tutti quelli che non siano preposizioni e articoli (es. Villa Nova, Castel della Pieve) per i nomi di popolo e di religione e i relativi aggettivi per le persone sacre, in modo che non più di una parola per ciascuna persona abbia la maiuscola (virginis Maria, ma Mater Dei perché le persone sono due). Si userà la maiuscola: 1) per i nomi che designano gli ordini religiosi e cavallereschi, in modo che sia distinta con la maiuscola non più di una parola, quella più rilevante per l'individuazione (es. frater Gabriel ordinis fratrum Minorum) 2) per sanctus, beatus e i relativi femminili e plurali quando denotano i luoghi e le istituzioni, non quando sono attributi della persona per le feste, ma in modo che non più di una parola abbia la maiuscola (es. post Nativitatem, ma post nativitatem Domini) 3) per Ecclesia e Imperium e i corrispettivi volgari quando si riferiscono alle due istituzioni universali. Segni ortografici, diacritici e di interpunzione Non si pongono segni diacritici nelle trascrizioni dal latino. Nella trascrizioni da volgari italiani, si pongono apostrofi e accenti secondo l'uso corrente. Il sistema di interpunzione deve essere reso secondo l'uso corrente. Segni di croce e sigle convenzionali Segni di croce e sigle convenzionali, queste ultime entro parentesi tonde, devono essere usate per indicare segni speciali che possono trovarsi nell'invocazione, nelle sottoscrizioni, nelle formule di roborazione cancelleresca e a segnalare la presenza o meno del sigillo nonché la modalità di apposizione: (B): bulla; (BD): bulla deperdita, (BV): Bene valete, (C): Chrismon, (M): monogramma, (MF): monogramma firmatum, (R): rota, (S): signum; (SN): signum notarii; (ST): signum tabellionatus; (SM): signum manus/signa manuum, (SI): sigillo impresso; (SP): sigillo pendente; (SIP): sigillo impresso pendente; (SP): sigillo pendente deperdito, (SR): signum recognitionis, segno di croce. Segni abbreviativi e convenzionali Segni abbreviativi e convenzionali devono essere sciolti e trasformati nei segni alfabetici dei quali tengono il luogo. Se la corrispondenza non è assolutamente sicura, i segni alfabetici sostituiti sulla base dell'usus scribendi maggiormente attestato si pongono tra parentesi tonde: troncamenti dubbi quanto alle desinenze per via delle irregolarità grammaticali del testo, o per incertezza tra singolare e plurali o altre alternative grammaticalmente possibili, nei troncamenti dubbi quanto alla identificazione della parola abbreviata: es. capit(aneus) oppure capit(udines), quando la parola abbreviata può presentare varianti grafiche: es. gr(ati)a oppure gr(aci)a. Nelle parole in cui lo scioglimento è sicuro, ma non è sicura la posizione delle lettere presenti nel vocabolo abbreviato: es. fr/atr)is oppure f(rat)ris. In presenza di discorso diretto o di citazioni letterali si usano le doppie virgolette " "o le virgolette a sergente « ». Le integrazioni di guasti di lettere, di parole o passi, la cui lettera è possibile ricorrendo alla luce di Wood o la cui restituzione si basa sul formulario consueto ovvero sul testo tradito da un altro testimone vengono segnalata includendo le lettere frutto di restituzione deduttiva tra parentesi quadre: es. Mart[inus]. Le lacune provocate da guasti della pergamena o da cadute dell'inchiostro sono rese con tanti puntini quanti si presume potessero essere le lettere che occupavano tale spazio , in base al conteggio delle stesse sul rigo integro più prossimo a quello danneggiato: es. Mart. Oppure con tre puntini convenzionali e una nota che dia conto dell'estensione in mm del guasto: es. Mart… seguito in nota da mm 30 l'integrazione di omissioni dovute a lapsus dello scrivente sono segnalate con parentesi uncinate: es. Mart<i>nus. la presenza di spazi lasciati bianchi nel corpo del testo è indicata con tre asterischi seguiti in nota dall'indicazione dell'estensione perché in molti casi si ha l'impressione che non si tratti di intervalli convenzionali, bensì calcolati dal notaio già prevedendo la successiva integrazione: es. Martinus *** seguito in nota da mm 30. Segni alfabetici diversi I numerali si trascrivono con fedeltà al modello, facendo uso delle cifre romane e di quelle indo arabiche, tanto solo che combinate fra loro e con elementi alfabetici, quest'ultimi riprodotti sia con lettere sul rigo sia con lettere in esponente: MCCCC, 1400, MCCCCsimo, M°CCCC°. La fedeltà al modello comprende per i numeri romani anche il mantenimento delle forme in aumento (es. 9 espresso con VIllI) e la non rara presenza di punti che contraddistinguono i numeri romani dai corrispondenti segni alfabetici (.MCCCC.). In caso di segni convenzionali per frazioni (es. ½, ¼ etc.) o quantità relative (es. ÷ corrisponde spesso a 'metà'; ~ corrisponde a circa) va valutata caso per caso l'incidenza, quindi scelta e dichiarata la soluzione migliore tenendo presente sia dell'intelligibilità del testo sia della sua resa grafica. Spazi Nella trascrizione dei documenti si fanno capoversi solo per sottoscrizioni (ad es. signa manuum testium e auctoris, sottoscrizioni autografe e notarili) elementi e sottoscrizioni di convalida dei documenti cancellereschi. La divisione dei righi del documento non va mantenuta graficamente nella trascrizione, ove la si voglia indicare essa viene segnalata da una sbarra verticale o obliqua, talvolta anche seguita dal numero di rigo (es. P). Il cambiamento di pagina o colonna viene invece segnalato con una doppia sbarra verticale oppure obliqua; qualora però non sia indicata la divisione dei righi si usa la sbarra singola. Si mantiene fedeltà grafica al modello, o si cerca di riprodurlo il più fedelmente possibile, in presenza di elenchi in cui ciascun elemento è su un rigo a sé; così anche si riproducono le graffe o altri segni non alfabetici che collegano elementi testuali o numerici tra loro. Edizione critica La scrittura del documento era redatta su ordine del giudice dopo un processo fittizio in cui l'autore, petitor, era l'accusa e il destinatario, defensor, era il convenuto. Veniva quindi redatta come notitia iudicati con un valore uguale a quello del documento pubblico. Ben presto fu sufficiente la semplice sottoscrizione del giudice e molto spesso giudice e notaio erano la stessa persona. Il prestigio dei notai crebbe ancora con la nomina dall'alto che è un riconoscimento dell’ufficialità della funzione e in un certo senso afferma anche il carattere pubblico dei loro documenti per cui la sottoscrizione dei giudici perde il suo carattere essenziale. Valore della charta Il valore della carta scritta non arriva improvvisamente ma grazie al sempre maggior prestigio che il notaio va assumendo, prestigio che si basa sulla fiducia che le parti hanno in lui come perfetto redattore della loro volontà e sicuro custode dei loro contratti stipulati nel corsi negli anni, da ciò deriva la grandissima importanza della prassi e della conservazione delle minute. Tra il secoli XII e XIII alle antiche forme documentali, charta o notitia, si sostituisce l'instrumentum publicum, irrecusabile, dotato di publica fides e quindi valore probante assoluto per il solo fatto di essere stato rogato dal notaio. Il notariato Per quanto riguarda il notariato i tabelliones sopravvissero al disfacimento dell'impero ed ebbero nuovo incremento presso le signorie e soprattutto nei comuni e conquistarono pian piano quello che il diritto giustinianeo non gli aveva mai concesso, la fides pubblica, ovvero il documento (instrumentum) riceve piena credibilità e validità dal segno e dalla sottoscrizione del rogatario. Notaio e presentazione delle parti Nell'ambito del documento privato si comprende con facilità come ben difficilmente il notaio avrebbe potuto procedere direttamente alla stesura del documento nella sua forma definitiva nel momento stesso in cui riceveva dalle parti la manifestazione della loro volontà. L’accuratezza della stesura, la mancanza assoluta, o quasi, di correzioni non possono lasciare dubbi in proposito, e d'altra parte anche in tempi in cui il notaio poteva abbondantemente attingere ai formulari ormai diffusi per la stesura dell’atto non avrebbe comunque potuto completare immediatamente il documento che andava redigendo con tutte le formule indispensabili alla piena validità dello stesso. Si pensi inoltre alla difficoltà di rendere immediatamente in latino, sia pur imbarbarito, un discorso che le parti andavano esprimendo in volgare. Le minute nel mondo romano L'uso di stendere una minuta preparatoria alla redazione definitiva del documento risale sicuramente al mondo romano ed era di certo praticato in epoca giustinianea (527-565) se lo stesso imperatore stabiliva che la semplice stesura di una minuta, cioè il contratto redatto "in scheda", fosse insufficiente a produrre effetti giuridici. Minute tra secoli VIl e XI Se si escludono documenti ravennati, su papiro, manca documentazione privata tra VI e VII secolo. Tra la metà del secolo VIl e la metà del XII i notai in Italia prendevano nota di quanto veniva loro detto dalle parti sinteticamente sul verso della pergamena, sul margine inferiore o superiore di essa, talvolta anche su piccoli frammenti membranacei completamente staccati, per trascriverne, più tardi, il contenuto ed avallarlo, nelle debite forme, sul recto della pergamena stessa. Note dorsali Tali note fanno la loro prima comparsa in carte longobarde e si vanno poi estendendo, a poco a poco all'Italia, alla Francia, alla Svizzera, cioè al territorio franco-germanico, longobardo e bizantino, evidenziando tuttavia caratteristiche diverse da zona a zona e da epoca a epoca. Tutte presentano generalmente l'elenco dei testimoni, l’indicazione della natura del negozio giuridico, il nome del suo autore e quello del destinatario, l'oggetto del contratto, le condizioni, le stipulazioni accessorie e, infine, la data espressa col giorno, il mese e l’indizione (manca quasi sempre l'indicazione del millesimo). Il tutto in forma oggettiva. Non sempre però gli elementi rispettano quest'ordine e possono comparire in forme più o meno ampie. Note in forme tachigrafiche o tironiane Le più antiche note dei documenti notarili a noi pervenute sono redatte in forme tachigrafiche, per lo più in tachigrafia sillabica, specie di scrittura abbreviata, o stenografica, medievale derivata dalla scrittura tironiana. Non mancano neppure esempi di note redatte in forme miste: tachigrafiche e tironiane. Purtroppo le testimonianze in scrittura tachigrafica in Italia sono rarissime, si trovano solo nelle regioni settentrionali, e rappresentano tipi diversi di grafia (pur appartenenti ad un medesimo ceppo), lo studio delle quali resta sempre difficile. Gli scarsi esempi di note dorsali rese tachigraficamente pervenuteci si collocano tra I'VIll e l'XI secolo. LEZIONE 14 La genesi del documento privato dal XII secolo: le prime redazioni dal XII secolo Ecco quindi presentarsi alla nostra attenzione la città di Genova, la prima nella quale parrebbe verificarsi il passaggio dalla nota all’imbreviatura. Mentre infatti nella stessa Bologna si trovano rogationes sul verso della pergamena ancora fino al sesto decennio del XII secolo, a Genova l’ultimo documento recante notizie dorsali è una pergamena del 1120 (San Siro, nn. 74, 75). Di poco posteriore è il primo registro cartaceo di imbreviature, il cartolare di Giovanni scriba, redatto tra il 1154 e il 1164, e certamente non si tratta del primo se lo stesso Giovanni dichiara di aver estratto un instrumento ab exemplari del suo maestro, un altro Giovanni, avendo avuto mandato di estrarre omnes cartulas et omnes contractus et laudes quorum in cartulario lohannis notarii, magistri mei, exemplar invenirem (monastero di Santo Stefano). Cartolari e manuali a Genova Giorgio Costamagna, analizzando il cospicuo materiale notarile offerto dall’archivio di stato di Genova per i secoli XII e XIII, pur depauperato dal bombardamento francese del 1684, ha potuto ricostruire il processo di formazione del documento genovese attraverso una triplice redazione. Attraverso l'esame dei registri conservati nell'Archivio ha constatato come alcuni, che recavano ancora il frontespizio portassero la dicitura “cartularium instrumentorum” e altri quella di “manuale o manuale instrumentorum”. Una differenziazione resa ancor più evidente dal diverso formato; più grande quello dei primi, stretto e lungo, di minori dimensioni quello dei secondi, pur non mancando rari casi di cartulati di formato analogo ai manuali. Si deve ricordare che a Genova manuali e cartolari sono praticamente sempre cartacei. Manuali a Genova Sulla base dell'esame dei documenti contenuti nei manuali si può constatare l'estrema concisione di ogni atto: 1) invocazione ridotta a un segno di croce, testo in forma soggettiva che considera solo gli elementi indispensabili per l'intelligenza del negozio giuridico; il testo appare spesso contorto e sovrabbondante, come di chi scrive prendendo appunti dalla viva voce di chi parla 2) le formule finali sono per lo più accennate, ma soprattutto mancano gran parte delle publicationes e il gran numero di correzioni e modifiche, di documenti appena iniziati e abbandonati (e quindi non riprodotti in seguito nel cartulare) denuncianti chiaramente il carattere di primitiva redazione. Del resto lo stesso aspetto esteriore dei manuali, molto trascurato e con i margini della pagine spesso scarabocchiati da prove di penna è un indizio da non sottovalutare. LEZIONE 15 Tecniche redazionali del documento privato: necessità di approfondimenti Come abbiamo avuto modo di vedere sommariamente esaminando le redazioni preliminari al mundum a partire del XII secolo i notai osservavano alcune norme nella tenuta dei cartolari manuali e nella redazione delle imbreviature che Giorgio Costamagna ha sommariamente evidenziato sulla base però di pochi riscontri documentari. E quindi necessario chiedersi: 1) Come si comportano i notai sul lungo periodo dal XII al XIV/XV secolo? 2) Mantengono le stesse tecniche redazionali? 3) E soprattutto si comportano tutti allo stesso modo nel medesimo periodo? Cerchiamo di dare qualche risposta a queste domande. Genova Genova, com'è ben noto rappresenta un osservatorio privilegiato per analizzare tecniche e modalità di produzione del documento privato. Questa caratteristica gli deriva non solo e non tanto dalla circostanza che l'Archivio di Stato conserva il più antico registro di imbreviature pervenutoci, quello del notaio Giovanni (1154-1164), meglio conosciuto come Giovanni scriba, ma soprattutto dall'esistenza, nella stessa sede, di una serie ininterrotta di cartolari e filze che, a partire dalla seconda metà del Dodicesimo secolo, percorre, con cifre sempre crescenti, il basso Medioevo e l'epoca Moderna. Un giacimento unico al mondo come vedremo tra poco. Notarile Archivio di Stato di Genova Qualche numero, sia pur approssimativo, evidenzia subito la ricchezza della fonte per l’epoca medievale, limitatamente al fondo "Notai antichi”: cartolari per il XII secolo; 113 per il Duecento, 332 tra cartolari e filze per il Trecento, 785 circa per il Quattrocento (I dati sono desunti dalla Guida generale degli Archivi di Stati italiani, II, Roma 1983, p. 343). Per quanto riguarda i cartolari del XII secolo se ne deve aggiungere un sesto conservato nei «Manoscritti», oltre ad alcuni frammenti di poche carte. Bisogna inoltre ricordare un certo numero di manuali di cui ha parlato Giorgio Costamagna. A questa ricchezza si contrappone la mancata conservazione dei più antichi statuti cittadini e del collegio notarile. Il cartolare di Giovanni scriba Punto obbligato di partenza non può che essere il cartolare di Giovanni scriba (1154-1164) inserito però in un percorso di circolarità che consenta di tornare ad esso con la consapevolezza degli sviluppi successivi. Balza subito agli occhi come la redazione sul protocollo, l’imbreviatura, presenti già in questa prima apparizione gli elementi testuali e di corredo sostanziali che saranno peculiari anche dei secoli seguenti e come le caratteristiche della confezione materiale della stessa rendano evidente che doveva esistere una redazione preliminare coincidente con il momento della presentazione delle parti al notaio. Le imbreviature si susseguono ininterrottamente, scandite da una linea orizzontale funzionale all'immediata individuazione delle singole unità, senza rendere necessario lasciare spazi bianchi. I documenti si distendono, carta dopo carta, attraverso una scritturazione continua, la stesura è ordinata e con un limitato numero di correzioni. I documenti si aprono con l'elenco dei testimoni segue il dispositivo, espresso in forma personale, sintetico e sincopato attraverso il troncamento delle più comuni formule, segnalato dalla locuzione et cetera. I riferimenti spaziali e temporali (anno, giorno , indizione) costituiscono la parte escatocollare. La data topica non comprende l'indicazione della città, evidentemente considerata superflua, ma solo del luogo, all'interno della stessa, dove l’azione si svolge: “in domo ipsorum contrahenyium, in domo debitorum, ante ecclesiam Santi Laurentii” e soprattutto in “pontili capituli, in capitulo”, dove il notaio evidentemente si trova a svolgere la sua funzione di scriba comunale e in cui opera prevalentemente anche al servizio dei privati. Il giorno è espresso con assoluta prevalenza secondo il calendario romano nella parte iniziale, mentre il notaio passa rapidamente al computo progressivo nel seguito, evidenziando così incertezze e tecniche redazionali non ancora stabilizzate. Solo eccezionalmente, in caso di identità della data topica e cronica, viene fatto riferimento al documento precedente (Actum ut supra), allo stesso modo se più documenti sono rogati nello stesso giorno, il notaio richiama il primo documento: “eodem die o die predicto”. Viene già messa in atto una serie di espedienti che consente al notaio un più veloce reperimento delle imbreviature da cui produrre il mundum e di segnalare le vicende di ogni documento: 1) nel margine viene segnalato il nome della parte più interessata al rilascio dell'originale, in genere il destinatario dell'azione giuridica, 2) un complesso di linee tracciate sulle singole imbreviature permette di sapere se ne è stato estratto il mundum o se sono state cassate. Nella prima parte del cartolare molto spesso il nome che compare sul margine, posto al genitivo, è preceduto dal sostantivo testes, che lo collega direttamente all'imbreviatura, tanto da costituirne parte integrante. Nell’annotazione marginale il primo elemento è proprio l'elenco dei testimoni, espresso al nominativo, grammaticalmente collegato a testes, cui segue, al genitivo, il nome di una delle parti, come si è detto, quella più interessata al rilascio dell’originale. Questa scelta del notaio sembra dettata dalla consapevolezza che la funzione dei testimoni sia prevalentemente svolta a garanzia proprio di questa parte, il destinatario, dalla quale quindi potrebbero essere chiamati a intervenire con maggior probabilità. Nel prosieguo del cartolare però opera un cambiamento, spia di tecniche redazionali ancora in fase di elaborazione, lasciando nel margine solo il nome, sempre al genitivo, e ponendo il termine testes subito prima dell’elenco stesso. Cartolari dalla fine del XII all'inizio del XIII parole iniziale di parti del dispositivo e delle diverse clausole, con funzione di parole guida per un successivo compimento. Contestualmente si rende evidente un altro fenomeno: spesso nei cartolari vengono lasciate pagine o intere carte bianche, probabilmente destinate ad accogliere documenti, rimasti invece, per varie ragioni, a livello redazionale di notula presumibilmente affidata al manuale. La novità più significativa consiste nella sporadica introduzione della forma oggettiva, a partire dagli anni Trenta- Quaranta del Trecento, in sostituzione di quella soggettiva, maggior elemento di diversificazione rispetto al formulario bolognese, fino a quel momento. I cartolari Il cartolare nei secoli esaminati rappresenta quindi in astratto il cardine e l'elemento centrale delle fasi preparatorie della produzione del documento privato, incarnando l'ideale universo dell'attività di ogni notaio. La sua tenuta, l'auspicato grado di completezza e gli atteggiamenti comuni che definiscono elementi sostanziali e strumenti gestionali sono guidati forse da indicazioni dettate dal collegio notarile, forse da norme statutarie di cui purtroppo è andata perduta ogni traccia. Ostacoli al passaggio del concetto di originale al cartolare La condizione preliminare allo slittamento del concetto di originalità dal mundum al cartolare la conservazione presso il notaio di una redazione quanto più possibile completa in ogni sua parte di tutti i documenti. A questo sembrano opporsi ostacoli di ordine eminentemente pratico, costituiti in primo luogo dall'imprescindibile obbligo per il rogatario di scrivere di proprio pugno tutte le redazioni preliminari di ogni documento, senza potersi limitare, qualora si renda necessario, a sovrintendere al lavoro di altri e quindi a farsene garante, situazione che si verifica, invece, in fase di realizzazione del mundum. Proprio la mancanza di autonomia di molte imbreviature è sottolineata dalla difficoltà che si incontra nel datare frammenti di cartolari, talvolta anche di consistenza non irrilevante, in cui le indicazioni cronologiche delle singole unità perdono di significato se isolate dall'intero complesso nel quale erano state inserite, venendo a mancare la datazione completa che doveva servire da riferimento. Va inoltre segnalato che risultano del tutto irrilevanti, se non praticamente assenti, i casi di completamento delle notule, ossia delle redazioni su manuali e foglietti volanti, che Giorgio Costamagna aveva individuato come fase indispensabile perché queste potessero essere svolte direttamente in mundum al pari delle imbreviature. L'assenza più rilevante, significativa e costante è tuttavia quella del signum e della sottoscrizione del notaio, elemento imprescindibile e assolutamente primario per l'attribuzione della fides al documento, oltre che una delle publicationes. Si segnala infatti l'assenza dello stesso nome del rogatario sulle singole imbreviature, relegato in genere sulla prima carta del cartolare in un contesto assolutamente variabile, caratteristica questa che rende possibile l'attribuzione dei cartolari o dei frammenti privi della carta iniziale solo grazie ad eventuali riferimenti al notaio interni alle stesse imbreviature. Sembra lasciata al notaio la scelta di esemplificare una volta per tutte all'inizio del cartolare o, al più, ad ogni cambio d'anno, la sottoscrizione abitualmente usata negli originali: “(Signum) Ego lachinus Nepitella de Bisanne notarius rogatus scripsi” oppure di optare per la semplice attribuzione del cartolare, senza neppure procedere alla riproduzione del signum, ad esempio: “Cartularius instrumentorum compositori m manu…" a cui segue l’anno di riferimento. L'evidente mancanza dell'obbligo di indicare almeno una volta all'interno del cartolare signum e sottoscrizione induce a ritenere che dovesse sussistere un altro vincolo, imposto con ogni probabilità dal Collegio, consistente nel deposito di una sottoscrizione completa, o almeno del signum, presso il Collegio stesso da parte di ogni notaio operante in ambito cittadino. Quest'organismo era infatti in grado di offrire tutte le garanzie necessarie per la conservazione di un campione del più importante elemento distintivo dei notai, garantendo così la possibilità di operare in qualsiasi momento e in caso di necessità un confronto con un esemplare del quale non poteva essere messa in dubbio la genuinità. Caratteristiche cartolari Sempre sulla prima carta del protocollo il notaio può, a discrezione, dare conto di eventuali indici e della lineatura utilizzata , anche se sembrano esistere usi comuni (linee oblique parallele a segnalare le estrazioni, incrociate per visualizzare i documenti cassati e le annotazioni marginali di cui si è detto) che di fatto, qualora il notaio vi si adegui, rendono superflua questa segnalazione: “Omnia instrumenta huius cartularii scripta sunt per abecedarium, inquire abecedarium et invenies omnia instrumenta que volueris in quolibet…. Omnia vero instrumenta huius cartularii in quibus est tirata linea una sunt extracta, scilicet hoc modo /; omnia alia vero instrumenta huius cartularii que sunt canzelata pluribus lineis hac forma /// sunt cassata, alia vero in quibus non est aliqua linea non sunt extracta nec cassata nec canzellata.”. A proposito dei documenti cassati, si deve segnalare invece che mentre nei più antichi cartolari questa procedura investe quelli in cui si sono verificati degli errori da parte del notaio o contratti di varia natura rescissi per volontà delle parti, già con la prima metà del Duecento le imbreviature cassate riguardo praticamente sempre obbligazioni di natura diversa: prestiti, mutui, depositi, pagamenti dilazionati, accomendaciones. Nel margine di questi, contestualmente alla cassatura, i notai registrano la motivazione, consistente in una comune decisione delle parti a seguito dell’avvenuto pagamento: “cassa de voluntate parcium o cassa est quia solutum est debitum”. Con gli Trenta del XIII secolo occasionalmente è aggiunta anche la data e nel decennio successivo i nomi dei testimoni, producendo in questi casi, di fatto, un nuovo documento, certamente meno oneroso per le parti rispetto ad una quietanza. Solo con l’inizio del Trecento tuttavia questa procedura più complessa sembra diventare costante. LEZIONE 16 Tecniche redazionali 2: da fine secolo XIV • Esempio: cartolare di Antonio di Credenza. Una svolta decisa nella prassi redazionale del documento privato genovese si verifica alla fine del XIV secolo e rappresenta la naturale evoluzione delle modalità di predisposizione delle stesure preliminari già osservate, che del mutamento costituiscono pertanto presupposto e l'ideale premessa. La fase di passaggio dall’uno all'altro sistema è ben rilevabile nel cartolare di uno dei più importanti, attivi e longevi cancellieri comunali della seconda metà del Trecento, Antonio di Credenza. Impegnato anche come redattore del secondo volume dei libri iurium, il notaio infatti trova comunque il tempo di svolgere, quasi per diletto, un'episodica attività di rogatario di documenti privati soprattutto per amici e personaggi politici con i quali entra in contatto. Il suo protocollo, iniziato nel 1376, al ritorno da un viaggio a Cipro, come egli stesso dichiara nella prima carta del registro, probabilmente in veste di ambasciatore del comune, si protrae fino al 1418, con apporti di poche unità nel corso di ogni anno. Già dalle prime carte si evidenzia una tecnica redazionale che caratterizza tutto il seguito della sua produzione. Vi si leggono infatti documenti a livello redazionale difforme: 1) imbreviature scritte integralmente in un unico momento, senza alcuna formula ecceterata, in tutto e per tutto identiche agli originali, sempre fatta eccezione per la sottoscrizione del notaio, che recano nel margine l’indicazione Extractum. 2) altre, che pur essendo, come le prime, perfette dal punto di vista testuale, rivelano tuttavia due diversi interventi; il completamento è di fatto avvenuto solo in un secondo tempo, con alta probabilità al momento della richiesta del mundum, sicuramente rilasciato come si legge nel margine (Extractum), quando il notaio ha perfezionato il testo, contenente nella prima fase solo la parte iniziale, alcune parole guida all'interno della pagina bianca e l'escatocollo. I due diversi stadi sono segnalati soprattutto dalla depennatura delle stesse parole guida, che al momento dello scioglimento del testo non trovavano adeguata collocazione, e da alcune linee verticali tracciate per annullare lo spazio bianco in eccesso prima della parte escatocollare. 3) altre ancora rappresentano la prima fase delle redazioni appena illustrate, dove alla parte iniziale, corrispondente generalmente all'enunciazione dei nomi delle parti e del dispositivo, segue ampio spazio bianco, interrotto dall'inizio, appena accennato, di alcune formule, collocate all'interno dello specchio di scrittura o, più frequentemente, nel margine, e dalla parte escatocollare, che nei casi fin qui esaminati si presenta sempre assolutamente completa di data topica, definita fino all'indicazione della stanza, all'interno della quale il contratto è stato stipulato, data cronica ed elenco dei testimoni. 4) un'ultima tipologia, che diviene più frequente con il passare degli anni, è costituita da un abbozzo di testo limitato a poche parole iniziali, corrispondenti alla formula invocativa e all'intitolazione, cui segue spazio bianco commisurato ad un eventuale completamento; a margine si legge l'enunciazione del tipo di negozio. Antonio di Credenza: filza L'esistenza, accanto al cartolare, di un altro complesso documentario, riconoscibile in una filza, è segnalata dallo stesso Antonio di Credenza nella rubrica o repertorium attraverso il quale tutta la sua produzione ritrova, almeno potenzialmente, unitarietà. Vi si leggono infatti chiari riferimenti a un foliacium, nel quale sarebbero contenuti documenti non presenti nel cartolare e, soprattutto, un'annotazione che sembra attribuire a questo pari dignità rispetto al cartolare stesso: “Nota quod plura ex dictis instrumentis sunt extensa in foliacio superius aligato dato quod non sunt extansa in cartulario isto.” La filza o foliacium, che in questa fase sostituisce il manuale, consiste in un insieme di fogli o bifogli sciolti, piegati in due in senso verticale, contenenti ciascuno la prima redazione di uno o più documenti. Alla filza viene data consistenza unitaria, nel momento in cui si presume di non utilizzare più le imbreviature, attraverso una cordicella di canapa munita di un puntale metallico per mezzo del quale tutti i fogli sono "infilzati" nella parte centrale. Per salvaguardare i fogli esterni sono utilizzati due piatti di pergamena, al centro dei quali viene fissata con un nodo la cordicella. Il ritrovamento di una filza di atti pubblici di Antonio di Credenza, all'interno della quale è stato possibile enucleare una serie di documenti privati originariamente costituenti un' unità a sé stante, ha reso evidente la correlazione tra la numerazione che contrassegna i singoli documenti di questa e quella progressiva che caratterizza quelli appena abbozzati e le imbreviature completate solo in un secondo momento nel cartolare. Attraverso questa numerazione si instaura così una stabile correlazione tra l'una e l'altro, che li rende di fatto perfettamente equivalenti. Redazioni su cartolare e su filza Risulta quindi evidente che, pur mantenendo il cartolare ancora la funzione di contenitore privilegiato e di strumento di unificazione della produzione del notaio, le redazioni sulla filza possono affiancarsi e integrarsi con quelle sul cartolare e sostituirle a tutti gli effetti con una libertà e una frequenza ben maggiore rispetto al passato, consentendo ad Antonio di Credenza di ricorrere indifferentemente all'una o all'altro. Passaggio dal cartolare alla filza (XV secolo) Da qui all'abbandono pressoché totale del cartolare in favore della filza, che viene ad assommare in sé le funzioni del cartolare e del manuale, nel corso del XV secolo, il passo è breve. La forza di quest'ultima risiede in primo luogo nella possibilità di gestire autonomamente ogni singola imbreviatura: ciò consente al notaio di velocizzare il lavoro, evitando, nella maggior parte dei casi, una fase di scritturazione (si passa così da una triplice a una duplice redazione) da momento che il ricorso a una seconda redazione preliminare al mundum può essere limitato a situazioni particolari, come ad esempio azioni giuridiche più complesse o meno usuali. Passaggio da cartolare alla filza Risulta estremamente facile infatti sostituire un solo foglio qualora la prima stesura non risulti soddisfacente, mentre la tenuta del cartolare imponeva un assoluto rigore, richiedendo una redazione definitiva e non più modificabile di ogni documento e lasciando di fatto al notaio la libertà di procedere in forma succinta e incompleta solo nella scritturazione delle azioni giuridiche più semplici e ripetitive. Un altro vantaggio consiste nella possibilità di mantenere, con uno sforzo decisamente inferiore rispetto all'impegno richiesto da una redazione su registro, un ordine cronologico rigoroso, anche se estremamente labile. Un'ultima opportunità offerta dalla filza riguarda le procedure di estrazione degli originali: la rimarcano gli stessi notai, quando opponendosi, nel XVII secolo, alle pressanti richieste del governo di tornare all'uso del cartolare, fondano la loro esigenza di continuare a servirsi della filza anche sulla possibilità di estrarre in parallelo più originali ad opera di collaboratori diversi, che hanno l'opportunità di lavorare contemporaneamente attingendo ai singoli fogli, soluzione che la rigidità strutturale del registro non avrebbe consentito.
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