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La nozione dinamica di cultura: approcci antropologici ed evoluzione del concetto, Appunti di Antropologia

SociologiaFilosofiaStoria

In antropologia, la cultura è una nozione più dinamica di quanto si possa pensare, che ha cambiato significato nel corso del tempo. Dall'approccio etnocentrico dell'evoluzionismo sociale all'enfasi sui fattori non sociali come il movimento del corpo e le inclinazioni cognitive, la cultura include valori, idee, principi e ogni modalità di comportamento. Viene trasmessa, negoziata e vissuta in modo diverso dai suoi membri ed è influenzata da rapporti di potere e posizione sociale. la cultura da un punto di vista antropologico, evidenziandone l'importanza nella comprensione dei fenomeni sociali e la relazione con i fattori non sociali.

Cosa imparerai

  • Come ha cambiato significato il concetto di cultura in antropologia nel corso del tempo?
  • Qual è l'importanza della cultura nella società e come viene trasmessa, negoziata e vissuta dai suoi membri?
  • In che modo la cultura è influenzata da fattori non sociali come il movimento del corpo e le inclinazioni cognitive?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 15/11/2021

beatricetonetti
beatricetonetti 🇮🇹

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Scarica La nozione dinamica di cultura: approcci antropologici ed evoluzione del concetto e più Appunti in PDF di Antropologia solo su Docsity! LA CULTURA È una nozione più dinamica di quello che pensiamo, in antropologia ha una storia lunghissima ed ha cambiato significato nel corso del tempo. La sua etimologia ci rivela che la parola “cultura” fa riferimento a un modo di fare, infatti è solo nel XIX secolo che inizia ad avere la connotazione di qualcosa di intellettuale e artistico. In Occidente si è privilegiata una concezione di cultura molto organica, in base alla quale le idee e i modi di fare sarebbero più importanti delle pratiche, del corpo e di come esso viene socializzato, di come la cultura è agita. Una delle definizioni più famose — 1871, Sir Edward Taylor “La cultura, presa nel suo significato etnografico più ampio, è quel’l insieme che include coscienza, credenze, arte, morale, legge, costume, e ogni altra usanza e capacità acquisita dall’uomo come appartenente ad una Società”. Questa definizione è il prodotto dell'approccio teorico conosciuto come evoluzionismo sociale. Esso collocava tutte le società su un continuum di sviluppo a tappe fisse in cui la tappa iniziale rappresentava lo stadio più primitivo e meno sviluppato, mentre il punto di arrivo era la forma di società più sviluppata, civile e moderna. Gli antropologi si concentravano sulle tappe di sviluppo di determinate attività e istituzioni -- nel gradino più basso si trovavano le società di cacciatori e raccoglitori (qui la modalità economica e di sopravvivenza era considerata come la più semplice); poi gli antropologi collocavano i pastori, al terzo stadio e gli agricoltori e alla fine vi era il commercio. In pratica questi antropologi avevano già deciso che la civiltà passasse attraverso questi stadi fissi. Tra le istituzioni prese ad esempio per costruire questo continuum vi era quella matrimoniale -— sul gradino più basso avevano posto la totale promiscuità, poi la poligamia fino ad arrivare alla monogamia; stesso discorso per le religioni: dal politeismo al monoteismo. L'approccio dell'evoluzionismo sociale è LA CULTURA ovviamente etnocentrico, gli serve a giustificare il colonialismo. La macchina coloniale ovunque essa sia è molto complessa, e questo approccio etnocentrico ha riscosso grande successo nonostante non avesse alcuna base scientifica, tanto che tutt'oggi lo continuiamo a seguire. Ovviamente, e questo vale per tutti gli antropologi, l'approccio di Tylor deve essere collocato nella sua epoca e nella prospettiva dell'approccio teorico. Comunque quando parliamo di cultura, non dobbiamo pensare a qualcosa di ben definito, armonioso e omogeneo: la cultura è contestata, negoziata, interpretata, vissuta in maniera diversa dai suoi membri, l'etnocentrismo tende a semplificare gli altri dove noi siamo complessi. Gli aspetti della cultura: * È agita. La definizione di Tylor è ancora oggi molto usata, include valori, idee, principi e ogni modalità di comportamento, che enfatizzano e portano in primo piano gli aspetti cognitivi della cultura, mettendo però in secondo piano gli aspetti pratici, cioè “incorporati” nella cultura. Fino agli anni 40/50 si privilegiano idee e mente sul copro e sulle pratiche (questa caratterizzazione di cultura identificata con immagini stereotipate, dà l'idea, errata, che ogni cultura sia definita), ma il cambio di direzione teorica negli anni 70 ,grazie a Pierre Bourdieu con il suo libro “Ia teoria della pratica”, spostò l'attenzione su “ciò che si fa senza pensare”, non solo le regole sociali, le idee, i significati ed i valori, ma la maniera in cui ci muoviamo nel mondo e facciamo le cose. Infatti la cultura introduce sia i valori e i principi della società, che il comportamento, il modo di fare, di muoversi... agisce nel ripetere gli stessi gesti che si vedono fare alle persone con le quali si vive; @ — IL CORPO ° Per capire i fenomeni sociali è necessario quindi considerare anche i fattori non sociali, quali il movimento del corpo o le inclinazioni psicologiche e cognitive. Il corpo è influenzato, marcato e plasmato dalla socializzazione culturale, dalla maniera in cui nella società la gente si muove, gli aspetti fisiologici del nostro corpo non sono quindi separati rispetto a quelli culturali, non c'è opposizione. * È condivisa da tutti i membri della società -. è rispettando una serie di categorie e di usanze implicite che i membri di una società interagiscono quotidianamente. LA CULTURA in modo più prosaico e particolareggiato il caratteristico impegno di Malinowski nel cogliere il punto di vista dell’indigeno. Boas non offrì mai in realtà una definizione memorabile o autorevole del concetto di cultura. Il suo approccio alla cultura emergeva dalle sue tante opere ammucchiate sul famoso scaffale da un metro e mezzo, così come nell'attenta decantazione dei lavori dei suoi numerosi studenti. Gli oggetti della cultura Nel progetto di studio antropologico, la cultura è da sempre legata alle cose. L'espressione “cultura materiale” è un termine comune quasi quanto la parola “cultura”. Anche se l'aggettivo “materiale” può avere una valenza qualificativa per il nome, è utile pensare alle due parole come fossero simbiotiche, e in effetti è certamente così che esse vengono spesso intese. Poichè gli antropologi sono innanzitutto degli osservatori, sarebbe impossibile non considerare l'aspetto materiale di una cultura. Gli esseri umani utilizzano la cultura materiale e altre “cose” (alberi, rocce, oceani) per dare un senso complessivo ed espressione a ciò che essi sono. e (Esempio del libro): All'apice del movimento indipendentista, negli anni Settanta, era fondamentale per i nazionalisti favorire un forte attaccamento a una cultura particolarmente Quebecois. Uno dei modi per raggiungere tale scopo fu quello di promuovere l'idea di un patrimonio nazionale (le patrimoine), una lunga lista di “beni culturali” di proprietà del popolo ed espressione della sua identità. Alle “cose vecchie” era dato il posto d'onore nell'elenco, che si trattasse di famosi edifici storici o, più semplicemente, di antichi aratri o sedie d'antiquariato. La lista comprendeva tuttavia anche animali, per esempio il cavallo del Canada (diretto discendente della razza equina mandata in Canada da Luigi XIV) e perfino il patrimonio linguistico. È chiaro che il significato, o il valore, costituisce un legame tra i due aspetti della cultura finora discussi. Per certi versi potremmo anche concludere che il carattere materiale della cultura consegue da quanto detto sui Kulturbrille: non sentiremmo che quella sedia antica su una bancarella della città di Quebec esprime le patrimoine nazionale a meno di non essere dei nativi del luogo con un punto di vista ben preciso. Questo non è tuttavia l’unico modo in cui la teoria antropologica della cultura è stata elaborata con un preciso riferimento agli oggetti materiali. Esistono altri modi fondamentali in cui la concretezza della cultura assume importanza e uno di essi è applicato al meglio in archeologia. Uno studioso tra i più autorevoli ha descritto l'archeologia come “lo studio dei LA CULTURA 5 popoli passati basato sulle cose che hanno trasmesso ai posteri e sui modi in cui hanno lasciato la loro impronta nel mondo”. Nelle parole di James Deetz, si tratta dello studio delle piccole cose dimenticate: resti di vasellame da cucina, fondamenta di case, tubi di argilla, strade, pozzi, tumuli sepolcrali e perfino discariche di rifiuti, il tutto attentamente scavato, spazzolato con cura e, quando possibile, rimesso insieme pezzo per pezzo, di solito da un piccolo gruppo di studiosi che lavorano sul campo. * Le cose rivestono un’importanza da non sottovalutare, e rappresentano una risorsa preziosa per scoprire il nostro passato. * L'attenzione degli archeologi verso la cultura materiale ci aiuta a tracciare lo sviluppo delle società umane. Gli archeologi hanno esaminato con scrupolo di tutto per fare luce sul corso della preistoria. L'impostazione metodologica utilizzata da Fiona Coward nelle sue ricerche nel Levante, per esempio, include la creazione di modelli geospaziali con il Geographic Information System (Gis), al fine di calcolare la portata delle reti sociali nel periodo Epipaleolitico e nel primo Neolitico. Usando il Gis, la Coward traccia l'estensione dei ritrovamenti di resti di cultura materiale con caratteristiche simili a una determinata area. L'oggetto di studio e le scoperte dell'archeologia racchiudono un'importante lezione: il punto non è semplicemente che la cultura materiale è un veicolo di significati, nel modo in cui i nazionalisti Quebecois riescono a incanalare i sentimenti per la loro causa; il punto è che la cultura stessa - la capacità di essere un “nativo” e avere in primo luogo un proprio punto di vista - risulta impossibile senza questa infrastruttura materiale. Sono le cose che contribuiscono a creare le condizioni in cui si rende possibile il significato. Nella generazione che precedette Boas e Malinowski, il progetto di studio antropologico era legato molto più strettamente a un preciso interesse per il lungo raggio d'azione della storia. L'archeologia contribuì a soddisfare tale interesse. Nella prima teoria antropologica basata sulla cultura materiale esiste tuttavia un altro importante filo conduttore: l’evoluzionismo sociale. L'evoluzionismo sociale ha rappresentato il primo importante approccio metodologico dell’antropologia, ispirato dalla teoria di Darwin sull'evoluzione per selezione naturale. Sull'origine delle specie di Charles Darwin (1859) ebbe un profondo impatto sull'emergente disciplina dell'antropologia. La cultura, quanto la biologia, era LA CULTURA 6 da intendersi come soggetta a leggi precise e classificabile in base a un sistema universalmente applicabile. Di fatto, l'evoluzionismo fu l'idioma del Mondo accademico alla fine dell'Ottocento. Furono questi stessi uomini a stabilire la maggior parte del paradigma metodologico e ad applicarsi duramente per sottolineare l'equivalenza tra organismo naturale e organismo sociale. Di questi “materialisti” - termine a volte utilizzato per descriverli, e senza dubbio illuminante -, Spencer era particolarmente risoluto a dimostrare la bontà di quella equivalenza. Il suo lavoro sull’’evoluzione della società” è pieno di analogie con il mondo della biologia. Fu soprattutto Tylor ad applicare alla cultura la maggior parte degli elementi teorici evoluzionisti, usando il concetto di evoluzione per descrivere quelle che egli chiamava “le fasi della cultura”, cioè tappe che potevano essere classificate e conosciute secondo misure materiali. Vi è un errore estremamente grave nell’evoluzionismo sociale; Nelle opere di questi scienziati sociali, a differenza di Darwin, l'evoluzione assume una connotazione teologica (ha un preciso disegno e una finalità) così come una pesante dose di sapore morale. L'uomo con il cappello a cilindro, infatti, non è solo culturalmente più evoluto del selvaggio in perizoma, non è soltanto un “organismo più complesso”: egli è migliore. L'evoluzionismo sociale non è che una filosofia morale mascherata da scienza. Sotto questo aspetto, figure come Tylor si rifacevano a un altro importante e ancora attuale uso del concetto di cultura, definito da Matthew Arnold , poeta e saggista contemporaneo di Tylor. Tale concetto viene spesso illustrato come una definizione della cultura “da teatro dell’opera” e trova un riflesso nei giudizi di persone ritenute “colte” o “più colte” di altre. In tale rappresentazione stereotipata, la “cultura” in questa accezione, significa Mozart, non Madonna. Boas criticò apertamente l'evoluzionismo sociale, che dagli anni Venti era stato relegato ai margini dell’antropologia accademica. L'evoluzionismo sociale non perse mai in ogni caso tutti i suoi sostenitori. Esso conobbe infatti una rinascita negli anni Cinquanta e Sessanta, per esempio nell'opera di Leslie White e Julian Steward. Nonostante i loro notevoli disaccordi, White e Steward non rifiutarono mai del tutto il linguaggio generale sviluppato nel XIX secolo da Tylor, Morgan e altri. Ritenevano inoltre che, dopo Boas, l'antropologia si fosse troppo immersa nei dettagli della cultura. Anche per White e Steward, la scienza continuava ad avere un accento autorevole, mentre per molti degli studenti di Boas avevano sensibilità più umanistiche. È da notare che gli evoluzionisti sociali operavano più strettamente con gli archeologi e con un esplicito interesse per il reperto archeologico; LA CULTURA N
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