Scarica la dignità dell'uomo : Giovanni pico della mirandola analisi dell'opera e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Lorenza Amitrano 29 novembre 2020 La dignità dell’uomo Pico della Mirandola Composta tra il 1485 e il 1486, pubblicata postuma nel 1496, l' "Orazione sulla dignità dell'uomo" venne concepita come l'introduzione a un'opera molto più ampia in cui l'autore intendeva sostenere novecento tesi filosofiche tratte da varie tradizioni culturali, al centro delle quali stava l'esaltazione dell'uomo come sublime “nuova creatura" (riga 9) di Dio , e come essere superiore a tutti gli altri esseri viventi , data la sua capacità di cogliere la grandezza divina, con la quale, viene instaurato un vero e proprio rapporto personale, quasi paterno , tra il “sommo padre” e “il nuovo figlio” (riga 9) , come li definisce lo stesso autore: non si parla più di un Dio razionale che emana la molteplicità dall’alto del suo Iperuranio, che è la causa di tutto, che origina il movimento, ma anzi, sulla scia di Agostino, vediamo l’affermarsi di un Dio, consapevole della sua creazione, e della libertà di essa di forgiare il proprio destino, scegliendo il ruolo più adatto a sé nel mondo; l'autore "drammatizza" questo concetto immaginando le parole con cui Dio si rivolge ad Adamo, simbolo dell’umanità, dopo averlo creato e posto al centro del mondo, in tono solenne gli dice : “Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu, arbitro e sovrano di te stesso artefice ti plasmassi e ti scolpissi in quella forma che avresti preferito. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine» (righe 25-29) , siamo davanti a una delle più alte espressioni del concetto di antropocentrismo che caratterizza la cultura dell’Umanesimo. Ma Dio, non è solo il principio di tutto, è anche “Amore generoso” (riga 14) che in virtù della sua “somma liberalità” (riga 30) e della sua “Sapienza” (riga 13) , capii che “desiderava ci fosse qualcuno capace di comprendere le ragioni di un’ opera così grande, di amarne la bellezza e di ammirarne la vastità immensa”(righe 5-7), un qualcuno non solo frutto di un desiderio, tanto profondo che fosse, ma “opera necessaria”(riga 13) , voluta dallo stesso Dio, “di natura indefinita”(riga 18), a differenza di quella degli altri esseri viventi che “è imbrigliata da precise leggi”(righe 22-23) prescritte da lui stesso, in questa è riassunta tutta l’immensità della sua creazione , “a colui cui nulla poteva largire di specificatamente proprio, fosse comune tutto ciò che era stato dato partitamente a ogni singola creatura”(righe 16-17) e può, così posto al centro dell’universo (righe 18-19), contemplarla (riga 10; righe 24-25). L’uomo quindi, è insieme a Dio, personaggio princeps di questo brano, rappresentato non solo come, figlio di Dio, nuova creatura necessaria, di natura indefinita, ma soprattutto è possessore di quello che chiamiamo libero arbitrio, assente nel Medioevo, valore preponderante, invece, nell’Umanesimo, ricalcato più e più volte all’interno del testo sia attraverso le parole pronunciate da Dio verso Adamo, sia attraverso particolari espressioni che individuano questo aspetto fondamentale 1
