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La divina commedia descrizione generale e analisi del primo canto dell’inferno., Appunti di Italiano

Il documento contiene un analisi generale della Commedia, della sua cronologia e data di pubblicazione, dello stile del poeta e della sua visione del mondo, della metrica dell’opera, dei suoi livelli di interpretazione… Perfetto per preparare un’interrogazione nelle scuole superiori.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 21/09/2023

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mia-di-marco 🇮🇹

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Scarica La divina commedia descrizione generale e analisi del primo canto dell’inferno. e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! La Divina Commedia, introduzione generale e primo canto dell’Inferno. Dante Alighieri con la sua “comedìa” ha creato un capolavoro che è alla base della letteratura italiana e della nostra lingua, ha infatti definito un linguaggio che da dialetto regionale ha assunto le forme di una vera e propria lingua nazionale, in grado di dare voce ad ogni aspetto della realtà e del pensiero umano. La cronologia è incerta, ma possiamo dire che la stesura dell’opera ha avuto inizio fra il 1304 e il 1307, che l’Inferno sia stato concluso intorno al 1308, il Purgatorio intorno al 1313, mentre il Paradiso sarebbe stato portato a termine pochi mesi prima della morte, nel 1321. Il titolo come possiamo immaginare fa riferimento al genere letterario della Commedia, nel quale, in maniera analoga alla trama dell’opera, da una situazione difficile, in questo caso l’Inferno, si giunge al lieto fine, ossia alla salvezza del Paradiso. Un’altra motivazione è di tipo linguistico. Infatti nel medioevo si distinguevano uno stile sublime (gravis), uno medio (mediocris), uno umile (humilis). A questa tripartizione Dante sovrappone tre diversi generi poetici – tragedia, commedia ed elegia. Per la stesura dell’opera Dante sceglie lo stile “medio”, quindi associato alla Commedia, consapevole dei temi che dovrà trattare, quali per esempio le pene infernali ( Dante spiega ciò nella Epistola XIII al signore di Verona Cangrande della scala, di cui è stato al servizio dal 1313 al 1318 ) Parliamo di Commedia in quanto è questo il titolo attribuitogli in origine da Dante, l’aggettivo Divina fu aggiunto dal Boccaccio , incaricato di dare pubblica lettura dell’opera, nel Trattatello in laude di Dante (metà del XIV sec.) e comparve per la prima volta in un’edizione del 1555 curata da Ludovico Dolce. L’opera si propone anzitutto di descrivere 1) la condizione delle anime dopo la morte, 2) ma è anche allegoria del percorso di purificazione che ogni uomo deve compiere in questa vita per ottenere la salvezza eterna e scampare alla dannazione. 3) È anche un atto di denuncia coraggioso e sentito contro i mali del tempo di Dante, soprattutto contro la corruzione ecclesiastica e gli abusi del potere politico. Importante è considerare la situazione di Dante al periodo di scrittura dell’opera: ricordiamo il suo esilio da Firenze nel 1302 e il suo peregrinaggio per le varie corti italiane ( in Lunigiana dai Malaspina, dai Della Scala di Verona, e dai Da Polenta a Ravenna ), parla quindi dal punto di vista di “ exul immeritus “, deluso e pieno di risentimento per l’ingiustizia subita. Ovviamente non è solo spinto da sentimenti di vendetta, infatti come vedremo nell’Inferno non sono presenti solamente i suoi nemici. Dante ha una profonda coscienza morale e religiosa, e viene segnato dalla condizione peccatrice in cui riversava l’Italia. Visione del mondo di Dante Ha una concezione finalista e provvidenziale, secondo la quale ogni scelta che si compie è parte del progetto di Dio. I due più clamorosi segni della volontà divina erano stati 1) il Cristo sceso in terra 2) la creazione dell’Impero (permise ai cristiani di muoversi liberamente e diffondere il messaggio cristiano) Nonostante l’impero sia stato creato dall’uomo, viene ricondotto al progetto divino, come d’altronde tutto nel mondo medievale, dominato da una forte visione allegorica, e ciò accadeva anche nella lettura dei classici (epitomi). Allegoria: immagine concreta che rimanda ad un altro significato, spesso complesso (es. le tre fiere rappresentano i peccati dell’uomo; il significato dei tre animali non è casuale: Dante fa riferimento infatti ai bestiari medievali) Prevale anche una concezione figurale, secondo la quale ogni fatto poteva essere visto come un’anticipazione, o “prefigurazione” di qualcosa che doveva avvenire. Per esempio Mosè che salva gli Ebrei dall’Egitto era considerato come profezia di Cristo che salva l’umanità. Mosè è quindi la “figura”, e Cristo “l’adempimento”. La differenza fra allegoria e figura e che nella figura sia la figura che l’adempimento sono reali, storici, mentre l’allegoria rimanda spesso a concetti astratti. Visione cosmologica Si identifica con la teoria geocentrica formulata da Tolomeo nel II secolo d.C, che sostiene che la terra sia immobile e gli astri si muovano attorno a essa. Visione coerente con ciò che sosteneva la teologia. Lingua e stile Quanto alla lingua, Dante si serve del volgare fiorentino già usato nelle precedenti opere, benché ricorra anche a latinismi, francesismi, provenzalismi e prestiti da varie altre lingue, coniando anche neologismi (es. “Trasumanare”). In particolare nell’inferno, date le tematiche, Dante si servirà di una straordinaria varietà di registri linguistici, con l’obiettivo di rappresentare in modo realistico la condizione dei dannati. Questo ha portato gli studiosi a parlare di plurilinguismo dantesco. poetico. Si giustifica indicando la lupa come la bestia selvaggia che gli sbarra la strada, pregando Virgilio di aiutarlo a superarla. Virgilio riprende la parola spiegando a Dante che, se vuole salvarsi la vita, dovrà intraprendere un altro viaggio. Infatti la lupa è animale particolarmente pericoloso e malefico, incapace di soddisfare la propria fame, che uccide chiunque incontri. Virgilio profetizza poi la venuta di un «veltro», un cane da caccia che ucciderà la lupa con molto dolore e la ricaccerà nell’Inferno da dove è uscita. Costui non sarà interessato alle ricchezze materiali ma ai beni spirituali, e la sua origine sarà umile . Egli sarà la salvezza dell’Italia, per la quale già altri personaggi hanno dato la vita, come i troiani Eurialo e Niso, la regina dei Volsci Camilla, il re dei Rutuli Turno, tutti cantati dallo stesso Virgilio nell’Eneide. Virgilio conclude dicendo a Dante che dovrà seguirlo in un viaggio che lo condurrà nei tre regni dell’Oltretomba: dapprima lo condurrà attraverso l’Inferno, dove sentirà le grida disperate dei dannati; poi lo guiderà nel Purgatorio, dove vedrà i penitenti che sono contenti di espiare le loro colpe per essere ammessi in Paradiso. Qui, però, non sarà Virgilio a fargli da guida: egli non ha creduto nel Cristianesimo, quindi Dio non può ammetterlo nel regno dei Cieli. Sarà un’altra anima, più degna di lui, a guidare Dante in Paradiso, ovvero Beatrice. Dante risponde a Virgilio pregandolo di fargli da guida in questo viaggio, poiché è ansioso di vedere la porta di san Pietro e le pene dei dannati. Virgilio inizia a muoversi e Dante lo segue. Allegorico Dante vuole comunicarci che, all’età di 35 anni, si è ritrovato in una condizione di peccato, in una selva “ oscura”, proprio per l’assenza della luce della ragione e della luce divina, dopo aver smarrito la diritta via, poi definita anche verace, ossia la via del bene, che conduce a Dio. Non ricorda bene quanto è avvenuto, tanto era pieno di sonno, a sottolineare come il suo smarrimento sia stato causato da una progressiva inerzia spirituale, come un’ottenebrazione, un oblio della coscienza morale ( sonno ). Vede il colle, illuminato dai raggi del sole e posto in alto, a rappresentare la speranza divina, la riconquista del bene e della verità ( contrapposto al basso della selva e dell’inferno ) ma viene ostacolato nel suo cammino verso la Grazia dalle tre fiere, che rappresentano allegoricamente i tre vizi che impediscono agli uomini di giungere alla salvezza: la lonza rappresenta la lussuria, infatti nei bestiari medievali era rappresentata come un’animale crudele e sempre in calore, poi il leone, simbolo della superbia, e la lupa, la più pericolosa, che rappresenta invece l’avidità, la cupidigia, ed è il vizio più pericoloso che ha compromesso la vita cristiana ma anche le istituzioni ecclesiastiche e civili. In suo aiuto accorre Virgilio, allegoria della Ragione, che avvicina a Dio, ma che dovrà essere poi supportata dalla teologia e dall’opera della Grazia divina, rappresentata invece da Beatrice. Dante sceglie Virgilio come guida in quanto è il suo modello di riferimento in relazione allo stile e alla forma. Inoltre Virgilio è considerato nel Medioevo saggio profeta del Cristianesimo in quanto nella quarta egloga parla di un bambino portatore di pace, identificato nel Medioevo con Cristo. Nell’Eneide, inoltre, Enea discende nell’oltretomba ( catabasi ), proprio come farà Dante e aveva fatto anche San Paolo. Enea è anche il progenitore della Gens Iulia, la stirpe dell’Imperatore Augusto ammirato da Dante in quanto portatore di pace sotto il suo impero, proprio come Dante desideri avvenga al suo tempo. Virgilio pronuncia poi la celebre profezia del Veltro, che resta oscura ancora oggi ma ne possiamo dare comunque un’interpretazione. Il Veltro è letteralmente un cane da caccia ma va inteso come un riformatore atteso da Dante ma anche da molti suoi contemporanei, convinti della necessità di un intervento straordinario della Provvidenza, capace di ristabilire quell'ordine seriamente compromesso nell'ambito sia religioso sia politico dalla cupidigia e dalla perdita dei valori legati alla tradizione. Molti pensano a un restauratore religioso francescano o domenicano in grado di dare alla chiesa e alla comunità cristiana quello slancio evangelico da tempo perduto, chi invece poi privilegia l'aspetto politico pensa a Cangrande della Scala signore di Verona, oppure all'imperatore Arrigo VII. Vi sono poi molte altre interpretazioni ma nessuna è del tutto convincente quindi sembra più logico pensare a una ideale e ipotetica personalità.
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