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La donna nel ruolo di intellettuale nella storia e nella letteratura, Appunti di Storia Moderna

Appunti sulla donna come intellettuale in campo storico e letterario

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 06/06/2023

chiara-giaca
chiara-giaca 🇮🇹

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La donna nel ruolo di intellettuale nella storia e nella letteratura e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! «Intellettuale» è un termine indeclinabile che racchiude a sé uomini o donne ma anche uomini e donne, al giorno d’oggi, quando si pensa ad un intellettuale si pensa esclusivamente ad una figura maschile, che potrebbe essere anche un patriota o un tiranno; la storia è vista dal punto di vista maschilista, come se fosse universale e non è un fatto d’ingenuità studentesca. Dalla scoperta dell’America fino alle guerre napoleoniche, quindi nell’età moderna, ci sono state donne intellettuali? Se è sì, qual è stato il loro rapporto con il potere? Ovviamente, ci sono e sono esistite donne intellettuali come Virginia Woolf, la cui opera manifesto del suo lavoro è “Una stanza tutta per sé”; dove racconta di dover sostenere una discussione sul rapporto donna-romanzo e si prepara per tale discussione in una biblioteca a Londra rendendosi conto che è un argomento molto complesso poiché, in storia la donna non ha mai avuto la strada spianata ma erano costrette ad eseguire dei lavori domestici. Nel libro inoltre, per dimostrare ciò che teorizza, immagina cosa sarebbe accaduto se Shakespeare avesse avuto una sorella di nome Judith, anch’essa meravigliosamente dotata. Mentre William si appassiona al teatro diventando anche attore di successo e dunque sarà al centro dell’attenzione della società del suo tempo, e probabilmente anche invitato al palazzo della regina, la sorella, ugualmente dotata, sarà costretta a stare a casa anche se non ha niente in meno del fratello: lei è ugualmente avventurosa, piena d’immaginazione e vogliosa di conoscere il mondo, però l’unica cosa che non ha potuto fare è stata quella di studiare nemmeno da un libro di suo fratello, non conosceva la grammatica e la logica, non poteva leggere Orazio e Virgilio; quando provava a prendere un libro per provare ad imparare qualcosa, i genitori la distoglievano da tale impegno per farla dedicare ai lavori domestici e “non farle perdere tempo tra carte e libri”. Arrivata all’età della pubertà e quindi del matrimonio, lei protestò poiché vedeva il matrimonio combinato come un qualcosa di abominevole e suo padre la picchiò. Ma dopo, cambiando tono, le chiese di evitare di dar loro questa vergogna e questo dispiacere, ma Judith scappò di casa per dirigersi verso Londra; lì provò a lavorare in un teatro ma anche lì venne derisa e schernita dagli attori del teatro poiché nessuna donna poteva recitare e nessuno poteva insegnarglielo. Poco tempo dopo ella rimase incinta di un giovane attore e regista, motivo per cui si tolse la vita e venne poi seppellita ad un incrocio dove ora si fermano gli autobus. Nel 1500, riepilogando la teoria della Woolf sulla donna come intellettuale, qualunque donna avrebbe finito i suoi giorni nel peggior modo o si sarebbe suicidata, dunque niente donne intellettuali e l’unico rapporto con il potere che potevano avere era quello di sottomissione e di stigmatizzazione. Virginia Woolf conclude il suo libro affermando che una donna, per lavorare col proprio cervello, dovrebbe avere una stanza tutta per sé. A 90 anni dalla pubblicazione di tale libro, ci sono state e chi sono state le donne intellettuali? Se effettivamente sono esistite, hanno fatto la fine di Judith? Gramsci, durante la sua prigionia, propose il problema dell’intellettuale, senza curarsi del genere, dicendo che l’intellettuale non è contraddistinto non da una capacità intellettiva superiore ma dalla sua responsabilità sociale di produrre e diffondere conoscenza; in seguito, fa una distinzione tra intellettuale tradizionale ed intellettuale organico il quale è una figura appartenente ad una classe e che dà a questa classe omogeneità con la loro produzione culturale. In realtà sono una classe in sé dunque hanno una propria identità e, secondo lui, gli stessi preti sono intellettuali poiché anche loro lavorano col cervello e con la cultura. Le donne hanno un ruolo marginale, non partecipano attivamente alla politica oppure agiscono dietro una figura maschile. Questa continuità del patriarcato si interrompe e lo si vede con le regine, le feudatarie, le donne che tengono botteghe ma sempre in maniera informale, erano delle eccezioni per mantenere saldo il potere del patriarcato. Noi sappiamo che nel Medioevo ci furono donne come Christine de Pizan, aristocratica che nel 1300 spiegò in un’opera come le donne fossero pari agli uomini e che il loro ruolo di accessori fosse falso. Sappiamo anche che ci sono state donne dell’aristocrazia feudale che avevano partecipato alla costruzione dell’amor cortese il quale, usciva dai canoni del matrimonio patriarcale e queste donne poetavano in prima persona oppure mettevano a disposizione le loro corti per circoli di artisti e poeti di entrambi i sessi; Joan Kelly, storica, nel saggio “Le donne hanno avuto un Rinascimento” dice che in questo periodo storico le donne, anche le signore delle corti, hanno avuto una restrizione a ruolo prettamente decorativo dove erano miti e caste, diversamente dai canoni dell’amor cortese, e l’Umanesimo ha sottomesso figli e figlie ad un uomo umanista; Renata Argo scrisse un libro sul gioco di squadra dove le donne esercitano potere solo fra le donne e gli uomini fra gli uomini e le donne e il potere femminile veniva giocato in una strategia di potere familiare. Riprendendo la discussione su Joan Kelly, lei rimarca che le cronologie non sono uguali per uomini e donne infatti, se per gli uomini il Rinascimento è stato progressivo, per le donne il periodo del Rinascimento non è stato propizio. Il gioco di squadra, trattato da Renata Argo, ha permesso alle donne di ricavarsi spazi importanti di potere infatti divennero delle attive promotrici di cultura e ne erano un esempio le badesse e le monache che, in età moderna, sono considerabili intellettuali in quanto erano donne che governavano gli spazi monasteriali ed esercitavano potere, questo dovuto anche al fatto che molte si davano alla clausura come la Monaca di Monza. Le monache, che non erano badesse, entravano in queste reti come parenti o alleate delle badesse e, se erano dotate di talento, potevano dedicarsi alle attività intellettuali potendo “venir meno” ai loro doveri ed essere, per l’appunto, committenti di opere pittoriche e musicali. Si parla infatti di opere artistiche e letterarie claustrali. Nella Napoli del 1700 le clarisse, le francescane, le benedettine, le domenicane, le agostiniane erano artiste poiché erano committenti di musica per riti e culti e per il teatro claustrale in convento durante le festività. Gli artisti e gli artigiani avevano le loro botteghe, nelle quali erano presenti le donne ma non in forma pubblica. L’educazione rivolta alle donne era informale e dunque non facevano carriera e non potevano avere corporazione; l’educazione impartita era organizzata con alcune opportunità informali formative della bottega che poteva essere del padre, del marito o anche del padrone e loro si limitavano a frequentarle in quanto figlie, mogli e serve. Come pittrici riconosciute abbiamo nella Bologna del 1500 donne come Lavinia Fontana e nel 1600 Artemisia Gentileschi le quali conobbero, presso la bottega paterna, molti pittori famosi. Lavinia Fontana arrivò anche a lavorare artisticamente per una chiesa realizzando una pala d’altare e il marito, anch’egli pittore, le farà da assistente; Artemisia Gentileschi divenne famosa per aver rifiutato il matrimonio riparatore col suo stupratore, egli era un pittore presso il quale il padre l’aveva messa a bottega, e poi si sposò con un altro uomo e divenne pittrice. Palermo ha il vanto di avere lavori di donne artiste come Sofonisba Anguissola che nel 1500 divenne pittrice presso la corte di Filippo II di Spagna, figlia di un padre che però
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