Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La falsa inimicizia. Guelfi e Ghibellini, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto libro la falsa inimicizia.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 14/10/2019

jack-bonolli
jack-bonolli 🇮🇹

4.4

(10)

15 documenti

1 / 14

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica La falsa inimicizia. Guelfi e Ghibellini e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! LA FALSA INIMICIZIA: GUELFI E GHIBELLINI NELL'ITALIA DEL DUECENTO INTRODUZIONE “Guelfi” e “ghibellini” sono due termini nati negli anni Quaranta del Duecento in Toscana e poi divenuti di uso generale presso i cronisti di tutta Italia diversi decenni prima. Prima di queste date si parlava di “parte della Chiesa” (pars Ecclesiae) e di “parte dell'Impero” (pars Imperii). Probabile che “guelfi” e “ghibellini” rimandino alla contesa per il controllo della corona imperiale (1212-1215) tra Federico II di Svevia, appoggiato da papa Innocenzo III, e Ottone IV di Brunswick → Ottone discendeva dal duca Guelfo (Welf) di Baviera, mentre Dederico appartaneva alla casata di Svevia, il cui castello avito era Weiblingen (“Ghibellino” in italiano) → in Italia, Milano e le città alleate si schierarono con Ottone, mentre papa Innocenzo III e altri comuni presero le parti di Federico. Non risulta comunque che i due fronti abbiano usato i termini “guelfo” e “ghibellino” per identificarsi → non si sa perché i fiorentini, nrgli anni Quaranta del XIII secolo, presero ad utilizzare i termini “guelfo” e “ghibellino” per identificare chi parteggiava per la Chiesa e chi per l'Impero. Il cronista angioino Andrea Ungaro, narrando nel 1272 della battagflia di Benevento, utilizzò per primo questi due termini attribuendovi un carattere generale, imitato poi dal romano Sabo Malaspina. Il quadro della vita politica del Duecento è comunque più sfaccettato e articolato. Non è vero che la vita politica si artcillasse intorno a tale polarizzazione. → quest'ultima era legata all'interesse di specifici gruppi di potere che manipolavano a loro vantaggio il conflitto → aderire ad una parte poteva legittimare ideologicamente un governo, con la presenza di una forza esterna armata e ideologicamente amica. Anche l'emarginazione puntava spesso ad una riammissione contrattata Non è vero anche che nei rapporti intercittadini la rivalità fra i centri vicini portasse per forza di cose all'adesione a schieramenti opposti → anche Firenze e Siena in realtà furono politicamente nemiche per poco più di un quindicennio e alleate per il secolo e mezzo successivo. → i rapporti intercittadini erano improntati a un notevole pragmatismo “Guelfismo” e “ghibellinismo” erano strumenti ideologici manipolabili da chi deteneva il potere e che potevano essere abbandonati 1 LA NASCITA DELLE PARTI (1236-1250) Poteri univerali a confronto: l'Impero contro la Chiesa Nel 1239 papa Gregorio IX scomunicò l'imperatore e re di Sicilia Federico II. La cancelerie di quest'ultimo, guidata da Pier delle Vigne contesta e chiama i sovrami d'Europa avvertendoli del roschio di finire assoggettati alle brame del ponteifde. A sua volta, il pontefie fece circolare una missiva in cui accusava l'Imperatore di essere al servizio dell'Anticrist → si era giunti alla rottura definitiva tra papato e Impero. Nel 1241 Gregorio indisse un concilio a Roma per chiamare la Chiesa a raccolta contro l'Imperatore, ma la flotta pisana al servizio di Federico intercettò le navi che portavano i cardinali francesi e li prese prigionieir, facendo fallire l'iniziativa. Con Innocenzo IV vi fu per breve tempo la speranza di una riconciliazione → trattative fallirono.. Navi genolvesi portarono il ponteifce in Francia, dove si pose sotto la protezione di Luigi IX. Da Lione, il Papa scomunicò nuovamente Federico e lo definì spergiuro ed eretico. L?Imperatore allorà radunò un esercito per marciare su Lione ma le difficoltà militari nella lotta ai comuni capeggiati da Milano lo scoraggiò. Lo stesso scontro tra papa e imperatore si combatteva negli stessi anni nell'Italia centro-settentrionale tra Federico II e le città a lui alleate e i comuni che intendevano difendere la loro autonomia, riuniti intorno a Milano e appoggiati dal Papa. Nel 1236, nel giro di due anni, l'Imperatore, affiancato da Ezzelino da Romano, assogettò Padova, Treviso, Vicenza e Mantova. Nel 1237 a Cortenuova l'imperatore quasi annienta l'esercito di Milano. Allora, Gregorio IX invia nella città un suo ambasciatore, il suddiacono Gregorio da Montelongo. Grazie a lui, fu possibile fermare due offensive lanciate da Federico contro Milano. → sfumò per Fedrico la possibilità di ottenre una rapida vittoria e e la guerra continuò per altri 12 anni, fino alla orte dello Svevo nel 1250. Negli anni Quaranta il meccanismo bellico era affinato e alla mobilitazione degli eserciti su un fronte ne corrispondeva una speculare sull'altro → i comuni avevano la sicurezza di ricevere aiuti ma dovevano produrre sforzi a volte anche insopportabili quando chiamati in soccorso. 1247-48: i due schieramenti si contesero il controllo di Parma → le sorti dell'assedio si rivelarono decisive per gli equilibri del conflitto. A Parma aveva preso il potere il partito antimperiale Imponendo dall'alto: la parte dell'Impero All'interno delle comunità urbane la neutralità era impossibile → la Chiesa e l'Impero cercavano di condizionare le grandi decisione politiche determinate dalla volontà popolare che si esprimeva nei consigli e nelle assemblee Si cominciano a consideraro i sostenitori della parte avversa come “traditori dell'Impero”: per la prima volta succede a Padova (1237) per volontà di Ezzelino da Romano → opporsi all'Impero diventa reato capitale di alto tradimento e di lesa maestà Anche i prigionieri di guerra venivano fatti uccidere Atteggiamento di Federico verso i suoi avversari diventa più spietato dopo il 1246, quando un gruppo di aristocratici meridionali tenta una rivolta contro l'Imperatore → iniziano dei veri e propri pogrom. Vedi esempio della famiglia dei Rossi a Parma, sospettata di essere eccessivamente filopapale o di Firenze (1248), dove l'Imperatore aveva il sosyegno degli Uberti Operando dal basso: la parte della Chiesa La Chiesa decise invece di agire all'interno e non al di sopra della società comunale.-> cercavano di persuadere e non di obbligare i governi cittadini ad assumere un governo a lei favorevole → mise in piedi un efficacissimo apparato di pressione, rappresentato dalla rete dei conventi dei Frati Minori e dei Frati Predicatori (1232-33: grande campagna di predicazione dell'Alleluja) La propaganda imperiale, animata dalla penna di Pier delle Vigne, si affidava quasi esclusivamente alla parola scritta e si rivolgeva in modo prioritario alle élites → al contrario, la Chiesa seppe agire su diversi piani: da un lato, i letterati della Chiesa replicavano alle missive di Pier delle Vigne, dall'altro i frati francescani e domenicani predicavano nelle chiese e nelle piazze, raggiungendo così anche la massa della popolazione urbana. Oltre alla aprola, la Chiesa ricorreva anche ad alcuni provvedimenti, come ad esempio la riforma fiscale promossa a Milano nel 1240 da Gregorio di Montelongo, al fine di ripartire più equamente il peso delle tasse Grande attenzione riservata alle donne: nelle cronache di parte veniva attribuito a Maria il merito di aver salvato Parma dalla minaccia imperiale Nelle parole dei frati, i filoimperiali erano pressoché parificati agli eretici guerre finirono col creare una forte instabilità interna ed esterna → paradigmatico quanto accadde a Piacenza: il podestà locale fu accusato di aver dirottato verso Parma parte del frumento mietuto nelle campagne piacentine (secondo le cronache parmigiane, invece, furono i piacentini a sequestare un carico di frumento milanese diretto a Parma). Ad ogni modo, i popolari piacentini insorsero contro il podestà (Matteo da Correggio) e chiamarono un rettore da Genoa, anch'egli filopapale. Pretesero però che almeno le famiglie dei popolari bandite in quanto ghibelline venissero riammesse in città. Fu creata la nuova carica di Capitano del Popolo e vi fu eletto Oberto Iniquità. Dopo nuovi tumulti, però, la città passò dalla parte sveva. Anche Milano aveva vinto la guerra a caro prezzo. Per pagare i cittadini che avevano prestato servizio militare, il comune ricorse a “carte di debito”, che infestarono per decenni l'economia milanese. Per pagare le spese belliche, si dovettero vendere tutti i beni fondiari del comune. Nel frattempo, aristocrazia e popolo erano in conflitto aperto: Gregorio da Montelongo aveva favorito il popolo attraverso una più equa tassazione, ma dopo la fine della guerra l'aristocrazia riuscì a fare allontanare il Montelongo. Alle tensioni politiche si aggiunsero quelle religiose: nel 1252 il farte Pietro da Verona fu fatto assassinare forse perché vicino alle famiglie aristocratiche in odore di ghibellinismo. Si verificarono battaglie a mano armata per le strade, dalle quali uscirono vincitori i popolari. Per risolvere l'emergnza si chiamò quale podestà un ex-collaboratore di Federico, Manfredi Lancia, ora in rotta con il nuovo imperatore Corrado IV. Questa nomina era volta anche ad una pacificazione interna con la pars imperii. In questo contesto era urgente giungere ad una pace generale, per evitare il disgregarsi dell'alleanza filopapale. A tal fine si adoperò Innocenzo IV: abbandonò intransigenza e lavorò per la riconciliazione tra le fazioni (addirittura intervenne in favore dei ghibellini di Genova e Parma). Nel 1253, diede ordine al patriarca di Ravenna Filippo da Pistoia di creare una conciliazione tra le due fazioni nella Romagna mentre specularmente il vicario imperiale Oberto Palavicino lavorare per una pacificazione. La fine della guerra fu spesso l'occasione perché le forze del Popolo assumessero il potere → caso più emblematico: Firenze → il Popolo prese le armi, cacciò i rappresentanti di Federico II e poi richiamò i fuoriusciti antimperiali. Firenze in quegli anni ottenne grandi vittorie contro le città ghibelline della Toscana → divenne potenza regionale In queste operazioni di pacificazione non si cercavano il superamento della divisone fazionaria ma semplicemente un modus vivendi il più possibile pacifico. In tale situazione, si rendeva necessario un garante che potesse tutelare gli accordi → in alcuni casi (vedi Firenze) fu il popolo, più spesso si cercò una figura autorevole dotata di poteri straordinari → si finì per favorire le ambizioni politiche di singoli personaggi. In Italia la situazone era piuttosto confusa e quelli che a posteriori etichettiamo come “passaggi” di campo in realtà erano spesso convulsioni interne o tentativi di pacificazione → nelle biografie di alcuni protagonsiti politici dell'epoca possiamo verificare la labilità delle etichette di guelfo e ghibellino → es. Oberto Iniquità a Piacenza e il clamoroso voltafaccia di Manfredi Lancia, prima alleato di Federico, poi, ostile al vicario imperiale Oberto Pelavicino, divenne governante di Milano. Il ritorno della guerra Progetti di pacificazione ebbero nella maggior parte dei casi vita breve → non avvene un superamento della divisone tra filoimperiali e filopapali → anche quando venne chiamato un “arbitro” superpartes questo finì per venire attirato dagli interessi di uno o dell'altro schieramento → a Firenze si affermò sempre più la componente guelfa, mentre nell'Italia settentrionale la parte imperiale si dimostrò maggiormente compatta, grazie soprattutto all'opera di Ezzelino da Romano (sempre più dispotico) e Oberto Pelavicino → in questo contesto, Corrado IV nel 1251 scese in Italia alla testa di qualche centinanio di cavalieri tedeschi e proseguì verso sud per affermare la sua autorità sul Regno di Sicilia → la Chiesa reagì mobilitando forze armate pagate dalla curia (novità di rilievo: in precedenza, si affidava a truppe laiche: novità introdotta nel 1248 dal controverso cardinale Ottaviano degli Ubaldini che fu messo alla testa di un contingente di soldati destinati ad aiutare Parma assediata). Negli stessi anni si svolse l'offensiva condotta dal cardinale Filippo da Pistoia contro Ezzelino da Romano (era stato bollato come eretico: Alessadro IV concesse i privilegi crociati a chi seguiva FIlippo). Filippo marciò verso Padova (1256), conquistandola. La breve stagione di pacificazione si chiuse pochi anni dopo la morte di Federico → imperiali si compattarono intorno a Corrado IV e papali intorno al pontefice. I troppi eredi dell'Impero Alla morte di Federico II, la linea di successione imposta dall'imperatore prevedeva: Corrado IV, figlio maggiore, poi il figlio minore Enrico “Carlotto” e infine il figlio illegittimo Manfredi di Svevia. Carlotto, forse, fu fatto assassinare da Corrado IV, il quale estromise Manfredi dal governo. All'improvviso, però, Corrado morì lasciando come unico erede un bambino di de anni, Corradino → Manfredi si autoproclamà protettore di Corradino. Manfredi cercò un accordo col soglio pontificio ma papa Innocenzo IV si rifiutò, diffidando di lui. Scoppiò allora un conflitto nel Regno. Nel 1258 Manfredi assunse la corona di Sicilia → lo schieramento imperiale aveva un nuovo campione. Per legittimare il suo potere, Manfredi sparse la voce che Corradino era morto. III L'ITALIA DI MANFREDI (1258-65) La battaglia di Cassando d'Adda Mentre Manfredi combatteva per conquistare il trono di Sicilia, si verificò una spaccatura in seno allo schieramento ghibellino. Se la Chiesa nel 1257 fece eleggere sul trono imperiale Riccardo di Cornovaglia, altri potenti tedeschi trovarono un loro candidato nel re di Castiglia, Alfonso X. Fra le città italiane fu soprattutto Pisa a guardare con interesse alla candidatura di Alfonso (anche in vista di interessi commerciali) → il partito filoimperiale in Toscana però si divise in due tronconi, dal momento che Siena si era schierata con Manfredi. La frattura più grande nel filone imperiale però si consumava nel Settentrione → rivalità tra Ezzelino da Romano e Oberto Pelavicino. I due si erano momentaneamente avvicinati per fare fronte comune contro Filippo da Pistoia (il quale fu sconfitto e fatto prigioniero a Brescia), ma poi i due tornarono a dividersi → Oberto, interpretando il suo essere filoimperiale in continuità con Federico II e si schierò dalla parte di Manfredi; Ezzelino invece si era legato a Corradino e, visto che il giovane all'epoca non era in grado di assurgere al potere, si schierò poi dalla parte di Alfonso di Castiglia → la rivalità andò trasformandosi in scontro aperto. Il casus belli fu fornito da Milano. Qui vi era una frattura sociale fra l'aristocrazia urbana e il Popolo. Il Popolo a sua volta si spezzò in 2 tronconi-> mercanti da un lato e fondiari dall'altro. Dopo alcuni scontri, prevalse il popolo guidato dal nobile Martino della Torre. Gli aristocratici cercarono allora l'appoggio di Ezzelino da Romano , che intervenne militarmente → Martino cercò allora aiuto in Oberto, il quale, a sua volta, torvò la collaborazione di Azzo d'Este di Ferrara. L'accordo tra i due mirava ad una ripartizione dell'Italia nord-orientale tra i contraenti. Ezzelino fu sconfitto dai nemici nella battaglia di Cassano d'Adda, e morì ferito da un colpo di balestra → il cronista Rolandino considerò la vittoria di Cassano una vittoria guelfa, imitato da buona parte della storiografia → in realtà si trattò di un regolamento di conti interno allo schieramento imperiale e si rivelò un successo di Manfredi, che consolidò la sua posizione. La Chiesa però non approfittò per dialogare con Manfredi e Oberto e papa Alessandro IV rifiutò di riconciliarsi con Manfredi. Scomunicò anzi Martino della Torre, colpevole di essersi avvicinato al fronte imperiale, spingendo la famiglia della Torre nel campo ghibellino → controllò Como, Novara e Lodi. Pragmatismo degli schieramenti: Martino e i nobili che si erano schierati con Ezzelino divenenro filomiperiali. La battaglia di Montaperti Anche in Toscana si produssero movimenti politici complessi e tutt'altro che lineari. A Firenze, i filoguelfi erano in rotta col pontefice mentre i ghibellini diffidavano di Manfredi → Manfredi puntò tutto su Siena (i cui banchieri, tra l'altro, erano in rotta con la curia romana). L'alleanza non fu priva di difficoltà, perché non tutti a Siena si schierarono dalla parte dello Svevo. Si pervenne ad uno scontro tra Firenze (con contingenti di Lucca, Pistoia e Prato) e Siena nella piana di Montaperti → vinsero nettamente i ghibellini, al termine di scontri assai sanguinosi → Firenze dovette aprire le porte ai ghibellini. Questi ultimi, guidati da Farinata degli Uberti, imposero un loro governo e i guelfi fuggirono a Lucca, dove continuarono a combattere. Dopo Montaperti, quasi tutte le potenze toscane si allinearono intorno a Manfredi → nel 1261 si formò un blocco che comprendeva Siena, Pisa, Firenze, Pistoia, Volterra e Arezzo → il papa era impotente L'Italia di Manfredi Dopo le vittorie di Cassano e Montecassino, Manfredi consolidò il proprio potere. Divise l'Italia in circoscrizioni e vi pose a capo dei propri familiari (“vicari regi”) e promosse un'offensiva militare nella Marche → così facendo, comprometteva qualunque possibilità di dialogo col Papa. I guelfi erano sconfitti ma non stavano a guardare → nel Veneto approfittarono della caduta di Ezzelino e della morte del fratello Alberico, signore di Treviso, che si unì ai filopapali di Vicenza e Padova → tra i possedimenti guelfi e quelli ghibellini si trovava Verona, che manteenva un atteggiamento ambiguo. A Bologna la fazione guelfa “dei Geremei” consolidò il proprio potere. Nel centro Italia sussiteva un forte gruppo di città filopapali tra cui Roma, Perugia, Spoleto, Orvieto e Viterbo. Nelle Marche, l'avanzata di Manfredi fu fermata grazie alla resistenza dei comuni locali. Per contro, il fronte ghibellino era tutto fuorché compatto → in Toscana era difficile ricomporre la rete delle rivalità intacittadine e Lucca opponeva una notevole resistenza. In particolare, però, papa Urbano IV aveva trovato un modo per colpire le elites imprenditoriali, stabilendo che i cittadini dei comuni alleati con Manfredi non potessero più richiedere la riscossione dei propri crediti alla curia (imprenditori fiorentini e pistoiesi subito si schierarono con lui). Significativo fu quello che accadde a Siena: quella che avrebbe dovuto essere la città più fedele a Manfredi viveva in realtà dei conflitti interni che furono acuiti dalle decisioni di Urbano IV → ne sorse una serie di scontri che portarono alla creazione dei Guelfi Senesi. Nel settentrione, il dominio di Oberto non era privo di contrasti interni → Manfredi intesseva infatti una propria trama di amicizie e sottomissioni → vedi gli esempi di Ubertino Landi a Piacenza e ad Alessandria. La pace e i flagelli Per meglio comprendere i conflitti del quadro italiano tra il 1258 e il 60 bisogna spostarsi in Indonesia, dove il vulcano Samalas esplose in maniera devastante, proiettando polveri nell'atmosfera, velando il sole e causando, anche a diversi chilometri di distanza (ivi compresa l'Italia) alluvioni e straripamenti → questo comportò il successo del movimento dei frati “battuti” o “flagellati” che predicavano l'imminente abbattersi dell'ira divina sul mondo e invitavano gli f uomini alla penitenza e alla conversione per evitarlo. Praticavano l'autoflagellazione cme egno visibile della penitenza. Il loro scopo era l'adesione ad un progetto di pace. La loro esperienza ebbe inizio nel 1260 a Perugia. Da qui si diffuse all'Italia centro-settentrionale. Qui, per Geremei. Il Popolo si alleò con i Geremei che presero il controllo. La vittoria dei guelfi portò ad un cambiamento radicale: l'essere considerato “cittadino” a Bologna non poteva prescindere dall'essere guelfo → la cittadinanza non era più data per nascita o per residenza. Il numero dei ghibellini espulsi fu però talmente alto che la città ne risultò demograficamente dissanguata e perse il predominio regionale, finendo per sottomettersi all'Angiò. L'Italia, il re, l'impero Carlo aveva favorito la polarizzazione fazionaria in modo tale da allearsi con le maggioranze che, indebolite, necessitavano del sovrano per assicurarsi protezione → il papato vedeva di cattivo occhio la crescente dominazione angioina nella Penisola Alla morte di Clemente IV si verificò un periodo di interregno. Durante il conclave tenutosi a Viterbo, non si riuscì a trovare un successore in tempi brevi. La popolazione, stremata dai costi, finì per rinchiudere i prelati nel palazzo e scoperchiarne il tetto. Essi giunserò così ad eleggere un candidato di compromesso, Tebaldo Visconti, il quale prese il nome di Gregorio X. Intenzione di Gregorio era quella di condurre una crociata contro i mamelucchi egiziani per riconquistare le ultime basi cristiane in Terrasanta → primo tassello di questa politica fu quello di trattare la riconciliazione tra guelfi e ghibellini fiorentini → Carlo non ci stette, ricacciò i fuoriusciti e riaffermò ilmonopolio della Parte Guelfa → il Papa adirato gettò l'interdetto su Firenze, impedendo la celebrazione dei sacramenti Nel frattempo, il Papa decise di far eleggere alla corona imperiale un uomo di sua fiducia: Rodolfo di Asburgo. L'obiettivo di Gregorio X era quello di creare una grande pace in Occidente e riconquistare la Terrasanta, ma la morte lo colse ad Arezzo. Egli è passato alla storia come “papa ghibellino” anche se, più che altro, era Rodolfo ad essere un imperatore “guelfo” Il crollo angioino: 1276-82 Le rivalità in seno al campo guelfo, unite a quelle tra il re e il papa, minavano profondamente lo schieramento di Carlo. Il quadro politico precipitò in seguito all'intevento di Alfonso X di Castiglia, che rivendicava la corona imperiale e desiderava porsi come punto di riferimento dei rivali di Carlo → si venne a creare un blocco ghibellio a cavallo tra Piemonte, Lombardia e Liguria → causarono una sconfitta di Carlo ad Asti → le città del Piemonte sotto il giogo di Carlo cominciarono a ribellarsi → l'iniziativa ghibellina si estese in Lombardia dove gli esuli milanesi si erano riuniti intorno al vescovo Ottone Visconti → sconfissero le forze dei Della Torre a Desio, appoggiati dall'esercito di Como ribellatosi al dominio torriano. Le sconfitte in Lombardia e Piemonte resero ancora più vulnerabile Carlo → la crisi si estese anche alla Toscana, mentre la Chiesa otteneva dall'imperatore il controllo di Bologna e della Romagna. Carlo, sconfitto su troppi fronti, non seppe opporsi efficacemente alla rivolta dei vespri scoppiata in Sicilia → probabilmente la vera causa di questa serie di rivolte urbane fu dettata non tanto dalla pressione fiscale imposta dall'Angiò quanto dalla decisione di spostare la capitale da Palermo a Napoli. Dopo che il pontefice ebbe rifiutato l'aiuto agli insorti, questi trovarono appoggio nei re iberici di Aragona (il figlio di Pietro prenderà il nome di Federico III, in continuità ideologica con Federico II). Il peso della rivolta dei vespri e dell'intervento aragonse fu importante perché indebolì la fazione guelfa che, alla pari dell'Impero, si trovava ora priva di un punto di riferimento esterno. V IL COLLASSO DEGLI SCHIERAMENTI (1282-95) Il nuovo quadro politico Agli inizi degli anni Ottanta i due schieramenti erano privi di pnti di riferimento sovralocali: la rivolta dei vespri aveva minato il prestigio degli Angiò; Alfonso X di Castiglia fu deposto dal figlio Sancho; il papato dovette concentrarsi sulla rivolta del vespro e sul controllo dei possedimenti in Romagna. La mancanza di riferimenti esterni portò una frattura in seno ai due schieramenti, che finirono per destrutturarsi in una serie di rapporti personali e interpersonali L'arcivescovo e il marchese A Milano, l'arcivescovo Ottone Visconti aveva sconfitto i guelfi Della Torre e si era impadronito del potere. Gli aristocratici vincitori, però, non rispettarono il programma di pacificazione e questo portò ad uno scontro con l'opposizione, guidata da Cassone Della Torre. Questi cercò l'alleanza di Guglielmo, marchese di Monferrato, leader di un vasto schieramento ghibellino. A Guglielmo venne dato il ruolo di “capitano della città”. Nel 1281 Cassone venne ucciso in battaglia e Guglielmo assunse pieno potere a Milano. Questo causò una reazione della parte popolare, che si schierò intorno a Ottone Visconti, anch'egli ghibellino → spaccatura all'interno dei ghibellini → il conflitto tra i due capostipiti causò un geenrale rimescolamento delle alleanze in tutta la Lombardia. Un terzo protagonista della vita politica lombarda era il signore di Como Lotario Rusconi. Egli, dopo aver mantenuto buoni rapporti con entrambi i leader ghibellini, si alleò poi con Guglielmo → a Como, nel castello del Baradello, erano stati rinchiusi i Della Torre catturati in seguito alla battaglia di Desio → dopo essere stati rilasciati si unirono al marchese Ottone, per contro, trovò alleanza tra i comuni guelfi della Lombardia. Si arrivò ad uno scontro tra i due schieramenti, che praticarono una politica di alleanze spregiudicata → i milanesi però non vollero essere vittima dei giochi politici dei due leader, tanto che, mentre i due eserciti erano schierati presto la fortezza di Castelseprio, i mebri dei due schieramenti fratrrnizzarono tra loro e obbligarono i due capi a trovare un accordo Le avventure di un podestà in un'epoca di ambiguità Col passare del tempo si erano venuti a creare un circuito podestarile guelfo e uno ghibellino → col venire meno dei punti di riferimento esterni saltò anche questa polarizzazione → ce lo mostra la carriera del comasco Giovanni Lucini → fu podestà anche a Firenze, Milano e Bologna Due battaglie e molte incertezze: la Meloria e Campaldino A ben vedere, nonostante l'opinione inveterata della storiografia, anche in Toscana le contrapposizioni tra guelfi e ghibellini erano meno nette di quanto si potesse pensare. Mar Tirreno → conflitto (rivalità commerciale) tra Genova e Pisa (entrambi ghibellini) → dopo i Vespri, scoppiò una guerra tra le due potenze, inizialmente condotta per mare: nel 1284 nella battaglia della Meloria, i Genovesi ottennero una vittoria schiacciante → Pisa non capitolò e si rifiutò di accettare le condizioni di pace → il quadro politico si complicò → il governo genovese non ebbe scrupoli a trattare con le città guelfe nemiche di Pisa → si creò un'alleanza tra Genova, Firenze e Lucca in funzione antipisana → Pisa, per tutta risposta, elesse pdoestà il guelfo Ugolino della Gherardesca Toscana Occidentale → Arezzo: il popolo aveva preso il potere e gli aristocratici, sia guelfi che ghibellini, si coalizzarono in funzione antipopolare → nel tumulto, il vescovo Guglielmo degli Ubertini assunse la leadership dei ghibellini (!!!) e cacciò i membri della parte della Chiesa, facendosi nominare signore → Firenze, da tempo filopapale, organizzò due spedizioni (1288-89) contro Arezzo presentandole come guerre guelfe → nel 1289 si arrivò alla battaglia di Campaldinil che venne presentata come una rivincita della battaglia di Montaperti → a capo dell'esercito aretino, però, c'era il guelfissimo Percivalle Fieschi → la battaglia terminò con una schiacciante vittoria dei fiorentini → la guerra durò ancora due anni e si concluse con il rientro dei guelfi ad Arezzo Parallelamente, Firenze dovette combattere anche sul fronte pisano, dove un colpo di stato depose il filofiorentino Ugolino della Gherardesca. Tentativi di pace e consolidamento delle fazioni Mentre le ideologie guelfe e ghibellini conoscevano una mancanza di coordinamento sovralocale, la contrapposizione interna alle singole città raggiunse livelli di esasperazione mai conosciuti prima → si fece strada l'idea che i conflitti andavano eliminati alla radice, esiliando i componenti delle parti avverse → si cominciarono anche ad esiliare i “maganti”, membri di famiglie potenti giudicate pericolose. Paradossalmente, furono i fuoriusciti a mantenere viva una serie di alleanze sovralocali: “cercare aiuto nei nemici dei nemici” Dopo la guerra dei Vespri, le inziiative di riconciliazione intercittadina furono sempre più rare (fallimento dei tentativi compiuti da papa Niccolò III, in particolare a Bologna e Firenze, dove non ebbe fortuna il Governo dei Quattoridici, composto da esponenti guelfi, ghibellini e neutrali.) A far fallire questi tentativi di pacificazione furono anche interessi economici: i beni degli esiliati passavano alla parte avversa (alcuni possedimenti venivano distrutti e “guastati” come gesto simbolico, altri venivano espropriati e riutilizzati) La gestione dei beni sottratti ai fuoriusciti comportò anche problemi amministrativi → si crearono uffici appositi per gestire le procedure di riassegnazione, come quello dei Malesardi a Milano. VI IL PAPA E IL POETA Bonifacio VIII Nel 1294 Celestino V abdica e al suo posto viene eletto Bonifacio VIII → vero che era avido e faceva gli interessi della sua famiglia, ma si dimostrò anche intelligente e seppe capire la situazione comunale italiana. Vescovi, crociate e fazioni La frequente conflittualità delle dinamiche comunali diede a Bonifacio il pretesto per intervenire nella politica interna e condizonarla a suo favore → mirò a creare una rete di suoi sostenitori (non necessariamente guelfi) nelle varie città Creò una rete di alleanze ex novo che prescindevano dai precedenti schieramenti, talvolta riconciliandosi con nemici della Chiesa come Guido da Montefeltro. Nell'Italia centrale, nei territori del futuro Stato Pontificio, assunse direttamente la carica di podestà di alcune città, che poi cedette a suoi vicari. Fuori da questi confini, riuscì a sfruttare abilmente il peso politico dato dalla possibilità di nominare i vescovi. Guelfi contro guelfi: la Toscana 1297-98: conflitto tra il Papa e la potente famiglia romana dei Colonna → dopo il furto del tesoro pontificio ad Anagni, Bonifacio compì l'atto inusitato di indire una crociata contro i Colonna. Dopo aver creato buoni rapporti con i genovesi e i bolognesi, si alleò con Carlo di Valois il Senzaterra il
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved