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La Favorita Film con background storico, Schemi e mappe concettuali di Storia Del Cinema

L'importanza dell'inquadratura, delle sequenze e del montaggio nel film La Favorita di Yorgos Lanthimos. Viene fornita una breve descrizione del film e della sua protagonista, la regina Anna, e viene fatto un passo indietro nella storia dell'Inghilterra per comprendere il contesto storico in cui è ambientato il film. Si parla della dinastia degli Stuart, della questione religiosa e del rapporto tra monarchia e parlamento. Il documento si conclude con una menzione di Carlo I e Cromwell.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 30/01/2023

PaolaM.01
PaolaM.01 🇮🇹

4.6

(12)

38 documenti

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Scarica La Favorita Film con background storico e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! PAROLE CHIAVE Inquadratura  spazio fisico che viene rappresentato dalla cinepresa, considerata anche come unità di montaggio. Sequenze  inquadrature che hanno dei collegamenti tra tematiche Montaggio  il montaggio è quella fase della post-produzione di un film in cui si dispongono le singole inquadrature nell'ordine narrativo previsto dalla sceneggiatura e dal regista. Decoupage su una colonna le immagini, e sull’altra colonna i movimenti della camera e degli attori LA FAVORITA (Yorgos Lanthimos) Curiosità sul film: l’unica ad aver preso l’oscar da protagonista è stata proprio l’attrice che ha interpretato la regina Anna, Olivia Colman (nonostante il film possa sembrar, apparentemente, riferirsi alle due ‘favorite’, Abigail e Sarah). Tutti i personaggi della pellicola vengono mostrati nell’atto di accaparrarsi il favore della regina, perno centrale della vicenda, l’attrice oltre all’oscar ha vinto anche il Golden Globe e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile. Il film ha ricevuto 10 candidature agli Oscar, 12 candidature ai Premi BAFTA e 5 candidature ai Golden Globe. BACKGROUND STORICO: Per capire il personaggio di Anna è necessario fare un passo indietro, trattando brevemente della storia di Inghilterra da quando sale al trono la dinastia degli Stuart nel 1603. La regina Elisabetta I (Tudor) muore nel 1603 senza eredi - da qui il soprannome di ‘regina vergine’. Per una questione di successione, salirà al trono un parente prossimo, Giacomo VI di Scozia, nonché membro della famiglia scozzese degli Stuart (di origine antichissima ed imparentata con i Tudor e con le case di Francia). In questo caso si parla di un’epoca in cui la monarchia è l’istituzione fondamentale (con una piccola presenza anche di repubbliche sparse sul suolo europeo, come quella veneziana). Il sistema politico, quindi, ha il suo fulcro nel monarca e il sovrano è tale per discendenza legittima (era presente l’idea di un diritto divino dei sovrani - concezione legata all’idea di dio che ha organizzato il mondo in una certa maniera e per cui ognuno avrebbe dovuto accettare il proprio ceto, acquisito per eredità). Inglesi e scozzesi non avevano mai avuto buoni rapporti (come è evidente tutt’oggi), ma, nonostante ciò, il popolo inglese accettò lo stesso Giacomo Stuart come legittimo sovrano. Infatti, sul tragitto da Londra a Edimburgo, negli ultimi anni di vita della regina, era presente un corriere e un cavallo sempre pronto per annunciare la morte della stessa. La condizione che si trasmettesse la legittimità con i legami di sangue era quindi pienamente accettata. Il film è ambientato nel periodo storico della “guerra di successione spagnola” detta anche “Guerra della regina Anna” iniziata originariamente con il suo predecessore nel 1701 fino all’anno prima della morte della Regina nel 1713; l’Inghilterra predomina in questo scontro che finisce poi con la “Pace di Utrecht” Istituita dalla regina stessa. GIACOMO I (1566-1625)  Nel 1603 vennero unite quindi le corone di Scozia e Inghilterra dal re Giacomo (I di Inghilterra e VI di Scozia) - i regni rimasero comunque distinti nonostante sottostessero alla stessa corona (ciò avvenne anche per l’Irlanda, la quale era ancora una conquista inglese). Giacomo di Scozia, però, aveva delle proprie idee politiche, come si vedrà con il figlio Carlo I, che crearono successivamente attriti all’interno della politica inglese. Nonostante oggi ci ritroviamo in un’era effettivamente secolare, nell’epoca di cui stiamo parlando la questione religiosa era molto sentita (spesso potevano scoppiare vere e proprie guerre fra oppositori religiosi, come cattolici e protestanti - un esempio è stata la Guerra dei trent’anni). Sotto Enrico VIII, difatti dal 1509, la chiesa d’Inghilterra si staccò dal cattolicesimo romano, non riconoscendo più la supremazia del papa, e andando a creare una chiesa autonoma, ovvero quella anglicana (dal nome degli angli, popolazione inglese). Enrico VIII venne dunque riconosciuto come capo della chiesa d’Inghilterra (con l’idea che il potere temporale fosse quindi pari a quello territoriale), proprio perché all’interno della chiesa anglicana la religione non veniva garantita dal papa ma dal legittimo re del regno (questo ancora oggi con l’attuale regina Elisabetta), definito ufficialmente ‘difensore della fede’. Anche se nel film si nota poco, la regina Anna era effettivamente molto religiosa e ciò si dimostrava in un equilibrio fra l’idea ‘religiosa’ stessa del protestantesimo e quella politica dello stesso. Nonostante la Scozia fosse quindi diventata protestante, gli Stuart si dimostrarono comunque dei criptocattolici, riconoscendo il ruolo di difensori della fede ma aspirando fondamentalmente ad essere cattolici (cattolici in segreto ma anglicani di fatto) - Giacomo I comunque aveva accettato di essere il capo della chiesa anglicana, rafforzando così il potere reale nei confronti del parlamento. Il parlamento, che all’epoca era una rappresentanza per ceti ed ordini dei sudditi inglesi, era costituito dalla camera dei lord (nobili alti - detti pari) e da quella dei comuni (il popolo - anche se venivano scelti dei plebei protetti da coloro che avevano beni, come i figli cadetti dei nobili, essendo la figura del parlamentare una figura ‘non pagata’). CARLO I (1600-1649) E CROMWELL (1599-1658)  Nell’epoca del passaggio fra Tudor e Stuart, il parlamento aveva ottenuto una legislazione sulle tasse, con l’idea che esse avrebbero dovuto essere votate dal parlamento a maggioranza, evento che però creò diversi screzi con re Carlo I, il quale ereditò, non solo la corona del padre Giacomo I, ma anche le mire di rafforzamento del potere reale su quello parlamentare. Nonostante la presenza limitante del parlamento sul potere monarchico in Inghilterra, è necessario ricordare che in questo momento ci si trova comunque all’interno della cosiddetta ‘età dell’assolutismo’: in tutta l’Europa continentale (tranne quindi l’Inghilterra), infatti, i monarchi avevano pieni ed assoluti poteri decisionali. Carlo I, mecenate dell’arte e protettore del pittore fiammingo Van Dick, commissionava dunque una miriade di ritratti personali perché voleva sottolineare l’importanza di sé stesso come monarca, sia per il proprio ruolo religioso che per quello prettamente politico (con la futura regina Maria, si avranno anche ritratti di simboli della monarchia, ovvero scettro, corona e globo - che indica il potere territoriale). Carlo I, inoltre, conservò il potere monarchico di sciogliere il parlamento: con la richiesta pressante di abbassamenti nelle tasse da parte di esso, il re prese (per ben due volte) la decisione di sciogliere il parlamento (con la conseguente nascita di un corto, 1640, e di un lungo, 1640-1653, parlamento - definizione voluta dal periodo di continuità fra la presenza e l’assenza dello stesso). Nel 1642 si inasprì ulteriormente il rapporto fra i partigiani del re (cavalieri) e quelli del parlamento (teste rotonde - termine dispregiativo dato dai capelli corti degli stessi), che dichiaravano l’illegittimità di alcuni poteri monarchici per loro inesistenti, portando così all’inizio di una vera e propria guerra civile, conclusasi nel 1649. Questa venne vinta dai parlamentari grazie alla figura di spicco di Oliver Cromwell, capo dell’esercito parlamentare e colui che imprigionò il monarca regnante Carlo I. Cromwell era un dissenziente puritano, cioè un calvinista - nel film ‘Cromwell’ (1970) è possibile vedere una scena in cui egli parla con dio, quasi come se la scelta di giustiziare il re fosse stata proprio una decisione divina. Durante il processo politico, infatti, il re non si discolpò mai delle accuse portate avanti dai parlamentari (riguardo le azioni ritenute da essi ‘illegittime’, come lo scioglimento del parlamento) e nel 1649 egli venne decapitato, proclamandosi così la repubblica (Commonwealth era la traduzione inglese di Res publica) - Cromwell, in aggiunta, si fece riconoscere come lord PERDITA DEI FIGLI  Questo elemento viene raffigurato nel film attraverso lo stratagemma dei 17 conigli nella camera da letto (luogo centrale delle vicende, tra l’altro), presentati con i nomi dei figli e festeggiati nei giorni delle loro morti: per far capire la tragedia umana della donna, si è optato per una rappresentazione del dolore attraverso fotogrammi più che con l’uso di parole (nel cinema è comunque necessario l’apporto visivo). È stato fondamentale dunque creare una ripetizione continua dell’immagine di una donna, madre, che ha perso tutti i figli (anche nell’ultima scena del film, prima dei titoli di coda vi è una dissolvenza incrociata di tre frames: la seconda favorita, la regina e un gruppo di conigli). Inoltre, è evidente anche una scena con la regina che si perde nel palazzo e incontra la nutrice con in braccio un neonato: Anna chiede alla nutrice di prendere il bambino ma quest’ultimo le viene strappato subito via dalla donna in una metafora precisa fra nutrice e ‘angelo della morte’. La regina Anna, tra l’altro, soffriva di porfilia, una malattia che poteva causare sia grumi sottopelle che aborti spontanei - assieme ad altre due malattie, tra cui la gotta (produzione di acido nel corpo causato da una sbagliata alimentazione a base di carne che va ad intaccare le estremità di gamba e dita - malattia tipica di nobili e monarchi come Enrico VIII), che è stata fondamentale per l’avvicinamento della seconda favorita. Nella biografia che Churchill scrisse sul suo antenato John (marito della prima favorita Sarah) sono diversi i riferimenti alla regina Anna, tra cui questa affermazione: ‘la regina quando è salita al trono, nonostante non avesse più di 40 anni, era già invalida’. RAPPORTO CON SARAH (1660-1744)  Sarah Jennings è stata dama compagnia nella Corte di Carlo II e Giacomo II, moglie di John Churchill, duca di Marlborough (ex comandante militare dell’esercito di Giacomo II – grande stratega che abbandonò il re per passare sotto Guglielmo III - e capo militare nella guerra della regina Anna) i due si conobbero alla corte di re Carlo II, nonché amica della principessa Anna sin da bambina. La famiglia di Sarah aveva appoggiato il monarca Carlo I nel periodo della guerra civile e per questo venne accolta nella sua corte. La differenza di 5 anni fra Sarah (13) ed Anna (8) è stata significante nel periodo infantile: l’amicizia, infatti, fra le due, presentava una caratteristica particolare, in quanto, nonostante Anna fosse più elevata socialmente, dal punto di vista psicologico Sarah rappresentava per lei una sorella maggiore. Oltre a ciò, si evince dal film anche un vero e proprio rapporto freudiano: si sospettava che fra Anna e Sarah ci fosse un legame amoroso, esplicitato proprio nella pellicola. Nel suo libro, Churchill, riporta che Sarah avesse lasciato anche delle memorie, in cui è possibile leggere quale fosse, in maniera dettagliata, il rapporto con l’amica (da ciò si sa anche del loro pesante litigio finale, probabilmente dato da contrasti di natura politica e di carattere - Sarah, infatti, influenzava molto le scelte della regina Anna, tra cui quella di continuare la guerra contro la Francia e alzare quindi le tasse al popolo): fin da quando era bambina, la donna dimostrava una tenerezza particolare verso l’amica, frequentava spesso la corte ed era la preferita della principessa Anna. Inoltre, Sarah dichiara che Anna si sentisse a disagio quando lei non la trattava da uguale ma da ‘principessa’ e che quindi avesse proposto di usare epiteti inventati quando si sentivano per corrispondenza (mrs. Morley e mrs. Freeman - *scena della vasca piena di fango*). In questo modo iniziarono a parlare da pari e Anna iniziò a favorire, in età adulta, l’amica nominandola propria dama personale e donandole una significativa somma di denaro. Durante la gloriosa rivoluzione, Anna e il marito Giorgio fuggirono dal palazzo (aiutati da Sarah) e raggiunsero la principessa Maria e il cognato (Anna, in questo modo, voltò le spalle e abbandonò il proprio padre - altro motivo per cui venne sempre ritenuta un personaggio molto sofferto e frustrato). Maria, per paura del possibile tradimento di Sarah (dato dal fatto che il marito, John Churchill, aveva sempre avuto atteggiamenti ambigui - ad esempio abbandonando il proprio monarca, Giacomo II, in favore di un altro), chiese numerose volte ad Anna di allontanarla - le due per questo litigarono: Anna scrisse a Maria che avrebbe voluto che lei ritrattasse il suo giudizio negativo sull’amica, preferendo così l’amica alla sorella. Maria ordinò persino che la donna venisse cacciata dalla corte e Anna, di tutta risposta, la seguì. Ritratto ufficiale della regina Anna: è sempre presente l’apparato delle insegne regali, tipico del potere monarchico (corona, scettro, bastone del comando e il globo imperiale, una sfera dorata sormontata dalla croce - di origine romana) e simbolo della missione regale che Anna aveva acquisito con l’incoronazione. Nel film gli abiti ufficiali sono molto curati nei dettagli, come la pelliccia di ermellino o la collana/collare dell’ordine della giarrettiera (con al centro san Giorgio, protettore inglese). Spesso la stessa veniva anche ritratta come madre, assieme all’unico figlio sopravvissuto per diversi anni (Guglielmo). Winston Churchill scrisse che l’11 marzo 1702, giorno dell’incoronazione, la regina vestiva con un abito straordinario (facendosi così notare nelle insegne e nello sfarzo) di velluto rosso e bordato di nastri d’oro, assieme ad un manto regale decorato con la stessa stoffa. Si disse che per il modello si fosse ispirata ad un ritratto della regina Elisabetta I, ultima Tudor: rifarsi alla regina Elisabetta, ritenuta la più grande regina d’Inghilterra, aveva ovviamente un grande valore. Inoltre, la popolarità di Anna era data anche dal fatto che lei stessa aveva dichiarato, sempre nel momento dell’incoronazione, che ‘il suo cuore fosse interamente inglese’ (a differenza del precedente monarca ‘straniero’ Guglielmo III d’Orange - la regina ribadì in questo modo la propria angelicità). Lady of the Bedchamber = Dama incaricata della stanza da letto [la stanza più ̀ privata e personale] della principessa e della regina. Di Anna, lo è prima Sarah e poi (per volere della prima) Abigail. Mistress of the Robes = Dama incaricata del guardaroba della regina. Data l’importanza del vestiario di un Sovrano in una Corte barocca come quella di Anna, questa carica è la più ̀ alta carica alla quale una Dama inglese del tempo può ̀ aspirare. Il simbolo di tale carica è la chiave d’oro. Quando Sarah sarà ̀ destituita, Abigail non riceverà ̀ tale carica, che fu invece assegnata ad una Dama di nobiltà ̀ molto più ̀ elevata. (nel film invece Abigail riceverà tale). Keeper of the Privy Purse = Amministratrice dei beni personali della regina. Dopo Sarah tenne questa carica Abigail: segno questo che Anna disprezzava il denaro, perché ́ ritenne che Abigail potesse anche manovrare la cassa, ma non fosse degna di esse Mistress of the Robe] ABIGAIL HILL (1670-1734)  Sarah Jennings aveva una cugina, Abigail Hill (nonché seconda favorita), la cui famiglia cadde in disgrazia proprio in quegli anni [(lei stessa nella pellicola afferma che il padre l’aveva persa al gioco con un grasso uomo tedesco), (nella realtà Il padre si è rovinato veramente, ma Abigail è andata al servizio in altre famiglie)] pur sempre educata come una dama. Questa iniziò a lavorare al servizio di diverse famiglie inglesi fino a che la cugina, come segno di gentilezza nei suoi confronti, decise di prenderla con sé e suo marito - in realtà nel film sembra quasi che le due non si conoscessero di persona, nonostante il grado di parentela. Dopo due anni dall’incoronazione, Sarah fece quindi ottenere ad Abigail il titolo di dama della camera da letto della regina (lady of the bedchamber), titolo posseduto in precedenza dalla stessa Sarah. Al contrario, ne ‘La Favorita’, la celebre chiave dorata della stanza della regina (simbolo realmente esistito di tale carica) viene strappata via da Sarah per poi essere data alla cugina. È necessario anche ricordare che essere una mistress of the robes rappresentava la posizione più vicina alla regina (essendo la camera da letto il luogo più intimo della corte). La successione fra le due, accorciata enormemente nella pellicola ma durata in realtà diversi anni (2 anni), venne ufficializzata principalmente per due motivazioni particolari, che furono ovviamente anche causa dei vari litigi fra Lady Marlborough e la regina: in primis, il fatto che Sarah, quando le venne regalata dalla monarca la grandissima e fastosa tenuta di Blenheim (pagata, tra l’altro, dalla regina stessa ma con la sua scelta dell’architetto), si teneva molto spesso lontana dal palazzo per seguire la costruzione della propria dimora - il che ovviamente fu l’opportunità per Abigail di avvicinarsi sempre di più ad Anna. Oltre a ciò, si sapeva che Abigail fosse molto più dolce e remissiva rispetto a Sarah - cosa che piacque alla regina (nel film in realtà l’atteggiamento succube della seconda favorita sembra quasi mascherare il piano malvagio della donna per occupare il posto della cugina). Un altro motivo era dato dalle diverse scelte politiche delle due dame. Sotto il regno di Carlo II nacquero quelli che vennero ritenuti i ‘partiti tradizionali’ inglesi (i Thories e i Whigs). Quando nel 1679 il parlamento cercò di far approvare la legge di esclusione (exclusion bill) che permetteva al primo figlio di Carlo II di prendere il trono al posto di Giacomo II (nonostante questo fosse figlio illegittimo), il re, contrariato, sciolse per ben tre volte il parlamento in modo tale da abolire la stessa. Da qui sorsero i nomi ‘whigs’, ovvero coloro che erano favorevoli alla legge (più progressisti e liberali) e i ‘thories’, quelli invece oppositori e conservatori - in realtà la rivalità non era così sentita; infatti, molto spesso i membri delle due fazioni decidevano di cambiare partito anche per motivi politici. Anna, comunque, era ovviamente favorevole alle linee conservatrici dei thories, così come Abigail, mentre Sarah si professava apertamente una Whig (si hanno testimonianze per cui Sarah stessa avesse cercato, in molti casi, di far cambiare fazione alla regina - nonostante quest’ultima non fosse famosa per i suoi ‘volta faccia’). Il rapporto con la regina divenne talmente tanto stretto che Anna le donerà persino duemila sterline come dote per il suo matrimonio con il barone di Masham. La regina mantenne segreto il matrimonio di Abigail a Sarah per diverso tempo, nonostante in realtà la stessa avesse il compito di controllare gli spostamenti di denaro della corte - il che simboleggia il progressivo allontanamento della regina dalla sua prima favorita. Sotto il regno di Carlo II nascono quelli che sono conosciuti come i partiti tradizionali inglesi, i Tory e i Whig. Sia i parlamentari della camera alta che della camera bassa iniziarono quindi a dividersi in questi due gruppi. Non avendo avuto figli, l’erede più probabile di Carlo divenne suo fratello Giacomo, duca di York. Giacomo però era cattolico e il parlamento non voleva accettarlo come monarca. Così nel 1679 venne redatto. L’exclusion bill con il quale si vietava l’accesso alla linea di successione al duca di York e si faceva ricadere la scelta sul più anziano dei figli illegittimi di Carlo. Carlo, temendo che l’exclusion bill potesse essere approvato, sciolse il parlamento per tre volte. Da quel momento quelli che continuarono a votare a favore di questa legge passarono alla storia come Tory, mentre quelli che votarono contro questa legge e che quindi volevano un successore protestante passarono alla storia come Whig. CONTE SIDNEY GODOLPHIN  Godolphin visse fra il 1645 e il 1712 ed era già conte all’epoca della vicenda (era stato membro del parlamento da Carlo II alla regina Anna). Spesso viene visto, nella pellicola, assieme al duca di Marlborough, marito di Sarah Jennings - il duca infatti aveva chiesto alla regina di affidare a questo la carica di lord gran tesoriere del regno (nonostante nel film venga spesso chiamato come primo ministro - una semplificazione del regista in quanto tale carica non era ancora esistente). Inoltre, altro elemento, puramente fittizio, del personaggio nel film, è la sua oca: all’inizio Godolphin viene introdotto, infatti, come vincitore della corsa delle oche o, in un’altra scena, persino con in braccio lo stesso animale (affermando di non separarsene mai). Non era strano che vi fossero tali divertimenti all’epoca, nonostante ora si strettamente legato ad esso è questo, con il suo corollario che nessuno è mai ciò che appare: Gli uomini, quando portano la parrucca stanno fingendo, quando la tolgono (e lo fanno tutti, salvo Harley) sono loro stessi. Luminosità aspetto positivo, ma fa fatica ad entrare l’oscurità al contrario ha un aspetto negativo. Prevale il buio, la chiusura, ipocrisia, finizione e mascheramento sugli attimi liberatori che sono la luce, l’esterno e la natura (contrapposta alle costruzioni umane) quello che nei rapporti umani prevale è l’aspetto della finzione e dell’ipocrisia. Se c’è un contrasto suggerito già da elementi figurativi (luce-ombra; interno-esterno; apparenza-realtà; sentimenti veri-dissimulazione e simulazione), ad un certo punto, anche nella trama, c’è un importante punto di svolta, che è il tentativo di avvelenamento fatto da Abigail nei confronti di Sarah. Da questo momento, lo sviluppo della vicenda prende una direzione sempre più drammatica. Sarah, ovviamente, finisce sfigurata (la cicatrice indica il decadimento sociale di Sarah) da una grave cicatrice al volto e perde sempre più terreno nelle simpatie della Regina. Viene soccorsa, ma si ritrova persino in un postribolo. Notare: cade da cavallo e cade dal letto di Anna, spinta dalla stessa Regina. Come le cadute di Abigail all’inizio, ciò è simbolo di una caduta in senso sociale. Abigail, nonostante la “vittoria” come nuova favorita di Anna il matrimonio con Masham, naufraga miseramente, lei viene smascherata da Anna come ipocrita (il coniglio sotto la scarpa!) e nel finale è ritratta come una domestica, con il viso che è una maschera di dolore. Pure Anna, da quel punto del film, sta percorrendo una china in discesa: le malattie si aggravano, perde un’amica per ritrovarsi solo un’adulatrice, rimane sempre più sola. Coerentemente con la visione pessimistica del regista, il finale passa dal dramma alla tragedia, come nei drammi dell’antica Grecia. Tutti i principali protagonisti finiscono nel dolore. Quando Sarah va a cavalcare (avvelenata), se ne va perché ha litigato con la regina; va nel bosco e contrariamente all’immagine classica (bosco: luce e tranquillità) è nuvoloso, buio e le sequenze sono accompagnate da musiche d’organo. Eccezionalmente Sarah esce e si penserebbe che ci sia la luce, ma non in questa scena perché da scuro, a causa del mal tempo, diventa buio notte, sempre con musica incombente d’organo (dalla seconda parte del film non c’è più musica settecentesca ma musica romantica) perché più adatta a creare un’atmosfera tragica e drammatica. Sarah dietro la porta della stanza della regina cerca di farle capire che chi ama dice sempre la verità, la regina risponde che ha dei doveri da compiere; non è più Sarah a decidere, ma la regina (cioè licenzierà Godolphy e Marlborough, farà la trattativa di pace e porrà fine alla guerra); tra di loro c’è un muro->ormai sono divise. Una peculiarità fondamentale che notiamo al termine del film è la distruzione emotiva delle tre protagoniste: La regina a causa delle sue malattie, Abigail per non essere riuscita a raggiungere il suo obbiettivo di potere e Sarah per essersi separata dalla regina. Il finale è caratterizzato da una chiusura tragica. Tutte queste lotte per il potere e la ricerca dell’amore e del benessere reciproco, crearono una fine disastrosa. Di fatti abbiamo una scena in cui Anna viene rappresentata stesa sul letto, come fossa già morta e pronta per la camera ardente; successivamente dopo aver sentito la sofferenza del coniglio schiacciato da Abigail cercò di scendere dal letto autonomamente, cadendo però. Abigail cercando di aiutare la regina, con la solita ipocrisia, viene sorpresa da un comportamento di distacco ed iracondo. La regina ormai in piedi, approfittò del momento (lei è in piedi) di sottomissione di Abigail per farsi massaggiare la gamba e non contenta, si appoggia con il pugno (e tutto il suo peso!) sulla testa di Abigail, che fatica molto a massaggiare la gamba di una persona in piedi questo sottolinea la fine del ruolo importante di Abigail e della superiorità della Regina Anna (infatti viene ripresa dal basso, cosicché domina l’inquadratura, ed infatti l’attrice alza volutamente il mento) il volto di Anna si sovrappone a quello, più in basso, di Abigail [(che indica la sua ricaduta al rango iniziale di serva), (soffrono tutte e due, ma per ragioni diverse)]. Alla fine, abbiamo la chiusura con una dissolvenza incrociata e di sottofondo una musica con un rumore sibilante al quanto inquietante. Successivamente, dopo la dissolvenza incrociata vengono inquadrati in modo confusionale i conigli (come segno di morte della regina), seguita dall’incombere dell’oscurità. IL GATTOPARDO (Luchino Visconti) Curiosità sul film: Siamo precisamente nel 1963, quando il regista Luchino Visconti, uscì con il Gattopardo; tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il Gattopardo fu un personaggio inventato ma che si ispira al principe di Salina (isola siciliana). Il regista nella produzione del film, si ispirò del tutto al romanzo di Giuseppe Tomasi. Questo film può essere definito come un “opera di Luchino Visconti” poiché egli decideva su ogni cosa, trasformando il film in una sua opera d’arte. Il regista durante la produzione si identificò molto con l’attore protagonista. Soffermandosi sull’opera finale, bisogna creare un filo logico che spieghi in sequenza il metodo di sviluppo della pellicola: Giuseppe Tommasi creò il romanzo, Visconti lesse il romanzo trovando molti punti di vista concordanti, il regista scelse il protagonista del film in base alle peculiarità che gli vennero suscitate dal romanzo stesso. BACKGROUND STORICO  Gli avvenimenti principali che portano alla creazione del Regno d’Italia sono riferibili alla politica internazionale, più che quella “interna”, che propriamente ancora non esiste, in quanto fino al 1861 l’Italia è semplicemente una penisola dove esistono otto Stati distinti: 1. Regno di Sardegna 2. Regno Lombardo-Veneto (fa parte dell’Impero d’Austria) 3. Ducato di Parma e Piacenza 4. Ducato di Modena e Reggio 5. Granducato di Toscana 6. Repubblica di San Marino 7. Stato Pontificio 8. Regno delle Due Sicilie Il film si svolge in un’epoca abbastanza delicata, precisamente qualche anno dopo all’unità d’Italia (17 marzo 1861) e allo sbarco dei mille di Garibaldi. La Gran Bretagna e il suo impero coloniale (India, Pakistan, Bangladesh e Birmania) durante quest’epoca fu la più grande potenza mondiale. Essa fu l’unico stato Europeo che non smise di fare guerre, pure quando Napoleone venne sconfitto. Essa sovrastò tutti anche grazie anche alle sue potentissime flotte navali, le quali riuscivano ad intersecarsi ovunque, non possedendo avversarie sui mari; ovviamente nessuno osava affrontare le flotte Britanniche. Dall’alba dell’880 La Gran Bretagna divenne la grande potenza (a livello economico e militare, la stessa Cina e America erano sottomesse ad essa), senza alcun rivale degno di affrontarla (Rule the Waves). L’armata inglese oltre ad aver conquistato l’isola di Malta e le Isole delle Baleari, pose l’occhio sulla Sicilia, anche e soprattutto sotto l’aspetto economico, a causa della sua importanza nella produzione solforica (zolfo utilizzato anche in guerra per la polvere da sparo). Napoleone non era riuscito ad andare nelle isole di Sardegna e Sicilia perché chi le difendeva era la flotta Britannica; la flotta in Sicilia con il generale Bentrik aveva assicurato nel 1812, la costituzione per la sola Sicilia come regno indipendente (come il regno di Napoli) sotto la protezione inglese. Il re Ferdinando II delle due Sicilie, consapevole delle grandi risorse possedute sul territorio, volle trasferire questo monopolio a delle aziende Francesi, cercando di strizzare l’occhio alla nazione, piuttosto che continuare ad essere sottomessa dai Britannici. La Gran Bretagna però non ci stette e decise di mettere alle corde il re, minacciando di distruggere la città di Napoli le flotte siciliane. Fu così che Federico II decise di ritirare tutte le trattative instaurate con i francesi, per cominciare a trattare con i Britannici. TESTIMONIANZA COEVA di un italiano, GIOVANNI ACETO nel 1827 scriva i rapporti tra la Sicilia e l’Inghilterra. “la Sicilia non rappresenta per la Gran Bretagna soltanto un importante avamposto strategico da preservare ad ogni costo da una possibile occupazione della Francia, ma costituisce il centro di tutte le operazioni militari e politiche che il regno unito intende intraprendere nell’Italia e nel mediterraneo” Il 1848 PRIMAVERA DEI POPOLI: FRANCIA. In tutta Europa, salvo in Russia e in Gran Bretagna, avvennero degli eventi particolari. In Francia, ormai da tempo, vigeva un sistema politico basato sulla monarchia cui re era Filippo primo d’Orleans dove, una parte di popolazione (coloro che pagavano un certo tipo di tasse e che facevano parte di una classe sociale più agiata) poteva avere il privilegio di votare la camera. In codesto anno nella capitale francese Parigi (epicentro politico) scoppiò una rivoluzione con la quale venne abbattuta la monarchia, costringendo il re a fuggire; si instaurò così una repubblica presidenziale, grazie alla quale venne introdotto un ampliamento del voto a gran parte della popolazione. La Francia divenne quindi il primo paese che instaurò il suffragio universale. Col suffragio in realtà prevalsero i conservatori (i democratici radicali erano una minoranza), i quali elessero Luigi Napoleone Bonaparte come presidente. Egli era nipote di Napoleone e venne eletto attraverso un ragionamento popolare banale ed impulsivo, il quale si basava sul fatto e sul pensiero che egli potesse replicare tutto ciò che fece suo zio in precedenza (venne nominato come Napoleone III, poiché dopo l’abdicazione di Napoleone I venne eletto suo figlio, senza però aver svolto nessuna azione politica). Napoleone III, una volta preso il potere decise di proporre ed imporre uno stato autoritario e dittatoriale, dove l’ultima parola aspettava a lui. La politica francese, a questo punto, assumerà tratti dinamici, sia con gli scontri con la Gran Bretagna che con l’interesse estero dell’Italia (l’idea, dopo la sconfitta degli austriaci e dei Borboni, sarebbe stata una divisione in tre del territorio: ai Savoia sarebbe andato il regno dell’alta Italia, l’Italia centrale al principe Girolamo Napoleone, mentre quella meridionale (regno del mezzogiorno e Sicilia) ad un discendente del generale napoleonico Murat, ucciso dagli austriaci, che fu anche re di Napoli dopo la cacciata di Ferdinando IV di Borbone, accolto dalla flotta inglese di Nelson - Ferdinando era IV come re di Napoli e III in Sicilia, mentre per il regno delle due Sicilie venne proclamato con il nome di Ferdinando I). Cavour, all’epoca presidente del consiglio, accettò volentieri l’alleanza con la Francia per sconfiggere gli Asburgo (ciò era nell’interesse dei Savoia e del regno di Sardegna, ovvero espandere il potere in tutta Italia sfruttando l’ideale di unità). All’arrivo dei Francesi in Italia il Re Ferdinando di Borbone (re di Napoli e delle Sicilie), fu costretto a scappare. La famiglia però non scappò su una nave della dinastia dei Borbone, ma su quelle inglesi, enfatizzando il senso di protezione da parte degli inglesi. PRIMAVERA DEI POPOLI: ITALIA  In Italia, invece, la prima guerra d’indipendenza del 1848-49 ha rappresentato il tentativo dei Savoia di allargare militarmente i propri territori cacciando gli Asburgo dal regno Lombardo-Veneto (per aggiungerla insieme alla Sardegna e Piemonte). Carlo Alberto di Savoia approfittò, in questo caso, dei movimenti di piazza scoppiati in molte capitali di Europa, come a Vienna con la caduta di Metternich e l’abdicazione di Ferdinando I (passaggio all’imperatore Francesco Giuseppe), a Milano (cinque giornate) e a Venezia (entrambe con capitali del regno lombardo-veneto): l’esercito del regno di Sardegna attaccò l’impero asburgico credendo di approfittare di un momento di debolezza di quest’ultimo. L’esercito nemico si ritirò così a Milano per ordine del generale Radetzky, nonostante avesse potuto centesima volta protetto’. Cosa è successo dopo lo sbarco? In Sicilia era evidente l’atteggiamento anti-napoletano, spinto soprattutto da uno spirito più autonomistico. Il fatto che il regno borbonico fosse considerato come il male è evidente anche nel film - chiaramente tutto ciò che era napoletano era negativo. La spinta maggioritaria dei partecipanti all'insurrezione era di tipo fondamentalmente 'siciliano': dalle memorie di uno dei Mille (pubblicate nel 2009), Lupo ha ripreso questa affermazione: Garibaldi era arrivato a Palermo e qui era scatenata la battaglia contro i Borboni. La popolazione palermitana, sia cittadina che contadina, era scesa nelle piazze per creare le famose barricate contro i nemici. Chiunque moriva per la Sicilia (attenzione: non per l'unità) avrebbe meritato un posto in paradiso. Difatti, dopo che Garibaldi passò dalla Sicilia alla Calabria, la maggioranza dei volontari siciliani restò in patria. Molti detrattori dell'Unità di Italia affermarono che molteplici di questi erano mafiosi: il termine nacque proprio in questi anni, andando ad indicare il desiderio di protezione privata da parte dei ricchi. Pare che molti di questi gruppi protettori fossero nati dalle corporazioni (di origine sociale e religioso), abolite nel periodo napoleonico dagli inglesi. Queste avevano il compito di difendere la città assieme all’esercito - questi patronage non erano guidati però da un nobile, ma da chiunque fosse ricco - come l'ex amministratore Lord Calogero, Tra le persone che si affiancarono a Garibaldi, vi erano anche dei mafiosi. Molte persone erano già inquadrate, poiché i proprietari terrieri locali, possedevano una propria polizia che svolgevano il compito di tenere in ordine l’area circostante; chi aveva qualcosa da perdere, aveva bisogno di essere difeso (questo elemento verrà evidenziato nel film). L’organizzazione di queste squadre, quindi, viene identificata come il probabile inizio dei gruppi mafiosi attuali. Questo venne definito come un fenomeno siciliano, poiché spostandosi di poche regioni si passa in un altro ambiente, ovvero quello camorrista. I garibaldini vennero aiutati oltretutto dalla flotta Inglese anche per passare dalla Sicilia alla Calabria. La Francia, con Napoleone III, nel tentativo di limitare i danni dell'unità d'Italia (contraria alle proprie aspettative), cercò di convincere le flotte britanniche ad unirsi a quelle francesi per controllare lo stretto di Messina, in modo tale da impedire a Garibaldi il passaggio. Gli inglesi, però, rifiutarono, e, anzi, cercarono di impedire che qualcuno potesse bloccarne lo sbarco sul continente. Già all'epoca ciò che era accaduto in Sicilia non avvenne in sud Italia: a differenza del caso di Bronte, nel meridione continentale non vi furono riscontri negativi o violenti, nel senso che la popolazione rimase abbastanza estranea all'evento (al momento). Nonostante ciò, i galantuomini, discendenti di coloro che nelle scorse rivolte erano entrati a far parte della guardia nazionale (milizia composta da cittadini comuni addestrati e, nel caso di rivoluzioni, armati (negli USA, un presidente statale, nel caso in cui ci dovessero essere disordini sul territorio, può mobilitare la guardia nazionale), accettarono di mobilitarsi in maniera volontaria, accogliendo lo stesso Garibaldi. Quest'ultimo era riuscito a risalire dalla Calabria fino a Napoli senza incontrare l’esercito borbonico (ormai sfaldato). Una debole resistenza era stata fatta solo a Volturno, fuori città, dalla famiglia reale (battaglia di Volturno) - la quale poi si rifugiò a Gaeta. Ma cosa era successo all'interno di Napoli? Il re borbonico, Francesco II, aveva concesso la costituzione richiesta, la formazione della guardia nazionale e, infine, la definizione di un nuovo governo - il re, intendendo far capire che il regno sarebbe stato aperto al liberalismo, chiamò dei personaggi che potessero garantire questo nuovo atteggiamento: tra questi, il nobile Liborio Romano (1793- 1866), che già molto giovane era diventato professore di diritto civile all'università di Napoli e aveva anche partecipato alla rivoluzione del 1848 (per cui venne esiliato), venne eletto ministro degli interni e capo della polizia. Questo si mise subito in contatto con Cavour e Garibaldi tradendo il re, i quali gli chiesero di mantenere l'ordine nella città (che al momento presentava un vuoto di potere, dopo la fuga della polizia nelle campagne). Nell'opera di Lupo, viene dichiarato che 'costui stava arruolando chiunque potesse risultare utile al mantenimento dell'ordine in città nella convulsa transizione, ivi compresi i noti camorristi (come Salvatore De Crescenzo, capo della camorra napoletana).' Don Liborio giocava quindi su più tavoli: sapendo che la causa borbonica era ormai persa, preferì le concessioni date da Garibaldi e Cavour (diventando anche, negli ultimi anni di vita, deputato). A questi delinquenti vennero infatti date coccarde, divise e anche la promessa di amnistia. L'ordine venne dunque ristabilito: Garibaldi era riuscito ad arrivare a Napoli non armato ma in treno. Per Cavour bisognava che Garibaldi consegnasse tutte le proprie conquiste al re Vittorio Emanuele II - l'esercito piemontese (di Cavour), insieme all’esercito del re scese dal nord verso Garibaldi per fermarlo, per arrestare l’avanzata di Garibaldi e dei 1000 ed evitare che arrivassero a Roma per conquistarla ed evitare l’intervento dei Francesi poiché il papato godeva della protezione dei francesi e per dimostrare all'Europa la propria capacità di regnare e ristabilire l'ordine (il vuoto creatosi al sud venne infatti riempito). L'ammiraglio Carlo Pellion di Persano (1806-1833), nato a Vercelli e diventato contrammiraglio l'anno precedente dell'impresa dei Mille, lasciò 4 volumi di memorie: Cavour, dopo esser tornato al governo ed esser diventato ministro degli esteri e capo della marina, aveva affidato a questo ammiraglio il compito di condurre una guerra 'non dichiarata' sotto neutralità apparente contro Francesco II, in modo tale che, se ci fossero stati impedimenti, sarebbe intervenuto. Questo, quindi, aveva il compito di dare la massima disponibilità a Garibaldi, scortando per mare i vari volontari arrivati da tutta Italia, di ostacolare la flotta borbonica e di favorirne con elargizioni di denaro il passaggio sotto lo stendardo di Savoia (pagava ufficiali borbonici per tradire il loro re, es. Romano - corruzione). PLEBISCITO (21 OTTOBRE 1860)  Cavour, con questo atto, aveva intenzione di mettere gli stati esteri davanti all’azione politica intrapresa dai Savoia. Il voto in questo caso era palese, per evitare che lo stesso venisse modificato (nonostante ciò, la falsificazione avvenne davvero, attraverso intimidazioni, da coloro che avevano richiesto il plebiscito) - nel film è il sindaco a presidiare il seggio, Don Calogero. Al referendum politico, invece, il voto non venne aperto al popolo (il costo era troppo elevato): se il plebiscito (considerato unilaterale) era aperto anche al popoletto, le votazioni politiche al senato no. Di Rienzo testimonia che i ‘sì’ vennero votati solo dal 24,28% della popolazione (maschi adulti) e tale collasso era dovuto dal fatto che una grande fetta del popolo fu lasciata fuori per mancanza di conoscenza. Lo definisce infatti ‘plebiscito-farsa’ (nel film viene anche ridicolizzato). Il prevalere dei sì, secondo l'ammiraglio Persano, era stato dato da degli ‘incompetenti e ignoranti’ soprattutto perché non era stata offerta un'alternativa chiara al possibile 'no'. Dunque, l'ingresso del mezzogiorno al continente non è stato altro che un evento calcolato da un falso plebiscito e dall'aiuto totale della Gran Bretagna, più che una vera rivoluzione nazionale e una decisione condivisa dalla maggioranza della popolazione. LA CITTÀ DI NAPOLI  Il re Francesco II di Borbone, visto che stava per perdere la Sicilia, decise di concedere la formazione della guardia nazionale e forma un nuovo governo. Il re per far comprendere il suo liberalismo fece subentrare una figura al suo fianco, Liborio Romano. Egli era un personaggio importante di famiglia nobile e di spiccata intelligenza e il Re Francesco II decise di donargli l’incarico di capo della polizia e ministro dell’interno. Come prima cosa egli si mise in contatto con Cavour e con Garibaldi e successivamente, sia a Cavour che a Garibaldi, disse di mantenere ordine a Napoli; città molto complessa da gestire a causa della sua grandezza e della sua complicata gestione. Liborio Romano però, per mantenere l’ordine a Napoli decise di rivolgersi al capo dei Camorristi Salvatore De Crescenzo, promettendo loro l’amnistia (rinuncia perseguire determinati reati). Quest’ordine venne così instaurato, tanto che Garibaldi, che agiva con Liborio, non arrivò a cavallo ed armato, ma arrivò con un gruppo di persone in treno. Egli entrò senza problema a Napoli ma, sussistette un problema per Cavour, il quale volle che Garibaldi consegnasse le sue conquiste in mano al Re. All’ammiraglio Persano, venne affidato il compito da Cavour di attuare una guerriglia nei confronti del Re. Egli era incaricato di fornire la massima sicurezza a Garibaldi (svelato l’arcano mistero del come i Garibaldini siano arrivati in Sicilia), scortandolo e donandogli denaro in cambio di queste azioni. GIUSEPPE TOMASI  Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, scrisse l’opera da cui è stato tratto il film fra il 1955 e il 1956. La stessa venne rifiutata da ben due case editrici, tra cui l’Einaudi (per volere di Vittorini che la ritenne del tutto reazionaria e conservatrice) e poi pubblicata dalla Feltrinelli. L’autore nacque nel 1896 a Palermo e morì a Roma nel 1956 (non vedendo mai il proprio libro pubblicato); fu uno degli ultimi discendenti di un'antica famiglia nobiliare siciliana, che vide scomparire, con il tempo, sia il proprio potere politico che finanziario. Tutta la sua infanzia fu caratterizzata da momenti felici, tipici di quella aristocrazia (la quale, per lungo tempo, aveva pesato molto in Europa nell’ambito sociale). La famiglia Tomasi si era trasferita dal centro Italia in Sicilia nel XVI secolo, con la convinzione di essere padroni dei feudi per scelta divina, così come i re: la superiorità della nobiltà è evidente nel film con la figura del principe di Salina (ispirato al bisnonno, Giulio Fabrizio Tomasi), nonostante abbia un atteggiamento più 'controllato' e meno arrogante rispetto al nipote Tancredi (principe di Falconeri): ad esempio, quando fa rimuovere il posto di blocco per far passare la comitiva dello zio, quest’ultimo esordisce come 'capitano Tancredi principe di Falconeri' con aria decisamente saccente, cosa che, effettivamente, aveva caratterizzato il suo stesso ceto. Nel principe Fabrizio, seppur con meno evidenza, sono comunque presenti alcuni di questi atteggiamenti: quando ride di Don Calogero Sedara perché lo ritiene un plebeo o quando, arrivato a Donna fugata, saluta prima il cane e solo dopo don Ciccio Tumeo (personaggio di lignaggio inferiore). Il principe di Lampedusa, nonostante fosse un'ottima persona umile, sentiva la propria appartenenza a questa categoria sociale ed anche la sofferenza del suo stesso tramonto (definitivo con la caduta del palazzo famigliare durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale - evento per lui traumatico). In questo tipo di mentalità, il singolo è da riconoscere solo all’interno del proprio ceto di appartenenza (non era ancora presente il senso di individualismo sociale): Tomasi contemplava l'agonia dei propri simili e quindi anche di sé stesso. L'aspetto interessante è che questo decise, nel periodo in cui visse a Palermo, di far rifiorire i propri ricordi giovanili radunando un gruppo di giovani a cui faceva lezioni di letteratura e lingua (al figlio adottivo, Gioacchino Lanza, importante esponente dell'ambiente musicale e anche ad un borghese, docente di letteratura francese alla Sapienza di Roma), con l’intenzione di comunicare a questi la ricostruzione del mondo ormai in declino. In questo stesso periodo nacque anche l'idea del romanzo (una specie di testamento). TITOLO  Il gattopardo è lo stemma della famiglia Corbera e, in questo caso, rappresenta sia il principe di Salina, che lo scrittore e regista. Il termine gattopardesco viene usato come soprannome per qualcuno che passa da una parte all'altra nei partiti o nelle scelte politiche. Lo stesso viene inteso, ovviamente, come un elemento negativo e deve la propria origine a Tancredi, colui che gioca come opportunista (vuole rimanere nobile ma simpatizza per la borghesia - 'far finta di cambiare tutto per non cambiare niente'). Il titolo, in questo caso, non ha una connotazione negativa, essendo, come è stato già Oltretutto viene anche evidenziata nel film l’apprezzamento nei confronti dei vari personaggi da parte del principe. La battaglia di Palermo, scena che viene posta nel primo blocco, venne girata proprio nell’omonima città, nella quale vi era ancora la presenza di macerie di guerra risalenti al 1944; tanto che il regista Luchino Visconti le utilizzò come sfondo nelle scene di guerriglia. Oltretutto le persone presenti nelle scene di guerra erano dei veri e propri palermitani. Per sottolineare la puntigliosità di Visconti, i Garibaldini erano differenziati attraverso l’abbigliamento, rappresentati con delle camicie rosse; le quali venivano sbiadite dopo essere state intinte nel te, per sottolineare l’usura dei tessuti. Visconti grazie ai dettagli nelle scene venne definito come un realista; in realtà solo in sostanza. Egli si ispirò molto alla pittura, maggiormente ai quadri di Francesco Hayez. Donna fugata primo blocco Comincia con il viaggio del principe per le campagne siciliane di color giallo-rossastre, in direzione Donna Fugata. Il principe, nonostante il putiferio creatosi a Palermo, decise di “voltarsi dall’altra parte” facendo finta di nulla, immergendosi nello scenario tranquillo e pacifico che corrisponde al suo ipotetico stato d’animo. Durante il picnic si nota un ricordo del principe che viene visto in soggettiva; il principe si ricorda di quando i generali garibaldini si recarono alla corte, chiedendogli di mostrargli gli affreschi. Questa scena è importante poiché il principe rimase onorato dal fatto che anche i rivoluzionari hanno voluto conoscerlo ed incontrarlo. Quando i tre si presentano (sono accompagnati da una musica marcetta ottocentesca) vengono accolti con ironicità. Dopo il viaggio di tre giorni principe e la famiglia si presentano ad un tedeum di ringraziamento (un inno cristiano in prosa di origine antica), con delle figure importanti come il prete, il notaio, il sindaco ecc. Durante la funzione in chiesa, il regista utilizza il carrello sottostante alla macchina da presa, spostandosi in linea retta. La macchina riprende la carrellata di inquadrature della famiglia, la quale viene presentata in modo statuale, ricoperte di polvere e stanche dal viaggio; l’intenzione del regista, quindi, è che aldilà della felicità legata allo stato nobiliare della famiglia, si celi un senso di tristezza e malinconia. Successivamente alla sequenza del Te Deum troviamo la sequenza del bagno del principe, il quale viene disturbato da Padre Pirrone, il quale gli riferisce dell’innamoramento della figlia concetta nei confronti del nipote Tancredi. Il principe dopo la notizia evidenzia il fatto che concetta non sia adeguata al nipote poiché caratterialmente troppo debole. Dopo questa scena si presenta la scena del pranzo. All’inizio della scena Don Calogero si “traveste” da galantuomo; traveste poiché non essendo un uomo elegante, il principe nota subito che il Frack indossato è di livello inferiore rispetto al suo. Successivamente tutti rimangono sbalorditi (soprattutto il principe e Tancredi) dalla bellezza di Angelica, la figlia di Don Calogero. Avviene poi la sequenza del pranzo dove Tancredi è posto tra Angelica e Concetta, le due dirette interessate. Un dettaglio importante è legato agli alimenti, poiché le pietanze presentate vennero preparate veramente da dei cuochi esperti. Durante il pranzo Angelica si mostra per quello che è (una cafona), distruggendo il “trucco” mostrando il suo vero modo di essere, scoppiando in una risata isterica dopo un discorso volgare e sessuale di Tancredi. Ella successivamente alla battuta legata alle suore di clausura e delle novizie, cominciò a ridere in modo sguaiato, tanto che Concetta si alzò dal tavolo (gesto grave poiché ci si alzava solo successivamente al capo famiglia) andandosene in lacrime e successivamente tutti, dopo la richiesta del principe, si alzarono e sgomberarono la sala da pranzo. La macro-sequenza del plebiscito, dove avviene il voto di unione delle due Sicilie a quello di Sardegna. Il principe esce dall’abitazione accompagnato da padre Pirrone e dal vento, che possiede un senso metaforico; poiché sta portando via qualcosa… Il principe successivamente mentre sta votando davanti al sindaco viene preso in giro da una voce nascosta, la quale esclama “il Cavour di Donna fugata”. Notiamo due elementi significativi: Don Orofio segue il voto del principe SI, mentre padre Pirrone non vota, poiché il prete gli evita di incombere in una scelta sbagliata. Successivamente i tre si spostano nell’ufficio dove vi sono posti i quadri di Garibaldi e del re Vittorio Emanuele. Dopodiché gli vennero proposti tre bicchieri di liquore, di colore verde, e rosso; l’unico che accettò la proposta fu il principe, come segno di ambiguità, il quale lo avvicina sempre di più ad elementi a cui fino ad ora egli era contrariato. il principe recitando la parte sceglie il liquore bianco, alle spalle si vede che un locale dice “un tardivo omaggio alla bandiera borbonica” (la bandiera borbonica è bianca); il principe sfiora con le labbra il liquore, fa una faccia schifata e poi guarda don Calogero come aveva guardato la figlia Angelica la sera prima; si rende conto che personaggi sgradevoli siano. Donna fugata secondo blocco. Dopo la battaglia di Palermo, si passa ad un campo lunghissimo che riprende il panorama siciliano e la carovana di carrozze della famiglia. Se da una parte la battaglia è sinonimo di irruzione della storia nella Sicilia dell'epoca, questa serie di immagini rappresentano invece il non interesse del principe a tali avvenimenti, preferendo invece la vacanza a Donna fugata (contrasto scenico) - per lo scrittore, tra l'altro, la vera Sicilia è quella dell'interno (è come un mare pietrificatosi improvvisamente). Il paesaggio evidenzia anche una sensazione di solitudine che per il principe è ristoratrice (essendo amante di un mondo ordinato e regolato - il caos lo deprime: don Pirrone dirà ai contadini dei feudi di Donna fugata che ai signori piace ciò che a loro, non nobili, non interessa e il contrario). Per questo si lascia alle spalle Palermo, prediligendo invece la tranquillità della campagna. La locanda in cui alloggiano la notte è quella degli affittuari del principe (le terre in cui si sono inoltrati sono, infatti, di sua proprietà). Quando Tancredi e i suoi compagni si presentano, Caviagri e il generale indossano la camicia rossa di gala, a differenza del principino che ha invece una camicia scura. Il principe ricorda questo momento con soddisfazione (soggettiva del protagonista), perché effettivamente i protagonisti di quella rivoluzione stavano glorificando la sua dimora e si erano rivolti a questo con il grado di 'eccellenza' (nonostante il tutto venne, in realtà, vietato da Garibaldi - non è cambiato nulla nei riguardi della nobiltà). Il principe, come sottolinea la musica di accompagnamento, è sì lieto di ospitarli ma sempre con una certa ironia: ironismo che si palesa soprattutto quando il generale inizia a cantare (viene enfatizzata la noia di tutti, persino del cane) - sempre nell'assoluta soggettiva del principe. Passando a Donna fugata, questa non è in realtà la vera città di Donna fugata ma un paese in provincia di Palermo (Ciminna) scelto al posto di Palma di Montechiara (luogo a cui si riferisce in realtà l'autore del romanzo) perché non adatto. Ciminna, invece, presentava una paesaggistica e soprattutto una chiesa (del 1600) che piacque molto a Visconti - ma non un palazzo: il regista fece così costruire dallo sceneggiatore la facciata del palazzo che si affaccia sulla stessa piazza della chiesa (Garbuglia ha assunto contadini per diventare muratori, facendo coprire a questi quattro case reali e le relative finestre). La facciata è ovviamente resa in maniera seicentesca, così da creare l'ambiente ideale della città immaginata dal regista. All'arrivo della famiglia, la banda del paese inizia a suonare 'L'arietta delle zingarelle' (di Verdi) in maniera alquanto deludente ed ironica e, successivamente, Don Onofrio riconsegna le chiavi del palazzo a Fabrizio. Per tradizione, all'arrivo del principe, tutta la famiglia, assieme al parroco e al sindaco, partecipava ad un Te deum di ringraziamento. L'entrata in chiesa è accompagnata dall'aria 'Amami Alfredo' (Traviata di Verdi) - opera dedicata ad una prostituta (viene suonata perché si pensava che potesse essere apprezzata dal principe, essendo stata composta da Verdi). Quando inizia la funzione la macchina da presa, con un movimento a 'S', si sposta dagli stucchi dell'altare al sacerdote e, successivamente, crea una 'carrellata' (movimento della macchina sui binari) sulla famiglia del principe (che si trova su degli stalli privati). Questi personaggi, con la scusante di aver appena fatto ore di viaggio, sono coperti di polvere: elemento non solo realistico ma anche 'metaforicamente' ricollegabile al concetto di morte (quasi come se fossero statue impolverate, anche perché gli stessi attori sono completamente immobili - catacombe palermitane) - mera apparenza di gioia. Successivamente, nella scena del bagno, padre Pirrone irrompe nella sala infastidendo il principe: il prete è stato incaricato da Concetta di chiedere al padre riguardo il possibile matrimonio con Tancredi (il principe è sia padre che padrone, dunque la figlia non se la sente a chiederglielo direttamente). Fabrizio afferma che in realtà Tancredi non si sta proponendo ma si sta comportando in maniera del tutto cortese, con intenzione anche ‘strategica’: se si sposassero, Concetta riceverebbe solo una piccola parte della dote ereditaria (troppo poca per un ambizioso Tancredi che per far carriera necessiterebbe di tanti soldi). Concetta è una donna apparentemente sottomessa il cui carattere, però, irromperà alla fine del film, quando, sdegnata dal comportamento di Tancredi, gli rinfaccerà questo suo carattere trasformista (il principino, come si noterà meglio successivamente, diventerà sempre di più simile al suocero Don Calogero). L'arrivo di Don Calogero è anch'esso ridicolizzato dai nobili: sale le scale dal basso (simbolo di poca importanza rispetto al principe) vestito con un abito cucito male, elemento che ne evidenzia la distanza sociale (questo personaggio, si ricorda, è figlio di Beppe Merda - non è ricco di famiglia ma si è arricchito successivamente) - solo con il matrimonio fra Tancredi e sua figlia Angelica questo divario verrà colmato (simbolo di decadenza della nobiltà). Se da una parte, infatti, il ballo è il culmine metaforico della ricchezza nobiliare dall'altra però ne descrive anche la finitudine, poiché vengono invitati pure Don Calogero e Angelica (che mai sarebbero potuti entrare se non per il legame con Tancredi). L'inizio della fine è proprio l'apparizione di Angelica, dato che nessuno si sarebbe mai aspettato una donna così bella e composta (questa era stata mandata, infatti, in un convitto fiorentino per imparare il galateo). L’annessione nella famiglia di una figura così 'bassa' socialmente è simbolo di disastro - di cui il principe se ne accorgerà a poco a poco. Questa, come vuole la cortesia, andrà prima a salutare la principessa, moglie di Fabrizio, e solo dopo tutti gli altri. Il momento rivelatore è la celebre sequenza del pranzo: ai lati lunghi del tavolo ovale il principe è contornato da due donne e la principessa da due uomini (Don Calogero e il notaio) - Solitamente vengono disposti uomini e donne in maniera alternata e, in questo caso, Tancredi si trova fra la cugina e Angelica. Apparentemente sembra che tutto stia andando al meglio, ma, in realtà, si nota la prima incrinatura: Angelica, togliendosi quasi la sua ‘maschera’, chiede a Tancredi della battaglia di Palermo, che, a sua volta, le risponde con una storia a sfondo 'sessuale' - lui capisce la richiesta di volgarità della plebea Angelica che, poco dopo, scoppierà a ridere in maniera sguaiata (si rivela l'aspetto più 'rozzo' della ragazza) - Concetta, sdegnata, si alza dal tavolo seguita da suo padre (l'allontanamento del principe dalla tavola fa in modo che tutti si debbano alzare ed andarsene). Da questo momento in poi la maschera di Angelica non verrà più tolta. Dopo il pranzo, Tancredi, per scusarsi con Concetta, le fa recapitare della frutta: il principe di Salina ridacchia, avendo capito dove il nipote stava andando a parare (è 'ignobile' - ovvero non nobile, poiché vuole mirare solo alla dote e l'influenza politica di Angelica). L'ambivalenza del principe sta nel fatto che lui stesso si era auto convinto della speranza che la realtà nobiliare non sarebbe mai cambiata (almeno non così velocemente) - per questo motivo ha votato 'sì' al plebiscito e ha chiesto la mano di Angelica per Tancredi. Nella macro-sequenza del plebiscito il principe, utilizzando la metafora del vento e in maniera del tutto involontaria, inizia a parlare con don Pirrone della mutabilità della realtà data da quella stessa votazione. Un elemento la 'caccia' con don Ciccio Tumeo e la sua cagna Maria Teresina - il principe fa delle indagini sulla famiglia di Angelica e di don Calogero in vista del possibile matrimonio, scoprendo, dalle parole dell'organista, la futura decadenza in cui la propria famiglia andrà a cadere (l'unione matrimoniale sarà la fine dei Falconeri e dei Salina - secondo don Ciccio Tumeo). Oltre a ciò, viene detto che lo stesso avesse votato ‘no’ al plebiscito (scoprendo la falsità di questo) per questione di coscienza, essendo ancora legato alla corte borbonica (grazie alla quale studiò musica). Mentre invece il principe aveva appoggiato, al contrario, la rivoluzione garibaldina, preferendo la lealtà del re 'straniero'. il dialogo (confronto evidente nella postazione frontale dei due) con l'inviato piemontese Chevalley - gira tutto attorno al tema dell'alta politica. Il principe dice che i siciliani sono così 'egocentrici' per la crudeltà del clima e per la violenza del paesaggio (sia Tomasi di Lampedusa che Fabrizio Salina si trovavano meglio in un clima nordico rispetto a quello torrido della Sicilia interna), non volendo quindi che nessuno venga ad insegnar loro nient'altro. Gli altri dialoghi che si risolvono in conflitti non risolti: dialoghi con Padre Pirrone - nonostante sia stato detto molte volte che questo sia amico intimo del principe, nelle questioni politiche i due non raggiungono mai la stessa conclusione. dialogo con don Calogero Sedara (personaggio disprezzato) - il momento in cui il principe deve far sapere la decisione del matrimonio di Tancredi con Angelica. Si ha qui la misura, da parte del principe, che i due mondi siano inconciliabili (tra i due, infatti, si ha la distanza fisica della scrivania) - questo fa accenno che Tancredi abbia poco e nulla dell'eredità della famiglia e per questo necessità delle ricchezza di Angelica. Don Calogero prima fa finta di essere rimasto senza parole per questa offerta e poi inizia a trattare dei soldi e delle proprietà (dice che addirittura consegnerà sacchetti di once d'oro) - facendo valere il proprio punto di vista, legato all'aspetto finanziario e di baratto. Oltre a ciò, don Calogero afferma di essere anch'esso un nobile, suscitando la risata del principe e la sua uscita di scena (giocando le carte della nobiltà si è reso ridicolo da solo). dialogo con il colonnello Pallavicino (anch'esso disprezzato per il suo egocentrismo e falsità) - il principe pianta il colonnello mentre viene circondato da tutti gli altri nobili adoranti. OPINIONI PERSONALI: • dibattiti fra don Pirrone e principe di Salina - sono un escamotage degli sceneggiatori per far palesare i pensieri personali del protagonista (se nel romanzo questi sono solo pensieri, nel film invece vengono usati dialoghi o monologhi ad alta voce
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