Scarica La figlia del capitano , l'ultimo Puskin e più Appunti in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! L'ultimo Puškin. La figlia del capitano: riassunto La storia di svolge in Russia dove il giovane ufficiale Pëtr Andréevič Grinëv viene mandato da suo padre in un antico reggimento della guardia per dare il suo apporto militare in una fortezza capitanata da un suo vecchio amico, il capitano Ivan Kuzmic. → È lì che il ragazzo conosce Mar’ja, la figlia del capitano, alla quale comincia a dedicare poesie e canzoni fino ad innamorarsene. Purtroppo a contrastare questo sentimento c’è Svabrin, un ufficiale che aveva chiesto in moglie la ragazza ma dalla quale aveva ricevuto un netto rifiuto. La situazione si complica nel 1773: sullo sfondo si dipana l'insurrezione dei cosacchi e gli scontri tra ribelli ed esercito zarista insanguinano la steppa e gli insediamenti umani. La rivolta di Pugaciov, un contadino rivoluzionario che saccheggia molte fortezze del paese tra cui quella del capitano e di sua moglie, che più tardi furono uccisi. Svabrin, a quel punto, tradisce i soldati dell’imperatrice e viene arruolato da Pugaciov nel suo esercito, fino a diventare capitano della fortezza. Forte del suo ruolo, il traditore decide di sposare Mar’ja anche contro la sua volontà ma Andréevič riesce a fermarlo e a liberare la ragazza con l’aiuto di Purgaciv. I due stanno per coronare il loro sogno d’amore quando il giovane ufficiale viene arrestato con l’accusa di essere stato uno degli insorti: alla fine sarà la fanciulla a raccontare tutta la verità e a chiedere la grazia per il suo fidanzato. L’imperatrice, convinta dell’innocenza del giovane, lo libera benedicendo il tanto agognato matrimonio. Analisi e commento. Nel 1833, Puškin dà alle stampe una delle sue opere più riuscite e celebri, l'"Evgenij Onegin". Fatto questo, si sposta negli Urali per dedicarsi a ricerche accurate: ha infatti in cantiere due opere che compongono quasi un distico e lanciano l'una uno sguardo frontale e l'altra uno sguardo in tralice all'insurrezione cosacca guidata da Emel'jan Ivanovič Pugačëv e terminata con l'uccisione del ribelle nel 1775: "La storia di Pugačëv" e "La figlia del capitano" si integrano a vicenda: il secondo contiene continui rimandi impliciti al primo, molto più didascalico ed informativo. "La figlia del capitano" non aspira ad avere, né di fatto ha, un peculiare valore storiografico: in esso, la Storia è un personaggio come gli altri, solo più potente e impersonale, complesso e corale, capace di travolgere e dirigere i destini individuali dei protagonisti. Il romanzo viene preso in considerazione non tanto per il plot quanto per gli strumenti narrativi e per lo sfondo dipinto da Puskin: Egli descrive infatti in modo lucido e accurato la situazione storica della Russia del 1700, mettendo in risalto le sofferenze e le precarie condizioni di vita dei contadini e delle popolazioni più povere, costrette a ribellarsi con sommosse che spesso finiscono nel sangue. Un rilievo particolare assumono la povera gente, contadini, ecc.. essi sono accomunati dagli stessi problemi: le sofferenze e precarie condizioni di vita scatenano drammatiche sommosse; in quel periodo ci furono molte ribellioni, infatti i cosacchi, (contadini, artigiani, ecc), presi dalle furie di saccheggiare le fortezze dei nobili, rubano e uccidono perdendo il controllo di se stessi, diventano così più simili alle bestie e meno agli umani. → Solo la fede in Dio fornisce all’uomo la forza per affrontare il male e il peccato tanto che i deboli non possono che affidarsi alla preghiera in attesa della salvezza. La figura più emblematica del romanzo è il protagonista Andréevič: il giovane ufficiale, nel corso della storia, è messo a dura prova e sarà costretto ad affrontare ostacoli di ogni tipo per raggiungere i suoi obiettivi. Grazie al coraggio e alla fede il ragazzo, alla fine, ne uscirà vincitore conquistando la libertà e la donna amata. Puškin aveva progettato d'inserire come protagonista un giovane nobile, successivamente l'opera subisce un'inversione di rotta inquanto muta anche l'opinione dell'autore in merito a tale nodo storico e per la scarsa plausibilità di un simile personaggio. Il romanzo, come lo stesso Puškin, occupa una posizione ambigua o almeno difficile da localizzare esattamente nella forbice rivoluzione-conservatorismo. A prima vista, la storia di Pëtr sembra un elogio dello status quo, un'esaltazione della triade tradizionale di Dio-Patria-Re. La morale della storia si raggrumerebbe dunque nell'uccisione di Pugačëv e del ruolo salvifico della zarina Caterina che, in chiusura del romanzo, aiuta i protagonisti a conseguire il lieto fine nonostante mille avversità. Eppure, non si può etichettare Puškin come un reazionario se non al costo di un appiattimento della sua poetica al limite del falso storico. Fin dalla giovane età Puškin entra in contatto con ambienti progressisti il cui fine dichiarato era quello di diffondere le idee illuministe. Proprio la partecipazione a quelle attività fece guadagnare a Puškin le antipatie dello zar Alessandro (vd. File di Puskin vita). Anche il nuovo zar, Nicola I, preferì controllare l'attività del poeta. Quindi le tendenze rivoluzionarie di Puškin, innegabili benché forse un po' fiacche, non tentarono naturalmente solo lo sbocco artistico (che pure fu preponderante): il poeta simpatizzò con i decabristi, il cui moto fu un preludio molto moderato, appena progressista, alla ben più radicale e ancora lontana Rivoluzione d'Ottobre. Puškin simpatizzava con i ribelli, fraternizzava con illuministi e decabristi, presentava Pugačëv non come un eroe ma neppure come un usurpatore, ce ne restituiva (anche ne "La figlia del capitano") un'immagine molto umana ed evidentemente simpatica. Eppure, Aleksandr Sergeevič Puškin è lo stesso poeta che nel "Boris Godunov" del 1825 ci mostra il potere come un blocco monolitico che non ammette incrinature né opposizione dialettica, come una forza pervasiva e