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La figura del mercante nel Novellino: un conflitto tra visioni, Prove d'esame di Letteratura Italiana

Il documento è una analisi della figura del mercante nel Novellino: ne descrive le caratteristiche nelle singole novelle e le implicazioni culturali di un nuovo mondo che oscilla tra sacralità del codice divino e valori laici.

Tipologia: Prove d'esame

2019/2020
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Caricato il 15/02/2020

evelyn-de-luca
evelyn-de-luca 🇮🇹

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Scarica La figura del mercante nel Novellino: un conflitto tra visioni e più Prove d'esame in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! La figura del mercante nel Novellino: un conflitto tra visioni Da un’analisi prototipica del Novellino, la figura del mercante appare la più adatta a incarnare un mondo in evoluzione, in equilibrismo tra la sacralità del codice divino e la celebrazione di nuovi valori laici. Il mutamento storico-culturale trecentesco prelude al successivo passaggio da una cultura enciclopedica tipicamente medievale a una cultura basata sull’esperienza sensibile e sul contatto diretto con la realtà. Il mercante dunque, più di tutti, è l’uomo “nuovo” la cui ricchezza “tutta l’ho guadagnata di mia sollicitudini”1. Rappresenta così un tipo lontano dai precedenti schemi sociali, nei cui confronti l’autore anonimo del Novellino assume un atteggiamento di ambiguità. Novelle VIII, XCVII, XCVIII La figura del mercante appare in primis nella Novella VIII, di ambito classico. Il figlio di un nobile signore di Grecia ha il compito di spendere “molto oro”1 a proprio piacimento: nel suo cammino incontra uno spodestato re di Siria caduto in rovina e un mercante. Il mercante è presentato come un uomo molto ricco non per eredità ma per impegno e lavoro. La sua è una ricchezza nuova, aliena dalla staticità medievale della società agricola; si dedica esclusivamente a una attività pratica avendo come unico strumento il proprio intelletto e la volontà. A differenza del re di Siria, il mercante non ha né terre né patrimonio né nobili origini, ma “solo per su bontà aveva guadagnato”1. Il giovane nobile preferisce donare il proprio denaro al re. Si evince così un primo giudizio negativo da parte del giovane; l’etica mercantile non appartiene ancora ai valori canonici storicamente riconosciuti ma viene interpretata come un peccato di hybris e d’eccessiva superbia. La saviezza del padre invece rappresenta una embrionale apertura alla nuova etica del guadagno: tornato il figlio, lo accusa implicitamente d’aver compiuto una scelta folle, prediligendo il re di Siria – “ch’avea perduto per sua colpa e follia tutto”1 – al mercante. Lo spiraglio di mutamento è immediatamente richiamato alla norma: la ricompensa è per chi assume valore di exemplum (negativo, in questa novella). E’ ancora immaturo e pericoloso l’allontanamento dalla validità eterna della letteratura didascalica e dall’insegnamento universale tratto da un evento particolare, in ottica pienamente religiosa. L’atteggiamento contraddittorio - tra biasimo e segreta ammirazione - è ancora più visibile nelle Novelle XCVII e XCVIII. La novella XCVII ha per protagonista un mercante che porta del vino oltremare “in botti a due palcora”2; nella parte superiore e inferiore aveva vino, nel mezzo acqua. Così facendo il mercante si garantisce un doppio guadagno. Già dalla sintetica descrizione della truffa traspare un atteggiamento critico per un’avarizia contro natura3 e per l’esasperata ricerca di guadagno contro ogni principio morale. Secondo l’opinione diffusa chiunque gestisse vendite e lavorasse col denaro era corrotto, avido e disonesto. L’etica del guadagno – che sfida la normale concezione di tempo – non poteva che essere condannata dal canone medievale e posta agli antipodi di una normalità religiosa, onesta e spirituale. Non a caso il mercante “per sentenzia di Dio” viene punito: una scimmia ruba le monete e ne getta la metà in mare, in modo da restituire al mercante soltanto il guadagno onesto. La stessa scelta della scimmia è fortemente simbolica: nei bestiari medievali evocava insieme eresia e idolatria4. In questa specifica novella la scimmia è assunta come caricatura umana. Da San Pier Damiani viene ricordata come simbolo della lussuria; lo stessa lussuria – intesa come ricerca peccaminosa di materiale ricchezza – di cui si macchia il mercante. Chiunque sfidi l’etica cristiana per soddisfare le necessità materiali del singolo incorre in una inevitabile punizione divina. La visione mercantile del mondo si fonda su dinamiche economiche e su un nuovo tempo misurato attraverso il guadagno: è un tempo laico, terreno, concreto. E’ un tempo da sfruttare – così come fa il mercante della Novella XCVII – per il maggior guadagno possibile. Alla mentalità del mercante appartiene una nuova logica dell’utile e un forte desiderio di auto-affermazione: la figura della novella successiva dimostra infatti un grande ingegno nell’affrontare l’ostacolo che gli si pone davanti. Il mercante della novella XCVIII porta con sé delle berrette; la merce viene rubata – nuovamente – dalle scimmie. Il mercante, con l’argutezza tipica di chi deve fare ammenda al “peccato di fortuna” 5, torna indietro e compra calzari, facendone buon guadagno. Si allude qui alla credenza riportata nei bestiari per cui per catturare le scimmie era necessario far indossare loro delle scarpe che ne ostacolassero la fuga.6 Il protagonista dimostra quella praticità e prontezza di ingegno che non si acquisisce dalla cultura scritta o dall’ ipse dixit delle auctoritates ma si fonda unicamente sul vissuto e sull’esperienza. Dunque il mercante è vittorioso grazie al suo “saper fare”, così come parallelamente Federico II di Svezia nella Novella I è sconfitto sul piano della pratica. Conclusioni Il Novellino registra con grande lucidità uno spirito di mutamento sociale, pur evitando plateali infrazioni di norma. L’oscillazione tra il dinamismo laico del mercante e la staticità teologica si muove parallelamente all’opposizione tra funzione edonistica e didattica del testo; anche l’infrazione alla mondanità del proemio 7 è richiamata alla norma dal fine parenetico e didattico nonostante ci sia la tentazione di cedervi. La concretezza, la materialità e l’esperienza sono valori costantemente sottintesi nel testo; descritti e poi negati, ammirati e poi biasimati. Si noti che l’oscillazione di visioni si registra anche nel mutamento delle ambientazioni: la novella VIII è ambientata nella città, ai piedi del palazzo. All’immobilità della campagna si contrappone invece il cuore della mobilità sociale e economica; la città è lo spazio dell’autoaffermazione, delle “armoniche proporzioni”8 e della modernizzazione entro cui il mercante si muove. Lo spirito d’iniziativa del mercante trova occasioni e guadagno in un coacervo magmatico di genti. Oltre che in città, il mercante si muove in mare aperto9 col suo tipico spirito avventuriero. 1Novella VIII, Il Novellino, ed. critica a c. di Valeria Mouchet, Ed. Rizzoli, Milano, 2008.
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