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Hegel: La Fenomenologia dello Spirito e la Filosofia dello Spirito, Schemi e mappe concettuali di Filosofia

Una selezione di opere di Hegel, tra cui la Fenomenologia dello Spirito, che descrive il cammino dell'individuo e dell'Assoluto verso la conoscenza assoluta. La Fenomenologia è strutturata in tre obiettivi: sanare la frattura tra conoscenza comune e sapere filosofico, mostrare le tappe fondamentali del processo storico che conducono all'idealismo tedesco, e presentare un'introduzione al sistema filosofico di Hegel. La filosofia dello Spirito è lo studio dell'Idea che, dopo aver perso la sua forma esterna, si fa puro spirito, autocoscienza e libertà. La filosofia dello Spirito è strutturata in tre momenti: Spirito soggettivo, Spirito oggettivo e Spirito assoluto. Hegel distingue tre momenti della Filosofia dello Spirito oggettivo: diritti, moralità e eticità. Lo Stato, come istituzione in cui l'uomo concretamente vive, è l'espressione concreta dell'unità oggettiva e soggettiva, la forma suprema della verità filosofica.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 20/09/2022

Giadatomei
Giadatomei 🇮🇹

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Scarica Hegel: La Fenomenologia dello Spirito e la Filosofia dello Spirito e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Filosofia solo su Docsity! OPERE  Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801)  Fenomenologia dello spirito (1807)  Scienza della logica (Norimberga, 1812 e 1816)  Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (Heidelberg, 1817; riedita, con ampiamenti, nel 1827 e nel 1830) la più compiuta formulazione del sistema di Hegel  Lezioni sulla filosofia della storia (postuma)  Estetica (postuma)  Lezioni sulla filosofia della religione (postuma)  Lezioni sulla storia della filosofia (postuma)  Lineamenti di filosofia del diritto Finito e infinito Con la prima tesi Hegel intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo, non avendo nulla al di fuori di sé e rappresentando la ragion d’essere di ogni realtà, coincide con l’Assoluto e con l’Infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Il finito, in quanto è reale, non è tale, ma è lo stesso infinito L’hegelismo si configura quindi come una forma di monismo panteistico: vale a dire teoria la quale esiste un’unica realtà divina (monismo) di cui il mondo visibile costituisce la realizzazione o la manifestazione. (nella concezione cristiana invece Dio è trascendente,c’è una distinzione ontologica fra il Creatore e il mondo creato). Tuttavia il panteismo di Hegel si differenzia da quello moderno (di Giordano Bruno e di Spinoza) perché per Bruno e per Spinoza l’Assoluto è una Sostanza statica che coincide con la Natura, per l’idealista Hegel invece l’Asssoluto si identifica con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste è un “momento” o una “tappa” di realizzazione. Ragione e realtà Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realtà viene denominato da Hegel con il termine di Idea o di Ragione, intendendo con queste espressioni l’identità di pensiero ed essere, o meglio, di ragione e realtà. Da ciò il noto aforisma, contenuto nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, in cui si riassume il senso stesso dell’hegelismo: «Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale». Con la prima parte della formula, Hegel intende dire che la razionalità non è pura idealità, astrazione, schema, dover‑essere, ma la forma stessa di ciò che esiste, poiché la ragione “governa” il mondo e lo costituisce. Con la seconda parte della formula, Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (l’Idea o la Ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nell’uomo. Hegel, secondo uno schema tipico della filosofia romantica, ritiene che la realtà costituisca una totalità processuale necessaria, formata da una serie ascendente di “gradi” o “momenti”, che rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti ed il presupposto di quelli seguenti. Il compito della filosofia Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realtà e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono: “Comprendere ciò che è è il compito della filosofia, poiché ciò che è è la ragione”. A dire come dev’essere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi; giacché sopraggiunge quando la realtà ha compiuto il suo processo di formazione. Essa, afferma Hegel con un paragone famoso, è come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cioè quando la realtà è già bell’e fatta. La filosofia deve dunque “mantenersi in pace con la realtà” e rinunciare alla pretesa assurda di determinarla e guidarla. Deve soltanto portare nella forma del pensiero, cioè elaborare in concetti, il conte nuto reale che l’esperienza le offre, dimostrandone, con la riflessione, l’intrinseca razionalità. L’autentico compito che Hegel ha inteso attribuire alla filosofia (e ha cercato di realizzare con la sua filosofia) è la giustificazione razionale della realtà, della presenzialità, del fatto. Questo compito egli l’ha affrontato con maggiore energia proprio là dove esso sembra più rischioso: cioè nei confronti della realtà politica, dello Stato . A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: 1) la logica, che è “ la scienza dell’Idea in sé”, cioè dell’Idea considerata nel suo essere implicito (= in sé) e nel suo graduale esplicarsi, ma a prescindere, come si è visto, dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito; 2) la filosofia della natura, che è “ la scienza dell’Idea nel suo alie narsi da sé”; 3) la filosofia dello spirito, che è la scienza dell’Idea, che dal suo alienamen to ritorna in sé”. Ecco un primo schema generale (cui seguiranno altri più analitici): Dialettica L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire è la dialettica, che rappresenta, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realtà e la legge (logica) di comprensione della realtà. Hegel non ha offerto, della dialettica, una teoria sistematica, limitandosi, per lo più, ad utilizzarla nei vari settori della filosofia. Ciò non esclude la possibilità di fissare qualche tratto generale di essa. Nel par. 79 dell'Enciclopedia Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero: a) l'astratto o intellettuale; b) “ il dialettico o negativo‑razionale”; c) “ lo speculativo o positivo -razionale” 1)Il momento astratto o intellettuale consiste nel concepire l’esistente sotto forma di una molteplicità di determinazioni statiche e separate le une dalle altre. In altri termini, il momento intellettuale (che è il grado più basso della ragione) è quello per cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà, limitandosi a considerarle nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identità e di non‑contraddizione (secondo cui ogni cosa è se stessa ed è assolutamente diversa dalle altre). 2)Il momento dialettico o negativo‑razionale consiste nel mostrare come le sopraccitate determinazioni siano unilaterali ed esigano di essere messe in movimento, ovvero di essere relazionate con altre determinazioni. 3)Il terzo momento, quello speculativo o positivo‑razionale, consiste invece nel cogliere l’unità delle determinazioni opposte, ossia nel rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realtà più alta che li ricomprende o sintetizza entrambi . c) Hegel e i romantici Il dissenso di Hegel nei confronti dei romantici verte essenzialmente su due punti. In primo luogo Hegel contesta il primato del sentimento, dell’arte o della fede, sostenendo che la filosofia, in quanto scienza dell’Assoluto, non può che essere una forma di sapere mediato e razionale. In secondo luogo, Hegel contesta gli atteggiamenti individualistici dei romantici (o, per meglio dire, di una parte dei romantici), affermando che l’intellettuale non deve narcisisticamente ripiegarsi sul proprio io, ma tener d’occhio soprattutto l’oggettivo “corso del mondo”, cercando d’integrarsi nelle istituzioni socio-politiche del proprio tempo.In realtà Hegel, pur non rientrando nella “scuola romantica” in senso stretto, risulta profondamente partecipe del clima culturale romantico, del quale oltre a numerosi motivi particolari (il concetto della creatività dello Spirito, dello sviluppo provvidenziale della storia, della spiritualità incosciente della natura ecc.) condivide soprattutto il tema dell’infinito, anche se ritiene che ad esso si acceda speculativamente e non attraverso vie “immediate”. d) Hegel e Fichte Hegel accusa Fichte di aver ridotto l’infinito a semplice meta ideale dell’io finito. Ma in tal modo il finito, per adeguarsi all’infinito e ricongiungersi con esso, è lanciato in un progresso all’infinito che non raggiunge mai il suo termine. Ora questo progresso all’infinito è, secondo Hegel, il falso o “cattivo infinito” o l’infinito negativo; non supera veramente il finito perché lo fa continuamente risorgere, ed esprime soltanto l’esigenza astratta del suo superamento. Di conseguenza, Fichte si troverebbe ancora, dal punto di vista di Hegel, in una filosofia incapace di attingere quella piena coincidenza tra finito e infinito, razio nale e reale, essere e dover‑essere, che costituisce la sostanza dell’idealismo. e) Hegel e Schelling Hegel critica Schelling perchè quest'ultimo concepisce l'Assoluto in modo a-dialettico,cioè come unitàindifferenziata e statica. L'assoluto schellinghiano è paragonato alla notte nella quale tutte le vacche sono nere Fenomenologia dello spirito System der Wissenschaft Ge, Wilh. Fr. Hegel Bota Fosa dee Fidia i der, di Pieri Pasitatng Blei dei Ati und etnar guivirima Suntetattrm MIApROA Erster Thell, die PhAnomenologie des Geistes. Bamberg und Worsberg, biyleitpl Adios Dssbbasd], 1801, Georg Wilhelm Friedrich Hegel La fenomenologia dello spirito A cura di Gianluca Garelli pri GA Piccola Biblioteca Einaudi Ne La metafora del movimento dialettico |Coscienza) E | Autocoscienza| ——_______________ {Ragi one] SPIRIT *Certezza sensibile «Percezione «Intelletto «Dialettica Servo-Padrone *Stolcismo e Scetticismo «La cosclenza Infelice «Ragione osservativa «Ragione attiva «Individualità in sè per sè «Eticità «Cultura *Moralità La Fenomenologia dello Spirito è costituita da 6 tappe fondamentali: COSCIENZA AUTOCOSCIENZA RAGIONE SPIRITO RELIGIONE SAPERE ASSOLUTO Le prime tre tappe descrivono l’innalzamento dalla coscienza individuale finita alla ragione come consapevolezza filosofica. Le successive tre tappe descrivono il dispiegarsi della coscienza che ha conquistato il punto di vista dell’Assoluto. 1.COSCIENZA Nel primo momento della Coscienza questa si rivolge a un oggetto che è considerato esterno rispetto ad essa. Distinguiamo 3 momenti: certezza sensibile, percezione, intelletto Stoicismo e scetticismo Nello stoicismo la libertà che si è affermata attraverso il servo si trasforma nel riconoscimento di una legge di necessità che governa tutte le cose. Ma la libertà interiore dello stoico è “astratta”, teorica e non effettiva concretamente. Allo stesso modo lo scetticismo è una condizione insufficiente e auto-contraddittoria della coscienza: lo scettico, dal momento in cui dubita, si trova in contraddizione con se stesso perché non può dubitare di dubitare. Lo scetticismo è un esasperato atteggiamento negativo verso l’alterità, ciò che è altro dalla coscienza. Coscienza infelice Un’altra figura celebre dell’Autocoscienza è quella della Coscienza infelice, che descrive la condizione della coscienza tipica della religione ebraica e del Cristianesimo medievale. La coscienza infelice è la coscienza che vive se stessa come coscienza finita, mortale, che per esistere deve ancorarsi a una realtà assoluta, infinita, del tutto estranea alla coscienza stessa ( = Dio trascendente). In questa figura c’è quindi una profonda scissione tra l’autocoscienza dell’uomo (finita , mutevole) e l’oggetto della coscienza, la realtà vera, assoluta, infinita, a cui la coscienza tende senza mai poterla raggiungere. Nella figura della Coscienza infelice ogni accostamento dell’uomo alla Divinità trascendente significa una mortificazione, un’umiliazione, un sentire la propria nullità, e da ciò deriva appunto l’infelicità. Nel Cristianesimo si cerca poi di rendere accessibile il Dio trascendente per mezzo del Dio incarnato (Gesù Cristo); tuttavia, secondo Hegel, la pretesa di cogliere l’Assoluto in una figura storica è destinata al fallimento, perché Cristo, vissuto in uno specifico e irripetibile periodo storico, risulta pur sempre lontano, e quindi per la coscienza rimane separato, estraneo. Di conseguenza, anche con il cristianesimo, la coscienza continua ad essere infelice e Dio continua a configurarsi come un “irraggiungibile al di là che sfugge”. Ragione L’autocoscienza era il momento in cui la coscienza aveva preso se stessa come oggetto, ma il suo culmine nella coscienza infelice mostra l’impossibilità di comprendere se stessa restando entro i limiti di sé. La Ragione nasce nel momento in cui la Coscienza, abbandonato il vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio, il Soggetto assoluto, in altri termini acquisisce “la certezza di essere ogni realtà”. E’ questa la posizione propria dell’idealismo: l’unità di pensiero ed essere. Questa “certezza di essere ogni realtà” sorge nel Rinascimento, si sviluppa durante l’età moderna e ha il suo culmine nell’Idealismo. Il “cammino”della Ragione si conclude con il superamento del punto di vista individuale: la coscienza comprende che ogni atto della vita individuale si situa dentro una realtà storico-sociale che lo fonda e lo rende possibile, e quindi la ragione si realizza concretamente nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e dello Stato; ma con questo entriamo nel mondo dello Spirito, per il quale, come abbiam già detto, rimandiamo alla Filosofia dello Spirito esposta nelle opere successive. La Logica La Logica (alla quale Hegel ha dedicato l’opera Scienza della logica elaborata a Norimberga tra il 1812 e il 1816 e la prima parte della Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio) prende in considerazione la struttura programmatica o l’impalcatura originaria del mondo. Tale “impalcatura” si specifica in un organismo dinamico di concetti o di categorie i quali, in virtù della identità fra pensiero ed essere, costituiscono altrettante determinazioni della realtà. La logica di Hegel quindi è molto diversa dalla logica tradizionale, di derivazione aristotelica: infatti quest’ultima veniva presentata come “organon”, puro strumento o metodo del pensiero, a cui era giustapposta la realtà esterna; la logica di Hegel invece esprime la realtà stessa nella sua essenza. Pertanto risulta evidente come la logica (= lo studio del pensiero) e la metafisica (= lo studio dell’essere) siano per Hegel la stessa cosa (la posizione antimetafisica dell’Illuminismo e di Kant viene quindi respinta da Hegel) . La tesi di fondo della logica hegeliana è che pensare e essere coincidono. Hegel dice che le diverse categorie attraverso le quali la sua logica via via si sviluppa possono essere riguardate come successive definizioni dell'Assoluto. La logica hegeliana può essere rappresentata come un dire la medesima cosa inn maniera progressivamente più ricca. Hegel afferma anche che la logica é «l’esposizione di Dio, com’egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura»; i termini Dio e creazione vanno però intesi diversamente rispetto a ciò che essi significano nel contesto della dottrina cristiana: infatti la creazione per Hegel è il processo in cui Dio stesso si trasforma e si arricchisce, e il “Dio dopo la creazione” (di cui si occuperà la filosofia dello Spirito) è qualcosa di superiore rispetto al “Dio prima della creazione”. L’Idea di cui tratta la Logica in ogni caso non è da concepire come una sorta di realtà unica e compatta, ma come Sviluppo e Processo dialettico. La Logica hegeliana si articola dialetticamente in dottrina dell’essere, dottrina dell’essenza e dottrina del concetto. LOGICA DELL'ESSERE LOGICA DELL'ESSENZA LOGICA DEL CONCETTO LO SPIRITO SOGGETTIVO Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale (dell’uomo singolo, ancora legato alla finitudine), considerato nel suo lento e progressivo emergere dalla natura, attraverso un processo che va dalle forme più elementari di vita psichica alle più elevate attività conoscitive e pratiche. La filosofia dello spirito soggettivo si divide in tre parti: antropologia, fenomenologia e psicologia. Nella antropologia lo spirito è studiato nel processo di progressiva liberazione dai condizionamenti della natura. Lo Spirito è studiato come anima, la quale viene considerata quella fase aurorale della vita cosciente che nell’uomo si manifesta come carattere, temperamento, disposizioni psicofisiche connesse all’età e al sesso, abitudini: la vita spirituale è ancora “invischiata” nella natura e ne conserva in gran parte la meccanicità, la passività. Nel par. 396 dell' Enciclopedia, a proposito delle diverse età della vita, afferma che l'infanzia (tesi) è il momento in cui l'individuo si trova in armonia con il mondo circostante; la giovinezza (antitesi) è il momento in cui l'individuo, con i suoi ideali e le sue speranze, entra in contrasto con il proprio ambiente; la maturità (sintesi) è il momento in cui l'individuo si riconcilia con il mondo. 2 Nella fenomenologia viene riproposto il percorso “Coscienza”, “Autocoscienza”, “Ragione” già visto nell’opera La fenomenologia dello Spirito Nella psicologia vengono studiate le attività proprie dello spirito, cioè la conoscenza (attività teoretica), l’attività pratica e il volere libero. Il volere libero rappresenta il culmine dello Spirito soggettivo: l’anima dell’uomo aspira alla libertà, ma si scontra con il limite della propria finitezza, della propria individualità. Per essere libero, l’uomo deve superare la propria individualità e finitezza, deve quindi entrare in relazione con il mondo e gli altri uomini: per farlo non può restare nella forma dello Spirito soggettivo. Si passa quindi allo Spirito oggettivo. Spirito soggettivo antropologia fenomenologia psicologia LO SPIRITO OGGETTIVO Hegel ha sempre dimostrato un grande interesse per la politica. Dalla giovanile nostalgia per la polis greca egli ha profondamente modificato nel tempo il proprio atteggiamento nei confronti del cristianesimo e dell'età moderna. Le sue concezioni del diritto, della nozione moderna di società e della teoria dello Stato, già contenuto nell'Enciclopedia, sono presentate nei Lineamenti di filosofia del diritto del 1821. Per oggettività dello Spirito Hegel intende le istituzioni, esteriori all’individuo, nelle quali l’uomo concretamente vive. Esse sono oggettive perché si presentano al singolo uomo come una realtà data, come qualcosa di concretamente esistente in modo oggettivo. L’oggettività dello Spirito è così formata dall’estraniazione degli stessi soggetti: le istituzioni, ad esempio la famiglia, sono l’oggettivazione dell’uomo stesso in una realtà che non ha più i tratti soggettivi dell'uomo ma ha regole e caratteristiche sue proprie. Queste istituzioni, in quanto oggettive, si presentano all’uomo come dotate di caratteri che sfuggono alla volontà del singolo: hanno letteralmente leggi oggettive, indipendenti dalla volontà dei soggetti, benché siano costituite da soggetti. 2 Il momento del diritto, tuttavia, permette solo una forma esteriore di libertà (una libertà nei comportamenti, non nella coscienza dell’uomo), e la legge è sempre vissuta come qualcosa che dall’esterno si impone al singolo, sebbene ciò accada per garantirgli una concreta libertà d’azione. L’uomo non può infatti pienamente identificarsi con la legge, perché essa è pur sempre esteriore alla sua coscienza. Alla legge manca qualcosa, manca cioè la possibilità che l’uomo vi si identifichi: ciò equivale a dire che la legge è esteriore, le manca l’interiorità, le manca la moralità. Momenti dialettici del diritto sono la proprietà che pone l’uomo in rapporto con le cose (quindi Hegel afferma il diritto alla proprietà), il contratto attraverso cui la proprietà viene riconosciuta dagli altri uomini, e che quindi pone l’uomo in rapporto con gli altri uomini, il delitto, che è la negazione del diritto, e la pena, che ristabilisce il diritto, reintegra il colpevole nel diritto; perché la pena sia efficace occorre però che il colpevole non soltanto sconti la pena, ma riconosca interiormente la propria colpa, in tal modo però si passa dalla sfera dell’esteriorità a quella dell’interiorità, e si passa quindi dal diritto alla moralità Moralità Con la seconda sezione, la moralità, avviene il passaggio dall'idea di persona alla nozione vera di soggetto. L'individuo è qui inteso come volontà libera. La moralità collega l’azione esteriore dell’uomo alla sua interiorità. Nel momento della moralità Hegel studia il complesso delle leggi interiori della coscienza. L’ambito della moralità è del tutto diverso da quello del diritto, perché la fonte di quest’ultimo è un’autorità istituzionale che regola solo l’aspetto esteriore dell’azione degli uomini senza occuparsi del loro mondo interiore. Per la moralità invece è essenziale l’intenzione con cui un’azione viene compiuta e il bene come valore morale è il suo fine. La moralità di Hegel quindi corrisponde all’etica kantiana, che è “formale”, perché dà importanza solo all’intenzione della volontà, non al contenuto, non alla realizzazione effettiva. Tuttavia Hegel considera ancora insufficiente la moralità e critica l’etica kantiana, rimproverandole di essere vuota e unilaterale, di “chiudere l’uomo nel suo interno”. 2 I termini della questione sono questi. Moralità e diritto si contrappongono dialetticamente come legge esteriore e legge interiore. Né l’uno né l’altro dei due momenti, da solo, permette che nell’azione si esprima l’unità della persona, cioè lo Spirito nella sua integrità e concretezza. Perché questo accada è necessario il momento di sintesi tra diritto e moralità, cioè l’eticità. LO STATO La famiglia e la società civile sono entrambe istituzioni parziali, che permettono la soddisfazione del bisogno etico dell’uomo solo in ambiti particolari (nella sfera privata la famiglia, nella sfera pubblica, ma conflittuale, la società civile). Entrambe non possono tuttavia sussistere come istituzioni se non all’interno dello Stato, che per Hegel è la sintesi globale dell’eticità. Lo Stato infatti è una specie di “famiglia in grande” in cui l’uomo può realizzare pienamente la sua libertà. Lo Stato infatti non si limita a coordinare gli interessi particolaristici (come avveniva nella società civile) ma pone un principio di unità e di appartenenza superiore, e perciò convoglia tutti i particolarismi verso un bene collettivo; in altri termini possiamo dire che lo Stato è l’istituzione in cui la libertà dell’uomo viene realizzata non perché l’uomo vi trova il soddisfacimento dei propri bisogni individuali ma perché vi riconosce un valore superiore (l’ethos del popolo), e condivide il riconoscimento di questo valore superiore con tutti i suoi concittadini Hegel definisce lo Stato come « sostanza etica consapevole di sé» . Questa concezione etica dello Stato, visto come incarnazione suprema della moralità sociale e del bene comune, si differenzia nettamente dalla teoria liberale dello Stato (vedi Locke) come strumento indirizzato a garantire la sicurezza e i diritti degli individui. Infatti per Hegel una teoria di questo tipo comporterebbe una confusione tra società civile e Stato, ovvero una riduzione dello Stato a semplice tutore degli interessi particolaristici della società civile .Lo Stato di Hegel si differenzia anche dal modello democratico, vale a dire dalla teoria della sovranità popolare (vedi Rousseau), in quanto il popolo, al di fuori dello Stato, è soltanto una moltitudine informe. A simili “astrazioni”, Hegel contrappone la teoria secondo cui la sovranità dello Stato deriva dallo Stato medesimo, perché lo Stato non è fondato sugli individui, ma sull’idea di Stato, ossia sul concetto di un bene universale: pertanto non sono gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui, sia dal punto di vista storico-temporale (lo Stato è “prima” degli individui, che nascono nell’ambito di uno Stato già esistente), sia dal punto di vista ideale, in quanto lo Stato è superiore agli individui (così come il tutto è superiore alle parti che lo compongono; in termini hegeliani lo Stato è una realtà “concreta” e la persona singola è una realtà “astratta”). Detto questo, risulta chiaro perché Hegel rifiuta anche la teoria contrattualistica (secondo cui la Stato deriverebbe da un contratto scaturito dalla volontà degli individui), e la teoria giusnaturalistica (secondo cui i diritti naturali esisterebbero prima e oltre lo Stato: per Hegel il diritto esiste solo nello Stato e grazie allo Stato). . Lo Stato hegeliano è assolutamente sovrano, ma non per questo è dispotico: infatti Hegel ritiene che lo Stato debba operare solo per mezzo delle leggi, debba essere, quindi, uno Stato di diritto; inoltre identifica la “costituzione razionale” dello Stato con la monarchia costituzionale modernaEmerge da questa pagina una esplicita divinizzazione dello Stato; come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non può trovare nelle leggi della morale un limite o un impedimento alla sua azione; inoltre non può esistere un organismo superiore allo Stato che possa giudicare le pretese degli Stati e regolare i rapporti tra gli Stati. Il solo giudice o arbitro fra gli Stati è lo Spirito universale, cioé la Storia, la quale ha come suo momento strutturale la guerra. Muovendosi in un orizzonte di pensiero completamente diverso dal cosmopolitismo pacifista dell’Illuminismo, Hegel attribuisce alla guerra non solo un carattere di necessità e inevitabilità, ma anche un alto valore morale. Infatti come «il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole», così la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace perpetua. LO SPIRITO ASSOLUTO Lo Stato è “l’ingresso di Dio nel mondo”, il culmine dello Spirito oggettivo, ma esso rimane pur sempre un elemento parziale, finito, del Tutto. Occorre ancora giungere alla comprensione dello Spirito come Totalità. Lo spirito assoluto è il momento il cui l’Idea giunge alla piena coscienza della propria infinità o assolutezza (cioè del fatto che tutto è Spirito e che non vi è nulla al di fuori dello Spirito). Ma questo auto-sapersi dello Spirito non è un’intuizione mistica, ma un processo dialettico rappresentato dall’arte, dalla religione e dalla filosofia. Queste sono, dunque, tre attività attraverso le quali noi conosciamo l’Assoluto e l’Assoluto conosce se stesso. Sono però tre attività poste su livelli diversi. Infatti soltanto la filosofia può ambire al sapere assoluto, perché essa sola utilizza lo strumento adeguato all’oggetto da conoscere: la razionalità dialettica. L’arte e la religione hanno lo stesso contenuto della filosofia, lo Spirito assoluto, ma lo presentano in forma inadeguate: l’arte nella forma dell’intuizione sensibile e la religione nella forma della rappresentazione. L’ARTE Hegel attribuisce all’arte una funzione conoscitiva (come i Romantici), l’arte permette infatti di arrivare, attraverso le forme sensibili, all’intuizione dell’Assoluto. Infatti l’esperienza estetica è l’esperienza di un’unità profonda tra soggetto e oggetto; pertanto l’arte, attraverso la mediazione di un elemento sensibile (qualcosa di materiale, come una statua, un quadro, un suono) coglie intuitivamente quell’identità tra Spirito e Natura che la filosofia idealistica afferma concettualmente. Il limite dell’arte consiste nel fatto che la forma dell’intuizione sensibile non è in grado di render conto del dispiegarsi dialettico dell’Assoluto. Hegel dialettizza la storia dell’arte in tre momenti: arte simbolica, arte classica e arte romantica. LA RELIGIONE La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, quella in cui l’assoluto si manifesta nella forma della rappresentazione interiore, che è il modo tipicamente religioso di pensare Dio, e che sta a metà strada fra l’intuizione sensibile dell’arte e il concetto razionale della filosofia (rappresentazione è, per esempio, l’immagine di un Dio creatore, con cui la coscienza religiosa esprime l’Assoluto). Anche la religione ha uno sviluppo storico, dalle antiche religioni naturali, in cui Dio è visto come forza naturale, alle religioni dell’individualità spirituale (giudaica, greca e romana), in cui Dio appare in sembianze umane, al Cristianesimo, in cui Dio appare come “puro spirito”. Per Hegel la religione cristiana è la “religione assoluta”, perché essa esprime attraverso i suoi dogmi le stesse verità della filosofia: per esempio la Trinità esprime la triade dialettica di Idea, Natura e Spirito, Gesù Cristo uomo-Dio esprime l’identità di finito e infinito. Il limite della rappresentazione religiosa consiste nel fatto che essa intende le sue determinazioni come giustapposte, cioè slegate, sconnesse. LA FILOSOFIA Nella filosofia lo Spirito giunge alla piena e concettuale coscienza di se stesso, chiudendo il ciclo cosmico. Hegel ritiene che anche la filosofia sia una formazione storica, ossia una totalità processuale che si è sviluppata attraverso una serie di gradi o momenti concludentisi necessariamente nell’idealismo. In altre parole, la filosofia è nient’altro che l’intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con Hegel. Di conseguenza, i vari sistemi filosofici che si sono succeduti nel tempo non devono essere considerati come un insieme disordinato e accidentale di opinioni che si escludono a vicenda, in quanto ognuno di essi costituisce una tappa necessaria del farsi della verità. «La filosofia che è ultima nel tempo insieme un risultato di tutte le precedenti deve contenere i principi di tutte: essa è perciò la più sviluppata, ricca e concreta» : l’ultima filosofia è quella di Hegel. E’ nella filosofia di Hegel che l’Assoluto si autoconosce, totalmente e definitivamente
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