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La Fine del Mondo nel Medioevo, Sintesi del corso di Storia

L'aspettativa della Fine dei tempi nel corso del Medioevo, basata sulle profezie bibliche dell'Antico e del Nuovo Testamento. Si analizza l'interpretazione tradizionale dei libri di Daniele e dell'Apocalisse di Giovanni, che prevedeva la comparsa dell'Anticristo e la fine dell'ultimo potere universale della storia, assimilato all'impero romano. Si discute inoltre l'interpretazione storicizzante delle profezie, che si riafferma all'apparire dell'islam, e l'uso politico delle profezie nel conflitto tra papato e impero.

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

In vendita dal 13/03/2022

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Scarica La Fine del Mondo nel Medioevo e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! LA FINE DEL MONDO NEL MEDIOEVO I primi cristiani aspettavano la Fine dei tempi nel corso della loro epoca. Le profezie bibliche dell’Antico e del Nuovo Testamento annunciavano infatti come molto imminente il ritorno di Cristo e l’instaurarsi del regno di Dio. Era però necessario che prima sopraggiungesse l’ultima persecuzione dei cristiani, suscitata dalla comparsa dell’Anticristo, che il Cristo, al suo ritorno, avrebbe annientato. Questa comparsa dell’Anticristo era trattenuta solo dalla presenza di un potere che fu ben presto assimilato all’impero romano, ultimo potere universale della storia secondo l’interpretazione tradizionale dei libri di Daniele e dell’Apocalisse di Giovanni. Questa interpretazione è quasi generale per tre secoli. La conversione dell’impero al cristianesimo, nel 313, modifica le prospettive. Diventa difficile, per alcuni, prendere in considerazione con serenità la fine di un impero romano cristiano che apra la strada al nemico supremo, l’Anticristo. Vi era allora l’usanza, sulla base di una strana assimilazione della settimana creatrice alla durata totale della creazione, di attribuire a questo mondo un’aspettativa di vita di seimila anni. A seconda delle diverse interpretazioni delle genealogie bibliche, una simile durata portava a ipotizzare la sua fine in date diverse: verso il 350, verso il 450, poi verso l’800. Quando l’abitudine a datare i fatti secondo l’età del mondo (AM: annus mundi) fu sostituita da quella dell’”anno dell’Incarnazione del Signore” (AD: annus Domini), si arrivò a volte a pensare che il tempo della Chiesa, la sesta età del mondo, non potesse superare i mille anni (il millenium, mal compreso, dell’Apocalisse). Si vide dunque ricomparire la tendenza a datare la Fine dei tempi secondo un metodo di cronologia “assoluta”. I pretesi “terrori dell’anno mille”, per altro assai mal compresi dagli storici, sono il risultato di questa tendenza. Gli scritti biblici, però, non fornivano prove a sostegno di questo metodo. Essi indicavano chiaramente, invece, una successione di avvenimenti che portavano alla necessaria comparsa dell’Anticristo, che avrebbe dovuto essere sconfitto dal Cristo al suo ritorno a Gerusalemme. L’ultimo impero, assimilato all’impero romano, doveva infatti finire con la scissione in dieci poteri rivali (le dieci dita dei piedi della statua, le dieci corna del quarto animale del libro di Daniele, le dieci corna del dragone dell’Apocalisse). Le invasioni barbariche del V secolo, che in Occidente provocarono la scomparsa dell’impero romano e la sua sostituzione da parte di una decina di regni germanici, sembrava condurre a perfetto compimento questa profezia. Eppure, la maggior parte degli scrittori ecclesiastici preferì allora pensare che l’impero romano non fosse scomparso, ma che si prolungasse tramite questi re, cosa che avrebbe ritardato di altrettanto l’apparizione dell’Anticristo. In questo stesso periodo, d’altronde, sant’Agostino getta il discredito sulla tradizionale interpretazione storicizzante delle profezie, dando degli scritti apocalittici un’interpretazione puramente morale e spirituale. L’interpretazione storicizzante si riafferma però all’apparire, a partire dal 622 e ancor più dal 638 (presa di Gerusalemme), di una nuova potenza di dimensione mondiale, l’islam. Prima in Oriente, poi in Occidente, molti scritti cristiani vedono in questa potenza l’ultimo impero che deve scomparire prima dell’apparizione dell’Anticristo, a cui è spesso collegata. Vengono allora composte di sana pianta nuove profezie che accreditano questa interpretazione. La principale è l’Apocalisse dello Pseudo-Metodio, che annuncia la fine prossima, verso il 700, della dominazione musulmana che sarà sconfitta da un “ultimo imperatore” bizantino. Questi stabilirà definitivamente il trionfo dei cristiani fino alla comparsa dell’Anticristo. Tradotta in latino, questa profezia viene ritoccata per annunciare la vittoria di un re dei Greci e dei Romani, ultimo imperatore cristiano che deve sconfiggere i musulmani a Gerusalemme e instaurarvi un regno cristiano universale che convertirà tutti i popoli, compresi gli ebrei. Quest’ultimo imperatore renderà allora la sua corona a Dio prima di morire all’apparire dell’Anticristo. Avrà quindi luogo la lotta finale di Cristo e dell’Anticristo, che si concluderà con la vittoria di Cristo e il giudizio, e poi con l’istallazione del suo regno. Questa interpretazione, che mescola profezie bibliche e non, si diffonde velocemente, ed è tra i motivi che ispirano la crociata: il suo scopo è la necessaria liberazione di Gerusalemme e del Santo Sepolcro, tomba di Cristo. Gerusalemme ha, per i cristiani, una triplice sacralità: è lì che il Cristo ha predicato il Vangelo di salvezza, salvezza che ha ottenuto per gli uomini morendo sulla croce, e che è stata provata dalla sua resurrezione. È lì, anche, che deve tornare alla Fine dei tempi per stabilire il suo regno, la “Nuova Gerusalemme”. Lo sviluppo del pellegrinaggio, in particolare verso il Santo Sepolcro, accresce ulteriormente questa sacralità. La lotta contro l’islam per il possesso di Gerusalemme acquista dunque un posto preminente negli avvenimenti che devono compiersi prima della Fine dei tempi. La vittoria dei cristiani sull’islam, in Terra Santa, sembrava essere uno degli avvenimenti necessari all’apparizione dell’Anticristo e all’istaurarsi del regno di Dio. Il definitivo fallimento delle crociate trasforma nuovamente le prospettive e l’interpretazione degli ultimi tempi della storia. L’uso politico delle profezie aumenta in occasione del conflitto tra papato e impero. I partigiani del papa hanno la tendenza a identificare l’imperatore tedesco con l’Anticristo. Quelli dell’imperatore vedono volentieri l’Anticristo nella persona di certi papi. L’idea si diffonde: i francescani spirituali, e poi alcuni dissidenti, “eretici” o avversari della Chiesa romana, identificano a loro volta Roma con la Babilonia impura dell’Apocalisse, e assimilano l’Anticristo al papato. La profezia diventa allora prima di tutto un’arma ideologica interna. L’attesa della Fine dei tempi, rifiutata dall’ortodossia cattolica, si diluisce e diventa un aspetto della dissidenza. I Riformatori, poco interessati alla dimensione profetica che riguarda la Fine dei tempi, della controversia conservano soprattutto gli aspetti polemici anti-romani. I FONDAMENTI RIVELATI Tutte le religioni insegnano che questo mondo creato non è eterno: ha avuto un inizio, avrà quindi anche una fine. Tra questi due avvenimenti si svolge la storia, nel corso della quale si realizza il destino di ciascun individuo. Per il credente la “Fine del mondo” non è quindi una catastrofe: indica il termine della storia umana, intrisa di sofferenza e dolore, ma anche l’inizio di un’eterna felicità. I testi biblici la descrivono come un avvenimento che giunge al termine di un periodo tormentato, caratterizzato da avvenimenti terrificanti. Il tempo della storia è dunque un tempo lineare, e la storia stessa ha un senso e una direzione. Gli avvenimenti più importanti della storia politica servono da punti di riferimento nel cammino del tempo verso la sua fine. Il libro di Daniele ne fornisce un’indicazione abbastanza precisa: nel capitolo 7 infatti, compare una visione in cui vi si trovano i consueti simboli del genere apocalittico, in cui gli animali e le corna simboleggiano potenze politiche. L’impero babilonese è la prima di quattro potenze universali che domineranno il mondo una dopo l’altra. L’Apocalisse di Giovanni è il prolungamento del libro di Daniele. LA FINE DEI TEMPI NEL NUOVO TESTAMENTO 1. I Vangeli Prima di entrare a Gerusalemme, Gesù dà ai suoi seguaci una lista di segnali annunciatori, punti di riferimento per rassicurarli sul fatto che la storia si svolge veramente secondo piani divini. Evoca poi gli ultimi segnali della Fine: grande tribolazione, apparizione di falsi Messia e di falsi profeti, diversi fenomeni celesti seguiti dal glorioso ritorno del Cristo. La formulazione della profezia ammetteva una duplice interpretazione: la prima annunciava la fine di Gerusalemme (nell’anno 70); la seconda indicava che si sarebbe realizzata soltanto alla Fine dei tempi, prima del ritorno del Messia. Quando divenne evidente che il ritorno di Cristo non era avvenuto, si optò per questa seconda interpretazione. 2. L’Apocalisse di Giovanni L’Apocalisse, redatta poco prima dell’anno 96, è per eccellenza il libro delle profezie sugli avvenimenti a venire fino alla Fine dei tempi, che il suo redattore crede imminente. Questi avvenimenti sono esposti in maniera allegorica sotto l’immagine di sette sigilli che chiudono sette lettere, destinate alle diverse Chiese che si succederanno. L’ultima epoca è a sua volta suddivisa in sette periodi, annunciati da un angelo che suona la tromba. Seguono poi delle indicazioni: la prima riguarda la profanazione della Città Santa: il testo dice che essa dovrà essere calpestata dai nemici di Dio per quarantadue mesi, 1260 giorni. La seconda è una visione di una donna con una corona di dodici stelle in procinto di partorire. Davanti a lei si trova un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna. La terza indicazione riguarda un’altra bestia con sette teste e dieci corna che esce dal mare. Il testo fornisce una cifra che permette di identificarla, 666, numero considerato satanico. Un’ultima profezia riguarda direttamente gli ultimi tempi. Il profeta vi menziona un periodo di mille anni, che verrà chiamato il millennio. Questo periodo inizia dopo la sconfitta della bestia, del falso profeta e dei loro partigiani, e si conclude con il grande combattimento finale caratterizzato dalla vittoria di Dio sul diavolo e i suoi seguaci. 3. Le lettere di Paolo I libri di Daniele e l’Apocalisse di Giovanni forniscono gli elementi principali delle profezie che riguardano la Fine del mondo. Gli altri libri biblici contengono, in maniera indiretta, alcune allusioni. Una di queste si trova nella prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi, che è forse il più antico documento scritto del Nuovo Testamento cristiano. Scopo di questa lettera è rassicurare i suoi lettori a proposito della sorte futura che sarà riservata ai credenti quando Cristo ritornerà. Bisognava soltanto mostrarsi pazienti ed essere attenti ai “segni dei tempi” indicati dalle profezie. 4. La seconda Lettera di Pietro La seconda Lettera di Pietro testimonia questa impazienza dei cristiani, che, a volte, faceva nascere delle inquietudini. L’autore evoca allora un precedente ben noto a tutti: il diluvio ai tempi di Noè. Il tempo presente è una dilatazione della grazia. Inoltre, la nozione di tempo è molto relativa perché Dio è eterno. Questa metafora poetica fu all’origine di uno strano metodo di “cronologia assoluta”, in cui il mondo sarebbe durato seimila anni. quella dei bizantini. Queste profezie annunciano quindi, prima della Fine dei tempi, una grande spedizione dei cristiani contro i Saraceni. GERUSALEMME: RICONQUISTA E FINE DEI TEMPI Alla vigilia della crociata, gli animi sono pronti a un confronto militare con l’islam. Questo confronto assume aspetti sia politici sia profetici, che si intersecano strettamente. Sul piano politico, la riconquista cristiana sembra ovunque sulla buona strada, malgrado qualche passo indietro. Sembra giunto il momento di riconquistare i territori cristiani occupati già da molto tempo dagli stessi invasori musulmani. In Spagna, dopo qualche successo iniziale, la riconquista segna il passo, in seguito alla disfatta del re di Castiglia Alfonso VI nel 1086. Ma poi la marcia in avanti riprende per non fermarsi più. Nell’Italia del sud e in Sicilia, i Normanni di Roberto il Guiscardo sono riusciti a sottrarre ai musulmani la Puglia e la Calabria. Quelli del fratello Ruggero stanno conquistano la Sicilia. Comincia un’era nuova. Il castigo di Dio sembra attenuarsi. I Tempi della fine sono forse sul punto di compiersi. Nel 1087 una spedizione congiunta di flotte pisane e genovesi, sostenuta dal papa, sbarca a Mahdia, in Tunisia, e sottomette il suo re a un tributo da versare al papa: egli riconosce di “aver ricevuto il suo regno da San Pietro”. Il sogno già antico di una riconquista di Gerusalemme smette di essere utopistico, tanto più che l’imperatore bizantino, nel 1095, chiede all’Occidente di inviargli dei guerrieri per combattere i minacciosi Saraceni. Si tratta forse dell’inizio di un’unione delle Chiese che permetterà di liberare la Terra di Cristo. Questa riconquista, ormai pensabile, è anche ritenuta, almeno per alcuni, un preludio degli ultimi Tempi. Lo stabilirsi, a Gerusalemme, di un potere cristiano in luogo e al posto del potere musulmano stabilito con la forza da molti secoli è un obiettivo politico ma anche religioso: l’Anticristo che comparirà di qui a poco deve affrontare un potere cristiano a Gerusalemme. È quindi necessario innanzitutto che Gerusalemme torni a essere cristiana. LA PRIMA CROCIATA E LA PROFEZIA La crociata non ha sicuramente avuto quel carattere essenzialmente apocalittico che alcuni esaltati le avevano attribuito all’inizio. Tuttavia essa ha, secondo le parole che Gilberto presta al papa a Clermont, compiuto il piano di Dio profeticamente annunciato, ristabilendo, sulla terra di Cristo, l’indispensabile dominazione cristiana che l’Anticristo dovrà combattere alla Fine dei tempi. Questo tempo però non è ancora giunto: la lotta contro i Saraceni assume oramai una dimensione essenzialmente politica e militare, e la colorazione escatologica, pur senza scomparire del tutto, passa in secondo piano. La cristianità, e in particolare l’Occidente (che diffida ormai dell’impero bizantino giudicato quando meno poco affidabile, se non addirittura sospettato di trattare con il nemico), deve difendere contro i Saraceni gli stati latini d’oltremare, accerchiati. Questa lotta è destinata a durare a lungo, poiché il Santo Sepolcro, secondo le profezie, deve restare “glorioso” fino alla Fine dei tempi. CROCIATA E FINE DEI TEMPI (XII-XIII SECOLO) La seconda crociata (1147) ha lo scopo di riprendere Edessa ai musulmani e si risolve in un fallimento non essendo Gerusalemme in pericolo. La dimensione profetica ricompare nella terza crociata, poiché Gerusalemme è coinvolta. La città è stata ripresa dal Saladino nel 1187. Federico Barbarossa sa che presto il re di Francia e quello d’Inghilterra lo raggiungeranno in Terra Santa, perciò egli si sente pronto ad assumere il suo ruolo di capo della cristianità, se non addirittura di ultimo imperatore, entrando nella leggenda e nel mito. Sulla via verso la Terra Santa, Filippo Augusto e Riccardo Cuori di Leone fanno tappa da un eremita calabrese, Gioacchino da Fiore, celebre per la sua conoscenza della Bibbia e la sua interpretazione degli scritti profetici di Daniele e dell’Apocalisse. Secondo lui, Riccardo è inviato da Dio per abbattere la potenza del Saladino, sesta testa del dragone persecutore della Chiesa. Vi è inoltre un’interpretazione nuova: l’Anticristo sarebbe una persona che nasce all’interno della cristianità, a Roma. Egli sarebbe perciò un papa e potrebbe trattarsi di Clemente III. Nel 1195 Celestino II promulga una bolla di crociata in cui mette l’accento sulla pedagogia della storia in termini mutuati dagli scritti biblici: è a causa dei peccati dei crociati, e soprattutto dell’orgoglio dei re e dei principi che si sono affidati solo alle loro forze. Questo nuovo insuccesso della liberazione di Gerusalemme porta a una profonda sfiducia dei fedeli nei confronti dei principi. Questa missione sembra riservata agli umili, ai poveri, che si affidano a Dio e non a forze umane. È questa l’origine, a partire dal 1212, di diversi movimenti mistici di crociata, che vengono chiamati “crociate dei fanciulli”. Queste bande vogliono andare a liberare il Santo Sepolcro senza armi. Esse contestavano l’autorità sociale dell’aristocrazia e l’autorità religiosa dei chierici. Il papato non ha rinunciato a riprendere Gerusalemme con le armi. Innocenzo III prepara una spedizione di re, principi e cavalieri, i soli in grado di sconfiggere l’islam. L’impresa armata ha una dimensione realmente escatologica dato che la fine dell’islam era prevista 666 anni dopo la comparsa di Maometto, cioè verso il 1279. La fiducia nella liberazione dei luoghi sacri si fonda su profezie, in questo caso racconti con una finalità politica, composti per incoraggiare i crociati a condurre un’ampia azione militare contro l’islam. Nel 1244, Luigi IX rilancia la crociata. I Mongoli, che cominciano a terrorizzare il mondo, sono presto sentiti come una minaccia ma anche come una speranza: alcuni li assimilano ai “popoli selvaggi, Gog e Magog”, ma si vuol credere che si convertiranno alla “vera fede” e si alleeranno con i cristiani contro l’islam. La crociata di san Luigi non rispose a questa speranza: il re fu catturato, e non ottenne la liberazione se non a prezzo di un pesante riscatto. Luigi IX progetta ben presto una seconda crociata, ma questa volta con l’aiuto dei Mongoli contro i musulmani d’Egitto, che dominano il Vicino Oriente. La morte del re, vittima della peste sotto le mura di Tunisi, segna la fine di queste speranze e dell’era delle crociate. RINASCITA DELLO STUDIO DELLE PROFEZIE BIBLICHE NEL XIII SECOLO Alla fine del XII secolo si costata un forte rinnovamento d’interesse per lo studio delle profezie bibliche. Nel libro Liber de Concordia Gioacchino da Fiore (1135-1202) mette in evidenza una corrispondenza tra le fasi principali della storia del popolo ebraico e quella della Chiesa fino alla Fine dei tempi. La storia del mondo è suddivisa in tre “età” di crescente purezza: quella del Padre è l’età della legge, che va da Adamo a Gesù; quella del Figlio, età della grazia, che arriva fino al tempo attuale; e l’età dello Spirito, quella del monachesimo purificato incarnato da un ordine futuro. Quest’ultima è caratterizzata dall’unione delle chiese sotto la guida romana e dalla conversione degli ebrei. Ogni età è suddivisa in sette periodi, che corrispondono ai sette sigilli dell’Apocalisse. Nei tempi attuali, è il regno dei Saraceni il più potente: esso è quindi l’ultimo impero che sarà sconfitto. Nella sua interpretazione è raffigurato un dragone con sette teste, chiamate: Erode, Nerone, Costanzo, Maometto, Enrico IV, Saladino e infine l’Anticristo. Il tempo della fine inizierà verso il 1260. All’epoca di Federico II, che papa Gregorio IX scomunica per aver contestato il possesso dei suoi territori nell’Italia del sud, non è la prima volta che un papa, giudicato indegno o “eretico”, si trova a essere assimilato all’Anticristo, per un conflitto materiale e politico. L’APOCALISSE E LA FINE DEL MEDIOEVO Ruggero Bacone ne vede la scomparsa dell’islam nel numero della bestia che, sommato alla data della “rivelazione” di Maometto porta all’anno 1285. In un’opera redatta nel 1267 e dedicata a papa Clemente IV, Bacone deplora l’ignoranza della maggior parte degli ecclesiastici e ripone in lui le sue speranze. In lui vede il “papa angelico” (è il primo a utilizzare questa espressione, che sarà ripresa dai francescani spirituali). Pietro di Giovanni Olivi, allievo di Bonaventura, ritiene che la bestia che sale dalla terra rappresenta gli apostoli e i falsi profeti del mondo cristiano che, sotto la guida di un falso papa, si alleeranno con i musulmani all’epoca degli anticristi. È possibile prevedere il momento in cui apparirà l’Anticristo sulla base dell’interpretazione del numero 666: 1302, 1304 oppure 1323. Tutti predicano la fine dell’islam, ma condannano la crociata: è tramite la predicazione dei monaci mendicanti che Dio convertirà gli infedeli alla Fine dei tempi. Arnaldo da Villanova, erudito teologo, alchimista e medico, prevede il ritorno di Cristo nel 1323. Egli è dunque atteso prima della fine del XIV secolo. La bestia dalle dieci corna dell’Apocalisse è per loro questa Chiesa romana carnale che deve essere distrutta prima dell’arrivo dell’Anticristo. Giovanni di Rupescissa, francescano spirituale, afferma che verso il 1365 devono comparire due Anticristi: ne seguirà uno scisma all’interno della Chiesa che durerà fino all’arrivo di un santo papa francescano riformatore. Allora il papa predicherà una crociata, che avrà per scopo lo sterminio degli infedeli. Ma nel 1365 il papa morirà, e sarà aletto un nuovo papa: questi sarà l’Anticristo, che avrà una moglie sterile e regnerà ventiquattro anni. Giovanni data il momento verso l’anno 1415 o 1420 circa. La Fine del mondo sopraggiungerà soltanto mille anni dopo, con l’arrivo di Gog e Magog, verso l’anno 2400. La Fine dei tempi, da quel momento in poi, diventa un tema dissidente o marginale. Non muore però completamente, tendendo a risorgere durante i periodi di crisi della cristianità.
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