Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La fine dell'impero ottomano e la formazione degli Stati-nazione nei Balcani, Dispense di Storia Contemporanea

La fine dell'impero ottomano e la formazione degli Stati-nazione nei Balcani nel XIX secolo. Si parla della 'questione d'oriente', delle tensioni tra Impero Ottomano e Russia, delle rivolte contadine, dell'indipendenza della Grecia e della formazione di Stati-nazione nei Balcani. Si discute anche della centralizzazione dell'ImpOtt e delle spinte opposte nei Balcani volte a ottenere più autonomia/indipendenza. utile per chi studia storia e relazioni internazionali.

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 18/09/2023

mottura33
mottura33 🇮🇹

13 documenti

1 / 8

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica La fine dell'impero ottomano e la formazione degli Stati-nazione nei Balcani e più Dispense in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! La fine dell’impero ottomano (Giorgio Del Zanna) 1. Questioni d’Oriente - Lo spazio “intermedio” ottomano Le tensioni tra Impero Ottomano e Russia caratterizzano un secolo intero, tra il trattato di pace di Kucuk Kaynarci (1774) e il trattato di Santo Stefano (1878), entrambi conclusioni di conflitti in cui la Russia esce vincitrice. Con il primo la Russia, oltre ad ottenere il diritto di protezione sulla Chiesa ortodossa di Istanbul che lo zar interpreta in modo estensivo, ottiene la Crimea (il Mar Nero smette di essere un “lago ottomano”) e allarga la sua influenza sui Balcani avviando una stagione di scontri tra opposti imperialismi in Europa. Nasce la “questione d’oriente”, un groviglio di questioni diplomatiche, economiche, geopolitiche e religiose che insistono su quello specifico territorio dell’ImpOtt, ora che anche la Russia entra a farne parte portando dunque questo territorio all’interesse delle cancellerie europee. L’ImpOtt si era edificato attorno a due direttrici: una territoriale, sull’asse balcanico-anatolico, l’altra marittima, sui bacini del Mar Nero e dell’Egeo; solo in seguito esso si era espanso verso la Mesopotamia, il Vicino Oriente e il Nord Africa. All’alba dell’Ottocento, con l’espansione dei commerci e l’allargamento verso ovest della Russia, questi territori costituivano un patrimonio importante e l’ImpOtt inizia a non essere più considerato come la periferia d’Europa. In età napoleonica l’arrivo dei francesi nei Balcani e la loro conquista dell’Egitto nel 1798 convinse il sultano Selim III a centralizzare e modernizzare l’amministrazione e l’esercito. Questa decisione scontenta i giannizzeri, corpo militare del sultano che nel tempo aveva ottenuto terre nei Balcani per servigi concessi e che aveva trasformato i liberi contadini serbi in manodopera servile; nascono così le prime rivolte contadine che non hanno carattere nazionale, ma sono bensì moti di carattere legalitario volti a ripristinare l’ordine imperiale compromesso dai giannizzeri. Solo in seguito, con l’influenza della Russia e della comunità serbo-asburgica, diventa un moto anti-imperiale che porta nel 1815 ad compromesso sull’amministrazione (serba nelle campagne e ottomana nelle città) e nel 1829 al trattato di Edirne con cui la Serbia diventa autonoma (ma pur sempre tributaria dell’ImpOtt): Milos Obrenovic diventa principe e la Serbia è posta sotto la tutela zarista. Il 1829 è anche l’anno dell’indipendenza della Grecia (dopo i moti del 1821 in cui l’Eteria ha un ruolo sopravvalutato): le potenze occidentali intervengono contro l’ImpOtt non tanto per il sentimento rinascimentale/romantico verso la Grecia, bensì perché l’ImpOtt per sedare le rivolte nel Peloponneso fece intervenire le armate egiziane di Mehmet Alì, il quale era sempre più autonomo da Istanbul, e le potenze occidentali temevano che se Grecia ed Egitto fossero state nelle mani degli egiziani si perdeva ogni possibilità di controllo sul Mediterraneo orientale. La distruzione della flotta ottomana a Navarino (1829) e il successivo trattato di Edirne (1829) portano all’indipendenza greca, un piccolo Stato affidato al principe bavarese Ottone che in realtà raccoglieva al suo interno solo un quarto dell’intera popolazione greca (da qui nasce l’idea dei nazionalisti ellenici di allargare i territori della Grecia). Nel 1829 anche il Montenegro diventa autonomo. Infine nel 1829 anche le province di Valacchia e Moldavia ottengono l’autonomia e diventano protettorati russi, con i boiari (notabili locali) chiamati a governare le due province investiti direttamente dallo zar. Arriva il 1848 che porta alla circolazione di idee liberali di secessione dall’ImpOtt nelle élites balcaniche. Rivolte nei principati danubiani (Valacchia, Moldavia, Transilvania) sedate dalla Russia con l’avvallo dell’ImpOtt (in quel breve periodo riavvicinate perché volevano contrastare l’influenza anglo-francese nelle province arabe, come in Libano o in Palestina). Potenze europee preoccupate per l’egemonia zarista nei Balcani portano a guerra di Crimea (1854-1856) che sconfigge la Russia e pone fine al sistema anti-francese sorto nel Congresso di Vienna del 1815. Valacchia e Moldavia vengono poste sotto tutela internazionale e tra 1859 e 1861 diventano un principato unito sotto Alessandro Cuza. In quegli anni emerge anche la questione bulgara, una regione fortemente ottomana, non di frontiera, a cui aspirava la Russia per aprirsi la strada nei Balcani: la formazione di un’identità bulgara nasce all’interno della Chiesa con l’indipendenza dell’Esarcato ortodosso bulgaro. Guerra russo-ottomana del 1877-1878 con il trattato di Santo Stefano (1877) e il Congresso di Berlino (1878): Serbia, Montenegro e Romania ottengono l’indipendenza, Bulgaria l’autonomia, nei Balcani all’ImpOtt resta solo il “corridoio macedone” che unisce Istanbul all’Albania 1 attraverso la Tracia e la Macedonia, perdendo inoltre anche l’isola di Cipro in favore dell’Inghilterra in cambio della protezione militare contro la Russia. - Alla ricerca della nazione I percorsi che portarono alla formazione di Stati-nazione nei Balcani non sono lineari. Ci sono varie teorie rispetto alle motivazioni per cui questi sorgono in quest’area nel XIX secolo: secondo la più accreditata le sfide poste dalla crescente interdipendenza dell’economia mondiale porta alla costruzione di spazi “nazionali”, cioè un apparato burocratico e amministrativo e delle delimitazioni geografiche per dare impulso a un processo di industrializzazione (il rapporto tra Stato ed economia si fa in questo periodo più serrato). Anche l’ImpOtt cerca di evolversi in questa direzione, diventare uno Stato più centralizzato e coeso elaborando una più forte e marcata identità ottomana. Tuttavia questa centralizzazione, questo passaggio da Impero a Stato, in un contesto plurale e multietnico come quello ottomano portò a spinte opposte, specie nei Balcani, volte a ottenere più autonomia/indipendenza e a preservare il flusso di denaro che arrivava dalla rivoluzione industriale invece di farlo arrivare a Istanbul sotto forma tributaria. Nel pluralismo e plurilinguismo dell’ImpOtt a definire le identità collettive delle diverse comunità era innanzitutto la religione, l’idea di nazione e di nazionalità erano concetti estranei. La religione rappresentava il primo fattore d’identità degli individui, infatti la società ottomana era suddivisa in millet, cioè raggruppamenti confessionali riconosciuti dallo Stato il quale, così, assegnava uno statuto giuridicamente riconosciuto a tutti i sudditi (non-musulmani compresi). I responsabili dei millet erano i capi religiosi e, tramite decreto imperiale, erano responsabili anche di funzioni civili (riscuotevano le imposte, amministravano la giustizia, etc.). La differenza tra non-musulmani e musulmani è che i primi avevano alcune restrizioni nel campo dei diritti civili ed erano obbligati a pagare un’apposita imposta sulle persone. Su questa realtà, dove le identità nazionali non esistevano, incidono le trasformazioni economiche del XIX secolo: la crescita demografica porta a massicce migrazioni dalle campagne alle città con conseguente rimescolamento etnico e mutamento di equilibrio tra le diverse comunità religiose e i cristiani che diventano sempre più importanti socialmente (perché nel mondo dei commerci era utile a livello linguistico e culturale il loro contatto con gli europei, perché erano esclusi dal servizio militare che portava alla morte molti soldati musulmani e infine perché, esclusi dai privilegi civili e dalle rendite dei musulmani, erano stati costretti a un maggiore dinamismo economico e avevano sviluppato nuove attitudini in campo economico, sociale e finanziario). L’ascesa dei cristiani ha un riflesso sugli assetti politico-istituzionali: essendo esclusi dalla vita politica questi (specie il ceto urbano più dinamico) iniziano a confrontarsi e dibattere tramite giornali e associazioni, si creano nuove forme di mediazione tra individui e Stato e l’etnia diventa la principale risorsa identitaria, così nascono i nazionalismi. Esiste poi il fattore esterno delle grandi potenze europee che agiscono sulla base dei propri interessi geostrategici, facendo leva sia sulle affiliazioni etnico-religiose delle popolazioni (gli slavi per la Russia, i cristiani per Austria e Francia) sia sul diritto all’ingerenza umanitaria per difendere i cristiani oppressi dal despotismo islamico del sultano. Per cui imperialismo europeo e nazionalismo locale cooperano alla dissoluzione dell’ImpOtt. - L’Impero trasformato Sul finire del ‘700 l’ImpOtt ha circa 30 milioni di abitanti, di cui l’80% contadini analfabeti. Forte frammentazione territoriale e amministrativa che si rifletteva in una scarsa capacità del sistema fiscale, situazione che peggiora con le continue perdite territoriali causate da sconfitte militari e con una bilancia commerciale sempre in deficit nei confronti dei paesi europei (l’economia ottomana non produceva molto perché basata su un’agricoltura tradizionale). Con il regno di Selim III, salito al potere nel 1789, si avvia un programma di riforme teso a rafforzare gli apparati centrali dello Stato (specialmente esercito e sistema fiscale). Questa prima fase di riforme centralizzatrici è dovuta a eventi esterni, come le minacce militari e le spinte autonomiste nei Balcani e in Egitto, e spinte interne, date dall’influenza di una confraternita sufi che sosteneva la supremazia della legge islamica nella società e nello Stato e che voleva rigenerare la comunità musulmana sul piano morale e religioso attraverso un forte attivismo sociale. Gli intenti riformatori sono presto ridimensionati dalle ridotte capacità finanziarie e dalle resistenze degli ambienti militari, ma gli anni di Selim III restano importanti per questa prima spinta riformatrice e per l’apertura dell’ImpOtt 2 Nell’età hamidiana ci sono anche le vicende degli armeni e dei cretesi, entrambe legate alla geopolitica delle grandi potenze europee che avevano interesse a condizionare le relazioni tra l’ImpOtt e le comunità cristiane che vivevano al suo interno. I massacri hamidiani degli armeni nel 1894 e 1896 e la perdita de facto di Creta in favore della Grecia (nonostante una vittoria militare ottomana in Tessaglia) inaspriscono ancora di più i rapporti tra confessioni religiose nell’ImpOtt: nei musulmani si alimenta il patriottismo islamo-ottomano unito all’insofferenza nei confronti dei cristiani e del sultano per la crisi economica e le umiliazioni internazionali subite, mentre nei cristiani aumentano le pulsioni nazionaliste anche in quei territori ancora controllati dal sultano (Albania, alcune regioni arabe) per via di quest’importanza acquisita dall’Islam (ma anche in questo caso la geopolitica è molto influente, ad esempio l’Italia aveva enormi interessi sull’Albania e dunque favorisce lo sviluppo di una coscienza nazionale che passa anche attraverso la lingua e la letteratura). - Unione e Progresso Rivoluzione del 1908: nel 1906 viene fondata a Salonicco (territorio dell’Impero ma attraversato da continue tensioni bulgaro-greche e guerriglie tra bande) l’Associazione della Libertà Ottomana, formata da civili e militari borghesi, ben istruiti, musulmani turchi quasi tutti di origine dei Balcani. Tra questi c’era anche Mustafa Kemal. Nel 1907 l’ALO decide di confluire nel Comitato Unione e Progresso (CUP), un movimento politico liberal-costituzionale che era nato nel 1896 da giovanissimi, musulmani, ben istruiti e non turchi (albanesi, curdi, circassi) ed i cui membri erano stati costretti all’esilio. Da Parigi questi proseguono la loro attività dal giornale “la giovane Turchia”, da cui l’appellativo Giovani Turchi. I GT appartenevano alla generazione post-1878, cresciuti nel panislamismo hamidiano e nei decenni in cui i cristiani migliorano le loro condizioni socio-economiche a scapito dei musulmani, conoscevano il francese ed avevano avuto accesso a testi occidentali, nutrivano fiducia nella scienza (positivisti) e credevano nell’educazione come strumento di progresso e trasformazione di una società, erano stati influenzati dalla mentalità prussiana nel credere in una nazione forte, composta da cittadini-soldati, pronta a prendere alle armi per esistere secondo un principio quasi darwinista. Inoltre molti ufficiali ottomani nei territori macedoni appartenevano al CUP e conducevano una guerra a bassa intensità contro il terrorismo balcanico, con la duplice conseguenza di aumentare il risentimento verso i cristiani (con cui identificavano i terroristi) e ammirarli per lo spirito combattivo alimentato dal nazionalismo. A maggio 1908 il CUP emette un comunicato con cui rigetta la richiesta di riforme in Macedonia avanzata dalle grandi potenze, il sultano rafforza le indagini sulla rete del CUP e iniziano guerriglie di bande armate, tanto che il sultano deve inviare un contingente militare dall’Anatolia che non riesce comunque a riportare l’ordine. Gli attivisti continuano con episodi di terrorismo e danno l’ultimatum al governo per ripristinare la Costituzione del 1876 con la minaccia di una marcia su Istanbul, così quando il 23 luglio a Salonicco i GT proclamano il ristabilimento della Costituzione nei territori macedoni Abdulhamid II decide di reintrodurla in tutto l’Impero. Questa strana rivoluzione (avvenuta in anni di rivoluzioni violente per cercare una svolta liberal-costituzionale) sostanzialmente non abbatte l’antico regime perché la Costituzione non era mai stata abrogata (solo sospesa) e viene calata dall’alto dal sultano. Si tengono dunque le prime elezioni che portano a un risultato articolato: il CUP ottiene più deputati ma molti di questi non li controlla perché, essendo notabili di provincia eletti nelle sue fila senza particolari vincoli di fedeltà al movimento, si schierano con l’opposizione riunita nel Partito dei liberali ottomani in cerca di maggior decentramento e autonomia delle comunità (il CUP aveva invece una visione centralizzatrice). Così il CUP si rivolge più a sultano e Sublime Porta che al Parlamento, tira le fila del governo senza entrarci e resta sempre nell’ombra senza voce né volto (come una loggia massonica) e ricorrendo all’esercito come braccio operativo, una commistione tra civili e militari destinata a inquinare a lungo le vicende politiche turche. In questa incertezza la Bulgaria proclama la sua indipendenza e la Bos-Erz è annessa dall’Austria, per cui il CUP promuove una stretta repressiva nei territori macedoni ponendo fine alla ventata liberale dei primi mesi post-rivoluzione: il CUP si era presentato come custode della Costituzione ma si mostrava ora incline a un modello di regime autoritario a partito unico (in cui i GT dovevano guidare il popolo verso il progresso). A inizio 1909 una serie di forze si alleano per sovvertire l’egemonia del CUP tramite una controrivoluzione: vecchi ufficiali militari, scuole religiose impaurite da una secolarizzazione delle istituzioni e Partito dei liberali ottomani, seppure con motivazioni assai diverse riescono a spodestare temporaneamente il CUP tramite un’insurrezione militare in aprile; qualche giorno dopo il CUP si riorganizza e tramite militari fedeli 5 riprende l’ordine e giustizia i rivoltosi, costringe Abdulhamid II (capro espiatorio accusato di aver ideato la controrivoluzione) ad abdicare in favore del fratello Mehmet V. Da questo punto in avanti i GT sono sempre più diffidenti verso chi strumentalizza la religione a fini politici, perché capiscono che questa è in grado di smuovere le masse non istruite. A quel punto il CUP esce allo scoperto per diventare più un partito politico che una loggia massonica, e i GT devono modernizzare lo Stato, conciliando scienza occidentale e tradizione islamica, e scegliere su quali elementi identitari edificare l’Impero. In realtà il dibattito tra ottomanismo, islamismo e turchismo era più proprio del CUP parigino, mentre il CUP macedone che aveva preso il potere doveva più agire all’insegna del pragmatismo e degli eventi storici che si stavano verificando piuttosto che in base ad un disegno ideologico. Il CUP non era nato mosso da uno spirito nazionalista turco, anzi in questo erano d’accordo con la dottrina ottomanista dell’epoca del Tanzimat fondata sull’uguaglianza tra tutti gli ottomani, anche perché sotto il regno di Abdulhamid II si era rifiutato ogni tipo di etnicismo tra i musulmani perché contrario al suo disegno neoislamico e universalista; piuttosto la discriminante per entrare nel CUP era essere unionista, cioè contrario alle secessioni dall’ImpOtt e agli spiriti nazionalisti. Ma tra 1908-1912 c’è un avvicinamento dei GT all’idea, mai esistita prima, del nazionalismo “turco” (ancora inteso come patriottismo ottomano- islamico, nel solco dell’epoca hamidiana), nato in contrapposizione con i nazionalismi sempre più forti in quello che restava dell’ImpOtt. Le rivolte albanesi e la crisi libica (invasa dall’Italia) alimentano il malcontento e le forze di opposizioni, in un periodo di confusione istituzionale il Parlamento viene sciolto nel 1912 e molti dirigenti unionisti sono vittime della repressione. Alle porte della WW1 l’ImpOtt si trovava in una delle sue crisi politiche più drammatiche. 3. Fine di un mondo? - Salvare l’Impero Guerra balcanica del 1912-1913 già descritta nel manuale, qui solo aggiunte. L’umiliante sconfitta ottomana nei Balcani arriva dopo appena 40 giorni di guerra, tra le altre motivazioni c’è che l’esercito era diviso al suo interno tra ufficiali unionisti (cioè del CUP) e oppositori interni. Con la fine delle guerre balcaniche l’ImpOtt perde l’80% dei territori che gli erano rimasti in Europa, gli restano solo le province arabe e Istanbul da centro dell’Impero diventa periferia. I territori persi erano quelli da cui si era originato il CUP e che da secoli appartenevano all’ImpOtt, per cui i GT si convincono, aldilà di un’ideale e irrealizzabile ripresa delle terre perdute, ad adottare l’Anatolia come nuova patria attraverso un’intensa campagna di nazionalizzazione. In quest’ottica si inseriscono le persecuzioni/pulizie etniche dei cristiani in Asia minore e in “Armenia”, una vendetta rispetto a quello che in effetti anche gli ottomani in fuga dai Balcani avevano subito. La nazionalizzazione passa anche attraverso l’abolizione unilaterale delle Capitolazioni, gli speciali trattati commerciali con gli Stati europei che garantivano un regime privilegiato ai cristiani. Nella WW1 alleanza con Imperi centrali sia per i legami politico-economici con la Germania, sia per la preoccupazione russa specie su territori vicini alla ora fondamentale Anatolia, sia per contrastare l’imperialismo anglo-francese nel Vicino Oriente. L’ImpOtt mobilita 2,6 milioni di uomini, il 15% dell’intera popolazione (contro i 650k dell’Intesa e i 700k russi), subendo immense perdite umane (circa 725k tra morti e feriti). Combattimenti su più fronti, come la Mesopotamia, i Balcani o la Galizia, ma quello principale è tra l’Anatolia e il Caucaso. Qui le tensioni tra armeni e musulmani (prevalentemente curdi) erano alte da prima della guerra, infatti già nel 1914 i russi avevano reclutato bande armate di armeni-russi che sconfinavano in territorio ottomano, mentre il governo ottomano aveva reclutato controrivoluzionari liberandoli dalle carceri e prendendoli dalle tribù curde per effettuare rappresaglie contro gli armeni nei medesimi territori. Viste queste rappresaglie molti armeni-ottomani sconfinano nell’Armenia russa, alimentando l’accusa di tradimento da parte degli ottomani nei loro confronti. Il genocidio armeno avviato nel marzo 1915 è dovuto alla combinazione di più fattori: ideologicamente il CUP voleva trasformare la società plurale in una società omogenea per garantire la sopravvivenza dell’Impero, in più i russi avevano sfondato in Anatolia orientale e l’Intesa aveva sferrato un’offensiva nei Dardanelli per arrivare a Istanbul. L’ImpOtt era accerchiato e gli armeni vengono uccisi sia perché associati ai cristiani dell’Intesa in un unico nemico da eliminare sia per paura che aiutassero l’avanzata russa da est arruolandosi nel loro esercito o tramite una guerriglia urbana. Lo sterminio avviene attraverso le c.d. “marce della morte” verso il deserto siriano in cui gli armeni 6 morivano di stenti o razziati da bande armate. Gli unionisti che idearono il genocidio armeno lo intesero come un atto patriottico, volto a vendicare quanto successo ai musulmani dopo le guerre balcaniche che dovevano rifugiarsi a Istanbul. Il fronte del Caucaso si chiude con la rivoluzione bolscevica e la ritirata russa. Sugli altri fronti l’ImpOtt riesce a difendere i dardanelli ma subisce continue sconfitte in Libano, Iraq, Siria e Palestina, con l’Intesa che entra a Gerusalemme e si spinge fino a Mosul finché non finisce la guerra perché l’ImpOtt aveva firmato l’armistizio. L’ImpOtt è costretto ad accettare condizioni severe come l’occupazione militare degli stretti, il completo disarmo dell’esercito e il diritto delle potenze dell’Intesa ad occupare qualunque area dell’Impero qualora fossero stati ravvisati motivi che ne mettevano a rischio la sicurezza. I tre pascià unionisti che avevano guidato la guerra nei ministeri chiave scappano in esilio, ci sono dei nuovi governi antiunionisti, ma i GT erano ancora vivi e stavano cambiando classe dirigente con l’ascesa di Mustafa Kemal. Dopo la WW1 c’è una nazionalizzazione delle popolazioni, alcune vogliono aumentare i loro territori (greci) altre vogliono indipendenza (curdi, armeni, siriaci, etc.). Gli unionisti basano la loro resistenza su una formulazione ibrida della nazione, non concepita etnicamente ma concepita secondo un criterio storico-politico. La nazione coincideva con il territorio difeso dall’esercito ottomano al momento dell’armistizio, all’interno del quale vivevano come popoli dominanti turchi e curdi. Per cui la nazione non è monoetnica, ma legata ad uno specifico territorio omogeneo perché abitato da ottomani musulmani. Gli arabi, con cui i GT si rendono conto di avere deboli vincoli culturali, sociali e politici, sono ora fratelli e correligionari ma non partecipi della stessa nazione. Con il trattato di Sèvres del 1920 su tutto il territorio ottomano c’è l’egemonia degli europei e nell’Anatolia orientale viene creato uno Stato armeno indipendente. Le potenze dell’Intesa, consapevoli delle possibili reazioni nazionaliste, occupano Istanbul e affidano la cura militare dell’entroterra ai greci. I nazionalisti guidati da Mustafa Kemal stabiliscono il quartiere generale ad Ankara, sconfiggono gli armeni e stabiliscono un patto con l’URSS e la neonata Repubblica socialista armena per cui si concentrano ora sul fronte occidentale, sconfiggono i greci e inducono francesi e italiani ad abbandonare l’Anatolia in cambio di concessioni economiche. Con il trattato di Losanna del 1923 il governo ottomano e il sultano si dimettono (i pieni poteri erano de facto da tre anni in mano al movimento nazionale), greci e ottomani organizzano le prime deportazioni legalizzate della storia scambiandosi cristiani e musulmani, le Capitolazioni vengono definitivamente abolite liberando il nuovo Stato, la Turchia, che nasceva dalle ceneri dell’ImpOtt, dalle interferenze economiche straniere. La Turchia nasce comprendendo tutta l’Anatolia e la Tracia. Il 29 ottobre 1923 è proclamata la Repubblica di Turchia, utilizzando come criterio per la scelta dei confini non il principio di autodeterminazione dei popoli ma il territorio effettivamente controllato dallo Stato ottomano al momento dell’armistizio del 1918. La Turchia ha un vantaggio rispetto agli altri Stati musulmani che nascono in quegli anni: la componente etnica più numerosa della Turchia (i turchi) aveva già rappresentato il nerbo del ceto militare e burocratico ed eredita dunque un nucleo statuale già esistente da tempo. Tutti gli Stati a maggioranza musulmana (arabi e ottomani) che nascono adesso devono costruire l’identità nazionale, Turchia compresa, mentre tutti tranne la Turchia devono costruire l’apparato statuale. Solo dal 1923 si ha la c.d. svolta turchista, prima i GT si concepivano in ottica ottomana, mentre ora guidati da Mustafa Kemal si avvia la creazione dell’identità turca basata su razionalismo scientifico, cultura positivista, occidentalizzazione e laicizzazione dello Stato e della società. È una forma di nazionalismo turco secolarizzato, per certi versi più uno statualismo che non un vero e proprio nazionalismo perché la nazione tende ad essere assorbita dallo Stato che è il vero titolare della turchicità. Per favorire la nazionalizzazione dei cittadini viene esclusa ogni forma di autonomismo e viene imposta a tutti i livelli la nuova lingua turca: le minoranze etniche non-musulmane vengono riconosciute e protette fin dal trattato di Losanna, mentre la Costituzione non prevede l’esistenza di minoranze musulmane di etnia diversa (curdi, arabi, sciiti). La laicità turca è difficile da comprendere in termini occidentali, anche perché il termine laico non esisteva neanche in lingua turca. Nelle trattative a Losanna i nazionalisti parlarono di separazione tra religione e Stato per evitare i protettorati europei e le Capitolazioni sui cristiani, quindi in ottica nazionalista più che laica. Nella Costituzione l’Islam è definita come la religione di Stato ma in altri articoli si tende a limitare il potere delle autorità religiose (anche perché era forte il ricordo della controrivoluzione islamica del 1909). Nel 1924 viene abolito il califfato e i membri della dinastia vengono espulsi e vengono loro confiscati i beni: 7
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved