Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

La fine della Repubblica a Roma, Appunti di Storia

Appunti geostoria secondo anno liceo classico

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 22/01/2023

mgp05
mgp05 🇮🇹

7 documenti

1 / 7

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica La fine della Repubblica a Roma e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! L’età di Pompeo e Crasso 1. Pochi anni dopo la fine della dittatura di Silla, la stabilità e la compattezza dello Stato Romano vennero messe a rischio da alcune rivolte scoppiate in diverse zone dell’impero, alle quali il Senato tentò di rispondere mandando dei contingenti militari. Per esempio, già nell’80 a.C. un gruppo di rivoltosi capeggiati da Sertorio chiedevano l’indipendenza per la Lusitania. Nel 76 a.C. il Senato, vista la gravità della situazione, fu costretto a mandare Gneo Pompeo per sedare la rivolta, che, nel 72 a.C., dopo 4 lunghi anni di un’estenuante guerra, riuscì ad avere la meglio sulle truppe di Sertorio. 2. Nel frattempo, quando Pompeo si trovava ancora in Spagna, scoppiò un’altra rivolta guidata da Spartaco, un intelligente e coraggioso uomo che era finito nella scuola dei gladiatori di Capua. Egli, insieme ai compagni, chiedeva la libertà e infatti il piano era quello di non creare una rivoluzione, ma quello di lasciare l’Italia e tornare ognuno al Paese d’origine. Alla sua marcia si aggiunsero 150.000 persone, tra i quali anche dei malviventi che, approfittando del disordine, condussero una parte del gruppo verso sud per poter saccheggiare le città del Mediterraneo. Per impedire ciò, Spartaco lì seguì e finì per trasformare questa massa di disperati in un vero e proprio esercito. A domare questa guerra saranno le 8 legioni capeggiate da Marco Licinio Crasso, l’uomo più potente di Roma arricchitosi grazie agli abusi durante le proscrizioni di Silla. Crasso ordinò che 6000 schiavi venissero crocifissi lungo la via Appia di Roma, in modo che tutti vedessero cosa sarebbe successo a chi si sarebbe messo contro i Romani. Quelli che erano riusciti a scappare si diressero verso nord, ma anche loro incontrarono un destino fatale dato che Pompeo tornava vittorioso dalla Spagna. 3. Tornato a Roma, Pompeo ambiva alla carica di console, seppur non aveva mai ricoperto altre cariche pubbliche, come voleva il cursus honorum. Per fare ciò si alleò a Crasso e i due promisero che se fossero stati eletti consoli, avrebbero modificato le riforme a favore degli equites e dei populares: fu così che nel 70 a.C. vennero eletti consoli. Fedeli alle promesse fatte, reinserirono nei tribuni creati da Silla i cavalieri, ai quali restituì gli appalti delle province asiatiche; il tribuno della plebe avrebbe potuto accedere ad altre cariche pubbliche e aveva diritto di veto; inoltre nominò nuovi censori che espulsero dal Senato per indegnità 84 membri nominati da Silla. 4. Pompeo aveva avuto l’intelligenza di capire che la corruzione stava prendendo il sopravvento a Roma. A conferma di ciò era scoppiato il caso Verre, un pretore accusato di truffe di opere d’arte durante la sua amministrazione in Sicilia. Inizialmente, il processo fu faticoso, poiché altri pretori cercavano di acquistare tempo. Ma quando Marco Tullio Cicerone pronunciò delle orazioni contro Verre, le cosiddette ‘’Verrine’’, egli venne processato e venne messa in evidenza non solo la sua responsabilità, ma anche quella dei suoi colleghi. 5. Terminata la carica di console, Pompeo non voleva abbandonare Roma per recarsi a governare una provincia. L’occasione gli fu data nel 67 a.C., quando la minaccia dei pirati diventava sempre più pericolosa. Oltre alle violenze e ai rapimenti, i pirati depredavano le navi che trasportavano il grano e a Roma, se priva di grano, si sarebbe diffusa la carestia e quindi una rivolta da parte dei plebei. Per questo, il Senato emanò una legge che concedeva a Pompeo mezzi e poteri che nessun altro aveva mai avuto: 120.000 soldati, 500 navi e 5000 cavalieri di cui poter disporre per 3 anni. Pompeo, in soli 3 mesi, riuscì a sconfiggere definitivamente la minaccia dei pirati e liberò il Mediterraneo. 6. Nel 66 a.C. Pompeo dovette affrontare un vecchio nemico dei Romani: Mitridate, re del Ponto. Mitridate si era alleato a Tigrane, re dell’Armenia, e nel 75 a.C. avevano invaso la Cappadocia e la Bitinia, di proprietà dei Romani. Per rispondere all’offesa subita, venne mandato Lucullo, che si trovò in difficoltà, seguito poi da Pompeo, che in poco tempo si era guadagnato la fiducia di Tigrane e aveva attaccato Mitridate sia da mare che da terra. Mitridate perse il sostegno non solo di Tigrane, ma anche del figlio Farnace e quindi si tolse la vita nel 63 a.C. Morto il re, il suo territorio andò in proprietà ai Romani, i quali riuscirono a fondare un impero che pagava 200.000 sesterzi all’erario. Nel 62 a.C. Pompeo sbarcò a Brindisi con il suo bottino: tutti si chiedevano che ne avrebbe fatto, ma egli fece solo 2 richieste: la distribuzione delle terre ai suoi veterani e la ratifica dei provvedimenti presi in Asia. alla città di Alesia: la Gallia divenne definitivamente una provincia romana, ma Cesare aveva causato la morte di milioni di persone e un milione di vivi era caduto in schiavitù: fu così che il mondo celtico si assimilò a quello romano. 2. Cesare intendeva candidarsi nuovamente come console, ma il Senato provò ad impedirglielo: infatti, come da consiglio di Pompeo, per essere eletti bisognava essere personalmente presenti in città. Ciò significava per Cesare l’abbandono delle sue legioni a nord del fiume Rubicone, che segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e Roma, entro cui non potevano entrare armi. Come condizione di questo, chiese che anche Pompeo sciogliesse le sue truppe armate, ma il Senato respinse la proposta. Allora Cesare, la notte del 10 gennaio del 49 a.C. attraversò il Rubicone con le sue legioni, pronunciando la famosa frase alea iacta est (‘’il dado è tratto’’): ciò comportava l’effrazione delle leggi e quindi lo scoppio di una guerra civile. 3. Cesare avanzò verso la capitale e Pompeo, impreparato, fuggì verso la Macedonia, sperando di trovare sostegno. Cesare, preso il controllo della penisola italica, si recò immediatamente verso la Spagna, per eliminare le ultime legioni di Pompeo. Nel 48 a.C. Cesare sconfisse Pompeo nella battaglia di Farsalo. Pompeo fuggì in Egitto, sperando che il re Tolomeo XIII lo aiutasse, ma invece lo fece uccidere, nella speranza di ottenere la benevolenza di Cesare. In realtà, si pensa che Cesare spodestò Tolomeo dopo questo brutale gesto; altre fonti dicono che Cesare sia stato influenzato da Cleopatra, sorella e moglie di Tolomeo, ma ostile a lui. Cesare, cinquantaduenne, si innamorò di Cleopatra, che fu incoronata regina e fatta sposare all’altro fratello. Cesare doveva continuare la sua battaglia: nel 47 a.C. a Zela sconfisse Farnace, il re del Ponto: Cesare pronunciò la famosa frase veni, vidi, vici (‘’venni, vidi, vinsi’’) data la rapidità della battaglia. In Africa molti pompeiani superstiti furono accolti alla corte di Giuba sotto la guida di Catone: nel 46 a.C. l’esercito di Catone viene sconfitto da Cesare presso Tapso. Catone si toglie la vita a Utica e gli ultimi superstiti vengono uccisi nel 45 a.C. a Munda, in Spagna. 4. Rientrato a Roma Cesare diventò pontefice massimo, assunse il ruolo di imperator e di pater patriae e si fece nominare dittatore a vita. Si passa ad una gestione dello Stato sostanzialmente monarchica perché tutti i poteri erano incentrati sulle mani di Cesare, che non abusò del potere. Permise agli esiliati di tornare a Roma, concesse la cittadinanza agli abitanti delle province ed emanò nuove riforme che favorivano lo sviluppo del commercio, dell’agricoltura e dell’artigianato. 5. Gli optimates e i populares temevano che Cesare instaurasse una monarchia di tipo orientale: si diceva che a spingerlo in questa decisione era stata Cleopatra, dalla quale avrebbe avuto un figlio, Cesarione. In questo periodo maturò una congiura contro di lui, ordinata da amici intimi di Cesare come Bruto e Cassio. Il 15 marzo del 44 a.C. (le Idi di Marzo secondo il calendario romano) Cesare si recò in Senato dove cadde vittima dei congiurati e venne ucciso con 23 colpi di pugnale. Lo scontro tra Antonio e Ottaviano 1. La congiura contro Cesare produsse effetti ben diversi da quelli sperati dai congiurati: infatti l’esercito cesariano era rimasto fedele ai suoi luogotenenti, soprattutto a Marco Antonio. Il Senato, temendo quindi una reazione da parte dell’esercito, non osò prendere alcun provvedimento e i congiurati cercarono rifugio in Campidoglio. Antonio, che ambiva a diventare il successore di Cesare, propose ai congiurati un accordo: egli non avrebbe aperto alcuna inchiesta e non avrebbe attaccato guerra e in cambio i provvedimenti presi da Cesare sarebbero rimasti in vigore. Nella seduta del 17 marzo del 44 a.C. fu letto il testamento: Cesare aveva nominato suo erede Gaio Ottaviano, suo pronipote. Inoltre aveva lasciato 300 sesterzi a ogni membro del proletariato urbano e a ogni legionario. Il 20 marzo, durante i suoi funerali la folla si lasciò andare al dolore chiedendo la testa degli assassini di Cesare, che furono costretti ad abbandonare Roma. I senatori erano scesi a patti incoerenti con Antonio: da un lato lasciavano impuniti gli assassini di Cesare, dall’altro divinizzavano Cesare. 2. Ottaviano tornò a Roma per rispettare la volontà di Cesare, ma Antonio rifiutò di consegnargli i beni di Cesare e così Ottaviano vendette i suoi beni personali e con il ricavato distribuì alla plebe e ai soldati le somme destinate loro da Cesare, acquisendo popolarità. Si mostrò favorevole anche ai membri conservatori guadagnandosi la fiducia di Cicerone. Nel frattempo Antonio, terminata la carica di console, decise di non allontanarsi troppo da Roma e si fece attribuire il governo della Gallia Cisalpina, già assegnata a Decimo Bruto. Cicerone pronunciò contro Bruto le Filippiche. Decimo Bruto si rifiutò di lasciare la Gallia e così Antonio partì per conquistare con la forza la Gallia. Il Senato fu costretto a mandare contro di lui l’esercito consolare insieme ad Ottaviano. Lo scontro avvenne a Modena nel 43 a.C.: Antonio fu sconfitto e si rifugiò con Lepido nella Gallia Narbonese e i due furono nominati nemici della repubblica. Nella battaglia morirono anche i due consoli, causando quindi un vuoto di potere. 3. I senatori si erano accorti di non poter corrompere Ottaviano, che non tollerava che gli assassini di Cesare rimanessero impuniti. Per giunta non aveva percorso il cursus honorum ma era comunque deciso a ottenere il consolato. Quando il Senato respinse la sua candidatura il giovane pensò di fare un accordo con il suo acerrimo nemico; nel 43 a.C. si diresse a Roma e si fece nominare console. Il suo primo provvedimento fu la revoca dell’editto con il quale Antonio e Lepido erano stati dichiarati nemici della repubblica. Nello stesso anno, Ottaviano, Antonio e Lepido strinsero un accordo, noto come secondo triumvirato, che sarebbe dovuto durare 5 anni, aveva il compito di punire gli assassini di Cesare e dare vita ad una nuova costituzione. 4. I triumviri ricorsero alle proscrizioni con lo scopo di eliminare potenziali rivali e di arricchirsi con le loro proprietà. Tra le vittime vi fu anche Cicerone. Bruto e Cassio avevano formato un esercito e nel frattempo Lepido restava a Roma per controllarla. Lo scontro tra Antonio e Ottaviano contro i cesaricidi avvenne nel 42 a.C. nella pianura di Filippi e vide la vittoria dei triumviri e il suicidio di Bruto e Cassio. Alcuni riuscirono a fuggire e si rifugiarono in Spagna da Sesto Pompeo, figlio di Pompeo, che aveva conquistato diverse province.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved